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La causa
Il Codice civile non dà la nozione di causa del contratto ne definisce il suo ruolo
in positivo, si preoccupa piuttosto di precisare il profilo negativo dell'illiceità
della causa dei motivi. Articoli 1343 1345.
Tale requisito si definisce in base alla tradizione e alla disciplina complessiva
della materia.
Per causa, comunque, si intende comunemente la funzione economico sociale
del contratto e cioè lo scopo il risultato economico giuridico quindi diretto un
certo schema contrattuale.
Ad esempio, la causa della locazione e lo scambio tra il godimento di un bene e
il corrispettivo di un canone.
La mancanza della causa in un contratto o che sia illecita produce la nullità
assoluta insanabile del negozio. La necessaria presenza di una causa che sia
lecita e meritevole di tutela risponde alle esigenze di una giustificazione
socialmente apprezzabile del rapporto creato dalle parti e rende evidente come
la volontà privata non è da sola sufficiente a creare un rapporto giuridico con
l'ordinamento presti la propria assistenza e tutela. È necessario che la volontà
degli interessati sia accompagnata e sostenuta da una sufficiente
giustificazione, deve essere quindi diretta a realizzare interessi meritevoli di
tutela secondo l'ordinamento giuridico 1322 comma due.
Il controllo dell'ordinamento sull'autonomia privata infatti opera anzitutto
proprio attraverso la valutazione della causa del contratto. Non sarà quindi
possibile realizzare un'attribuzione patrimoniale a un soggetto né assumere
obbligazioni nei suoi confronti se non ricorre una giustificazione di tali
prestazioni che l'ordinamento consideri adeguata.
Giustificazione adeguata potrebbe essere anche l'intento di definire una lite, di
adempiere un'obbligazione naturale, distinguere un'obbligazione di diverso
contenuto. Non si può invece semplicemente trasferire la proprietà di un bene
a un altro soggetto, né obbligarsi nei suoi confronti, se non risulta a che titolo,
ovvero perché si realizza tale attribuzione.
Per causa però non si intende il motivo per cui le parti stipulano il contratto, la
causa è come dire il titolo del contratto stesso il motivo di esistenza del
contratto stesso che è indipendente dall'interesse individuale delle parti.
L'interesse individuale delle parti è infatti il motivo che può essere diverso da
una parte all'altra proprio perché è individuale.
La causa può essere espressa, ovvero dichiarata esplicitamente nell'atto
negoziale, soltanto nei negozi formali.
La causa è presunta negli altri contratti tipici e nei negozi astratti.
La dottrina si è aperta nel dibattito e nella critica della definizione della causa il
riferimento alla funzione tipica estratta, che la legge assegna a un certo tipo di
contratti, che non consente di tener conto adeguatamente degli interessi reali
che muovono le parti e che poi verranno in considerazione quando si voglia
operare un controllo su interessi in concreto perseguiti col singolo contratto.
Tale dottrina definisce la funzione della causa più come economico sociale, una
funzione economico individuale, intesa come ragione pratica o interesse
concreto effettivamente perseguito dalle parti.
Se la causa è un profilo oggettivo del contratto e costituisce un elemento
comune alle parti poiché è unica per entrambi i contraenti, si distingue dai
motivi perché si sono le finalità individuali, le utilità specifiche che ciascuno si
ripromette e che possono essere le più varie. I motivi anche se note la
controparte rimangono giuridicamente irrilevanti poiché attengono solamente
alla sfera individuale di ogni singola parte, se dovessero essere rilevanti
introdurrebbero intollerabili elementi di insicurezza nelle operazioni
contrattuali.
Si ritengono quindi i motivi individuali irrilevanti per garantire l'esigenza di
certezza dei rapporti giuridici, e specificamente la difesa della stabilità del
contratto.
Perché i motivi acquistino rilevanza, occorre che si inseriscano nella struttura
contrattuale, ad esempio con la clausola condizionale, per la quale solo ad una
certa condizione si stipulerà il contratto che è un motivo, non è intesa come la
condizione come clausola accessoria (che si riferisce a un evento che
determinante per la produzione di effetti del contratto).
Al di fuori dell'ipotesi della struttura contrattuale, i motivi hanno rilevanza solo
se siano illeciti o erronei.
1. Il motivo illecito rende nullo il contratto quando sia comune a entrambe
le parti e determinante del consenso, 1345. Il motivo è comune quando
ambedue i contraenti traggono profitto dalla finalità illecita, quando le
parti hanno stipulato il contratto esclusivamente per tale motivo illecito
esso è determinante.
2. Il motivo erroneo, o errore sui motivi, rileva soltanto nelle donazioni e nel
testamento. A quel punto l'atto è annullabile se il donante o il testatore si
sono indotti a una certa disposizione esclusivamente per una ragione
erronea, purché tale ragione risulti dall'atto.
La cd presupposizione non costituisce un semplice motivo, ma non è
irrilevante.
Secondo l'orientamento classico della giurisprudenza ci sono delle circostanze
che costituiscono una condizione implicita del contratto perché, seppure nulla
si è pattuito al riguardo, entrambe le parti le presupponevano, nel senso che
non soltanto le conoscevano, ma nei condividevano anche la rilevanza.
E se perciò costituiscono un presupposto oggettivo e comune sul quale si fonda
non solo l'interesse di una delle parti, ma l'intero contratto, che senso ha quella
premessa non sarebbe stato stipulato.
La presunzione, quindi, viene ad incidere sul profilo della funzione, nel senso
che se è causa genetica perché la circostanza di risata dalle parti manca già al
momento della stipulazione, oppure perché è causa funzionale nel senso che il
contratto non può realizzare il suo obiettivo.
Se è causa genetica il contratto è nullo per mancanza originale della causa
concreta.
Se è causa funzionale il contratto è valido ma andrà incontro a risoluzione per
impossibilità sopravvenuta, poiché non può più realizzarsi lo scopo pratico cui
era preordinato.
In entrambe le ipotesi però la parte interessata potrebbe direttamente recedere
dal contratto, inquadrando tale facoltà nell'ambito delle nuove funzioni che si
accreditano al recesso, e in particolare nel cd recesso impugnatorio o in
autotutela.
L'oggetto
Il codice non fornisce la nozione neanche dell'oggetto, ma la dottrina ha inteso
l'oggetto come congiuntamente o alternativamente, la prestazione prevista,
ovvero il contenuto del contratto, e cioè l'insieme delle clausole di cui si
compone. Stabiliscono i termini di pagamento, diritto di recesso, limitazione di
responsabilità…
L'oggetto però deve essere possibile, lecito, e determinato o determinabile, ex
1346.
1. La possibilità dell'oggetto va intesa sia in senso materiale che in senso
giuridico
a. La possibilità materiale indica che la prestazione deve essere
effettuabile con la diligenza media, ovvero con l'impegno di essa deve
potersi svolgere l'attività o conseguire il risultato previsto.
b. Possibilità materiale significa anche esistenza fisica del bene o sua
producibilità.
c. La possibilità giuridica invece significa che l'effetto divisato è
legalmente ammissibile.
d. L'impossibilità originale dell'oggetto determina la nullità del contratto
(1418, 1347).
e. L'impossibilità sopravvenuta ne comporta la risoluzione.
Possono essere dedotti in contratto anche beni futuri ex 1348, come le
f. res nullius, ovvero i frutti non separati, cose che devono ancora venire
ad esistenza, come un edificio da costruire.
g. L'alienazione di tali beni è valida ma produce solo effetti obbligatori,
l'effetto reale del trasferimento della proprietà, infatti, si realizzerà il
momento dell'avvenuta ad esistenza del bene.
1. La liceità si riferisce al contenuto del contratto e significa che esso non
deve essere contrario a norme imperative all'ordine pubblico o al buon
costume, 1343 in tema di causa.
a. La qualificazione di un contratto come illecito implica un giudizio etico
negativo che manca invece dei contratti solo giuridicamente
impossibili.
1. La determinatezza significa che l'oggetto è già definito con idonee
indicazioni. È sufficiente però che l'oggetto sia determinabile, cioè che
esso possa essere precisato in base ai criteri fissati dalla legge dalle
stesse parti.
a. In alcuni casi è la legge che lo determina, in via suppletiva o cogente.
b. In altri casi sono le parti stesse a fissare i criteri per la successiva
precisazione dell'oggetto, ed è il caso più comune.
c. Quando le parti si sono affidate all'opera di 1/3 si parla di arbitraggio,
che è l'atto di fissazione del contenuto del contratto effettuato da un
arbitratore.
In tal caso la legge presume che le parti si siano affidate al suo equo
d. arbitrium boni viri.
apprezzamento, cosiddetto
e. Se il terzo non lo effettua ovvero se è manifestamente iniqua o
erronea, la determinazione fatta dal giudice, ex 1349 comma uno.
f. È possibile che però i contraenti al fine di evitare incertezze o
successive contestazioni, si affidino al mero arbitro, in tal caso la
determinazione è impugnabile solo provando la malafede del terzo e
cioè che egli addossamento agito in danno di uno dei contraenti, 1349
comma due.
g. L'oggetto del contratto potrebbe essere fidato anche alla precisazione
di uno dei contraenti. L'accordo è valido ma l'altro contraente deve
effettuare la valutazione con equo apprezzamento, tenendo presente
che il generale principio di correttezza impone il caso una
determinazione equilibrata dell'oggetto del contratto.
h. Non sarebbe ammissibile affidare ad uno dei contraenti un arbitrato
sul contratto di cui è parte, che consiste nella decisione di una lite
affidata a un privato, detto arbitro, e non va confuso perciò con
l'arbitraggio.
La forma
La forma costituisce un elemento essenziale del contratto solo nei casi
specificamente previsti dalla legge, 1325.
La forma e il modo di manifestazione della volontà negoziale, è la modalità con
cui essa viene esternata (secondo il principio per la quale il consenso ha il
co