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IMPRENDITORIALE

Paragrafo 1. Ambito di applicazione.

Il secondo comma dell'art. 1 esclude espressamente gli imprenditori "ivi compresi i

piccoli imprenditori", che sono, a norma dell'art. 2083 c.c., i coltivatori diretti, i

piccoli commercianti, gli artigiani e tutti coloro che esercitano un'attività

professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio o dei componenti

della famiglia.

Paragrafo 1.1 L’applicazione delle nuove disposizioni ai professionisti.

Il richiamo ai "rapporti di lavoro autonomo di cui al titolo III del libro V del codice

civile" è idoneo a ricomprendere non soltanto i lavoratori autonomi di cui al Capo I

(Disposizioni generali), ma anche quelli di cui al Capo II (Delle professioni

intellettuali). Sembra corretto ritenere, allora, che professionisti rientrino tra i

soggetti tutelati dalle nuove disposizioni, a meno che non assumano essi stessi la

qualità di imprenditore. Può accadere, infatti, che l'attività professionale sia

esercitata in forma d'impresa, come del resto già previsto dall'art. 2238 c.c.; in

questa ipotesi il professionista assume la qualità di imprenditore se esercita una

attività distinta e assorbente rispetto a quella professionale, con un sostrato

organizzativo che cessa di essere meramente strumentale ed un apporto personale

caratterizzato da una prevalente azione di organizzazione, coordinamento e

controllo dei fattori produttivi e non più circoscritto alla prestazione d'opera

intellettuale. Si pensi, ad esempio, ai grandi laboratori di analisi o agli studi

professionali associati, ogni qualvolta al profilo personale dell'attività svolta si

affianchino un'organizzazione di mezzi e strutture, un numero di titolari e dipendenti

ed un'ampiezza di locali adibiti all'attività, tali che il fattore organizzativo e l'entità

dei mezzi impiegati sovrastino l'attività professionale del titolare. Lo stesso deve

dirsi, a maggior ragione, nei casi in cui l'attività sia direttamente esercitata in forma

societaria. Solo in queste ipotesi, pertanto, l'acquisto della qualità di imprenditore

porta ad escludere il professionista dall'ambito di applicazione delle tutele

introdotte dalla legge n. 81 del 2017; in generale, invece, i professionisti rientrano a

tutti gli effetti nel campo di applicazione delle nuove disposizioni.

Paragrafo 2. Effetti dell’esclusione del piccolo imprenditore.

L'esclusione del piccolo imprenditore dall'ambito di applicazione della legge n. 81

del 2017 consegna all'interprete il difficile compito di distinguere il piccolo

imprenditore dal lavoratore autonomo ex art. 2222 c.c.. E evidente che l'ampiezza

effettiva dell'ambito di applicazione della legge dipende da come si interpreta la

nozione di "piccolo imprenditore". Se infatti il soggetto ex art. 2083 c.c. coincide con

il soggetto che conclude un contratto d'opera così come è definito dall'art. 2222 c.c.,

resta estranea all'ambito di applicazione ex art. 1 un'ampia platea di soggetti. Al

contrario, la platea dei destinatari delle tutele si estende se invece si distingue

nettamente il lavoratore autonomo dal piccolo imprenditore. L'art. 1, comma 2 della

legge in esame potrebbe aver fatto propria questa seconda impostazione: afferma

infatti che l'esclusione riguarda "gli imprenditori, ivi compresi i piccoli

imprenditori" presupponendo che quest'ultimi, in coerenza col proprio nomen iuris,

non siano lavoratori autonomi. Non è il caso in questa sede neppure di riprendere

l'ampio dibattito svoltosi al momento dell'entrata in vigore del codice civile

nell'ambito della dottrina commercialistica sui criteri distintivi tra piccolo

imprenditore e lavoratore autonomo. Una dottrina autorevole arrivò ad affermare

che anche il portabagagli munito della cintura per portare i bagagli fosse un piccolo

imprenditore perché esercitava professionalmente la sua attività. In realtà questa

interpretazione non teneva conto che l'art. 2083 come l'art. 2082 descrive i requisiti

dell'attività mentre l'art. 2222 c.c. descrive un tipo legale e di conseguenza individua

e regola la prestazione oggetto del contratto. D'altra parte questa tesi, che tende ad

assimilare piccolo imprenditore e lavoratore autonomo, pur plausibile sul piano

dell'interpretazione a cagione della formula accolta da entrambe le norme dove il

lavoro del piccolo imprenditore e del lavoratore autonomo prevale sull'apporto del

lavoro altrui e del capitale, non tiene conto della realtà economico-sociale attuale

nella quale esistono una miriade di lavoratori autonomi muniti di una micro-

organizzazione che li distingue non soltanto sul piano quantitativo ma anche

qualitativo da quella dei piccoli imprenditori. E di questa realtà sembra tenere conto

la nuova disciplina che ha come obbiettivo la tutela del lavoratore autonomo

meritevole di tutela perché rientra nell'area dell'art. 35 Cost. Si noti che la Corte

costituzionale, da un lato, ha qualificato sciopero l'astensione dal lavoro del

lavoratore autonomo senza dipendenti e, dall'altro, sebbene ai diversi fini delle

tutele per il consumatore, non ha ritenuto debole il piccolo imprenditore. E bene,

anche per tale ragione, precisare meglio la distinzione tra lavoro autonomo e piccolo

imprenditore.

Paragrafo 3. La differenza tra piccolo imprenditore e lavoratore autonomo.

In primo luogo bisogna evidenziare che è più agevole la distinzione tra piccola

impresa e lavoro autonomo quando la prestazione d'opera è esclusivamente

personale e occasionale. Ciò in quanto la prestazione del lavoratore autonomo può

essere occasionale e priva di una vera organizzazione mentre la professionalità e la

stabilità dell'organizzazione sono caratteristiche imprescindibili anche del piccolo

imprenditore. Viceversa, la differenza tra piccolo imprenditore e lavoratore

autonomo diventa problematica quando la prestazione è "prevalentemente"

personale quando cioè il prestatore si avvalga di strumenti "espressivi" come

collaboratori o capitali. In questi casi le due figure sembrano quasi coincidere e,

conseguentemente, il giudice dovrà valutare la diversa entità dell'organizzazione nel

lavoro autonomo e nella piccola impresa e il diverso atteggiarsi dell'attività svolta

dal lavoratore autonomo e dal piccolo imprenditore. Quanto al primo profilo, ossia

quello dell'organizzazione, quest'ultima, pur suvvalente rispetto al lavoro prevalente

del piccolo imprenditore, è evidenziata dal fondo del coltivatore diretto, dal negozio

del commerciante e dalla bottega dell'artigiano. In altre parole, il giudice quando si

trova di fronte ad un'organizzazione che presenta una propria autonomia (fondo

agricolo coltivato con l'aiuto dei familiari o di braccianti, negozio con suppellettili,

merci e l'aiuto dei familiari e/o di commessi, bottega con macchinari e apprendisti o

familiari) dovrebbe escludere l'applicazione delle tutele del lavoro autonomo.

Viceversa, dovrebbe applicarle quando l'organizzazione sia costituita dalla cassetta

degli attrezzi dell'idraulico o dell'elettricista o del sarto che, sia pure con l'aiuto di un

apprendista, svolge la sua attività professionale presso il domicilio del cliente. Da

questo punto di vista si può condividere la tesi secondo cui l'organizzazione del

lavoratore autonomo, quando è presente, si distingue da quella del piccolo

imprenditore perché non è idonea a configurare una produttività eccedente il lavoro

individuale (appunto, la cassetta degli attrezzi, la cinghia del facchino, fino ad

arrivare anche a strumenti più importanti e costosi come un computer). Di contro,

quando gli strumenti sono idonei a porsi essi stessi come fattori della produzione,

l'organizzazione è tale da integrare la qualifica di piccolo imprenditore (il fondo, la

bottega e le relative scorte di materie prime o di merce, gli uffici e le relative

dotazioni). Quanto al secondo profilo e cioè all'attività esercitata nel complesso da

ciascuna delle due figure in esame, si deve in primo luogo precisare che il requisito

di "prevalenza" assume una diversa posizione sintattica nell'art. 2222 c.c. e nell'art.

2083 c.c., essendo riferito, nel primo caso, al lavoro utile a produrre l'opera o il

servizio e, nel secondo, all'organizzazione. In secondo luogo, nel lavoro autonomo

l'attività del prestatore, pur se dotato di strumenti del lavoro o se si avvalga di

collaboratori, si esaurisce nell'organizzazione della propria prestazione. Il lavoratore

autonomo, quindi, gestisce essenzialmente sé stesso. Invece il piccolo imprenditore

governa una (piccola) impresa cui sono stabilmente imputati mezzi e risorse che si

combinano in un ciclo produttivo, al cui interno risulterà prevalente il lavoro del

titolare e dei suoi familiari. Così, ad esempio, non è un piccolo imprenditore

l'idraulico che, munito di cassetta degli attrezzi, si reca presso i clienti che lo

contattano direttamente al cellulare accompagnato da due collaboratori che ne

coadiuvano genericamente la prestazione; viceversa è un piccolo imprenditore lo

stesso idraulico che, pur recandosi dai clienti, dispone anche di una bottega con

apprendisti e macchinari utilizzati stabilmente per particolari lavorazioni

(termoidraulica, impiantistica, ecc.). E’ evidente, tuttavia, che nella pratica può non

essere agevole valutare "qualitativamente" l'organizzazione materiale e personale

della quale si avvale il piccolo imprenditore/lavoratore autonomo e alla fine sarà il

giudice a dover maturare un proprio convincimento inevitabilmente influenzato dal

contesto di riferimento. C'è da chiedersi casomai se detto convincimento possa

continuare ad essere maturato muovendo dalla ricostruzione di particolari elementi

di fattispecie tipiche, quando quegli elementi, anche sul piano lessicale, finiscono

per confondersi se non addirittura per coincidere: lavoro proprio o dei componenti

della famiglia (art. 2083 c.c.); lavoro prevalentemente proprio (art. 2222 c.c.);

prestazione d'opera prevalentemente personale (art. 409, n. 3, c.p.c.).

Paragrafo 4. Clausole e condotte abusive: la protezione del contraente debole.

Passando all'esame della disciplina, il disegno di legge predispone alcune norme

protettive del lavoratore autonomo che prefigurano tutele sia nel mercato, sia nel

rapporto. Innanzitutto, l'art. 2 estende ai lavoratori autonomi le norme del d.lgs. n.

231 del 2002, per proteggerli contro i ritardi nei pagamenti dei debitori (clienti,

fornitori, ecc.). Il d.lgs. n. 231 preve

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Publisher
A.A. 2022-2023
184 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Morenopanetto di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Legislazione dei contratti turistici e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof De Giudici Antonio.