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I DIRITTI REALI DI GODIMENTO
I diritti reali di godimento.
I diritti reali di godimento, come già visto, attribuiscono un potere su una cosa altrui: sono i diritti
reali minori o parziari. Si dicono minori o parziari, rispetto alla proprietà, perché anno un più
ristretto contenuto, che si riduce talvolta ad una sola facoltà. Sono poi diritti su cosa altrui perché
gravano su beni in proprietà di altri, limitando le facoltà del proprietario e il contenuto del suo
diritto. Su uno stesso bene possono comunque coesistere più diritti reali minori, purché di contenuto
diverso. I diritti reali di godimento sono: superficie, enfiteusi, usufrutto, uso, abitazione, servitù.
La superficie.
Consiste nel diritto di fare e mantenere una costruzione sopra o sotto il suolo altrui, o nel diritto di
proprietà di una costruzione separata dalla proprietà del suolo. La prima consiste nel diritto di
costruire sul suolo altrui; la seconda consiste invece in un vero e proprio diritto di proprietà sulla
costruzione, separato dalla proprietà del suolo. Tale diritto può derivare: a) dall’edificazione
realizzata in conformità al concesso ius aedificandi; b) dall’alienazione di una preesistente
costruzione fatta dal proprietario del suolo. Si realizza perciò in tal modo una separazione tra
proprietà del suolo e proprietà delle opere fatte sopra di esso. La proprietà superficiaria, in quanto
proprietà, non è soggetta a prescrizione (inoltre il perimento dell’opera realizzata dal superficiario
non comporta estinzione dello ius aedificandi). Esempi di diritto di superficie si trovano nelle
cappelle cimiteriali, nelle edicole e nelle stazioni di servizio installate su suoli pubblici. La
costituzione della superficie può avvenire per contratto (richiede la forma scritta), per legge (es. per
le opere su suolo altrui destinate all’esercizio della servitù) e per usucapione (per lo più con
usucapione abbreviata). Il superficiario può poi liberamente alienare il suo diritto e costituire diritti
reali a favore di terzi. L’estinzione della superficie può avvenire per scadenza del termine, per
consolidazione (cioè per riunione in capo allo stesso soggetto delle qualità di proprietario del suolo
e di superficiario) e per prescrizione del diritto di costruire.
L’usufrutto.
L’usufrutto è il diritto di godere una cosa entro i limiti segnati dal rispetto della sua destinazione
economica (art. 981). Essa attribuisce al titolare un ampio potere di usare e godere una cosa altrui,
traendone ogni utilità che essa può dare. Inoltre, per l’elasticità dei diritti reali, si estende a tutte le
accessioni (cioè gli incrementi della cosa) e in tal senso si avvicina alla situazione proprietaria, ma
se ne differenzia pur sempre per la durata temporanea. La destinazione economica della cosa (al
momento della costituzione dell’usufrutto) si configura come un limite al potere di godimento, ed è
tipica dell’usufrutto. Così, se oggetto dell’usufrutto è un appartamento, esso non potrà essere
adibito a deposito. Come già detto, connotato essenziale è la durata temporanea dell’usufrutto: il
diritto non può eccedere la “vita dell’usufruttuario”. Oggetto dell’usufrutto può essere qualunque
specie di bene, mobile e immobile, ma anche i crediti e i titoli di credito, le azioni e le aziende. È
possibile anche che l’usufrutto sia costituito su una cosa consumabile, però l’utilizzazione ne
comporterà l’impossibilità di restituirla al termine dell’usufrutto (si parla di quasi usufrutto).
Diritti e obblighi dell’usufruttuario.
L’usufruttuario può utilizzare la cosa direttamente o indirettamente, traendone i frutti naturali e
civili: essi spettano all’usufruttuario per la durata del suo diritto. Egli può inoltre realizzare
miglioramenti e addizioni: i primi consistono in un incremento qualitativo che si fonde con la cosa e
ne aumenta la produttività; le seconde sono invece un incremento quantitativo che mantiene una
propria individualità (cioè rimane distinto dalla cosa, es. una recinzione). Per entrambi
l’usufruttuario ha diritto ad un’indennità nella misura della minor somma tra lo speso e il
migliorato al momento della cessazione dell’usufrutto. L’usufruttuario ha diritto di conseguire il
possesso della cosa e potrà esercitare le relative azioni: in via petitoria gli compete anzitutto la
vindicatio usufructus (analoga alla rivendica della proprietà) e l’azione confessoria contro chi
contesti il suo diritto. Può agire inoltre con l’azione negatoria, chiamando in giudizio anche il
proprietario. Gli obblighi dell’usufruttuario sono quello di restituire la cosa al termine
dell’usufrutto, le spese di ordinaria amministrazione e le imposte relative al reddito.
Acquisto ed estinzione dell’usufrutto.
L’usufrutto può costituirsi anzitutto per legge, ad esempio l’usufrutto legale dei genitori sui beni dei
figli minori; può costituirsi per volontà privata, tramite testamento o contratto, oneroso o gratuito,
ad esempio la madre dona al figlio un bene riservandosene il godimento; per usucapione, per lo più
nella forma abbreviata. Non è ammesso l’usufrutto successivo, cioè il passaggio dell’usufrutto da
una persona all’altra al momento della morte. L’estinzione dell’usufrutto si verifica per scadenza del
termine, alla morte dell’usufruttuario, per prescrizione ventennale e per perimento totale della cosa.
Si estingue inoltre per l’abuso che l’usufruttuario faccia del suo diritto (es. alienando i beni o
deteriorandoli) e per consolidazione, cioè riunione nello stesso soggetto delle qualità di proprietario
e usufruttuario.
Le servitù.
La servitù consiste in un peso imposto sopra un fondo (detto servente) per l’utilità di un altro fondo
(detto dominante), appartenente a diverso proprietario (art. 1027). È un diritto reale di godimento,
ma si caratterizza perché consente una utilizzazione specifica e circoscritta della cosa altrui: ad
esempio passare sul fondo, attingervi acqua, ecc. (specialità o determinatezza delle servitù). La
servitù si caratterizza perché essa nasce e vive in funzione di una oggettiva relazione di servizio tra
due fondi, in virtù di ciò la limitazione al primo avvantaggia il secondo: predialità delle servitù.
Infine la servitù si caratterizza per la sua accessorietà alla proprietà di un immobile. Nel senso che è
legata inscindibilmente ad esso e si trasferisce automaticamente col trasferimento della proprietà del
bene. Qui l’inerenza, tipica dei diritti reali, raggiunge il suo massimo grado, tanto che la servitù si
presenta quasi come un modo d’essere (qualitas fundi).
Elementi caratterizzanti delle servitù.
Esaminiamo la nozione di servitù (art. 1027 c.c.): “peso imposto sopra un fondo, per l’utilità di un
altro fondo, appartenente a diverso proprietario”.
a) Il peso consiste in una limitazione delle facoltà di godimento del fondo (es. non
sopraelevare, consentire l’affaccio sul fondo altrui), purché non si tratti di un fare a carico
del proprietario del fondo servente: servitus in faciendo consistere equità (art. 1030). Tale
peso perciò può consistere o nell’imposizione di un non facere (es. non costruire), o di un
pati, cioè tollerare che altri faccia (es. passare sul fondo, attingere acqua): il codice ha voluto
vietare le servitù personali. È possibile che il proprietario del fondo servente sia obbligato a
fare qualcosa (es. spurgare l’acquedotto art. 1091), ma tale obbligo non fa parte del
contenuto della servitù: costituisce piuttosto un’obbligazione reale (o propetr rem) che si
presenta come accessoria alla proprietà di un fondo servente ma estranea alla servitù,
assumendo carattere di vera e propria obbligazione (divieto di servitù personali o irregolari).
Tale peso non è predeterminato dalla legge in modo tipico: il suo contenuto può essere
liberamente determinato dalle parti entro i limiti, e in rispetto del carattere di predialità.
b) L’utilità del fondo può consistere in qualsiasi vantaggio per la migliore utilizzazione del
bene, purché stabile e oggettivo, nel senso che deve afferire al fondo e non personalmente al
proprietario (ad es. non è ammessa una servitù che abbia ad oggetto il diritto di accedere a
un fondo per esercitarvi la caccia o la pesca). È il principio del collegamento funzionale
oggettivo tra i fondi (predialità delle servitù), molto importante anche perché vieta uno
“storno” delle utilità: ad es. il titolare di una servitù di presa d’acqua non può vendere
l’acqua a terzi, né usarla per altri fondi propri, ma solo a vantaggio del fondo dominante.
c) La vicinanza tra i due fondi è un requisito fondamentale: i due fondi dovrebbero essere
vicini.
d) Ultimo requisito indicato dall’ art. 1027 è la diversità dei proprietari dei due fondi, servente
e dominante. È tuttavia ammesso che il proprietario del fondo servente sia comproprietario,
insieme ad altri, del fondo dominante e viceversa, poiché in tal caso sussiste pur sempre un
rapporto intersoggettivo fra persone diverse (servitù reciproche).
In base a tali caratteri le servitù si distinguono nettamente dai limiti legali della proprietà: questi
infatti sono caratterizzati da automaticità (nascendo direttamente dalla legge), da reciprocità (poiché
comprimono allo stesso modo tutte le proprietà) e da gratuità. Le servitù invece nascono solo in
virtù di uno specifico titolo costitutivo, sono unilaterali (comprimendo solo uno dei due fondi) e
sono onerose. È importante ricordare ancora una volta che quando una certa limitazione perde il
carattere della reciprocità si può facilmente trasformare in servitù. Le servitù possono distinguersi
sotto vari aspetti:
In base alla loro costituzione:
a) Servitù coattive: nascono in forza di legge;
b) Servitù volontarie: derivanti dal fatto dell’uomo;
In base al contenuto:
c) Servitù negative: che attribuiscono il potere di vietare qualcosa (es. servitus non
aedificandi);
d) Servitù affermative: che attribuiscono il potere di fare qualcosa (es. passare o
affacciarsi sul fondo servente).
Le servitù affermative si dividono a loro volta in:
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