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LA CAUSA, L'OGGETTO, LA FORMA

1. La causa del contratto.

Gli altri «requisiti» del contratto, elencati dall'art. 1325, sono la causa, l'oggetto e la

forma.

Il codice civile non dà la nozione di causa del contratto né de nisce il suo ruolo "in

positivo"; si preoccupa piuttosto di precisare il pro lo negativo della illiceità della

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causa (e dei motivi). Tale requisito si de nisce in base alla tradizione e alla

disciplina complessiva della materia.

Per «causa» si intende comunemente la funzione economico-sociale del

contratto, e cioè lo scopo, il risultato economico-giuridico cui è diretto un certo

schema contrattuale. Ad es., causa della compravendita è lo scambio di una cosa

contro un prezzo; e così via. Si tratta di un elemento essenziale del contratto: di un

elemento, cioè, la cui mancanza (o illiceità) produce come vedremo la nullità

assoluta e insanabile del negozio.

La necessaria presenza di una causa, e di una causa che sia lecita e meritevole di

tutela (v. § 30.3), risponde all'esigenza di una giusti cazione socialmente

apprezzabile del rapporto creato dalle parti e rende evidente come la volontà

privata non è da sola suf ciente a creare un rapporto giuridico cui l'ordinamento

presti la propria assistenza e tutela. È necessario, cioè, che la volontà degli

interessati sia accompagnata e sostenuta da una suf ciente "giusti cazione': deve

essere «diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento

giuridico». Quindi, il controllo dell'ordinamento sull'autonomia privata avviene

attraverso la valutazione della causa del contratto.

Così, non è possibile realizzare un'attribuzione patrimoniale a un soggetto, né

assumere un obbligazione nei suoi confronti, se non ricorre una giusti cazione di

tali prestazioni che l'ordinamento consideri adeguata: causa adeguata potrebbe

essere ad es. lo 'scambio' con un bene o un servizio, oppure l'intento 'donativo' (la

volontà di arricchire la controparte per spirito di «liberalità»), di adempiere

un'obbligazione naturale, di estinguere una obbligazione di diverso contenuto

(tramite la cd. datio in solutum;). Non si può invece semplicemente trasferire la

proprietà di un bene ad un altro soggetto, né obbligarsi nei suoi confronti se non

risulta a quale titolo e perché si voglia realizzare tale attribuzione. Vero è soltanto

che la causa deve essere espressa (e cioè dichiarata esplicitamente nell'atto

negoziale) soltanto nei negozi formali, mentre è presunta negli altri contratti tipici e

nei negozi astratti (§33.2, 4).

Piuttosto, ferme rimanendo tali esigenze e funzioni del requisito della causa, è il

caso di ricordare che una parte della dottrina critica la de nizione riportata sulla

causa perché il riferimento alla funzione tipica o astratta, che la legge assegna a

un certo tipo di contratti, non consente di tener conto adeguatamente degli interessi

reali che muovono le parti e che poi verranno in considerazione quando si voglia

operare un controllo sugli interessi in concreto sul singolo contratto. Tale dottrina

de nisce piuttosto la causa come «funzione economico-individuale», come

interesse concreto effettivamente perseguito dalle parti. Intanto basti precisare che

la nozione di causa come funzione economico-sociale non esclude che il controllo

vada poi condotto sulla speci ca causa inerente al singolo accordo raggiunto tra le

parti (§ seguente).

2. I contratti tipici.

La legge ha provveduto a disciplinare, a 'tipizzare' alcuni schemi contrattuali,

decidendo così in via generale e preventiva circa la meritevolezza degli interessi

perseguiti. Si parla così di contratti «nominati» o «tipici» a proposito di vendita,

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locazione, mutuo, mandato, trasporto, appalto, etc.: quanti sono i contratti che

appartengono ai «tipi aventi una disciplina particolare» nella legge.

I contratti nominati si presentano dunque come modelli astratti o schemi tipici di

operazioni economiche che le parti possono tranquillamente adottare. La

tipizzazione di tali schemi infatti equivale a una preventiva valutazione circa la

meritevolezza degli interessi e la tutelabilità del contratto. Si badi, però, che anche

in tale ipotesi la causa conserva la sua importanza centrale cioè di causa concreta

relativa allo speci co contratto stipulato dalle parti, veri cando che essa in effetti

esista e sia valida.

Potrebbe accadere infatti che la causa, astrattamente esistente, non possa in

concreto realizzarsi. Ciò potrebbe veri carsi, ad es., quando compro una cosa che

è già mia o assicuro contro il furto un bene che è stato già rubato.

Vendita e assicurazione sono contratti nominati e leciti, ma è chiaro che le

operazioni ricordate non hanno alcuna causa concreta, nessuna effettiva

giusti cazione: la vendita non potrebbe conseguire l'effetto di farmi acquistare la

proprietà di una cosa che è già mia. Manca la causa e il contratto è nullo.

Ma altresì, potrebbe accadere che le parti utilizzino schemi contrattuali tipici per il

perseguimento di interessi diversi e ulteriori rispetto a quelli propri del negozio

utilizzato: è questo il cd. uso indiretto del negozio. Ad es., al ne di estinguere un

debito conferisco al mio creditore un mandato ad alienare un mio bene senza

obbligo di rendiconto: il 'mandatario' potrà vendere il bene senza dovermi rendere

conto delle somme incassate, che potrà dunque trattenere per soddisfare il suo

credito. Essa, tuttavia, potrebbe in concreto essere pattuita al ne di conseguire il

ne "solutorio" o per effettuare una liberalità al mandatario. Il che è quanto già

prevede in termini generali la legge là dove consente che il ne di realizzare

l'arricchimento gratuito di un altro soggetto - che è lo scopo tipico della donazione -

possa conseguirsi anche tramite altri negozi: «donazioni indirette» (v. § 54.8). Altri

esempi sono costituiti dalla vendita a scopo di garanzia e dalla vendita duciaria.

Dunque, in linea di principio è consentito l'uso indiretto dei negozi ove si vogliano

raggiungere nalità ulteriori e diverse rispetto a quelle tipiche. Tuttavia, non va

trascurato che il risultato nale dell'operazione può risultare molto diverso da quello

proprio del negozio impiegato (così è, ad es., nell'ipotesi della donazione

perseguita tramite un mandato senza obbligo di rendiconto): si tratterà allora di

veri care se detto risultato non sia vietato dalla legge e serva perciò, nel caso

concreto, a «eludere l'applicazione di una norma imperativa». In tal caso si

ricadrebbe nell'ipotesi del contratto o del negozio in frode alla legge: e cioè di un

negozio (o più negozi collegati insieme) che, rispettando la lettera della legge,

serve in concreto a violare i precetti. Il contratto in frode alla legge è nullo per

illiceità della causa.

3. I contratti atipici.

All'autonomia delle parti è consentito stipulare contratti «che non appartengono ai

tipi aventi una disciplina particolare» nella legge, purché siano diretti a «realizzare

interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico»: contratti detti

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«atipici» o «innominati» in quanto non corrispondono a un tipo legale e non

hanno un 'nome' nella legge.

Si tratta di una facoltà usata negli affari, che conosce numerose gure contrattuali

non previste normativamente. Si possono ricordare i contratti di albergo, di leasing,

di facto-ring. Si tratta di gure molto diffuse e uniformi nel contenuto, chiamati

anche contratti socialmente tipici, al punto che non raramente la legge interviene

a disciplinarle (come il franchising: § 50.4).

Anche in tal caso il controllo dell'ordinamento opera essenzialmente attraverso la

valutazione della causa, della funzione o scopo del negozio: sarà nullo pertanto

non soltanto un accordo diretto a ni illeciti, ma anche un accordo rivolto a ni futili

o comunque indifferenti per l'ordinamento. Per essere valido, dunque, un contratto

atipico deve realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento

giuridico.

La disciplina dei contratti atipici è anzitutto quella dettata per i contratti in generale,

quella derivante da speci ci accordi delle parti, e desumibile (ricavabile) per

analogia dalle «disposizioni che regolano casi simili»: e cioè i contratti nominati che

riguardano interessi analoghi a quelli considerati dalle parti.

Invece, i cdd. contratti misti sono dei contratti che, pur non rientrando in nessuno

dei tipi legali, hanno tuttavia caratteri che li accostano a più di un contratto tipico.

Ad es., il leasing presenta elementi della locazione e della (opzione di) vendita. In

alcuni casi è la legge stessa che indica la sua preferenza per una certa disciplina:

così avviene ad es. per i contratti agrari ai quali si applica esclusivamente la

disciplina dell'af tto.

In mancanza di indicazioni legislative, si applica il criterio dell'assorbimento: ove

in un contratto misto appaiano prevalenti gli elementi di un tipo legale, si

applicheranno esclusivamente le norme per il contratto nominato. Invece minore

importanza ha il criterio della combinazione, che applica nel rapporto la disciplina

dettata per “analogia” del tipo regolato dalla legge.

I contratti collegati evidenziano la connessione funzionale (e non strutturale) tra

negozi diversi intercorrenti tra gli stessi soggetti: si tratta cioè di contratti distinti e

formalmente autonomi, ciascuno dei quali persegue una propria funzione che è

strumentale al raggiungimento di un interesse unitario: ad es., acquisto di

macchinari + contratto di manutenzione. Quindi, il venir meno di un rapporto (ad

es.. per risoluzione) fa venir meno anche l'altro.

4. I negozi astratti.

Rimane dunque fondamentale il principio per cui nel contratto si richiede una

causa, una giusti cazione socialmente apprezzabile. E tale limite all'autonomia

privata vale ovviamente anche per gli atti unilaterali: s'è veduto anzi come la loro

necessaria tipicità escluda gure diverse da quelle previste dalla legge (§ 30.4). I

negozi perciò, unilaterali o bilaterali che siano, devono avere una causa lecita.

Inoltre, non soltanto deve esserci una causa, ma anzi, quando si tratta di negozio

formale (che richiede cioè una certa «forma» per la manifest

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Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher digregorio.giorgio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Cavallaro Michela.
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