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Ci possono essere delle sentenze che sembrano di condanna, ma non è certo
se lo sono, come la sentenza di condanna generica, che è una sentenza in cui il
giudice condanna sotto il profilo del se una somma è dovuta, ma non quantifica
l’importo. Una sentenza con la quale un giudice condanna riconoscendo
l’esistenza del credito, ma senza quantificarlo può talvolta essere qualificata e
talvolta no come sentenza di condanna.
Art 474 c.p.c: “L'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo
esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile.
Sono titoli esecutivi:
1) le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce
espressamente efficacia esecutiva;
2) le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di
denaro in esse contenute, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la
legge attribuisce espressamente la stessa efficacia;
3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge
a riceverli.
L'esecuzione forzata per consegna o rilascio non può aver luogo che in virtu'
dei titoli esecutivi di cui ai numeri 1) e 3) del secondo comma. Il precetto deve
contenere trascrizione integrale, ai sensi dell'articolo 480, secondo comma,
delle scritture private autenticate di cui al numero 2) del secondo comma.”
L’esecuzione forzata è quello che viene, normalmente, dopo che vi è stato un
processo di cognizione. Tuttavia, esistono anche i titoli esecutivi stragiudiziali
come l’assegno e l’emissione di un assegno non è necessariamente preceduta
da un processo. Non è sempre vero che l’esecuzione forzata viene dopo un
processo di cognizione, ma può anche venire a prescindere.
L’art 474 è il primo elemento che identifica una sentenza di condanna.
Art 2818 cc: “Ogni sentenza che porta condanna al pagamento di una somma o
all'adempimento di altra obbligazione ovvero al risarcimento dei danni da
liquidarsi successivamente è titolo per iscrivere ipoteca sui beni del debitore.
Lo stesso ha luogo per gli altri provvedimenti giudiziali ai quali la legge
attribuisce tale effetto”.
L’ipoteca è un diritto reale di garanzia. Accanto alla garanzia reale si ha la
garanzia personale che è la fideiussione. La differenza tra garanzia reale e
garanzia personale sta nel fatto che la garanzia reale è mettere a disposizione
dell’adempimento di un’obbligazione un bene specifico: bene immobile nel
caso dell’ipoteca e bene mobile nel caso del pegno; viceversa, con la garanzia
personale non metto a disposizione uno specifico bene, ma tutto il patrimonio
di un altro soggetto che è il fideiussore.
L’art 2740 dice che il debitore risponde dei propri debiti con tutti i suoi beni
presenti e futuri. Il che vuol dire che il patrimonio del debitore non è libero, ma
è libero soltanto fin quando il debito è inferiore rispetto ai beni di cui dispone,
ma se il debito è superiore all’ammontare del patrimonio, il debitore non può
disporre liberamente del suo patrimonio.
Il privilegio è una causa del credito e normalmente non ha a che fare
esclusivamente con un bene, ma è una causa del credito. L’ipoteca invece è un
vincolo particolare che o il medesimo debitore o un terzo dà con riferimento a
un determinato credito. Quel credito oltre a potersi soddisfare sul patrimonio
del debitore è assistito da una garanzia reale: si può andare a soddisfare il
creditore specificamente su quel bene a preferenza di tutti gli altri creditori.
Art 2953 cc: I diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di
“
dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna
passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni”.
Sul piano strutturale la condanna può avere ad oggetto sia l’adempimento di
obblighi già violati, sia l’adempimento di obblighi non ancora violati (di cui è
minacciata o è in atto la violazione). Sul piano funzionale la condanna può
essere volta verso il passato ad eliminare gli effetti della violazione già
compiuta, o invece essere rivolta verso il futuro ad impedire che la violazione
sia compiuta o continuata.
La duplice funzione della condanna.
Occorre distinguere a seconda che la tutela di condanna assolva una funzione
repressiva o preventiva.
La condanna avente funzione repressiva.
Provvedimenti di condanna aventi funzione repressiva, cioè volti ad eliminare
gli effetti della violazione già compiuta. Occorre distinguere a seconda che
l’obbligo sia o no suscettibile di essere attuato attraverso la tecnica
surrogatoria dell’esecuzione forzata.
- in caso di obblighi di pagare una somma di denaro, consegnare,
rilasciare, costruire o distruggere un’opera materiale, la tecnica
dell’esecuzione forzata prevista dal terzo libro del codice di procedura
civile e dagli art. 2910 ss. C.c. potrà trovare piena applicazione.
costituire titolo esecutivo ex art. 474, 2° comma, n. 1, c.p.c.;
ad essere titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale ex art. 2818
c.c.;
a trasformare, una volta passata in giudicato, in prescrizione
ordinaria la prescrizione breve cui eventualmente era soggetto il
diritto, ex art. 2953
- caso di obblighi di fare non suscettibili di essere attuati attraverso la
tecnica surrogatoria della esecuzione forzata, e ciò o per loro infungibilità
o per la loro complessità quantitativa e qualitativa, l’attuazione della
condanna può essere assicurata solo tramite la tecnica delle misure
coercitive. In questi casi la sentenza di condanna
costituisce titolo esecutivo ex art. 474
h) è titolo per la iscrizione di ipoteca giudiziale ex art. 2818 c.c.
solo se sia relativa ad una obbligazione in senso stretto;
se trattasi di sentenza passata in giudicato, è idonea a trasformare
la prescrizione breve dell’obbligo originario in prescrizione
ordinaria.
La sentenza di condanna a funzione repressiva è una sentenza con la quale
ordino a pagare una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno per
equivalente o in forma specifica. Il risarcimento del danno in forma specifica è
nel codice civile all’art 2058.
C’è la possibilità di un risarcimento del danno o a riparare il danno provocato.
Rispetto a una sentenza di questo tipo le caratteristiche essenziali della
sentenza di condanna
La condanna c.d. inibitoria avente funzione preventiva.
Provvedimenti di condanna aventi funzione preventiva, cioè volti ad impedire
che la violazione sia compiuta o continuata.
Si tratta di tutti i provvedimenti di condanna c.d. inibitori volti all’adempimento
di un obbligo originario di non tare, obblighi per loro natura sempre infungibili.
E come tali suscettibili di essere attuati solo tramite il ricorso e mai tramite
l’esecuzione forzata. Tali sentenze di condanna c.d. inibitorie sono idonee a
costituire titolo esecutivo ex art. 474 n. 1 nonché, se si tratta di sentenze
passate in giudicato, a trasformare l’originaria prescrizione breve in
prescrizione ordinaria ex art. 2953 c.c., ma non a costituire titolo per l’iscrizione
di ipoteca giudiziale ex art. 2818 c.c. non essendo relative ad una obbligazione
in senso stretto.
La funzione preventiva della sentenza di condanna si apprezza quando la
sentenza guarda al futuro, cioè volta a prevenire la commissione di ulteriori
illeciti. Ulteriori illeciti perché di solito, per quanto preventiva possa essere la
funzione di una sentenza di condanna, si parte dal presupposto che una
qualche violazione di sia già stata. Una prevenzione non è mai totale, ma è una
prevenzione di quello che deve ancora accadere anche se qualcosa è già
accaduto. Questo perché se non si fosse verificato una qualche forma di
violazione probabilmente mancherebbe l’interesse a agire nell’attore.
art 7 c.c: tutela del diritto al nome: la persona alla quale si contesti il diritto
all’uso del proprio nome o che possa risentire pregiudizio dall’uso che altrui
indebitamente ne faccia può chiedere giudizialmente la cessazione del fatto
lesivo salvo il risarcimento dei danni.
Art 9 c.c.: tutela dello pseudonimo: Lo pseudonimo, usato da una persona in
modo che abbia acquistato l'importanza del nome, può essere tutelato ai sensi
dell'articolo 7.
Art 10 c.c: abuso dell’immagine altrui: Qualora l'immagine di una persona o dei
genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in
cui l'esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con
pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti
congiunti, l'autorità giudiziaria, su richiesta dell'interessato, può disporre che
cessi l'abuso, salvo il risarcimento dei danni.
L’art 7 e 10 consentono a chiunque si ritenga leso per la propria immagine o
nome possa richiedere il risarcimento del danno.
Il plus della sentenza di condanna rispetto al mero accertamento.
La sentenza di condanna si caratterizza per la sua idoneità a costituire titolo
esecutivo, o costituire titolo per iscrizione di ipoteca giudiziale e per la
trasformazione della prescrizione breve in prescrizione ordinaria.
Sebbene l’art. 474, n. 1 c.p.c. parli genericamente di «sentenze», l’unica specie
di sentenze cui il testo di legge trova applicazione è costituito dalle sentenze di
condanna, con l’esclusione quindi delle sentenze di mero accertamento I delle
sentenze costitutive.
Quanto al momento in cui la sentenza di condanna acquista efficacia esecutiva
l’art. 474 tace. L’art 282 e l’art. 337 evidenziano quanto già era dato desumere
anche dal regime vigente prima della novella: cioè che non vi è
contemporaneità fra giudicato ed esecutività della sentenza e che nel nostro
ordinamento l’efficacia esecutiva della semenza di condanna è sempre
anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato della stessa.
L’art 2818 c.c. si riferisce esplicitamente ad «ogni sentenza che porta
condanna al pagamento di una somma o all’adempimento di altra obbligazione
e specifica che costituiscono titolo per iscrizione di ipoteca giudiziale anche le
sentenze che contengono condanna «al risarcimento dei danni da liquidarsi
successivamente»; al secondo comma poi aggiunge «che lo stesso ha luogo
per gli altri provvedimenti giudiziali ai quali la legge attribuisce tale effetto.
Questa disposizione non specifica in quale momento sente