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ESAME CANTO V INFERNO
Iniziamo ad esaminare il canto attraverso le edizioni critiche di Petrocchi, Lanza e
Sanguineti. Come già detto Petrocchi all’inizio riporta le rubriche del Triv tra parentesi
quadre dal momento che ci sono nella tradizione manoscritta ma non attribuibili a
Dante. Non sono riportate da Lanza anche se il suo manoscritto di riferimento le ha.
Non sono riportate neanche da Sanguineti che al posto di canto ha capitulum.
2.
P. mette “loco”: in apparato segna Ham con “luogo” e Bo con “lu<o>go”; questo vuol
dire che tutti gli altri manoscritti hanno la lezione “loco”
L. mette “luogo”: in apparato non riporta nulla
S. mette “luoco”: in apparato non mette nulla perché è una forma
Nel suo saggio SERIANNI non concorda con Sanguineti; probabilmente l’Urb deve
avere “luoco”. Nel suo ragionamento afferma che Dante usa sicuramente “loco” per
67 volte. Per Serianni “luogo” non è forma ricevibile di Dante. Partire dall’Urb
comporta il rischio di conservare forme difficilmente ordinarie. Partire dal testimone
settentrionale ha delle controindicazioni.
3.
P. mette “a guaio”: in apparato segnala Triv ed altri codici autorevoli che hanno “se<
guaio”
L. mette “a guaio”
S mette “a guaio”
Quindi si può affermare che tutte le edizioni sono in accordo in questo locus
4.
P mette “stavvi Minos orribilmente, e ringhia”
L mette “stavvi Minos: orribilment’ e’ ringhia”
S mette “ sta-vi Minos orribilmente, e ringhia”
Nel caso di Petrocchi Minosse sta orribilmente e allo stesso tempo ringhia; nel caso di
Lanza i “:” fanno si che “orribilmente” non si riferisce a Minosse ma a “ringhiare” e la
“e’” non è congiunzione ma sta per “ei”. Sanguineti è molto simile a Petrocchi ma con
una piccola differenza al livello linguistico dal momento che “sta-vi” indica “sta”.
Questo è sicuramente un errore poiché Dante non avrebbe mai potuto iniziare una
frase con un pronome atono secondo la legge TOBLER-MUSSAFIA. Nel toscano una
parola simile produce obbligatoriamente un raddoppiamento che il copista
settentrionale non accoglie. Il – tra “sta” e “vi” in genere segnala il raddoppiamento.
In questo caso se interpretato in questo modo non c’è la variante, quindi il – segna
una SCEMPIA o meglio Sanguineti poteva scrivere “stavi” senza -.
La scelta di mettere il – è legata al fatto di non creare ambiguità con il tempo verbale
scelto; difatti Sanguineti mette “vi sta” e non l’imperfetto, cosa che sarebbe capitata
nel caso in cui l’avesse scritto come unica parola e senza il -.
Si evince che Sanguineti anche in questo caso adotta una forma settentrionale.
Dopo il problema legato a verbo iniziale, lo stesso verbo ha un problema
INTERPUNTIVO.
Petrocchi fa una nota esplicativa come Lanza. Petrocchi intende come lectio difficilior
lo stare “orribilmente” rispetto a quello di “ringhiare”.
Lanza, invece, non concorda con Petrocchi ribaltando il fatto che alcuni codici hanno
la “e” congiunzione e intendendola come pronome “ei”.
La scelta di Lanza sembra una SPEZZATURA del VERSO troppo forzata e con mancanza
di significato.
Nella versione di Inglese “orribilmente” è riferito allo “stare” ma poiché anche lui
riparte da Triv mette un apostrofo con la “e” congiunzione senza mettere la virgola.
Se questa soluzione a prima vista può sembrare in linea con Lanza, in realtà è legato
a Petrocchi.
In conclusione si può affermare che il verso 4 nelle 4 edizioni propone tutte soluzioni
differenti, di cui 2 molto forti.
9.
P ha “e quel”
L ha “e quel”: in apparato non segnala nulla
S ha “e quei”: in apparato segnala che a ha “quel” mentre Urb ha “quei”. In questo
caso lo può fare dal momento che Urb è solo contro l’altro ramo.
Serianni non discute il fatto che Urb possa da solo contrastare l’intero stemma ma, si
pone il problema di distinguere varianti ADIAFORE compatibili dalle varianti
ADIAFORE linguisticamente non compatibili. Le prime sono quelle fattibili non solo
per senso ma anche in merito alla lingua utilizzata dall’autore. Per Serianni questo
caso è fattibile anche se sarebbe stato meglio se il “quei” fosse stato presente almeno
in un manoscritto dell’altro ramo. In tal caso la scelta non è incompatibile con le linee-
guida settentrionali.
Per Petrocchi la scelta di “quei” è dettata dal fatto che Rb fa parte dei codici del ramo
settentrionale.
Anche Inglese mette “quel”.
28.
P ha “venni”: in apparato ha “vegno” per lezione di Triv e Mart
L ha “vegno”
S ha “venni”
In questo caso non è un problema linguistico ma di tempo verbale presente solo per
Lanza. Continuando a leggere vi è un altro passato remoto; quindi oltre al fatto che
“vegno” dal punto di vista stemmatico è lezione minoritaria, Petrocchi non deve dare
spiegazioni nelle note.
Per Lanza si tratta di un PRESENTE STORICO anche se il passaggio non è così
immediato. In questo caso la lezione promossa da Petrocchi è da preferire.
38.
P ha “enno”: in apparato chiarisce che Ash ha “eran” come anche Co, Ham, La e
addirittura il Laur ha “sono”. Quindi sono molti i codici importanti con la lezione
“eran” ma, la scelta di Petrocchi è INATTACCABILE per LECTIO DIFFICILIOR.
L ha “enno”: in apparato non mette nulla
S ha “eran”: è l’edizione che diverge. In apparato troviamo una situazione di equilibrio
Ci sono dei codici che hanno “sono”. Per Petrocchi “eran” è una banalizzazione. Per i
codici che riportano “sono” vuol dire che “enno” da una percezione erronea.
12° lezione (10 aprile 17)
Si andrà ad esaminare l’interpretazione che riguarda un aggettivo che Dante assegna
a Cleopatra.
40/45.
P nel suo commento all’apparato segna la diversa ricostruzione che era stata data nel
1921 a cura di Vandelli, il quale non avrà a che fare con le variazioni ma piuttosto con
l’interpretazione di “li stornei”. Petrocchi esplicita che Vandelli aveva destituito quel
“li” immaginando che non fosse un articolo ma un avverbio. Questa ricostruzione non
ha più avuto fortuna anche perché dal punto di vista metrico c’è una spezzatura
troppo forte del verso.
Al v. 41 segnala “piena” e nella stessa nota alcuni manoscritti al posto di “larga e
piena” hanno “lunga e piena” però è una variante attestata da pochi codici ed in una
posizione molto bassa dello stemma.
Anche Sanguineti e Lanza hanno “larga”.
46/49.
P non segnala nulla nel commento all’apparato ma, al v. 47 ci sono varianti
interessanti che generano lezioni alternative nelle altre edizioni.
47.
P in apparato ci sono delle varianti GRAFICHE e varianti di un certo peso come “in
aere”. Mart e Triv hanno “l’aer” come sarà riportato anche nel testo di Lanza. Un’altra
lezione significativa e “in aria” presente in Ash, Co e Rb; poi si ha “in aer” che può
avere un certo peso perché lezione di Urb.
L ha “per l’aer faccendo”. Difende la sua scelta perché presente nel suo codice
principale.
S ha “in aer”. In apparato non troviamo nulla; ha scelto la lezione di Urb.
Sia in testo di Petrocchi che quello di Sanguineti dal punto di vista metrico, anche se
scritti diversamente, possono funzionare perché si può giocare con la sinalefe. In
questo caso Sanguineti dà retta al suo codice di riferimento.
Invece la scelta di Lanza è molto più pesante dal punto di vista della scelta della
formulazione. La scelta di Lanza dal punto di vista stemmatico è NETTAMENTE
SFAVORITA ma può essere accettata perché la dispositio del gerundio concorda con
tutti.
Giorgio Inglese, che spesso segue Lanza, ha in questo caso la lezione di Petrocchi.
L’unico argomento per salvare la lezione di Mart e Triv; se tutta la tradizione ha
“facendo in aere” al posto di “in aere facendo” non è possibile che tutti in quel punto
l’abbiano invertita. Se dovesse essere un errore d’archetipo, come è possibile che gli
altri 2 codici non lo abbiano? Per risolvere il problema si deve ipotizzare una
CONTAMINAZIONE EXTRASTEMMATICA.
A questo punto del canto si affacciano alcune anime che fanno parte della schiera dei
lussuriosi. Prima dell’incontro con Paolo e Francesca, incontrerà uomini macchiati dal
peccato di lussuria; sono personaggi che provengono da epoche molto diverse. Si
parla di personaggi storici e di grandi romanzi ed opere letterarie.
La prima di cui Dante vuole saper notizie fu talmente corrotta e piegata al vizio della
lussuria che fece una legge dove tutto era legittimo per togliersi dal biasimo.
La donna in questione è SEMIRAMIDE che succedette a Nino. Ai versi 58/59 vi è una
figura retorica HYSTERON PROTERON (Inglese ne dà una spiegazione).
La seconda donna è DIDONE che si uccise. Anche in questo caso c’è un’altra volta la
figura retorica precedente.
Infine la regina CLEOPATRA, LUSSURIOSA.
63.
Dante va connotando le anime che incontra con alcune notizie al di là del peccato di
lussuria. Per quanto riguarda Cleopatra, l’aggettivo datole sembra una ridondanza. I
commentatori antichi e quelli moderni tendono a giustificare la cosa facendo leva su
quella tradizione che vedeva Cleopatra la lussuriosa per eccellenza.
Esiste una 2° possibilità: una strada esplicitata da TARTARO di un suggerimento non
accolto dagl’altri commentatori. Tartaro propone che “lussuriosa” non va ad indicare
il peccato ma che stia ad indicare “del lusso sfrenato”. All’epoca di Dante i lessici
medievali prevedevano la possibilità d’intendere “luxuria” come VALORE
AMBIVALENTE?
Quindi bisogna chiedersi se l’etimologia della parola latina potesse essere
ambivalente.
In questo saggio Tartaro riporta una definizione data da GIOVANNI BALBI, il quale
sostenne che come lussuria deriva da “luxus”, che può essere inteso come “libidine”,
può essere anche come aggettivo le