MADRIGALI FIORENTINI
Pubblicati per la prima volta su “La Nazione del Popolo” nel 1944. I madrigali sono una soluzione
metrica, quindi si ha il polo della tradizione e della regolarità; “fiorentini” invece si riferisce alla città
toscana in cui Montale visse gli anni della guerra. Il riferimento a Firenze circoscrive la poesia, nella
prima sezione la circostanza geografica è meno incisiva.
I. 11 settembre 1943 Sugella, Herma, con nastri e ceralacca
la speranza che vana
si svela, appena chiusa ai tuoi mattini.
Sul muro dove si leggeva MORTE
A BAFFO BUCO passano una mano
di biacca. Un vagabondo di lassù
scioglie manifestini sulla corte
annuvolata. E il rombo s’allontana.
La data presente all’inizio del componimento è l’11 settembre 1943 che rimanda
all’occupazione della città di Firenze da parte dei tedeschi. Quindi è segnato da un
tempo disforico, doloroso negativo causato dall’occupazione. Montale si rivolge ad una
figura femminile “Herma “, il cui suono richiama il nome di Irma; quindi, si tratta di un
evocazione alla donna attraverso la strategia della donna schermo. Il mattino è legato
“Morte a
alla speranza. La libertà si era manifestata attraverso delle scritte murarie
baffo buco“che rievocano la morte di Hitler , non è un espressione aulica, ciò segna
l’abbassamento linguistico , dato anche dall’ allusione dell’orientamento sessuale di
Hitler. Questa scritta fu presto cancellata da una riverniciatura. Il vagabondo a cui si
riferisce é in realtà un aereo, da cui vengono lanciati dei bigliettini di propaganda, in
un cielo cupo, che segna la rassegnazione all’occupazione tedesca , il quale a sua
volta segna la contrapposizione della speranza del mattino.
II. 11 agosto 1944
Un Bedlington s’affaccia, pecorella
azzurra, al tremolio di quei tronconi
-Trinity Bridge- nell’acqua. Se
s’infognano
come topi di chiavica i padroni
d’ieri (di sempre?), i colpi che
martellano
le tue tempie fin lì, nella corsia
del paradiso, sono il gong che ancora
ti rivuole fra noi, sorella mia
Abbiamo la presenza di parole straniere che segnano l’annullamento del
Bedlligton
monolinguismo. Il è un cane che prese il nome da una città straniera,
“s’affaccia” è un segno di liberazione, e si rispecchia nell’acqua (probabilmente
dell’Arno) . Per capire questi versi si deve avere conoscenza dell’evento della
liberazione della città di Firenze, in cui si deve tenere conto il far saltare in aria i ponti
sull’Arno e rimangono questi tronconi che si specchiano nell’acqua.
L’espressione” topi di chiavica” contribuisce all’abbassamento linguistico. Poi fa un
riferimento
alla sorella Marianna morta l’anno prima, come sé essa sentisse i colpi che martellano
le tempie
di Marianna. Come se la liberazione potesse riportare in vita una persona dell’aldilà.
“La corsia di paradiso” è un espressione un po’ insolita, che si rifà alla corsia di
ospedale, luogo
in cui avvenne la fine della vita della sorella, dopo una grave malattia. E la “corsia “si
rifà alla sfera laica di Montale, mentre il paradiso alla religiosità della sorella.
“gong”
Il era il suono di consuetudine a casa Montale per radunare i membri del resto
della
famiglia per il pasto. DA UNA TORRE
In questa poesia prevale la vita privata dello scrittore, ovvero l’infanzia trascorsa nella
Liguria e negli ultimi versi si rifà al paese di monte rosso che ha subito un
bombardamento nella Seconda guerra mondiale. Rispetto ai madrigali si dà più spazio
al ricordo delle vicende personali e non di storia pubblica.
Ho visto il merlo acquaiolo
spiccarsi dal parafulmine:
al volo orgoglioso, a un
gruppetto
di flauto l’ho conosciuto.
Ho visto il festoso e
orecchiuto
Piquillo scattar dalla tomba
e a stratti, da un’umida
tromba
di scale, raggiungere il tetto.
Ho visto nei vetri a colori
filtrare un paese di scheletri
da fiori di bifore – e un labbro
di sangue farsi più muto.
In Liguria il passero solitario (di Leopardi) prende il nome di merlo acquaiolo, il quale
spicca il volo dal parafulmine, non consono perché questo uccello vive in campagna e
non nella veduta cittadina. Ciò ci fa capire che non è una visione diretta, ma con
l’espressione “ho visto “lo scrittore intende con gli occhi della memoria.
Nelle prime due strofe c’è il ritorno dei morti sul piano zoologico, degli animali non un
ritorno degli umani.
La visione non realistica e filtrata dalla memoria è amplificata dalla “resurrezione “di
Piquillo, il cane che sale le scale della casa di famiglia a Monterosso. Qui, a differenza
dell’alto del parafulmine del merlo, abbiamo l’ascensione attraverso le scale, quindi
dal basso.
Con gli animali il ritorno dei morti si realizza, anche in un modo festoso con i versi
animali. Nel caso invece dell’ultima strofa il ritorno non avviene, potrebbe ma non si
farà, perché parla di una figura muta che si allontana sempre di più e non entra
festosamente.
Il paese degli scheletri a cui si riferisce é proprio il paese di Monterosso con le vittime
dei bombardamenti. [solitamente dopo il trattino si ha una rivelazione importante].
Il labbro di sangue si riferisce al labbro di una figura femminile, dopo la presenza di
due animali, facendo fare l’entrata alla seconda figura femminile importante della
raccolta, che è Arletta de Luberti, la prima ragazza di cui si innamora nelle
villeggiature estive, che muore ultracinquantenne ma che nei componimenti di
Montale viene trasfigurata come ragazza che subisce una morte prematura,
collegandoci alla Silvia di Leopardi.
Perché gli animali possono risorgere e il destino di Arletta è diverso? Se il merlo e il
cane riappaiono nitidamente e in tutta la loro forza vitale, della figura umana non
compare che un frammento silenzioso e segnato dalla morte. Gli animali contano più
come specie – commenta Montale – e ciò spiega perché la loro resurrezione sia facile,
gioiosamente emblematica, nella nostra memoria. Entrambi possono manifestarsi
direttamente, cogliendoci quasi di sorpresa nella realtà quotidiana: il merlo eseguendo
una frase musicale di flauto col suo canto melodioso; il cane nella tromba delle scale
di una casa, galoppando verso il tetto. Non è causale che a risorgere siano proprio un
“merlo acquaiolo” e un cane. Il primo sarebbe, a detta di Montale, il passero solitario
dei liguri, al contempo il merlo è con ogni probabilità uno degli uccelli delle Cinque
Terre a cui il poeta dava la caccia da bambino. L’altezza della torre è indispensabile
anche alla visione del cane.
Gli animali possono tornare perché si tratta di un ritorno di specie, cioè con la
sostituzione di uno
con un altro, invece Arletta è un individuo e non può essere ripetibile e sostituibile.
BALLATA SCRITTA IN UNA CLINICA
Pubblicata nell’Agosto del 1945, dopo la liberazione di Firenze, città in cui venne
assassinato il filosofo italiano che aveva posto resistenza antifascista, Giovanni
Gentile.
Questa emergenza della Storia e invece nel testo ci si imbatte in un’altra emergenza
legata alle vicende private dall’autore, ovvero la malattia che colpì la moglie Drusilla
Tanzi, ricoverata in ospedale, ingessata a causa del morbo di Pott. Così la moglie entra
per la prima volta nelle poesie
di Montale. L’intreccio tra vicenda pubblica e privata continua in questo testo.
La soluzione metrica utilizzata dall’autore è costituita da due versi isolati che fanno da
cornice agli
altri, i quali si dispongono a fisarmonica, nella prima parte da tre versi e poi aumento a
4, a 5, fino ad arrivare a 7 e poi decresce fino all’ultima costituita da un solo verso. E
ciò va a bilanciare la tradizionale ballata popolare, facilmente legata alla facilità del
ritmo musicale popolare.
In questi versi si mescolano la quotidianità espressa in modo semplice (es verso 19 la
morfina utilizzata dalla donna per deviare il dolore, con livello linguistico basso) e
alcune immagini non facilmente decifrabili (es. l’immagine della cometa agostana).
Nel solco dell’emergenza:
quando si sciolse oltremonte
la folle cometa agostana
nell’aria ancora serena
-ma buio, per noi, e terrore
e crolli di altane e di ponti
su noi come Giona sepolti
nel ventre della balena -
C’è una cometa che attraverso il cielo nel mese di agosto, mese in cui sono visibili le
stelle comete (così come ci aveva scritto pascoli), nell’agosto del 1944, mese
dell’epigrafe del secondo madrigale fiorentino, scritto per la liberazione della città di
Firenze. L’apparizione della cometa ha anche un significato simbolico, come segno di
sventura, di lutto e morte (della guerra) ma in un cielo ancora sereno del mese di
agosto.
Il riferimento oltre monte potrebbe essere un allusione alla linea gotica, che divideva
l’Italia in due, al di sotto della quale erano territori liberali al di sopra erano accora
occupati dai tedeschi. Quest’ultimi avevano ordinato ai cittadini fiorentini una sorte di
coprifuoco (da qui il buio) e il crollo dei ponti è un ulteriore riferimento ai madrigali e i
defunti sono seppelliti, allegoricamente, come il personaggio biblico di Giona nella
bocca di una balena.
ed io mi volsi e lo specchio
di me più non era lo stesso
perché la gola ed il petto
t’avevano chiuso di colpo
v.13 in un manichino di
gesso.
Nel cavo delle tue orbite
brillavano lenti di lacrime
più spesse di questi tuoi
grossi
occhiali di tartaruga
che a notte ti tolgo e
avvicino
alle fiale della morfina.
Il “tu “si riferisce alla terza figura femminile della raccolta (dopo Irma e Arletta),
ovvero Drusilla.
In seguito, si ha un cambiamento di luogo, rapportandosi ad una nuova realtà, quella
ospedaliera
di Drusilla.
Come se fosse un evento contemporaneo, da qui la contemporaneità è un’invenzione
poetica e non una contemporaneità storica e reale (la moglie ricoverata ad ottobre e
non ad agosto). Crea quest’effetto di contemporaneità per essere partecipe ad
entrambi i drammi, collettivo e privato, per aumentare la dose di pathos.
Ci descrive la donna come un manichino di gesso rinchiuso in ospedale e l’espressione
“lo specchio di me” indica la donna stessa
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