FONTI DEL DIRITTO
Le fonti sono atti (volontà che genera una norma, oppure un fatto, un
comportamento o un’azione che in sé contiene una norma), il nostro
ordinamento è costituito sulle fonti atto e solo in modo marginale sulle norme
fatto. Il diritto marittimo ha una vocazione sovranazionale e quindi i codici della
navigazione nazionali fanno riferimento alle consuetudini marittime, che
vengono tratti da comportamenti condivisi nei rapporti di navigazione, quindi ci
troviamo nel nostro ordinamento difronte a fonti fatti (comportamenti condivisi
e che viene concepito come una regola vincolante) quindi vige la consuetudine
(tutte le norme non scritte di diritto internazionale generale, che non
costituiscono parte integrante che vincolano tutti gli stati membri della
comunità internazionale) a meno che non vi sia una norma atto. Tuttavia le
fonti del diritto che il nostro ordinamento italiano ed europeo riconosce
principalmente sono le fonti atto (scritte) che provengono da moltissimi
produttori di norme.
Troviamo norme primarie e di attuazioni nazionali e norme primarie delle
regioni a queste fonti si sono aggiunte le fonti internazionali che dapprima
avevano una valenza più contenuta, basandosi su principi generali (pari dignità
delle nazioni e dei popoli).
La norma contenuta nell’articolo 10 della carta costituzionale (1948) ci dice che
l’ordinamento italiano non è solo nazionale ma in esso dobbiamo includere
quelle norme consuetudinarie internazionali, che sono generalmente
riconosciute, e l’articolo 10 pone sullo stesso piano dei diritti fondamentali della
carta costituzionale anche tutte quelle norme del diritto internazionale
generalmente riconosciute, che diventano a loro volta dei principi fondamentali
della nostra carta costituzionale, costituendo un elemento di rottura anche dal
punto di vista culturale del sistema giuridico italiano, ma negli anni questa
tendenza si è sempre di più consolidata (apertura delle relazioni, economiche e
anche culturali ed inevitabilmente anche dei sistemi giuridici), sistemi giuridici
che ormai sono molo dialoganti e quindi il diritto internazionale perde sempre
di più il suo connotato di diritto assestante, diventano uno delle componenti
giuridiche che nell’insieme compongono un ordinamento, perché nella riforma
costituzionale del 2001 (riforma nel titolo quinto, nella direzione di una
maggiore autonomia legislativa), dove nell’articolo 117 riformato, nel primo
comma si dice che la potestà legislativa è esercitata dallo santo e dalle regioni,
nel rispetto della costituzione nonché dei vincoli derivanti
dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, questa
norma sanziona in maniera chiara (non solo l’articolo 10 ma con l’articolo 117
si aggiunge che si il legislatore dello stato sia il legislatore delle regioni, quando
legiferano, non solo devono rispettare la costituzione, che comunque sta sopra
tutto, ma deve anche essere fatta in conformità con gli obblighi
dell’ordinamento comunitario (Europa), ma anche in conformità degli obblighi
internazionali, per cui il diritto internazionale diventa una componente dei
sistemi giuridici nazionali.
Non solo il sistema delle fonti si è ampliato ma anche il sistema delle
interpretazioni di quelle fonti, non vi è più infatti solo un giudice nazionale, ma
abbiamo a presenza di altri giudici internazionali che vanno presi in
considerazione tanto quanto i giudici nazionali, dunque l’interprete non può più
lavorare a compartimenti stagni, ma deve integrare tutti questi elementi
(interni, sovranazionali e nazionali).
Nella stessa riforma del 2001 vi è un altro elemento di rottura, con il principio
di SUSSIDARIETA (si vuole affermare l’idea che la norma migliore è
tendenzialmente quella che è più prossima al destinatario della stessa, non è
vero dunque che la norma migliore è quella più distante al destinatario, perché
probabilmente la norma più distante è la meno efficace, in quanto
probabilmente è la norma che conosce meno bene la realtà a cui essa dee
essere applicata, quindi occorre che la norma abbia in sé un valore di
prossimità), che è contenuto nell’articolo 118 della costituzione, qui si
considerano 2 tipi di sussidiarietà:
1) *verticale, rapporto tra le istituzioni (superiori e inferiori) (L’Europa sta
sopra perché più distante, poi lo stato, poi le regioni, poi le provincie
autonome…), in relazione alla prossimità effettiva della norma (ovvero quello
più prossimo al destinatario).
La norma deve dunque provenire da quell’organo produttore di norme che sia il
più prossimo al destinatario, tranne che questa prossimità non faccia perdere di
efficacia la norma medesima, e in quel caso dobbiamo allontanare il produttore
della norma dal destinatario della stessa. (per regolare i trasporti pubblici locali
il migliore produttore della norma è l’organo preposto ai traffici locali, perché
solo quell’organo può registrare le esigenze che ci sono in quella realtà
specifica, ma se io devo realizzare i trasporti internazionali è evidente che il più
prossimo non rende la norma altrettanto efficace e dovrò di conseguenza
allontanarmi, riferendomi allo stato e così via…)
2) orizzontale, rapporto tra cittadini, nel senso che il produttore di norma è
posto sullo stesso grado del destinatario della norma, in questo caso l’articolo
118 ultimo comma consente anche ai singoli privati oppure alle formazioni
sociali (raggruppamento di singoli privati) di produrre norme giuridiche quando,
con queste norme si persegue l’interesse generale, quindi non sempre il
singolo produce norme giuridiche, ma quando il singolo produce una norma che
persegue un interesse generale allo stesso modo di come fa la norma prodotta
dal parlamento o dal legislatore regionale (etc etc) anche il singolo è capace e
ha il potere di produrre norme giuridiche che diventa una fonte del diritto.
“Stato, regione città metropolitane, provincie e comuni, favoriscono.
L’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di
attività di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà” che non
regola più bisogni singoli, ma ora regola anche interessi generali, il che vuol
dire che attraverso ciò si è introdotta un’altra fonte atto del nostro sistema
giuridico.
L’attuale ordinamento, è divenuto un ordinamento complesso in quanto si
vuole significare l’esistenza contemporanea di tante fonti, produttori di norme
(massa molto estese di norme), questa complessità induce a definire delle
regole che mettano ordine, può accadere con molta frequenza che sullo stesso
fatto possano interferire diverse norme, su questioni concrete si possono
dunque applicare più norme, questa concomitanza non può però essere
ovviamente una regola di ordine, perché genera comunque disordine, occorre
dunque individuare criteri che risolvano questa sovrapposizione di norme,
questi criteri son connaturati ad un ordinamento, è dunque evidente che
questo rischio aumenta molto in presenza di un ordinamento complesso (molte
norme), quindi questi criteri vanno ben conosciuti.
Questi criteri sono:
Criterio della gerarchia: La forza delle norme sia la forza attiva (di imporsi
alle norme) che quella passiva (di resistere alle norme), questa gerarchia
dipende innanzitutto da un requisito formale, le fonti dell’ordinamento sono
formalmente identificate dall’ordinamento, attraverso questo dato formale
arriviamo alla collocazione gerarchica (per capire di cosa parliamo), ma oltre
questo elemento formale troviamo anche un dato sostanziale (che abbiamo
da quando è stata emanata la carta costituzionale, in quanto prima gli
ordinamenti venivano definiti positivi, con il dato normativo che era
indiscutibile), con il dato positivo che deve avere una ragione d’essere nei
valori della carta costituzionale, se non li ha deve quindi essere messo in
discussione.
Quindi la forma gerarchica che sta sopra le altre è la carta costituzionale, dove
all’interno una divisione in due parti che sono connesse tra di loro, nella prima
parte sono enunciati i princìpi e le libertà fondamentali, nella seconda
parte viene enunciata la gestione dello stato.
Nel trattato dell’UE viene inserito anche la carta di Nizza (carta dei diritti
internazionali dell’UE).
Nella carta Europea dei diritti dell’umo (che non è una carta europea) è un
trattato internazionale, che mette insieme paesi non solo dell’UE, per giunta
questa carta ha una sua corte “corte di Strasburgo” concepita proprio
all’interno di questo trattato, questa carta contiene una serie di principi di
libertà fondamentali, diritti che riscontriamo in parte nelle carte fondamentali,
con il trattato di Lisbona (2007) ci viene detto che quando noi applichiamo una
norma dobbiamo tenere conto sia della nostra carta dei diritti ma anche quella
internazionale, facendoci registrare che il processo di avanzamento
dell’integrazione dell’UE va avanti, e si dota di alcune norme fondamentali,
quindi dal punto di vista della forma della fonte un trattato internazionale
recepito assume la forma di una legge. La carta costituzionale fa riferimento
alle carte dei diritti fondiamoteli internazionali e alla CEDU, e queste tre fonti
sono destinate a collaborare.
Le corti si interrogano tra di loro proprio per evitare che l’interrogazione di una
corte possa essere discordante con quella di un’altra corte (Leale
collaborazione). Oggi noi continuiamo ad affermare che la carta costituzionale
è la fonte primaria, ma possiamo dire questo anche perché l’ordinamento
dell’UE sono norme impostate sul principio di competenza, l’UE può legiferare
nelle materie dove ha competenze, non può legiferare su tutto, di conseguenza
tutte le norme, hanno sempre un ambito dettato sulla competenza, per cui
residuano una serie di altre questioni che stanno al di fuori dell’UE, possiamo
dunque dire che mentre l’UE ha una matrice mercantile economica (si occupa
di questioni patrimoniali), gli stati hanno un ordinamento a competenza
generale.
Criterio della specialità o materia: Se da un lato dobbiamo fare
affidamento alla gerarchia è anche vero che questo criterio gerarchico da solo
non funziona, l’UE ne è l’esempio, le regioni hanno competenze concorrenti o
esclusive a seconda delle materie, le fonti dell’UE sono per la gran parte fonti
primarie (regolamenti