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(RWA).

Il patrimonio di vigilanza ha diversi tier; il Tier 1 è il, cosiddetto, “capitale di classe 1” e si reputa in

grado di assorbire le perdite che avvengono in una situazione di continuità (ongoing concern). Il T1

si compone di due classi di capitale:

- Il Common Equity Tier 1; la sua misura regolamentare minima è pari al 4,5% del rapporto fra

1

capitale di classe 1 (e cioè il capitale netto “tangibile” ) e le attività ponderate per il rischio,

CE/RWA

- Additional Tier 1 (1,5%)

Abbiamo poi il Tier 2, il quale è composto da strumenti aggiuntivi, aventi però una capacità di

assorbimento delle perdite inferiore al capitale presente nel T1. Questo “cuscinetto” di capitale

viene richiesto dalle autorità alle banche per fronteggiare le perdite che, in situazioni di crisi, si

potrebbero verificare.

Le banche devono poi avere dei buffer addizionali di conservazione del capitale, e devono farlo nella

misura del 2,5%.

Le banche significant sono obbligate a detenere cuscinetti di capitale addizionali a quelli citati finora,

in virtù proprio della loro importanza per il sistema. Le banche sistemiche, inoltre, nella loro

programmazione (ossia nei loro piani industriali), devono anche predisporre dei piani di

conservazione del capitale. In altre parole, le banche devono mostrare quale sarà l’evoluzione del

capitale in futuro, tenendo conto anche di possibili scenari di stress.

*Gli strumenti che possono essere considerati strumenti di capitale addizionali (AT 1) sono quelli

che, in base alle loro caratteristiche di emissione, possono essere equiparati al capitale di prima

qualità, e cioè strumenti capaci di assorbire le perdite in una maniera simile a ciò che farebbero le

azioni ordinarie (ad es., le preferred shares). Per questo motivo, gli strumenti AT 1 sono strumenti

collocati, generalmente, solo da banche di grandi dimensioni; strumenti del genere richiedono

infatti la presenza di un investitore istituzionale capace di capire il tipo di strumento che sta

sottoscrivendo.

Ci sono poi degli strumenti di quasi-capitale, i quali possono essere computati nel Tier 2; essi

prendono il nome di “strumenti ibridi”, ed hanno una scadenza residua non inferiore a 5 anni. Sono

detti “ibridi” perché hanno delle caratteristiche ibride che appartenengono un po’ al capitale, un

po’ al finanziamento. Questi strumenti sono simili ai finanziamenti in termini di remunerazione

(hanno un tasso d’interesse riconosciuto, assente negli strumenti di capitale in senso stretto), ma, a

differenza del debt, a seconda di quelli che sono gli andamenti economico-patrimoniali della banca,

possono interrompere la corresponsione del flusso degli interessi agli holders, oppure possono

essere convertiti in strumenti di capitale (= equity). Non esiste una classificazione ben precisa degli

strumenti rientranti nel Tier 2, ma semplicemente si identificano gli strumenti ibridi dalla ricorrenza

o meno di queste caratteristiche. L’utilizzo degli strumenti ibridi per il capitale di vigilanza deve

essere autorizzato, di volta in volta, dall’autorità, la quale decide se gli specifici strumenti che si

vorrebbe utilizzare sono computabili nel Tier 2.

La somma di Tier 1 e T2 ci restituisce il patrimonio di vigilanza totale, detto anche Total Regulatory

Capital o TRC. La misura regolamentare minima del TRC è pari all’8%; al TCR vanno poi aggiunti i

buffers di conservazione.

1 Si escludono quindi gli intangibles, come ad es. l’avviamento. Quest’ultimo è l’intangibile per eccellenza, e si valuta

differentemente a seconda che si adottino le regole contabili nazionali o i principi internazionali (i quali sono applicati

dalle banche). L’avviamento è una posta di bilancio concettualmente molto importante, anche se nei bilanci delle

banche, ultimamente, se ne trova meno traccia (l’avviamento, dopo la crisi del 2007-2008, è stato svalutato).

I requisiti patrimoniali dei singoli intermediari sono obbligatori a livello consolidato; se ho una banca

che, a sua volta, controlla altre entità, i coefficienti vengono calcolati a livello consolidato e non a

livello di singola legal entity. Il livello minimo di capitale di vigilanza che l’istituzione deve avere, a

livello consolidato, viene determinato a valle del procedimento di SREP.

L’autorità può infine intervenire, non soltanto nella fissazione del requisito patrimoniale, ma anche

nelle modalità di calcolo dello stesso.

I filtri prudenziali

Come vi ho accennato diverse volte, non si passa direttamente dal dato di bilancio al calcolo del

coefficiente patrimoniale, ma, partendo dal dato contabile, bisogna procedere verso tutta una serie

di aggiustamenti.

Vediamo quindi cosa e quali sono i c.d. filtri prudenziali, i quali si distinguono fra “positivi” e

“negativi”.

Quando si parla di “filtri prudenziali” si tratta di escludere, in tutto, in parte o al verificarsi di

determinate situazioni, alcune componenti dal calcolo del patrimonio di vigilanza.

Un tipico esempio di filtro positivo sono le minusvalenze cumulate su strumenti finanziari da fair

value option. Questa è una riserva (riserva da valutazione a fair value), la quale può essere positiva

o negativa ed è stata, fino al 2018, molto importante, e questo perché permetteva di sterilizzare le

2

variazioni nel fair value .

Un altro esempio sono le riserve per copertura di cash flow hedge. È una riserva che deriva dai

movimenti, positivi o negativi, del cash flow derivante da contratti derivati (specialmente interest

rate swaps). Le differenze nel valore del cash flow sono allocate a riserva. Le riserve da copertura

del rischio di variazioni nel flusso di cassa devono essere, quindi, sterilizzate ai fini del calcolo dei

coefficienti patrimoniali.

2 Supponiamo di comprare un titolo di Stato, ad es. un Btp, e lo compro a 100; tasso di rendimento dell’1%. Se il mercato,

per i Btp decennali, comporta un innalzamento dei rendimenti al 2% salendo il tasso, scende il prezzo del titolo. La

differenza fra prezzo d’acquisto e prezzo di vendita, anche se non conseguita, vi è comunque una perdita di fair value.

Tra i filtri prudenziali negativi, un esempio è ancora la riserva per copertura di cash flow hedge.

Troviamo poi la plusvalenza cumulata su attività materiali derivanti da valutazione al fair value (es.

deemed cost derivante da rivalutazione degli immobili).

Le deduzioni dal patrimonio di vigilanza

Vi sono delle componenti che, in tutto o in parte, vengono dedotte dal patrimonio di vigilanza.

Generalmente, le deduzioni sono imputate per il 50% al patrimonio di base (Tier 1) e per il restante

50% al patrimonio supplementare.

Le deduzioni sono un’operazione che richiede un’elevata specializzazione.

Anche in questo caso, vi segnalo un paio di esempi di deduzioni che, a mio parere, sono importanti.

Il primo sono “l’eccedenza delle perdite attese rispetto alle rettifiche di valore complessive”. Ma che

cosa significa?

Abbiamo detto che le perdite attese devono essere coperte dagli accantonamenti a conto

economico. La Banca d’Italia nelle proprie valutazioni può rilevare dei problemi nel calcolo delle

perdite attese di un ente (magari perché il calcolo non è poi così prudenziale. Bankitalia può dire,

ad es.: - Hai accantonato 100; secondo me però le tue perdite attese saranno 105…).

Bene, queste differenze fra le previsioni di Bankitalia e quelle della singola banca sono dedotte dal

patrimonio di vigilanza.

Noi sappiamo che, in linea teorica, il patrimonio deve coprire le perdite inattese (con le perdite

attese che devono essere contabilizzate a conto economico). Questo è un caso in cui ci può essere

una differenza di perdita attesa che, non essendo coperta dal conto economico, deve dunque essere

coperta dal patrimonio di vigilanza. Vedremo come, in alcune banche, vi è quindi la necessità di fare

una deduzione dal patrimonio di vigilanza. 3

Un’altra deduzione che può essere di un certo interesse sono le c.d. DTA (imposte anticipate) non

derivanti da differenze temporanee.

3 Deferred Tax Asset.

*Noi sappiamo che, per le imposte dirette, anche se vi è il principio di derivazione rafforzata ecc.

(quindi, in prima approssimazione, quello che si tassa è l’utile di bilancio), in realtà le cose sono un

po’ più complicate, ed infatti bisogna applicare il Testo unico delle imposte sui redditi.

Questo limita e/o ritarda alcune deduzioni e tassazioni; per es., c’è il ritardo di tassazione:

supponiamo di conseguire una plusvalenza su un’immobilizzazione detenuta da più di 5 anni. In

questo caso, posso tassare la plusvalenza in quinti, ossia spalmare la plusvalenza sui 5 anni che

verranno. Questa è una c.d. differenza temporanea, e cioè che si “riassorbe”: io tasso la mia

plusvalenza, ma lo faccio in 5 anni e non in un anno.

Similmente, ci sono alcune deduzioni che possono essere ritardate nel tempo. Il caso tipico, e che

riguarda in particolare le banche, sono gli accantonamenti su crediti, i quali non vengono

riconosciuti tutti in un anno, ma vengono dedotti in un periodo successivo. Ma allora, non è che non

deduco affatto la deduzione, semplicemente non la deduco l’anno in cui la imputo a bilancio. Per

es., la deduzione avverrà, a quote costanti, nei 10 anni successivi.

Questo fenomeno dà luogo ad un’anticipazione di tassazione: sempre nell’es. che vi ho fatto, se ho

100 di accantonamento su crediti, e quest’ultimo è deducibile in decimi, quel componente negativo,

quest’anno, lo dedurrò per 10, e così via per i prossimi 9 anni. Ma allora, la differenza di 90,

quest’anno, non è sostanzialmente riconosciuta come “componente negativo”, quindi viene tassata.

La deduzione viene quindi riconosciuta alla banca per intero; purtroppo, questa non può essere

dedotta per intero nell’anno corrente. Questo fenomeno dà luogo ad una differenza temporanea

(in questo caso) da imposte anticipate. Le imposte anticipate la banca le iscrive come credito nel

bilancio. differenza temporanea.

Ci sono altre imposte anticipate che invece derivano da altri fenomeni, ed in particolare dalle

perdite. Se io banca quest’anno “perdo”, questa perdita la posso “riportare in avanti”, cioè la posso

compensare con gli utili conseguiti nei futuri esercizi. In altre parole, se faccio -100 (di perdita

fiscale), ma l’anno dopo riesco a guadagnare 100, io l’anno prossimo non pago imposte, e questo

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perché posso compensare la perdita di ieri col guadagno di oggi .

Questo fatto appena descritto, nella misura in cui la recuperabilità della per

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Publisher
A.A. 2022-2023
290 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/11 Economia degli intermediari finanziari

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher vincelposta di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia delle gestioni bancarie e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Bruno Elena.