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La Procura

Nel nostro ordinamento, il difensore, per poter agire nel processo, deve essere munito di una procura scritta e redatta secondo le formalità indicate nell'art. 83 c.p.c. Si tratta di formalità che sembrano dettate soprattutto dall'esigenza di evitare che in futuro la parte rappresentata possa in qualche modo contestare o smentire l'operato del proprio legale, magari a seconda di quello che potrà essere l'andamento del giudizio.

La procura deve essere rilasciata nelle forme solenni, ossia con atto pubblico o scrittura privata autenticata: cosa che richiederebbe la presenza di un notaio o di altro pubblico ufficiale autorizzato.

Circa la durata del potere rappresentativo del difensore, l'art. 85 c.p.c. disciplina gli istituti della revoca e della rinuncia alla procura.

  • La revoca proviene dalla parte che aveva conferito il mandato;
  • La rinuncia proviene dallo stesso difensore.

Fermo restando che né la revoca della procura,

Né la rinuncia alla procura, abbiano effetto nei confronti della controparte fino a quando non sia avvenuta l'effettiva sostituzione del difensore, passaggio che si formalizza con la nomina e la costituzione in giudizio del nuovo difensore.

IL LITISCONSORZIO.

Dal punto di vista tecnico, si intende far riferimento al processo a cui partecipano più di due parti, dal lato attivo o da quello passivo. Esso può essere:

  • Attivo: quando la pluralità di parti riguarda il lato dell'attore;
  • Passivo: quando la pluralità di parti riguarda il lato del convenuto;
  • Misto: quando la pluralità di parti riguarda entrambi i lati.

Inoltre, il litisconsorzio può essere:

  • Originario: quando si determina sin dall'instaurazione del processo;
  • Successivo: quando si determina in un momento successivo.

Infine, il litisconsorzio può essere:

  • Necessario: quando il processo deve necessariamente instaurarsi tra più parti;
  • Facoltativo: quando il processo può instaurarsi tra più parti.

Gli istituti che danno luogo al litisconsorzio sono regolati dalla legge.

Le tipologie di processo soggettivamente complesso sono:

  1. Il litisconsorzio necessario
  2. Il litisconsorzio facoltativo
  3. L'intervento volontario del terzo
  4. L'intervento del terzo su istanza di parte
  5. L'intervento del terzo su ordine del giudice

1. IL LITISCONSORZIO NECESSARIO.

ART. 102 C.P.C. "Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo. Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito."

La dottrina definisce tale norma come "norma in bianco" in quanto si limita a dire che in alcuni casi, la decisione di merito, deve essere pronunciata tra più parti e tali parti devono partecipare al processo. Tuttavia, non precisa quando la decisione deve essere pronunciata in confronto di più parti. Infatti, se al

contraddittorio non partecipano tutti coloro che devono agire in giudizio o essere convenuti in giudizio, difetta una condizione per la decisione della domanda nel merito. Prescindendo dalle ipotesi nelle quali è la legge stessa a prevedere la necessità dell'itisconsorzio, dottrina e giurisprudenza hanno individuato tre gruppi di fattispecie nelle quali il litisconsorzio necessario trova applicazione: 1) I rapporti plurisoggettivi. È un rapporto unico ma con una pluralità di parti. OGGETTIVA UTILITÀ DELLA SENTENZA: la decisione del giudice, per poter essere utile all'attore (cioè per rendergli la tutela giurisdizionale del suo diritto) deve essere resa necessariamente nei confronti di tutti i soggetti che sono parte del rapporto giuridico e che quindi sono contitolari del medesimo rapporto giuridico. In particolare, nelle ipotesi di: a) Processi relativi all'impugnazione di rapporti contrattuali plurilaterali ad effetti indivisibili; b) Processigenerale, però, possono essere previste delle eccezioni, come ad esempio nel caso di azioni collettive o di rappresentanza di categorie di persone. 3) Le ipotesi di legittimazione straordinaria derivata. In questa ipotesi, un soggetto è legittimato ad agire in nome proprio per la tutela di un diritto altrui, ma solo in virtù di una delega o di un'autorizzazione espressa da parte del legittimato ordinario. In questi casi, è fondamentale che la delega o l'autorizzazione sia valida e che sia stata conferita in modo specifico per il processo in questione. 4) Le ipotesi di legittimazione straordinaria derivata per rappresentanza. In questa ipotesi, un soggetto è legittimato ad agire in nome proprio per la tutela di un diritto altrui, ma solo in virtù di una rappresentanza legale o volontaria. La rappresentanza legale si verifica quando un soggetto agisce in nome e per conto di un altro soggetto, in base a una disposizione di legge. La rappresentanza volontaria, invece, si verifica quando un soggetto agisce in nome e per conto di un altro soggetto, ma solo in virtù di un mandato o di un'altra forma di delega. In entrambi i casi, è fondamentale che la rappresentanza sia valida e che sia stata conferita in modo specifico per il processo in questione. In conclusione, la legittimazione straordinaria è una forma di legittimazione che consente a un soggetto di agire in nome proprio per la tutela di un diritto altrui. Tuttavia, è importante tenere conto delle diverse ipotesi di legittimazione straordinaria e delle relative regole che ne disciplinano l'applicazione.

generale fanno eccezione soltanto le ipotesi di sostituzione processuale nelle quali il legittimato ordinario non è parte del processo.

3) Le ragioni di mera opportunità.

Riguarda le ipotesi in cui devono partecipare al processo i soggetti titolari di un rapporto giuridico che è diverso da quello che costituisce oggetto del processo, ma è adesso strettamente connesso, solitamente per un rapporto di pregiudizialità-dipendenza.

In tali casi, la necessaria partecipazione al processo di tutti i titolari dei rispettivi rapporti giuridici discende da ragioni di mera opportunità che sono ricollegate all'esigenza di ottenere un accertamento uniforme del rapporto pregiudiziale.

Si tratta di ipotesi tassative, in quanto l'applicazione dell'istituto del litisconsorzio necessario non può essere rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, ma deve essere prevista dalla legge.

2. IL LITISCONSORZIO FACOLTATIVO.

Come già visto, il

legislatore si è preoccupato di favorire – in presenza di determinate condizioni – il cumulo processuale, consentendo una deroga agli ordinari criteri di competenza per ragioni di connessione. In particolare, si ricorderà che l'art. 33 c.p.c. (cumulo soggettivo), individua i criteri ordinari, stabilendo, inoltre, a favore di quale giudice opera la deroga. A tal proposito, si deve considerare che la deroga agli ordinari criteri di competenza opera soltanto per le ipotesi di litisconsorzio facoltativo proprio. Un ostacolo è rappresentato dall'eventuale diversità dei riti cui sono soggette le due cause. L'art. 103, comma 2, c.p.c., infine, disciplina la separazione delle cause cumulate, indicando i presupposti in presenza dei quali essa può essere disposta dal giudice. Tuttavia, la separazione delle cause cumulate non è sempre possibile. Essa è possibile nei casi di connessione per il solo titolo o peridentità di questioni e nelle ipotesi in cui la connessione riguardi l'oggetto e il titolo. Inoltre, l'aspetto che va chiarito è che nel processo cumulato le due cause sono autonome, sia in relazione ai presupposti processuali, sia in relazione alle vicende che possono interessare una delle due cause. Per quanto concerne le attività di merito rispetto alla questione comune vige il principio di acquisizione: le allegazioni e le risultanze istruttorie possono essere utilizzate per la decisione di entrambe le cause. Questo principio incontra il solo limite delle eccezioni in senso stretto, che, essendo eccezioni rilevabili esclusivamente dalla parte, valgono per la sola causa in relazione alla quale la parte legittimata le ha esercitate. 3. L'intervento volontario del terzo. Secondo l'art. 105, comma 1, c.p.c. "ciascuno può intervenire in un processo tra altre persone per far valere, in confronto di tutte le parti o di alcune di esse, un

dirittorelativo all’oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo»

Nelle ipotesi previste dal comma 1, il terzo interviene al fine di far valere un proprio diritto.

In questi casi, l’intervento del terzo determina un ampliamento anche oggettivo del giudizio. Difatti, attraverso queste ipotesi di intervento, il processo tra le parti originarie diviene oggettivamente e soggettivamente cumulato.

Inoltre, nel comma 2: «il terzo può altresì intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti quando vi abbia un proprio interesse».

Quindi, attraverso l’intervento volontario, il terzo interviene in un processo che è già pendente e che si sta svolgendo tra altre parti.

Tale possibilità è chiaramente subordinata alla sussistenza di determinate condizioni, tanto che all’interno dell’art. 105 c.p.c. possono distinguersi tre differenti tipologie di intervento del terzo.

Nell’ipotesi

contemplata dal comma 2 dell'art. 105, invece, il terzo interviene per farvalere un proprio interesse: difatti, in questo caso il terzo interviene nel processo alsolo fine di sostenere le ragioni di una delle due parti originarie.Attraverso questo tipo di intervento il processo tra le parti originarie diviene solosoggettivamente cumulato, poiché resta inalterato l'oggetto del processo.In ogni caso, l'intervento del terzo, sia quello volontario (in una delle sue tre forme),sia quello coatto (in una delle sue due forme), dà luogo ad una forma di litisconsorziosuccessivo, in quanto il litisconsorzio si determina in un momento successivo rispettoall'instaurazione del processo tra le parti originarie.

a) L'INTERVENTO VOLONTARIO PRINCIPALE.È anche definito "intervento ad escludendum", perché il terzo propone nei confronti ditutte le parti originarie del processo una propria domanda.Il terzo fa valere nel giudizio un

proprio diritto che si configura come autonomo e incompatibile rispetto a quello dedotto in giudizio dalle parti originarie:

  • DIRITTO AUTONOMO DEL TERZO. (rispetto a quello dedotto in giudizio tra le parti originarie) significa che il diritto vantato dal terzo prescinde, sul piano sostanziale, dall'effettiva esistenza del diritto vantato da ciascuna delle parti originarie del processo;
  • DIRITTO INCOMPATIBILE DEL TERZO. (rispetto a quello dedotto in giudizio tra le parti originarie) significa che il diritto vantato dal terzo non può coesistere, sempre a livello sostanziale, con l'esistenza del diritto vantato da ciascuna delle parti originarie del processo in quanto riguarda il medesimo bene della vita che forma oggetto del processo.

Nel caso di intervento volontario principale si determina, dunque, una connessione per identità dell'oggetto, che determina una relazione di incompatibilità o di alternatività tra le vari

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
155 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/15 Diritto processuale civile

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Hiesm. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica "e-Campus" di Novedrate (CO) o del prof Caporusso Simona.