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CONTRATTUALITA’ DEL RAPPORTO DI LAVORO
Il rapporto di lavoro trova il suo fondamento nel contratto che viene stipulato dalla parti da cui scaturiscono gli
obblighi e diritti delle parti.
Il contratto di lavoro subordinato implica l’esistenza di supremazia di una parte rispetto all’altra.
Dire che il rapporto di lavoro trova il suo fondamento nel contratto è importante perché ci consente di limitare
quello che il datore di lavoro può pretendere dal lavoratore. Non è sempre stato così, in passato si adottava
una tesi a-contrattualistica che giustificava l’esercizio di potere del datore di lavoro sulla base dell’inserimento
del lavoratore all’interno dell’organizzazione e questo a portato ad ampliare molto quello che il datore di lavoro
potere pretendere dal lavoratore. Queste teorie oggi sono state superate.
I sostenitori della tesi a-contrattualistica, quelli che dicevano che il fondamento del rapporto non si trova nel
contratto di lavoro ma sta fuori, usavano una norma per fondare questa teoria.
L’art 2126 riconosce al lavoratore il diritto di retribuzione anche a fronte di contratto nullo, è una norma di
protezione e si spiega nella logica di tutelare il lavoratore in quanto parte del rapporto.
Si occupa della prestazione di fatto, cosa vuol dire? La norma dice che la nullità o l'annullamento del contratto
di lavoro non producono effetto per il periodo in cui il rapporto di lavoro ha avuto esecuzione. Normalmente
questo non vale in caso in cui la nullità di contratto derivi dall’illiceità dell’oggetto e della causa, in questo caso
l'ordinamento qui non tutela il diritto alla retribuzione in quanto si svolge un'attività illecita, in realtà c’è un
istituto di diritto privato che aiuta chi ha dato un aprestazione ad avere una controprestazione, ovvero l'indebito
di arricchimento che serve per ottenere la retribuzione.
Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni
caso diritto alla retribuzione, anche se si tratta di oggetto o causa illecita.
La forma del contratto di lavoro subordinato:
Il contratto di lavoro subordinato si caratterizza per la libertà di forma, non c'è l’obbligo di forma scritta a
differenza dei contratti flessibili.
Dal decreto n. 152/1997 Il datore di lavoro però ha l’obbligo di informare il lavoratore delle condizioni
applicabili a quel rapporto di lavoro, si tratta di una normativa di derivazione europea. L’obbligo viene
adempiuto tramite la copia della comunicazione che lui deve fare al momento dell’instaurazione del rapporto di
lavoro agli enti previdenziali. Il datore di lavoro fa questa comunicazione e gli viene data una specia di ricevuta
con numero di protocollo e in questa ricevuta c’è scritto quando e che cosa il lavoratore andrà a svolgere,
questo è il foglio che il datore di lavoro ha l’obbligo di consegnare al lavoratore al momento dell’inizio del loro
rapporto, se non lo fa sono previste delle sanzioni amministrative. 32
Nel momento in cui le parti iniziano la loro collaborazione succede molto spesso che appungano al contratto di
lavoro un patto di prova, ha una duplice finalità serve al datore di lavoro per mettere alla prova il lavoratore ma
anche per vedere se quel lavoratore si inserisce bene all’interno di quell’organizzazione produttiva, doveva
servire anche al lavoratore se si trovava bene con il datore di lavoro, in quel contesto.
Il patto di prova può essere apposto a qualsiasi tipologia di contratto e qui troviamo un requisito di forma, il
legislatore ci dice che il patto di prova deve essere redatto in forma scritta ai fini della validità.
Cosa succede se il patto non viene fatto in forma scritta? il patto di prova è nullo ma mi rimane il contratto di
lavoro subordinato. Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere liberamente, senza
giustificazione, la caratteristica di questo periodo è questa. Il periodo di prova non può avere durata superiore
a 6 mesi e quindi l’eventuale periodo più lungo viene ridotto a sei mesi e di regola la durata di prova è fissata
dai contratti collettivi che fissano una durata di prova a seconda della complessità delle mansioni del
lavoratore.
Cosa succede se il datore di lavoro non consente di fatto al lavoratore di provare le sue capacità? Che tutela
ha il lavoratore? L’unica è quella di esperire il periodo di prova, e di essere reinserito all’interno
dell’organizzazione lavorativa.
Una volta finito il periodo di prova se nessuno recede continua il rapporto di lavoro.
Classificazione dei lavoratori:
Mansione= oggetto della prestazione lavorativa individuato nel contratto, i compiti che i lavoratori si è
impegnato a svolgere nel contratto di lavoro. Solitamente nel contratto non sono individuate in maniera
specifica le mansioni, ma il datore di lavoro tramite il potere direttivo poi col tempo specifica le mansioni.
Qualifica: sintesi riassuntiva delle mansioni assegnate in via prevalente al lavoratore, raggruppamento di
mansioni omogenee che individua una determinata figura professionale
Categoria: l’art. 2095 c.c. e il rinvio ai contratti collettivi, individua 4 categorie legali: operai, impiegati, quadri e
dirigenti.
Art 2095 c.c. non definisce chi sono le 4 categorie, rinvia alle norme di legge che determinano i requisiti per
l'appartenenza ad una o altra categoria.
La distinzione tra operai e impiegati la troviamo ancora oggi all'interno di un decreto del ‘24 che definisce
impiegato=come colui che svolge un’attività professionale con funzioni di collaborazioni, tanto di concetto che
di ordine, accentuata ogni prestazione che sia solo manodopera, quindi di fatto l'impiegato è colui che svolge
un'attività professionale di concetto, questa figura è contrapposta all’operaio
operaio=che svolge una prestazione di manodopera
A partire dagli anni ‘70 è stato introdotto l'inquadramento unico quindi impiegati e operai sono regolati insieme
perché? Es. se io sono un impiegato semplice non è vero che sono superiore a un operaio specializzato.
Dirigente= è considerato l’alter ego dell'imprenditore, sono dei lavoratori subordinati che hanno un margine di
autonomia nello svolgimento della prestazioni, hanno meno vincoli di orari e
Quadri= all’inizio nell ‘85 quando è stata creata erano degli impiegati che semplicemente stavano più in alto,
si tratta di lavoratori che svolgono lavori di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli
obiettivi dell’impresa.
24/10/2023
Articolo 2103:
L’art 2130 contiene la disciplina dell'istituto dello ius variandi, ma anche qualche principio generale in quanto
sancisce innanzitutto la regola generale che è il principio della contrattualità delle mansioni, alla luce del quale
il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto, nel contratto individuale di lavoro io
concordo con il datore di lavoro le mansioni per le quali io devo essere assunto. Quindi la regola generale è
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che le mansioni si determinano in base alle intese intercorse tra le parti. Il lavoratore deve svolgere le
mansioni per le quali è stato assunto.
La norma dice anche che in alternativa alle mansioni eventualmente superiori che abbia successivamente
acquisito, ovvero cosa può succedere? Che il datore di lavoro adibisca mansioni più alte al lavoratore, rispetto
a quello per cui è stato assunto se il lavoratore sta per un certo periodo a svolgere mansioni più alte, questo
diventa il suo inquadramento e il suo eventuale spostamento diventa definitivo.
Quando noi parliamo di mansioni parliamo delle mansioni dedotte nel contratto, non rilevano le caratteristiche
professionale del lavoratore: Es. Mi sono laureata in giurisprudenza ma vengo assunta per fare la fattorina, la
mia qualifica soggettiva non rileva nulla.
Può succedere nella prassi che il lavoratore svolga promiscue, ovvero mansioni che stanno in diversi livelli di
inquadramento, quindi com'è che determiniamo il livello che spetta al lavoratore? La giurisprudenza dice che
si da rilievo alle mansioni che il lavoratore svolge in modo prevalente e qui c’è un prevalenza quantitativa, la
determinazione delle mansioni che io svolgo nel mio livello di inquadramento acquista rilevanza per
determinare il mio trattamento economico ma anche per determinare la mia area di debito ovvero quello che il
datore di lavoro può pretendere da me.
Nel contratto di lavoro c’è una particolarità che consiste nel riconoscimento in capo al datore di lavoro
del potere di modificare unilateralmente le mansioni del lavoratore. Se l'insieme delle mansioni
determinano l’oggetto del lavoro vuol dire che il datore di lavoro tramite l'esercizio del potere unilaterale può
modificare l’oggetto del contratto. Particolare perché di solito per modificare un contratto serve il consenso di
entrambe le parti.
Il contratto di lavoro è particolare in quanto si riconosce una posizione di potere ad una delle parti, l’art 2103
del codice disciplina un potere che è appunto lo ius variandi che è in mano al datore di lavoro, ovvero la
possibilità di modificare le mansioni del lavoratore;
L'articolo ci serve a capire entro quali limiti può esercitare questo potere, è un potere che il legislatore concede
al datore di lavoro.
Dobbiamo tenere distinti i patti modificatrici delle mansioni: sono casi in cui il legislatore concede alla parti di
accordarsi per modificare la prestazione richiesta, questi patti possono essere fatti entro certi limiti, perché
abbiamo il problema che il lavoratore è da tutelare.
Evoluzione della norma..
Quando parliamo dell’art 2103 dobbiamo avere a mente che questa norma ha subito un’evoluzione storica nel
senso che abbiamo una versione più originale che è quella del codice civile del ‘42, l’art poi è stato modificato
dall’art 13 dello Statuto dei Lavoratori con l’idea di supplire alcune lacune che aveva la norma originaria. Tale
versione è stata in vigore fino al 2015 che è quella che ad oggi c’è.
Com’era formulata all'inizio la norma? La norma poneva fin dall’inizio il potere modificativo perchè ci diceva
che il datore di lavoro può a fronte di determinate esigenze dell’impresa sposare il lavoratore da un diversa
mansione, purché questo non comportasse una riduzione della retribuzione o un mutamento sostanziale della
posizione del lavoratore. Quindi il datore di lavoro aveva la possibilità di spostare il lavoratore verso diverse
mansione purché le mansioni di destinazio