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EUGENIO MONTALE, VITA
Eugenio Montale nasce il 12 ottobre del 1896 a Genova da una famiglia di media borghesia (il padre si
chiamava Domenico meglio conosciuto come Domingo e la madre Giuseppina Ricci). Avevano una ditta di
compravendita di vernici da barche, resine, acqua ragia, stesso ramo che vedeva impegnato Italo Svevo. Della
sua educazione sappiamo ben poco: frequenta dapprima le scuole elementari, poi le scuole medie presso i
barnabiti, collegio di preti, ma essendo la sua salute cagionevole non frequenta spesso; è un autodidatta e
ottiene il diploma di perito commerciale a 19 anni (ragioneria). Non si iscrive all’Università, ma si appoggia
molto spesso alla sorella Marianna, che frequenta la facoltà di filosofia e colma così dei buchi alla
preparazione di Eugenio (greco, latino, filosofia). Una delle caratteristiche costanti è il fatto che Eugenio e la
sua famiglia si recano in villeggiatura tutte le estati alle Cinque Terre, soprattutto a Monte Rosso, dove i
fratelli del padre avevano comprato una villa che chiamata “La Pagoda” per la sua forma orientaleggiante.
Questo tipo di paesaggio diventa fondamentale per la sua poesia (ha scritto anche racconti e saggi). Montale
si diverteva a mettere in atto teatrini con i suoi fratelli; il padre li accompagnava al Teatro Carlo Felice di
Genova e la prima opera che Montale vide fu “La Sonnambula” di Bellini. Egli inoltre aveva una passione
innata per la lirica, aveva una voce da basso. Inizia a seguire delle lezioni di canto, nel 1915 il suo maestro è
Sivori, baritono molto famoso che comincia a impostarlo, ma poco dopo smette la sua pratica di cantante,
sebbene il suo maestro avesse riposto in lui delle grandi speranze, tanto che stava anche per debuttare come
basso nell’opera “I due foscari” di Verdi. Montale lavora come critico musicale per “Il Corriere della Sera”, e
negli “Ossi di Seppia” vi sono delle poesie molto musicali. Il primo scritto è una recensione di un’opera minore
uscita nel “Piccolo”, giornale di Genova. Durante il periodo in cui studia canto, si reca ogni giorno nella
Biblioteca Civica Berio, si fa una cultura da autodidatta. Montale tiene anche un diario in questi anni (’16-’17)
e più tardi si sentirà un inetto, un incapace di vivere, è privo di volontà. Sono gli anni della I° guerra mondiale
quando viene chiamato alla visita di leva, ma viene rimandato all’anno successivo, perché scarso dal punto
di vista toracico. La situazione cambia nell’agosto del ’17, dopo Caporetto, anno in cui viene inviato a Parma,
dove comincia un corso intensivo sulla guerra che dura tre mesi: sono in tremila e Montale arriva
esattamente a metà. Durante questi mesi conosce molta gente che si interessa di poesia e di critica letteraria,
tra cui Sergio Solmi, che diventerà uno dei critici più importanti. Insieme decidono di dare vita ad una rivista
di nome “Trotyl”, titolo futurista, qualcosa di esplosivo che però non andò mai in porto. Finito il corso,
Montale viene inviato nel Trentino (racconterà quest’esperienza in una poesia contenuta negli “Ossi di
Seppia”); dopo la guerra, viene mandato prima a Bolzano e poi a Novara, e chiede il congedo con il grado di
capitano. Torna a Genova e frequenta il caffè Diana, dove incontra alcuni liguri tra cui Camillo Sbarbaro,
importante poeta a cui dedica due poesie degli “Ossi di Seppia”; nel 1920 scriverà anche una recensione su
una delle sue raccolte intitolata “Trucioli”. Cerca di perfezionarsi in inglese e in spagnolo, conosce il pittore
de Pisis e lo scultore Francesco Messina; scrive delle poesie a Anna degli Uberti, ragazza conosciuta alle
Cinque Terre, che chiamerà Annetta e Arletta (rappresenta il lato crepuscolare, dei ricordi, perché secondo il
poeta muore giovane, ma in realtà morì nel 1959: descrive il mondo dei morti, delle ombre e della
sopravvivenza). Montale in questo periodo scrive molte lettere all’amico Sergio Solmi e nel 1921 dice di avere
una forma d’insonnia, dà un ritratto di un uomo debole nel fisico e nella volontà. Dal ’20 al ’21 compone
molte poesie: per la prima volta, nel 1922 pubblica una poesia sulla rivista “Primo Tempo” (rivista di rinascita
delle lettere) di cui è editore Solmi. Appaiono sette poesie raggruppate sotto il nome di “Accordi” (intesi
come accordi musicali) più una poesia staccata intitolata “Riviere”, scritta nel 1920 che andrà a costituire il
nucleo finale di “Ossi di Seppia”. Il sottotitolo degli “Accordi” è “Sensi e fantasmi di una adolescente” e solo
la poesia “Corno Inglese” verrà inserita in “Ossi di Seppia”. Lo scopo di Montale è quello di rendere il suono
tramite la poesia. Continua a scrivere versi e collabora con alcune riviste letterarie (lettere dell’agosto ’22 e
’23 a Sergio Solmi, dove dice di voler trovare un lavoro). Nel giugno del ’25 viene pubblicata la prima raccolta
poetica “Ossi di Seppia” a Torino, presso l’editore fascista Gobetti: la prima copia è piena di errori e non è
molto contento sebbene inizialmente ne vengono pubblicate solo 1000. Montale ha una concezione di vita
decadente e pessimistica, tanto che inizialmente aveva pensato a un titolo ancora più scadente, “Rottami”,
in quanto doveva contenere le poesie più scarnificate. Il termine del titolo della raccolta compare solo una
volta in “Riviere”. La concezione di vita del poeta si paragona ad un osso di seppia che viene sballottato di
qua e di là dalle onde del mare. Secondo Montale la poesia non diffonde idee, ma vuole una verità del
soggetto (il poeta parla di sé, ma finisce per parlare di tutti gli altri uomini rendendoli uguali a lui).
La critica si divise in montalisti e in anti-montalisti. Gargiuli parlò in termini molto elogiativi degli “Ossi di
Seppia”. Nel 1928 viene pubblicata una seguente edizione sempre a Torino, ma questa volta l’editore è Ribet,
e l’ultima sezione che inizialmente si chiamava “Meriggi” diventa “Meriggi e ombre”. Tra le ombre vi è una
poesia intitolata “I morti” e che indica non solo la mancanza di luce, ma anche il mondo stesso. Un’altra
poesia è “Arsenio”, pseudonimo ed alterego di Montale, incapace di agire. La caratteristica principale di
questo personaggio è assodata nell’ossimoro “immoto andare”: la vita di Arsenio è una camminata che non
procede, è una vita che non sa prendere delle decisioni. Questa poesia viene inclusa nella seconda edizione
degli “Ossi di Seppia”; vi sono poi successive redazioni, ma senza modifiche. Nel 1925 Montale scrive un
omaggio a Svevo, “L’esame” (Svevo aveva già pubblicato tre romanzi e in seguito pubblicò “La coscienza di
Zeno”; ebbe la fortuna di incontrare Joyce a Trieste, a cui fece leggere questo romanzo e venne fatto circolare
in tutta Europa). La fortuna europea di Svevo inizia nel ’26; Montale alla fine del ’25 scrive positivamente di
quest’autore, ha la primogenitura di questa fortuna. Lo aveva conosciuto tramite Bazlen, triestino che si
interessava della cultura mitteleuropea, e fu proprio lui che inviò i tre romanzi di Svevo per farli conoscere a
Montale. Gli anni dopo la pubblicazione di “Ossi di Seppia” sono molto difficili. Montale non ha un lavoro, ma
si pone il problema (16 aprile 1926, lettera a Sergio Solmi). A Firenze entra in contatto con Bemporad, editore
molto importante. Il 28 settembre 1926 racconta a Sergio Solmi di avere in programma un incontro con
quest’uomo; l’8 ottobre scrive di dover iniziare a lavorare l’1 novembre, ma il 7 (dello stesso mese) dice che
sta ancora aspettando, probabilmente per colpa del trasloco. Nel gennaio del ’27 scrive che Bemporad
probabilmente si è pentito, è molto pessimistico, ma dall’inizio di febbraio viene assunto come suo segretario
personale, ha un salario di seicento lire al mese. È proprio in questo periodo che scrive la poesia “Arsenio”,
la quale viene pubblicata per la prima volta nella rivista “Solaria” e ha molto successo, tanto che fu tradotta
subito in inglese (da Mario Praz). A questa traduzione contribuisce lo stesso Montale con delle note. Per tutto
il ’27 lavora da Bemporad, sebbene le leggi fasciste riducano lo stipendio del 10%. Lo stesso editore sta
passando un periodo economicamente non felice e decide di ridurre il personale: Montale viene licenziato
nel giugno del 1928. Questo fatto provoca dei problemi ulteriori, il poeta si ritrova nell’incertezza e senza
soldi. Nell’aprile del ’28 scrive “Carnevale di Gerti”, poesia che sarà poi inserita ne “Le Occasioni”. Il Gabinetto
Vieusseux è un gabinetto scientifico-letterario di Firenze, una biblioteca molto grande. Alla fine del ’28 il
direttore è Bonaventura Tecchi, ma si trasferisce all’estero per insegnare: Montale viene eletto direttore nel
marzo del ‘29 dal podestà di Firenze che lo scelse perché era l’unico a non partecipare al Partito Fascista. Nel
’38 sarà costretto a dimettersi perché non possiede la tessera del Partito Fascista. Il suo stipendio è di mille
lire. “Le Occasioni” è la seconda raccolta e comprende le poesie dal ’28 al ’38. Montale vive in un
appartamento vicino alla sua locataria Drusilla Tanzi, sposata in Marangoni. Questa donna ha un interesse
molto forte nei confronti del poeta, tanto che avranno una relazione e infine si sposeranno nel ’62, sebbene
lei fosse molto più vecchia. Nel corso degli anni viene soprannominata “la mosca”, nomignolo che si può
trovare anche in alcune poesie. Viaggia in estate, lavora in inverno due volte alla settimana alle “Giubbe
Rosse”, caffè di intellettuali fiorentini. Qui molti letterati decidono di dare vita a “Solaria”, rivista fondata nel
’26, prima dell’arrivo di Montale, e che durerà circa dieci anni. È una rivista con apertura europea e trans-
europea che ogni tanto si scontra con la censura fascista, la quale interviene solo nei casi più scottanti. Intanto
Montale pensa ad un nuovo libro di poesie. Nel settembre del ’29 si pone il problema di progredire alla sua
prima raccolta, dicendo che lo stesso dubbio se l’era posto Ungaretti, quindi recupera alcune cose e intitola
una poesia “Vecchi Versi”. L’apertura geografica e culturale si fa sentire ne “Le Occasioni” (infatti viaggia
molto con la moglie, che non si era ancora separata dal marito Marangoni). Pubblica “La casa dei doganieri e
altri versi”, che contien