Veglia
Una delle poesie più significative in cui emerge il dolore esistenziale è “Veglia”, composta il
23 dicembre 1915 a Cima Quattro, sul fronte del Carso.
La poesia è costruita in forma estremamente sintetica, con versi brevi e spezzati, quasi
come pensieri frammentati nati nell’angoscia. La scena è cruda: il poeta passa l’intera notte
accanto al cadavere orribilmente straziato di un compagno. L’orrore della morte è descritto in
modo diretto, senza filtri. I dettagli fisici (“bocca digrignata”, “congestione delle sue mani”)
mostrano la brutalità della guerra, che priva l’uomo della sua dignità. Il dolore non è solo
fisico, ma soprattutto esistenziale: l’uomo si trova di fronte all’assurdità della morte, alla
disumanizzazione della guerra, al senso di vuoto. Tuttavia, proprio in questa condizione
estrema, Ungaretti riesce ad aggrapparsi alla vita: scrive “lettere piene d’amore”, quasi a
contrapporre un atto umano e affettuoso al gelo della morte. L’ultimo verso – “Non sono mai
stato tanto attaccato alla vita” – esprime un paradosso: è nel momento in cui la morte è più
vicina che il bisogno di vivere si fa più forte.
Storia
La Guerra Fredda iniziò dopo la Seconda guerra mondiale, con la divisione dell’Europa tra il
blocco occidentale, guidato dagli Stati Uniti, e quello orientale, sotto il controllo dell’Unione
Sovietica. Le tensioni tra le due superpotenze emersero già alla conferenza di Potsdam
(1945) e si acuirono nel 1947 con la dottrina Truman e la creazione del Kominform sovietico.
L’Europa si spaccò in due: l’Occidente, sostenuto dagli aiuti economici americani (Piano
Marshall), e l’Oriente, organizzato attorno al Comecon. Il confronto ideologico e militare tra
USA e URSS si tradusse in una corsa agli armamenti e in un clima di tensione costante, che
influenzò profondamente la cultura e la coscienza collettiva dell’epoca. Il conflitto, pur non
sfociando mai in uno scontro diretto tra le due potenze, si manifestò in episodi come il
blocco di Berlino (1948-49), risolto con un ponte aereo occidentale, e nella divisione della
Germania in Repubblica Federale Tedesca (Ovest) e Repubblica Democratica Tedesca
(Est). Sul piano militare, nel 1949 nacque la NATO, mentre l’URSS rispose nel 1955 con il
Patto di Varsavia.
La Guerra Fredda si estese anche in Asia: nel 1949 la Cina divenne comunista e nel 1950
scoppiò la guerra di Corea tra Nord e Sud, conclusa nel 1953 con la divisione del paese. In
quegli anni, la paura del comunismo da un lato e del capitalismo dall’altro generò un clima di
sospetto e insicurezza generalizzata, aggravato dalla possibilità concreta di una guerra
nucleare. Negli anni ’50, la destalinizzazione avviata da Krusciov segnò un primo tentativo di
distensione con l’Occidente, ma le rivolte nei paesi dell’Est, come la Rivoluzione ungherese
del 1956, furono duramente represse. Le tensioni culminarono con la costruzione del Muro
di Berlino (1961) e con la crisi dei missili di Cuba (1962), che portò il mondo sull’orlo di una
guerra atomica. La crisi, evitata all’ultimo momento, lasciò un’impronta indelebile nella
memoria collettiva: l’idea che il mondo potesse essere distrutto da un conflitto improvviso
contribuì a generare un profondo senso di angoscia esistenziale e sfiducia nel futuro.
Negli anni ’60 e ’70 si verificarono eventi cruciali come la guerra del Vietnam, che danneggiò
l’immagine degli Stati Uniti e contribuì alla nascita di movimenti pacifisti. Intanto, la Cina si
distaccava dall’Unione Sovietica, mentre Nixon promuoveva un riavvicinamento sia a
Pechino sia a Mosca, firmando accordi per la limitazione degli armamenti (SALT). Tuttavia,
l’URSS mantenne una linea repressiva, come dimostrò l’invasione della Cecoslovacchia nel
1968 per soffocare la “Primavera di Praga”.
Negli anni ’80, la crisi economica e sociale nei paesi comunisti favorì movimenti di protesta,
come il sindacato polacco Solidarność. L’elezione di Gorbaciov in URSS (1985) segnò un
cambiamento con le riforme della Perestrojka (ristrutturazione economica) e della Glasnost
(trasparenza politica). Nel 1989, il crollo del Muro di Berlino sancì simbolicamente la fine
della Guerra Fredda. Nel 1991, con il fallito colpo di Stato contro Gorbaciov e l’indipendenza
di molte repubbliche sovietiche, l’URSS cessò di esistere, lasciando spazio alla Comunità
degli Stati Indipendenti (CSI).
Conclusione e collegamento tematico
Durante tutta la Guerra Fredda, la costante minaccia della bomba atomica e lo spettro
di una guerra mondiale contribuirono a creare un clima di ansia diffusa e paura del
futuro. Il mondo sembrava vivere in equilibrio precario, con la sensazione che bastasse
un errore per provocare la fine dell’umanità. Questo stato di incertezza, tipico del
secondo dopoguerra, si riflette anche nelle opere letterarie e poetiche del Novecento,
dove emerge il male di vivere, il senso di vuoto, alienazione e insicurezza esistenziale.
La poesia, come quella di Ungaretti, e la storia si incontrano così nella stessa
inquietudine profonda: l’uomo di fronte alla fragilità della propria esistenza.
Filosofia
Nietzsche ha stravolto il rapporto tra filosofia e realtà, tanto da far sì che, come afferma
Martin Aniger, “in lui si decide il destino non della cultura, ma tanto dell’essere stesso e della
filosofia”. La sua vita e il suo pensiero hanno segnato una svolta radicale nel panorama
intellettuale, mettendo in discussione le certezze dell’Ottocento. Nietzsche si formò in un
periodo dominato dal positivismo, dal marxismo e dal socialismo, che cercavano una società
fondata sull'uguaglianza. Tuttavia, Nietzsche criticava queste idee, perché pensava che
l'uguaglianza e la giustizia avrebbero livellato gli individui, portando alla perdita dell'identità e
a una società di massa che lo opprimeva. Con la sua opera, Nietzsche ha messo in
discussione e smentito tutte le credenze tipiche dell’Ottocento: l’ottimismo, le verità ritenute
immutabili in ambito scientifico, storico, artistico, religioso e morale. La sua filosofia
rappresenta un radicale atto di demolizione delle certezze consolidate, ponendo l’accento
sull’importanza dell’arte come via per la liberazione dello spirito. Per Nietzsche, l’arte deve
essere contemplativa, capace di permettere all’individuo di distruggere le certezze
preesistenti, anche a costo di mettere in discussione se stesso, per potersi rinnovare e, al
contempo, liberare gli altri dalle menzogne imposte dalla società.
Nichilismo
Con la seconda tappa del suo pensiero Nietzsche, andando contro le tendenze dell'epoca,
annuncia l'avvento del nichilismo, cioè la scomparsa di ogni punto di riferimento o assoluta a
cui appoggiarsi. Si tratta di una prospettiva demolitrice e devastante, di cui il filosofo stesso
riconosce l'orrore, ma che in qualche modo non costituisce il destino ultimo dell'essere
umano. Se si ammette, infatti, che nessuna verità religiosa, scientifica o morale può avere
una pretesa di assolutezza, perché le sue origini sono «umane» e non esiste alcun
fondamento certo e incontrovertibile su cui radicarla, si può provare lo sgomento del nulla,
ma anche l'ebbrezza della libertà, della creatività: tutto diventa di nuovo possibile. Il
Nichilismo si divide tra incompleto e completo:
● Incompleto: distrugge i vecchi valori ma pensa ai nuovi valori ancora in un'ottica di tipo
metafisico.
● Completo: dopo aver preso atto della decadenza dei valori del passato si esercita con
forza a trovare un senso a tutti quegli accadimenti che sembravano non avere un senso nel
mondo e a darne un nuovo significato (trasvalutazione dei valori).
L’uomo folle – la gaia scienza:
Nelle pagine conclusive della Gaia Scienza, Nietzsche descrive il filosofo profeta, che
annuncia la morte di Dio, ma la sua profezia non viene compresa. Gli uomini, pur essendo
atei, non riconoscono le gravi implicazioni dell'evento, e continuano a credere in ideologie
derivate dal cristianesimo, come il socialismo e la scienza. Per Nietzsche, l’unico modo per
superare questa crisi è l’emergere dell'oltreuomo, un individuo che si pone come libero
creatore del proprio mondo, senza più dipendere da certezze assolute come Dio, la scienza
o la morale. Una volta distrutti questi fondamenti, tutte le interpretazioni diventano possibili.
"L'uomo folle, che accendeva la sua lanterna nel pieno giorno, corse in piazza e gridò: «Io
cerco Dio! Io cerco Dio!» E mentre alcuni di quelli che non credevano in Dio si misero a
ridere, altri dicevano: «È impazzito!» Si rivolse a loro e disse: «Che cosa avete fatto? Non
avete ucciso Dio?» Essi risposero: «Abbiamo ucciso Dio! Ma ora ci occorre un nuovo Dio!»
L’uomo folle disse: «Non è forse più arduo credere alla morte di Dio che alla sua
esistenza?»" Nel testo, Nietzsche descrive l'uomo folle come una figura che annuncia la
morte di Dio in un mondo che non riesce a comprendere le implicazioni di questa verità. Gli
atei della sua epoca non riescono a capire che, negando Dio, continuano a mantenere
credenze derivanti dal cristianesimo, come il socialismo e la scienza, che rappresentano
solo nuovi idoli. Non sono pronti a riconoscere il vuoto che la morte di Dio ha lasciato.
Questa parte del testo mette in evidenza il paradosso: sebbene Dio sia morto, gli uomini
continuano a cercare verità assolute in ideologie moderne, come lo Stato o la scienza,
incapaci di affrontare il nichilismo. Nietzsche propone che per superare questa crisi, l'uomo
debba evolversi nell’oltreuomo, un essere capace di vivere senza dipendere da certezze
fisse, diventando il creatore del proprio mondo La morte di Dio è la fine di ogni punto di
riferimento, egli è il mare che è simbolo dell’infinità, l’orizzonte che rappresenta il sole.
Venuto meno Dio sono caduti tutti i punti di riferimento: alto, basso, Indietro, Non c’è più
luce, né calore, lo spazio è vuoto. La morte di Dio va intesa come la fine di ogni bene e
verità. L’annuncio della morte di Dio evidenzia uno smarrimento radicale e drammatico ma al
tempo stesso è l’inizio di una più alta storia. Il grande annuncio libera una nuova umanità. È
sulla base di questa considerazione che si apre la terza fase della riflessione nietzscheana,
quella del «fanciullo», del «me
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