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IL PRIVILEGIO
Il privilegio è la preferenza che la legge accorda a determinati
crediti in considerazione della causa per cui sono sorti. Il legislatore
ritiene che taluni crediti siano meritevoli di particolare tutela in
ragione delle motivazioni che ne hanno determinato il sorgere e
prevede che in sede di distribuzione di quanto ricavato dalla vendita
forzata dei beni gravati da privilegio siano preferiti rispetto ad altri
crediti detti chirografari. La costituzione del privilegio non richiede
né un accordo tra le parti né particolari forme di pubblicità, quindi il
credito nasce privilegiato perché così lo vuole il legislatore. La
valutazione circa l’opportunità che esso sia preferito ad altri è
rimessa al legislatore. Da ciò discende che le norme che prevedono
privilegi possono essere oggetto di interpretazione estensiva, ma
non di applicazione analogica e che le parti possono creare altri
privilegi oltre quelli stabiliti dalla legge e questa è la tipicità dei
privilegi. Tra i vari crediti privilegiati l’ordine di preferenza non
dipende dall’anteriorità del credito ma è stabilito dalla stessa legge.
Con l’introduzione dell’art. 2751-bis c’è una maggiore protezione ai
crediti derivanti da rapporti di lavoro subordinato e da altri rapporti
ad essi assimilati. Il privilegio può essere generale quindi su tutti i
beni mobili del debitore o speciale e quindi su determinati beni
mobili o immobili. Il privilegio generale costituisce un modo di
essere del credito e non attribuisce il diritto di sequela con la
conseguenza che può essere esercitato solo fin tanto che i beni
mobili fanno parte del patrimonio del debitore. Il privilegio speciale
costituisce un diritto reale di garanzia. Quindi il privilegio speciale
sui mobili può esercitarsi anche in pregiudizio dei diritti acquistati
dai terzi posteriormente al sorgere del privilegio stesso, chi acquista
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la cosa dopo che è già sorto il privilegio deve subirlo. Il pegno è
preferito al privilegio speciale sui mobili, mentre il privilegio
speciale sugli immobili è preferito all’ipoteca.
PEGNO ED IPOTECA: CARATTERI GENERALI E COMUNI
Sono cause legittime di prelazione anche il pegno e l’ipoteca. Questi
due istituti hanno un tratto comune, ovvero sono diritti reali. Essi
presentano quel connotato che è comune ai diritti reali in genere,
ovvero l’inerenza. Pegno ed ipoteca attribuiscono al creditore il
diritto di sequela, cioè il potere di esercitare la garanzia
espropriando detti beni per soddisfarsi sul relativo ricavato anche se
la loro proprietà è passata ad altri. Appartengono alla categoria dei
diritti reali su cosa altrui e si distinguono dall’ulteriore
sottocategoria di questi ultimi costituita dai diritti reali di
godimento. Mentre i diritti reali di godimento limitano il potere di
godimento del proprietario, i diritti reali di garanzia finiscono con il
limitarne il potere di disposizione, perché l’eventuale acquirente
deve tener conto del rischio che il bene possa essergli espropriato
per soddisfare il credito garantito. Il pegno e l’ipoteca non hanno
carattere generale ma gravano sempre su beni determinati. Invece
il carattere della realità non manca al privilegio speciale. La
differenza tra pegno ed ipoteca da un lato, e privilegio speciale
dall’altro consiste nel fatto che mentre il privilegio sono stabiliti
dalla legge in considerazione della causa del credito, il pegno e
l’ipoteca richiedono un proprio titolo costitutivo. Questo spiega
perché pegno ed ipoteca possano essere concessi anche da un
terzo chiamato terzo datore di pegno o di ipoteca. La figura del
terzo datore di pegno o di ipoteca si distingue da quella del
fideiussore, ed essi garantiscono il debito altrui, però il fideiussore
risponde di detto debito con tutti i propri beni mentre il terzo datore
solo con il bene su cui è costituito il pegno o l’ipoteca. Pegno ed
ipoteca danno luogo a rapporti accessori nel senso che
presuppongono un credito, anche futuro od eventuale o
condizionato di cui garantiscono l’adempimento. Pegno ed ipoteca
sono funzionali ad assicurare al creditore il soddisfacimento del
proprio credito. Questo spiega la regola secondo cui quest’ultimo
può chiedere che gli sia prestata altra idonea garanzia e in
mancanza esigere l’immediato pagamento del debito. Pegno e
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ipoteca attribuiscono al creditore la facoltà di far espropriare la cosa
se il debitore non adempio e la preferenza rispetto agli altri creditori
in ordine alla distribuzione di quanto ricavato dalla vendita forzata
del bene oggetto della garanzia e infine, il diritto di sequela, ossia il
diritto di sottoporre il bene ad esecuzione forzata quand’anche nel
frattempo divenuto di proprietà di terzi.
La differenza tra pegno e ipoteca sta nella diversità dell’oggetto: a)
il pegno ha per oggetto beni mobili non registrati, universalità di
mobili o crediti; b) l’ipoteca ha per oggetto la proprietà di beni
immobili, taluni diritti reali immobiliari, beni mobili registrati o
rendite dello stato. Un ulteriore differenza tra pegno (su beni) ed
ipoteca sta nel fatto che, di regola, nel pegno il debitore viene
spossessato dalla cosa, mentre nell’ipoteca no. Questa differenza è
giustificata dall’impossibilità pratica di istituire per i beni mobili non
registrati un regime di pubblicità che metta i terzi in condizione di
conoscere l’esistenza del diritto di garanzia.
Il pegno e l’ipoteca attribuiscono al debitore il diritto di far vendere
il bene che vi è assoggettato ma pur sempre attraverso l’intervento
giudiziale. L’art. 2744 c.c. sancisce espressamente la nullità del
patto commissorio con cui le parti convengono per il caso di
inadempimento del debito garantito, l’automatica trasferimento, in
favore del creditore, della proprietà del bene ipotecato o dato in
pegno. L’art. 1963 c.c. statuisce che è nullo qualunque patto, anche
posteriore alla conclusione del contratto con cui si conviene che la
proprietà dell’immobile passi al creditore nel caso di mancato
pagamento del debito. Discussa è la ratio del divieto del patto
commissorio, secondo alcuni sarebbe finalizzato a tutelare la libertà
contrattuale del debitore che a causa della situazione di debolezza
in cui spesso viene a trovarsi potrebbe essere indotto ad accettare
una convenzione per lui iniqua, secondo altri sarebbe posta a
presidio della par condicio creditorum, visto che il patto
commissorio finirebbe con il sottrarre il bene costituito in garanzia
all’azione esecutiva degli altri creditori. La proprietà del divieto fa si
che il patto commissorio sia praticamente sconosciuto. La
giurisprudenza afferma che il divieto di cui l’art. 2744 c.c. è
indirizzato a colpire non solo e non tanti una determinata
pattuizione negoziale ma un determinato risultato pratico. Secondo
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la giurisprudenza il divieto di discussione di estende a qualsiasi
pattuizione, contratto, pluralità di negozi tra loro collegati che
vengano in concreto impiegati per conseguire il risultato
sostanziale, vietato dall’ordinamento, del trasferimento della
proprietà di un bene in favore del creditore come conseguenza della
mancata estinzione del debito. Da questa premessa la
giurisprudenza fa discendere la nullità perché in frode alla legge:
della vendita sospensivamente condizionata all’adempimento
dell’obbligazione garantita che consentirebbe al creditore, in caso di
inadempimento, di acquisire la proprietà del bene, compensando il
corrispettivo dovuto con il credito rimasto insoddisfatto; dalla
vendita risolutivamente condizionata all’adempimento
dell’obbligazione garantita che consentirebbe al creditore di
trattenere la proprietà del bene, sempre compensando il
corrispettivo dovuto con il credito rimasto insoddisfatto; della
vendita stipulata con patto di riscatto o di retrovendita o d’opzione
per il riacquisto, qualora il versamento del denaro da parte del
compratore costituisca l’erogazione di un finanziamento; del
contratto di sale and lease back se posto in essere in funzione di
garanzia e per aggirare il divieto del patto commissorio; del
contratto preliminare di compravendita immobiliare,
sospensivamente condizionato al mancato rimborso di un
determinato debito, il cui corrispettivo dovuto dal promissario
acquirente sia destinato a compensarsi con il credito dallo stesso
vantato nei confronti del promittente venditore; della procura a
vendere conferita senza obbligo di rendiconto al creditore, in caso di
inadempimento, proceda alla vendita del bene e trattenga il
ricavato a trascrizione del proprio credito. Il divieto di patto
commissorio colpisce solo gli accordi che siano stipulato
anteriormente alla scadenza dell’obbligazione in previsione di un
futuro inadempimento. Si afferma la validità del patto marciano in
forza del quale, in ipotesi di inadempimento dell’obbligazione
garantita, il bene viene trasferito in proprietà del creditore
insoddisfatto ma ad un valore stimato da un terzo al momento di
detto trasferimento, con la conseguenza che il creditore è tenuto a
versare al debitore l’eventuale differenza tra il valore del bene
trasferito e l’ammontare del credito rimasto inadempiuto.
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IL PEGNO
Il pegno è un diritto reale su beni mobili non registrati del debitore o
di un terzo che il creditore acquista mediante un apposito accordo
con il proprietario a garanzia del proprio credito. Oggetto di pegno
possono essere solo cose determinate con esclusione di cose di
genere e di cose future. Oltre ai beni mobili possono essere
concessi in pegno crediti, universalità di mobili ed altri diritti reali
mobiliari. Non possono essere costituiti in pegno né i beni di cui non
è ammessa l’espropriazione né i crediti incedibili per legge. Oggetto
di pegno possono essere anche i beni immateriali diversi dai crediti,
come il diritto d’autore, i brevetti. La giurisprudenza ammette la
legittimità del pegno rotativo che si ha quando le parti abbiano
concordato la possibilità di sostituire con altri i beni originariamente
costituiti in garanzia; la giurisprudenza ritiene necessario che la
sostituzione sia accompagnata dalla loro apprensione da parte del
creditore o del terzo designato dalle parti e che i beni dati in
sostituzione abbiano un valore non superiore a quello dei
precedenti. Vietato è il suppegno, ossia il pegno che abbia per
oggetto il bene ricevuto in pegno, dal momento che il creditore
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