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LO SCIOGLIMENTO DEL CONTRATTO (CAP 23)

1)Lo scioglimento del contratto

L'art. 1372 dopo avere proclamato che il contratto ha forza di legge tra le parti, aggiunge: Non può

essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge. L'idea di sciogliere

richiama l'antica immagine del contratto come vincolo: l'accordo lega le parti l'una all'altra e il

legame, il vinculum regge finché le parti stesse non decidano di slegarsi, o finché non si verifichi un

fatto che è causa di una rottura o scioglimento del vincolo. Conviene ricordare il duplice aspetto

del contratto: atto e rapporto. Dall'atto cioè dall'accordo manifestato, nasce il rapporto

contrattuale, vale a dire i diritti e gli obblighi reciproci delle parti. Ebbene questi diritti e obblighi

possono non nascere mai o nascere precari, se l’atto è nullo o annullabile: il difetto del titolo

impedisce o incrina la costituzione del rapporto. Possono invece nascere, ma venir meno per una

ragione che riguarda direttamente ed esclusivamente il rapporto stesso. Nel primo ordine di casi

diciamo che il contratto è invalido. Nel secondo ordine di casi diciamo che il contratto si scioglie. In

sintesi si parla di scioglimento o risoluzione del contratto quando gli effetti del contratto vengono

a cessare per cause che non riguardano il titolo ma che ineriscono allo svolgimento del rapporto

contrattuale. Lo scioglimento del contratto può derivare, dalla stessa volontà delle parti. Il mutuo

consenso previsto nell'art. 1372 altro non è che un successivo accordo delle parti di sciogliere il

contratto. Il contratto può contenere clausole che ne prevedono lo scioglimento, come la clausola

risolutiva espressa. Stessa funzione ha nei contratti di durata la clausola che prevede il recesso di

una delle parti: e casi di scioglimento previsti dalla legge sono tutti quelli in cui è previsto un

potere di recesso, o di revoca, o rinuncia. La risoluzione del contratto regolata agli artt. 1453 e ss.

è un modo di scioglimento che riguarda i contratti a prestazioni corrispettive. Si tratta dei contratti

di scambio in cui la prestazione di ciascun contraente ha causa nella prestazione dell'altro. Nel

rapporto che nasce da questi contratti può verificarsi, un difetto funzionale del sinallagma. La

disfunzione che rompe la reciprocità fra le prestazioni, può verificarsi perché una delle parti non

adempie alla sua prestazione; oppure quando una delle prestazioni diviene impossibile per causa

non imputabile al debitore; o infine là dove la ragione di scambio si alteri perché una prestazione

diviene eccessivamente onerosa rispetto all'altra. Sono questi i tre casi di risoluzione: per

inadempimento, per impossibilità sopravvenuta, per eccessiva onerosità. Comuni alle tre ipotesi

sono gli effetti dello scioglimento del contratto, che la legge disciplina espressamente solo con

riguardo alla risoluzione per inadempimento. La risoluzione ha effetto retroattivo tra le parti. Se

però il contratto era del tipo ad esecuzione continuata o periodica, allora l'effetto della risoluzione

non si estende alle prestazioni già eseguite. La risoluzione però è inopponibile ai terzi e quindi non

pregiudica i diritti da loro acquistati. Comune è anche la regola sulla risoluzione del contratto

plurilaterale che riprende quasi testualmente la formula usata a proposito dell'annullamento e

della nullità: il venir meno del rapporto verso uno dei contraenti non determina la risoluzione

dell'intero contratto salvo che la partecipazione mancata debba, considerarsi essenziale.

2)La risoluzione per inadempimento

Quando una delle parti è inadempiente l'altra può reagire in diversi modi. Anzitutto, sarà portata a

valutare bene se le convenga insistere per l'attuazione del contratto, o se invece non sia meglio

liberarsi dei legami con una controparte inaffidabile e chiedere eventualmente il risarcimento del

danno da inadempimento. La legge le permette di muoversi nell'una o nell'altra direzione

disponendo che possa a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in

ogni caso, il risarcimento del danno. Tuttavia la reazione deve essere proporzionata ai fatti. I

grandi principi di importanza correttezza e di equilibrio degli interessi che dominano il campo delle

obbligazioni dell'inadempimento e dei contratti escludono che una parte possa approfittare di

piccole manchevolezze dell'altra per liberarsi da un contratto non più gradito. Ecco perché il

contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto

riguardo all'interesse dell'altra; non basta quindi, l'inesatto adempimento, questa richiede che il

rapporto sinallagmatico non sia più funzionale e quindi che l'interesse di una delle parti sia

seriamente insoddisfatto. I contraenti possono prevedere espressamente nel contratto che

l'inadempimento di una o più obbligazioni precisamente indicate sia causa di risoluzione (clausola

risolutiva risolutiva espressa). In tal caso la valutazione del rapporto tra inadempimento e

funzione del contratto è già avvenuta, e perciò la risoluzione opera di diritto, cioè senza la

necessità dei procedimenti che tra poco vedremo; ma poiché la clausola è stabilita nell'interesse

della parte che dovrebbe ricevere la prestazione, la risoluzione si verifica solo quando la parte

interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola. L'interesse ad ottenere

l'adempimento si ritiene venuto meno quando per la prestazione di una delle parti fosse fissato un

termine che dovesse considerarsi essenziale nell'interesse dell'altra. Fuori dalle due ultime ipotesi

il diritto di determinare la risoluzione si può esercitare in due modi. Con una domanda giudiziale,

la parte adempiente può chiedere al giudice di risolvere il contratto ed eventualmente di

condannare l'altra parte a restituire la prestazione ricevuta, salvo sempre il risarcimento del

danno. In via extragiudiziale, è sempre possibile ottenere la risoluzione attraverso una diffida ad

adempiere, cioè un atto scritto con cui si intima all'altra parte di adempiere entro un termine

adeguato, non inferiore a 15 giorni, con dichiarazione che, trascorso inutilmente tale termine, il

contratto si intenderà senz'altro risoluto: il contratto si scioglie di diritto se l'altra parte non

adempie alla scadenza. Attenzione: se manca quest'ultima dichiarazione, la sola intimazione di

adempiere costituisce l'altra parte in mora, ma non porta alla risoluzione. Le parti di un contratto a

prestazioni corrispettive possono anche giocare in difesa; ciascuna di esse può rifiutarsi di

adempiere la sua obbligazione, se l'altra parte non adempie o non offre di adempiere

contemporaneamente la propria: l'inadempimento è opposto come eccezione alla pretesa

dell'altra parte (eccezione di inadempimento). L'eccezione non può essere opposta: A)se sono

stabiliti termini diversi per le due prestazioni; B)se il rifiuto è contrario alla buona fede. Una parte

potrebbe essere però tenuta ad adempiere per prima: può sospendere la sua prestazione se le

condizioni patrimoniali dell'altra parte sono divenute tali da porre in evidente pericolo il

conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia. Le parti possono

pattuire che non siano opponibili eccezioni alla pretesa di adempimento: con una formula latina si

parla di solve et repete, cioè prima paga e poi chiedi la restituzione; la clausola non ha effetto per

le eccezioni di nullità, annullamento, rescissione.

3)Clausola penale e caparra

Si ha una clausola penale quando il contratto prevede che, se una certa prestazione non sarà

adempiuta, la parte inadempiente debba senz'altro pagare una determinata somma. Funzione

della clausola è di sollevare la parte che subisce l'inadempimento dall'onere di provare il danno. La

clausola è intesa quindi come una liquidazione anticipata del danno, tanto che il creditore non può

pretendere il risarcimento di un danno maggiore, se questa possibilità non è stata espressamente

pattuita. Per contro il debitore è protetto contro una penale eccessiva: l'art. 1384 prevede che il

giudice ne possa disporre un'equa riduzione. La caparra confirmatoria è diversa dalla penale:

questa si promette, la caparra si dà. Si tratta infatti di una somma di denaro o di una quantità di

cose fungibili che viene versata da una parte all'altra alla conclusione del contratto, a conferma

della serietà dell'impegno e in acconto sul prezzo o sulla prestazione pattuita. Se il contratto è

regolarmente adempiuto, la caparra funziona come un anticipo del pagamento. Se chi ha versato

la caparra non adempie l'altra parte ha diritto di recedere dal contratto trattenendo la caparra.

4)La risoluzione per impossibilità sopravvenuta

L'impossibilità sopravvenuta libera il debitore quando sia dovuta a un fatto a lui non imputabile.

Nell'ambito di un contratto a prestazioni corrispettive, ciò determina il venir meno di una delle

prestazioni e quindi la caduta del rapporto di corrispettività: l'altra prestazione non si giustifica

più. Perciò l'impossibilità provoca automaticamente la risoluzione senza bisogno di alcuna attività,

né giudiziale né stragiudiziale, dell'altra parte. La parte liberata per effetto dell'impossibilità non

può più pretendere la prestazione dell'altra. Se poi l'ha ricevuta, si tratta di una prestazione non

dovuta che dev'essere restituita secondo le norme che regolano la ripetizione dell'indebito

oggettivo. Una possibilità di scelta è lasciata all'altra parte in caso di impossibilità parziale.

L'ipotesi è disciplinata con riguardo all'obbligazione dall'art. 1258, il quale prevede che il debitore

si liberi eseguendo la prestazione nella parte che è rimasta possibile. Ma la corrispettività

economica è alterata: e allora la legge dà all'altra parte un potere di scelta, tra chiedere una

riduzione della prestazione dovuta o recedere dal contratto quando non abbia un interesse

apprezzabile all'adempimento parziale. Anche l'impossibilità temporanea può determinare lo

scioglimento del rapporto; occorre tener conto della regola dell'art. 1256, comma 2°, secondo cui

l'obbligazione si estingue anche per effetto di impossibilità temporanea quando in relazione al

titolo dell'obbligazione o alla natura della prestazione, il creditore non abbia più interesse a

riceverla, una volta ridivenuta possibile. Esti

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Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher roger8 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Foggia o del prof Addante Adriana.
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