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Dalle curve sigmoidali si posso ricavare la potenza e l‘efficacia del farmaco. La potenza
è l’indice della potenza dell’effetto dalla dose del farmaco. La potenza all’interno del
grafico non è altro che i punto di intersezione tra l’asse delle ascisse e la proiezione
del punto della curva che ha un efficienza pari a 50, e corrisponde quindi alla
concentrazione tale per cui si ha un efficienza del 50%.
L’efficacia è l’entità della risposta evocata dal farmaco. Nella curva dose effetto, man
mano che aumento la concentrazione di farmaco la curva diventerà lineare e
raggiungerò l’effetto massimo di un farmaco, che corrisponde all’entità massima
dell’effetto che esso può indurre. Oltre all’effetto massimale non si può andare.
La ED50 ci serve per mettere in comparazione i farmaci e capire quale dose fa il suo
effetto al 50%. L’efficacia di un farmaco può arrivare al 100%, oltre a questo non può
andare. Nel grafico abbiamo delle curve sigmoidi che
descrivono i farmaci A B e C. Tra questi farmaci, il
farmaco A è più potente del farmaco B, in quanto ha
una concentrazione più bassa per indurre il 50%
dell’effetto farmacologico, mentre la B ha bisogno di
una dose maggiore. Più generalmente, il farmaco A
ha bisogno di una concentrazione minore per
indurre lo stesso effetto del farmaco B. Minore è la
concentrazione di farmaco per indurre un effetto e
maggiore sarà la potenza di tale farmaco. Tutte le
curve che stanno a sx di A sono più potenti, quelle a
dx sono meno potenti. A e B hanno la stessa
efficacia massima, solo che A la raggiunge a una concentrazione minore, mentre B a
una concentrazione maggiore. Il farmaco B non è peggiore del farmaco A, in quanto
può darsi che A produca delle reazioni avverse e quindi è meglio usare B che
comunque arriva al massimo effetto ma non produrrà effetti avversi.
Nel grafico a sinistra la curva più a sinistra corrisponde al farmaco più potente mentre
quello più a destra corrisponde ad un farmaco meno potente e possiamo notare come i
vari farmaci raggiungano l’effetto del 50% e del 100% a concentrazioni differenti. La
potenza rappresenta l’affinità del farmaco per il recettore: per esempio, il primo
farmaco si legherà con un
recettore ad una
concentrazione minore, mentre
spostandoci verso destra la
concentrazione con la quale il
farmaco va a legarsi al
recettore aumenta.
La potenza influenza la dose
necessaria. Se la potenza è
maggiore, minore sarà la dose
e viceversa. La potenza è
indipendente dall’emivita e viceversa.
Invece si definisce efficacia il massimo effetto che un farmaco può indurre. I farmaci
hanno efficacia differenti. Come possiamo vedere nel grafico a destra tutte le curve
sono sigmoidi, ma il farmaco a ha una certa efficacia il b ne ha un'altra. Tuttavia tutti i
farmaci riportati nel grafico possiamo notare che hanno la CE50 quasi tutti simile ma
chiaramente è maggiore per il farmaco a. Al crescere dell’efficaica cresce anche la
CE50 e viceversa.
L efficacia nel grafico effetto-dose è descritto dall’altezza della curva, mentre la
potenza è descritta dalla posizione della curva nel grafico.
La maggior parte dei farmaci impiegati in terapia agisce mimando l’azione di sostanze
endogene che agiscono su recettori classici. I farmaci o le sostante che sono in grado
di imitare l’azione delle sostanze endogene vengono chiamati agonisti. I farmaci o le
sostanze in grado di legare il recettore non producendo alcun effetto vengono chiamati
antagonisti. I farmaci o le sostanze in grado di attivare il recettore ma che non
riescono ad arrivare all’effetto massimo vengono chiamati agonisti parziali. Per
esempio alcuni farmaci imitano l’adrenalina che agisce sui recettore adrenergici alfa 1
e alfa 2. Tale farmaco viene detto agonista. Gli antagonisti invece si legano ma non
attivano il recettore e non producono una risposta.
Un farmaco può avere un attività estrinseca: l’efficacia di un farmaco corrisponde
ad una modificazione conformazionale dei recettori, quindi ad un’induzione di una
risposta biologica nella cellula. Questa efficacia può essere chiamata anche attività
intrinseca, perché solo la molecola che ha la capacità di modificare il recettore ha
una certa efficacia. Quindi, l’attività intrinseca, valuta la capacità di un farmaco di
indurre un effetto. In base all’attività intrinseca i farmaci sono classificati in:
- Agonisti: hanno un attività intrinseca pari a 1.
- Antagonisti: hanno un attività intrinseca pari a 0.
- Agonisti parziali hanno un attività intrinseca tra 0 e
1.
Un agonista si lega ad un recettore e generando una
risposta biologica e quindi un
effetto farmaceutico, al pari
del ligando endogeno.
L’agonista si può legare
anche insieme al ligando
endogeno, inducendo
l’effetto.
L’agonista parziale non riuscirà mai ad arrivare all’effetto
che suscita l’agonista totale.
L’antagonista si lega con la stessa potenza degli agonisti
ma non determina una risposta (o come nel caso di un sistema in vitro, blocca solo un
determinato effetto).
Quando manca l’acetilcolina nell’organismo
utilizziamo la proprionilcolina che pur
avendo una potenza minore arriva ad avere lo
stesso effetto massimo. (guarda il grafico)
L’agonista pieno raggiunge il massimo
dell’effetto, l’agonista parziale A
raggiunge un efficacia maggiore di B a
potenza minore, mentre l’agonista parziale B
raggiunge un efficacia minore di A con una
potenza maggiore. È meglio usare l
agonista parziale A se non abbiamo l’agonista pieno.
L’antagonista è un farmaco che si lega con alta affinità ai recettori, ma non è in
grado di indurre di per sé una risposta biologica. L’antagonista ha il compito di
impedire l’effetto del ligando endogeno, dell’agonista e dell’agonista parziale. Per
esempio l’overdose di eroina è dato dall’eroina stessa che è un agonista che lega i
recettori per gli oppioidi e che va a inibire i centri respiratori. L’unico modo per
salvare il paziente in overdose è quello di somministrargli un antagonista che si
piazza al posto dell’agonista, ovvero dell’eroina, impedendogli di legarsi ai
recettori. L’emivita dell’eroina è maggiore del nanoxone (antagonista competitivo)
e per questo è necessario che il paziente rimanga almeno 24 ore sotto l’effetto di
tale farmaco. Questo è uno dei motivi per la quale alcuni farmaci devono essere
somministrati più volte al giorno. Quando dobbiamo curare una persona dalla
depressione dobbiamo trovare un farmaco non reversibile e possibilmente con un
emivita lunga in modo da dover fare solo una somministrazione al giorno. Per
esempio la penicillina ha un emivita breve perché viene degradata dall’apparato
gastrico e in più deve essere somministrata unicamente per via intramuscolare. La
penicillina è un farmaco utilizzato per la sifilide e per la sua cura sono necessarie 3-
4 sommimistrazioni al giorno di penicillina per via intramuscolare. L’aderenza alla
terapia da parte del paziente risulterebbe pari a 0. Il paziente smette di curarsi e
per questo non si riuscirebbe a debellare l’infezione. È per questo necessario
trovare dei farmaci con un emivita lunga.
Gli antagonisti si possono legare al recettore con una potenza e affinità pari a
quella dell’agonista ma non inducono alcun effetto. Esistono diversi antagonisti:
- Competitivi: hanno un effetto somontabile, ovvero si legano allo stesso sito a
cui si lega l’agonista in maniera reversibile.
- Non competitivi: hanno 2 effetti:
- insormontabile e si lega allo stesso sito dell’agonista ma in maniera
irreversibile.
- sormontabile e si lega ad un sito recettoriale diverso da quello in cui si lega il
ligando endogeno, ma che va comunque ad influenzare l’effetto. Per esempio
acetilcolina e adrenalina sono antagonisti non competitivi.
Nel grafico a sinistra abbiamo
sull’asse delle x l’agonista e
sull’asse delle y l’effetto. In tale
grafico all’aggiunta di
antagonista diminuisce
l’agonista. Quindi per
raggiungere il massimo
dell’effetto devo aggiungere
agonista in quanto
all’aumentare dell’antagonista
viene meno l’effetto
dell’agonista e se aumento l’agonista posso sormontare l’effetto dell’antagonista.
Nel grafico a destra abbiamo 2 curve: quella dell’acetilcolina e quella dell’acetilcolina
insieme alla atropina (che è un atnagonista competitivo). Possiamo vedere che la
curva si è spostata verso destra perchè è stato necessario aumentare la
concentrazione di agonista per arrivare all’effetto massimo (corrisponde la curva 2).
Un esempio di antagonista competitivo è il Naloxone:
Miosi = pupilla ristretta. Al contrario dell’antagonista competitivo
che induce uno spostamento verso
destra della curva del grafico, quindi
varia la potenza ma l’efficacia rimane
sempre a stessa, negli antagonisti non
competitivi la curva si abbassa nel
grafico, quindi non diminuisce la potenza
ma solo l’efficacia.
Gli antagonisti funzionali sono quei farmaci che provocano effetti opposti al ligando
endogeno (es adrenalina e istamina).
Gli antagonisti chimici sono in grado di neutralizzare chimicamente o fisicamente
farmaci o sostanze tossiche, o più generalmente agonisti, andando a legarsi
direttamente sulla sostanza e non sul recettore. Un esempio può essere il soldato di
protamina che sil lega all’eparina impedendogli di legarsi al recettore eparinico.
Gli antagonisti farmacocinetici riducono indirettamente la concentrazione di agonista
influenzandone una fase della farmacocinetica come l’assorbimento (per farmaci e
nutrienti) o la sintesi (nel caso di composti organici) o influenzando processi di
distribuzione, metabolismo o
eliminazione/escrezione.
Come possiamo notare nel grafico:
- Agonista + antagonista
competitivo: la curva shifta verso
destra.
- Agonista + antagonista non
competitivo: la curva si abbassa. Tutti i farmaci che si legano ad uno
stesso recettore vengono detti
ortosterici. Se un famraco si lega al
sito allosterico vuol dire che è
adibito alla modulazione di un
effetto. Tale farmaco viene
chiamato modulatore allosterico.
Nel grafico sono rappresentate
diverse curve: la curva A
rapprese