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Qui si fa una prima linea di discriminazione: si distingue all’interno dell’impresa commerciale una

linea che isoli imprenditori commerciali piccoli da quelli commerciali non piccoli. Si parla più

correttamente di imprenditori sottosoglia. Al di sotto della prima linea ci sono i piccoli (sottosoglia),

sopra i soprasoglia.

I soprasoglia ( imprenditori non piccoli) ricadono nel fallimento, concordato, altre procedure…

Quelli sottosoglia un tempo non ricadevano nel fallimento, no regime di concorsualità un tempo,

ma solo strumenti della tutela esecutiva ordinaria. Nel 2012, quando si sono affacciate procedure

di composizione crisi da sovraindebitamento, ai sottosoglia si sono applicate le PCC (procedure di

composizione crisi).

Cosa definisce la soglia che separa il fallimento dalle procedure di composizione della crisi da

sovraindebitamento?

Un tempo questa soglia si individuava in corrispondenza dei requisiti per essere definito o meno

piccolo imprenditore.

Però la legge dà una definizione di piccolo imprenditore (2083 cc) basata su criteri qualitativi

(prevalenza lavoro proprio e familiare su altri fattori produzione. Come stabilire questa prevalenza è

rimesso a libera interpretazione del giudice. Per cui nella vigenza della legge del 1942, dove si

distingueva tra imprenditori piccoli che non potevano fallire e grandi che potevano, ogni tribunale

costituiva un feudo a sé. Quindi chi poteva fallire sotto l’egida del tribunale di RM non poteva

magari in quello di BO. Ogni tribunale aveva una sua valutazione del rapporto di prevalenza di quel

fattore rispetto agli altri fattori produzione.)

Soluzione: dal 2006 si elimina dall’ottica del diritto fallimentare la figura del piccolo imprenditore,

e si sostituiscono ai criteri qualitativi una serie di criteri di ordine quantitativo. A stabilire se

imprenditore insolvente debba o meno fallire non è che sia qualificabile come piccolo o meno, ma

che esso raggiunga o meno determinate soglie dimensionali: se le raggiunge, può fallire, altrimenti

no. Non conta niente che chi sia sottosoglia sia per forza piccolo imprenditore secondo il 2083 cc.

Criteri quantitativi non collimano per forza con quelli qualitativi che dicono quando l’imprenditore

è piccolo o meno. Nell’ottica del fallimento, e della soggezione o meno a fallimento e alle PCC

hanno rilievo esclusivo i criteri quantitativi dettati dall’art1.2 l.f.

*art. 1.2 co lg fall: non possono fallire (né chiedere di essere ammessi a CP) gli imprenditori

commerciali che hanno questi 3 requisiti: (chi vuole stare al di sotto non deve superarne

nessuna, se ne supera una il soggetto può fallire, rientra nell’area fallibilità):

1) nei 3 esercizi antecedenti a deposito istanza fallimento attivo annuo non superiore a

300.000 euro;

2) ricavi lordi non superiori a 200.000 euro;

3) ammontare debiti non scaduti a 500.000 euro.

Per sfuggire al fallimento e rientrare nell’area PCC, non bisogna superarne nessuna. Chi vuole stare

al di sotto e come tale non essere esposto a fallimento, deve stare al di sotto di tutte e 3. Basta che

ne sia superata 1 e si entra nella fallibilità.

300.000 si riferisce all’attivo dello stato patrimoniale. Bilancio SPA si scompone in due atti e

sotto atti: stato patrimoniale e contro profitti e perdite. Prima soglia ha riferimento all’attivo dello

stato patrimoniale, cioè le voci attive dello stato patrimoniale sommate devono dare una certa cifra:

se questa è sopra i 300.000 siamo nella fallibilità, altrimenti si sta al di sotto area falllibilità

Ricavi lordi, secondo parametro: complesso di entrate dell’impresa, come risultante dal conto

profitti e perdite bilancio di esercizio della società. Queste entrate a qualsiasi titolo conseguite non

dev’essere sopra ai 200.000 perché l’impresa NON fallisca.

Indebitamento complessivo: imprenditore insolvente non fallisce se ha un terzo requisito

dimensionale, dato da un ammontare non superiore a 500.000 di tutti i debiti scaduti o non scaduti

risultanti a bilancio e comunque gravanti su quel soggetto. Se anche una sola soglia superata, si

entra nell’area sopra, per stare in questa bisogna non superarne nessuna.

Mentre due soglie sono diacroniche, da valutare nel corso del tempo, una è istantanea. La norma

dice “non aver superato 300 attivo e 200 ricavi, nei 3 esercizi antecedenti esercizio in cui

presentata domanda di fallimento”. Dichiarazione fallimento sopravviene per domanda apposita:

bisogna considerare l’esercizio in cui domanda è stata proposta.

Es: esercizi annuali dal 1/1 al 31/12 per semplificare. Domanda del 5/2018: per stabilire se

imprenditore sia sopra o sottosoglia, da guardare i 3 esercizi antecedenti, quindi esercizi 2015, 16 e

17. è sufficiente che in uno di questi anni attivo sopra i 300 o ricavi sopra 200, allora imprenditore

rientra nella fallibilità. Per essere sottosoglia non basta esserlo al momento della domanda o

sentenza di fallimento, per esserlo con riferimento ai due parametri attivo patrimoniale e ricavi

lordi, bisogna che dai bilanci 15 16 e 17 i 300 di attivo e i 200 di ricavi mai superati. Basta aver

superato un anno solo, che automaticamente imprenditore non è più sottosoglia e ricade nella

fallibilità. C’è poi da considerare che quelle soglie non siano superate nemmeno al momento

dichiarazione fallimento. Se imprenditore sottosoglia per tutti e 3 gli esercizi antecedenti (17-15),

ma soglie superate nel 2018, egli comunque fallirebbe. Non servirebbe a niente essere sotto alla

data dichiarazione fallimento. Non basta essere sottosoglia nei 3 esercizi antecedenti, bisogna

esserlo anche al momento della dichiarazione di fallimento. E non serve a niente essere sotto alla

dichiarazione di fallimento, se si è stati sopra prima.

Questo vale identicamente per attivo dello stato patrimoniale e per la soglia ricavi lordi. Con

riguardo all’indebitamento complessivo, cioè al monte debiti (scaduti e non scaduti), questa è una

soglia non diacronica ma statica, e cioè che va valutata in un determinato momento storico, che è

quello della decisione di fallimento… Come è del resto la regola generale del processo civile:

situazione si valuta al momento della decisione, è quindi al momento della decisione che giudice si

deve riferire per stabilire ammontare di questo indebitamento. Se i debiti, alla data di dichiarazione

fallimento, superano il complesso dei 500.000 euro, quel soggetto fallisce. Ovviamente se è

imprenditore commerciale insolvente, ecc...

Indebitamento non rileva prima quindi, ma rileva e va calcolato con riguardo al momento della

decisione.

Riguardo a requisito indebitamento, c’è bisogno di coordinamento con art. 15 l.f. ultimo co.

*art. 15 l.f. u. comma: “Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l'ammontare dei debiti

scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore

a euro trentamila (7). Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui al terzo

comma dell'articolo 1”.

A una prima lettura di queste disposizioni viene naturale travisare, c’è un’antinomia: da un lato si

dice che imprenditore è sottratto a fallimento se indebitamento complessivo non supera i 500.000,

dall’altro lato si dice che no fallimento se debiti scaduti e non pagati non più di 30.000. quindi si fa

luogo se superano.

Ma quale soglia rileva? 500 o 30?

In realtà no contraddizione, perché soglia 500.000 fa riferimento a indebitamento complessivo,

inclusi debiti non scaduti (ad es anche mutui trentennali che scadono nel 2045), la soglia dei 30 ha

riferimento solo a debiti già scaduti e non pagati. Per cui può darsi che un soggetto abbia

indebitamento di 1 milione di euro, ma debiti scaduti e non pagati di 30.000. legislatore assume

convenzionalmente che se passivo non pagato meno di 30, no problema sociale che giustifica messa

in moto fallimento. 500 calcolati d tutti i debiti, scaduti e non (leasing e mutui compresi), mentre i

30 guardano solo a debiti scaduti e non pagati. Norma che vuole evitare dichiarazione di fallimento

per le piccole insolvenze: il legislatore assume convenzionalmente che dove passivo non pagato non

superi i 30.000, si tratti di insolvenza che non desta allarme sociale, e quindi non giustifica messa in

moto della macchina del fallimento. Quindi coordinamento tra queste due disposizioni va fatto

tenendo presente che 500.000 vanno calcolati, o meglio, questa soglia deve tener conto di tutti i

debiti, scaduti e non scaduti (e la massa degli scaduti tendenzialmente è esorbitante rispetto ai non

scaduti, ci sono leasing, mutui… gran parte del debito è un debito destinato a scadere negli anni

successivi. Ai fini calcolo questa soglia bisogna aver luogo di tutti i debiti, scaduti o meno). Con

riguardo alla soglia dei 30.000, viceversa, solo ai debiti scaduti e non pagati. Ecco quindi la

possibilità di realizzare un coordinamento che non sacrifichi nessuna delle due cose.

Onere prova grava su debitore.

*art. 1.2 l.f.: “Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli

imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino (5) il possesso congiunto (6) dei seguenti

requisiti:...”

A chi spetta dimostrare in giudizio, su chi grava onere prova? Creditore o pm che ha fatto domanda

che devono dimostrare che imprenditore è sovrasoglia? O debitore nei cui cfr è proposta la

domanda deve dimostrare di essere sottosoglia?

Norma introdotta nel 2006 non chiara, non si capiva bene su chi gravasse onere, e giudici,

nell’incertezza, dichiaravano comunque il fallimento.

Oggi legge è chiara, e dice che debitore deve indicare prova dei requisiti dimensionali. Chi chiede

fallimento deve solo dimostrare che debitore è imprenditore commerciale insolvente. Non deve

preoccuparsi di dimostrare che è il debitore insolvente è anche sovrasoglia: problema rispetto soglie

è solo del debitore nei cui cfr è richiesto. Sarà lui a dover dimostrare attraverso esibizione dei

bilanci o altri strumenti a dover dimostrare di essere stato sotto le soglie in tutto il periodo rilevante

della legge.

Se giudice non sa dire con certezza se quell’imprenditore sia sotto o sopra, dovrà dichiarare

fallimento. In base all’onere della prova, soccombe chi non è in grado di soddisfare questo onere

probatorio. Debitore deve dimostrare di essere rimasto sottosoglia. Se giudice ha dubbi a riguardo,

deve dichiarare fallimento. C’è chi dice che giudice dovrebbe comunque esercitare suoi doveri

istruttori d’ufficio, e questo lo si può ammettere se debitore ha fatto il possibile, ma nell’ipotesi in

cui debitore non faccia nulla, e nell’ipotesi in cui non si presenti in giudizi

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Scienze giuridiche IUS/12 Diritto tributario

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mr.tennis di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Fallimentare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Montanari Massimo.
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