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SINTESI FAMILIA PROPRIO IURE
- Struttura squilibrata e asimmetrica tra il pater familias e tutti gli altri componenti (assoggettati);
- All'interno di ciascuna esiste un solo soggetto con la capacità giuridica, cioè titolare di diritti soggettivi e destinatario di obblighi (art. 1 c.c), per aver ciò un soggetto dev'essere un libero cittadino, con lo stato sui iuris e pater familias (tutti gli altri componenti ne sono privi, così detti alieni iuris);
- La soggettività giuridica viene identificata in funzione del concetto di familia proprio iure;
- Indipendente dalla numerosità dei componenti, con la sola costante che è una imputazione di capacità giuridica che è parzialissima ed esclusiva (è oggi: la dilatazione ad ogni essere vivente con la semplice nascita);
- Le dinamiche di potere si concentrano proprio su tale disparità, con un unico titolare del potere familiare che viene proiettato al di fuori della famiglia.
Nell'ordinamento giuridico, l'unico in grado di interagire con il sistema giuridico poiché l'unico ad avere diritti e di essere titolare di una posizione in termini di soggettività giuridica. Non indica criteri affettivi o genealogici, ma esclusivamente basata sul potere dell'ascendente uomo più vecchio... Chiamiamo communi iure la famiglia di tutti gli agnati: infatti anche se alla morte del pater familias i singoli (figli) hanno singole famiglie, tuttavia, tutti coloro che furono sottoposti al potere di uno solo saranno detti correttamente della stessa famiglia (poiché) sono stati generati dallo stesso gruppo e dallo stesso sangue."
Considerando le due espressioni utilizzate da Ulpiano 'communi iure familiam dicimus' e 'iure proprio familiam dicimus' si nota una simmetria nell'introduzione di questi due modelli familiari, una struttura costruita sapientemente con l'obbiettivo...
preciso di mettere in evidenza che si tratti di due modelli familiari diversi che si seguono e giustappongono nella loro diversità, ma che trovano da parte di Ulpiano lo stesso obiettivo di definizione e classificazione. Egli ha di fronte a sé l'obiettivo di rappresentare modelli familiari diversi, ma con la stessa ratio, cioè un filo comune; tale simmetria viene evidenziata innanzitutto tramite le stesse scelte lessicali; ed è ancor più evidente nell'utilizzo delle voci verbali, i verbi contengono già dentro di sé i due diversi significati e le due diverse portate. Nel descrivere la FAMILIA PROPRIO IURE Ulpiano dice che essa è l'insieme delle persone che sono sotto il potere di uno solo (quae sunt), mentre quella COMMUNI IURE è data dalle persone che sotto il potere di uno solo furono (qui fuerent); egli utilizza in entrambi i casi il verbo essere in due tempi diversi: presente e passato. Ulpiano nel trattofornisce subito la definizione tecnica/dogmatica: è la familia communi iure, la famiglia di tutti gli agnati; a ciò fa seguire una descrizione narrativa, entra nel dettaglio e spiega, muovendosi come un giurista che nel dare la definizione sente il bisogno di renderla più chiara, il designificatione verborum (cioè il titolo 16 del libro 50 in cui tale brano si colloca trova qui la sua più significativa espressione: si dà la formula, si esprime la categoria concettuale della familia communi iure e poi si cerca di rendere più limpido il significato). Nella FAMILIA PROPRIO IURE il pater familia è colui che ha sotto di sé le generazioni che si succedono (figli con ulteriori discendenti), alla morte di esso la prima generazione si trova fuori dal potere del pater familias e quindi acquisiscono immediatamente tale qualifica; la sua morte provoca quindi una frammentazione della famiglia che fino ad allora è stata unica e che allaSua morte si disgrega in tanti nuclei di famiglie proprio iure quanti sono i figli maschi, ognuno di essi eserciterà quindi a sua volta sui propri figli la patria potestas o in assenza ne acquista la qualifica potenziale.
La FAMILIA COMMUNI IURE è la somma di singole famiglie proprio iure che hanno la memoria nitida del loro comune capostipite, quindi per quanto si vengano a formare varie famiglie proprio iure alla morte del pater hanno comunque la consapevolezza che esse appartengono ad un ceppo unico e si sentono quindi uniti dal vincolo comune dell'avo.
Le famiglie sono tenute unite quindi da:
- La consapevolezza di essere singoli nuclei familiari che discendono dalla comune origine in quanto guidate da fratelli con un unico pater: identità comune
- L'identità di sangue
Quindi per dare una definizione tecnica essa è un organizzo collettivo, pluricellulare, cioè composta da più famiglie proprio iure che si sono create alla morte del pater.
pater e ciascuna delle quali è sotto il potere di uno solo (il figlio), che si pone in una relazione di parentela suddivida e di condivisione di un unico legame di sangue e un'unica consapevolezza identitaria.
In quanto plurifamiliare, la famiglia communi iure non interpreta più una dimensione di potere poiché esso è interpretato all'interno della singola famiglia a proprio iure, però esse si sentono comunque, per le due motivazioni, unite da una struttura unitaria che le racchiude (pluricellulare ma mono identitario).
Tale modello familiare 'dilatato' è presente alla nostra cultura e al sistema giuridico in quello che i sociologi chiamano la famiglia estesa, qualificabile come il "modello della festa di natale", cioè quella che si ritrova durante le festività natalizie e quindi non cioè il nucleo monogamico genitori-figli, quanto piuttosto esteso a zii, cugini, nonni.
Gli AGONISTI sono coloro che
cioè la parentela rilevante per lo ius gentium (qualificata come nomen gentile) Ha un significato più ampio, indica la parentela in generale, sia maschile che femminile, e comprende anche la parentela per linea materna. Nella cognatio rientrano quindi tutti i parenti, sia agnati che cognati, che condividono un antenato comune, indipendentemente dal loro genere.inizialmente non rilevante, lo diventa poi in epoca repubblicana sul piano del diritto onorario e dall'età imperiale (II d.c.) anche sul piano dello ius civile (nomen naturale) è un termine che ha al suo interno un duplice significato, rappresenta un genere e una specie (nei rapporti di famiglia è frequente questa duplice carica semantica). Per quanto riguarda il suo significato di genere, deriva dalla radice verbale 'gigno' che significa generare e dunque significa 'parentela di sangue'. Considerando un preciso genus cognatio sottraendo una species rappresentata dalla agnazione rimarrà solamente la parentela di sangue in linea femminile, che non ha un nome preciso e muta il nome del genus che è quindi cognatio. Il termine cognatio va ad individuare quindi sia il genere parentela di sangue che la specie parentela in linea di sangue femminile. Quindi il rapporto che lega un figlio alla madre è cognatio, parentela in linea femminile.Mentre il rapporto che lega il figlio al padre è l'agnatio, parentela in linea maschile; ciascuno è quindi titolare di entrambe le linee di parentela. Questa diversità di regime si lega alla diversità di genere nel mondo romano, il ruolo della parentela in linea maschile rispetto all'esiguo riconoscimento in linea di parentela femminile, costituisce un'ulteriore evidenza del modello patriarcale, cioè costruito sull'assetto di potere maschile. L'agnatio viene infatti chiamata nomen civile come linea di parentela che fonda i suoi effetti sul piano dello ius civile. Dall'età repubblicana e fino all'età imperiale la linea di parentela femminile viene considerata nomen naturale, non è rilevante quindi per lo ius civile, dopo lo sarà solo per lo ius onorarium (diritto del pretore), ma perché la situazione cambi bisognerà attendere i secoli dell'impero (II d.c.), due senatoConsulti riconosceranno la capacità ereditaria e successoria tra madre e figlio e viceversa, fino ad allora non era immaginabile alcuna aspettativa ereditaria sul piano dello ius civile. D. 50,16,195,4 (Ulpiano, 46 ad edictum) "Ugualmente è detta famiglia (l'unione) di più persone che discendono dal sangue dello stesso ultimo genitore (così diciamo famiglia Giulia) come se (discendessero) da una certa fonte di memoria." Tale brano appartiene allo stesso frammento di quello precedente e porta un'ulteriore figura di famiglia, ma è completamente diverso l'approccio di Ulpiano, utilizza un linguaggio poco tecnico e puntuale dal punto di vista lessicale, qui il linguaggio è quasi evocativo e letterario, ma tutto ciò ha un preciso significato: l'esigenza di rappresentare una struttura familiare che ha caratteri molto più vaghi e incerti. Il termine 'Giulia' non significa famiglia ma gens: coloro che
discendono da una certa fonte di memoria, che trova una considerazione in modo ancor più evidente di quello che trovava nella familia communi iure nella memoria del comune ascendente scomparso. Fino a questo punto le due definizioni di familia communi iure e gens sembrano quasi sovrapporsi, la differenza sta quindi nel fatto che la GENS è comparativamente più ampia poiché al suo interno accorpa un numero indefinito di famiglie (tutte quelle che hanno la memoria comune di un capostipite, il più lontano, indistinguibile e indecifrabile). Il capostipite della gens è dunque un personaggio la cui evidenza storica si è perduta ed è qui che innesta la differenza radicale rispetto al modello della FAMIGLIA COMMUNI IURE, dove il capostipite è l'avo della generazione subito precedente e quindi una figura nitidamente percepibile, con una sua precisa evidenza, presente alla memoria e alla conoscenza dei suoi figli e nipoti che compongono
Le singole famiglie; quello della gens non ha più un'evidenza storica quanto piuttosto è un'entità t