Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
PRINCIPIO NULLUM CRIMEN SINE LEGE
Nota è il brocardo "Nullum crimen sine lege" di Feuerbach, che racchiude il principio di legalità penale, ossia uno dei principi cardine di tutti i sistemi giuridici. Come è noto, tale principio nel nostro ordinamento si trova in 3 disposizioni:
- Art. 25 comma 2 Cost. "Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso";
- Art. 14 delle preleggi "Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati";
- Art. 1 del codice penale "Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite".
Si ritiene che, affinché un ordinamento possa dirsi improntato al principio di legalità,
debbanosussistere 3 condizioni:- Per disciplinare la materia penale occorre una specifica previsione legislativa che possa dirsi esistente principio della riserva di legge;
- La disposizione penale dev'essere formulato in modo chiaro principio della tassatività e determinatezza;
- La norma penale non può essere retroattiva principio di irretroattività della norma penale incriminatrice.
appaiono ben distinti.
➔ Dottrina peripatetico-accademica.
I manuali a cui possiamo fare riferimento sono il De Oratore, l'Orator, i Topica e le Partitionis oratoriae.
Nel De Oratore Cicerone immagina il dibattito tra Antonio e Crasso e sembra accogliere la teoria di Antonio. In particolare, ritiene che lo status di scriptum et voluntas sia preso in considerazione in quanto manifestazione dell'ambiguitas, ossia una delle 4 forme di configurazione del genus legale. Lo status di scriptum et voluntas quindi non è uno status autonomo ma una forma di configurazione di uno degli status, ossia l'ambiguitas. Lo status di ratiocinatio emerge invece sotto forma di similitudo per comparationem fondata sull'equitas, ossia come regola utilizzata in funzione argomentativa di uno degli altri status ovvero come strumento di risoluzione di una controversia nata ex scripto et voluntate.
All'interno dell'Orator compare lo status di scriptum et voluntas quale forma dell'ambiguitas.
Del tutto assente è invece lo status di ratiocinatio. Nei Topica e nelle Partitiones Oratoriae il sillugismus viene escluso dagli status legali mentre compare lo status di scriptum et voluntas. Possiamo quindi trarre una prima breve conclusione: la ratiocinatio come status è contemplata solo nei manuali di ispirazione ermagorea. Compare quindi come canone ermeneutico, come regola di interpretazione, solo all'interno dei manuali di ispirazione ermagorea. Non viene però escluso che il ricorso alla similitudine (ratiocinatio) potesse avvenire in funzione argomentativa nello status di scriptum et voluntas. Una cosa non esclude l'altra quindi. Nelle opere elaborate da Cicerone in età più matura il sillugismus non compare tra gli status ma viene richiamato per risolvere una controversia ex scripto et voluntate. Qual è il fondamento della teoria secondo cui con l'affermazione delle quaestiones perpetuae a Roma inizia a trovare applicazione unIl sistema procedurale che possiamo definire improntato sull'attuale principio di legalità e quindi, in qualche misura, sul divieto dell'analogia, richiede una valutazione dell'incidenza delle regole retoriche di interpretazione individuate finora nello svolgimento del processo penale.
Nel fare riferimento al processo, prendiamo in considerazione alcuni significativi esempi:
- I processi della Pro Cluentio e della Pro Labirio Postumo. Si tratta di due orazioni in cui la questione interpretativa specifica riguarda la possibilità o meno di applicare agli equites talune disposizioni repressive previste espressamente solo per i senatores. In particolare, nella Pro Cluentio il processo si svolge nel 66 a.C. L'imputato Cluentio era difeso da Cicerone, mentre l'accusa era sostenuta da Attio. I fatti erano avvenuti nel 74 a.C. Oppianico senior veniva condannato nel 74 come mandante del tentato avvelenamento del figliastro Cluentio. In quel contesto si diffuse il sospetto che alla condanna si pervenne in
Seguito alla corruzione degli giudici da parte di Cluentio che nel 66 veniva chiamato a processo per un fatto differente: per l'avvelenamento del patrigno. Non risulta chiaro se tra le accuse formulate contro Cluentio vi fosse formalmente anche quella di corruzione dei giudici nel giudizio contro Oppianico. Secondo un'impostazione ampiamente condivisa Cluentio era stato accusato esclusivamente solo dell'avvelenamento del patrigno e quindi solo per questo crimine veniva processato. Il problema ermeneutico è collegato alla seconda ipotetica imputazione a carico di Cluentio, ossia la supposta corruzione dei giudici nel processo celebrato antecedentemente. In particolare emerge che Cicerone si affanna ad indebolire la tesi accusatoria secondo cui sarebbe stato impossibile applicare a Cluentio, esponente dell'ordine equestre, una norma rivolta esclusivamente a magistrati e senatori. La norma oggetto di interpretazione è una lex Cornelia de sicariis et beneficis.
in base alla quale era punito il magistrato o senatore che avesse cospirato