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[CONTINUA]

L’art 21 prevede un unico limite espresso alla libertà di manifestazione del

pensiero, che è il limite del buon costume, il quale è stato oggetto di una

evoluzione nell’interpretazione della giurisprudenza costituzionale: in un primo

momento (negli anni 50, 60 e 70) il buon costume veniva riferito in maniera

piuttosto generica all’esistenza di una morale comune o di un’etica sociale, poi

col progressivo affermarsi del principio pluralista il limite di buon costume,

invece, non viene più inteso come la giurisprudenza costituzionale come

sinonimo di etica comune, ma si è ristretto al pudore sessuale, con particolare

riferimento al pudore sessuale dei minori. Non esiste quindi più quella idea

della morale condivisa che la giurisprudenza costituzionale usava nella

sentenza 9/1956 e progressivamente il limite si è ristretto, il che significa che il

contenuto della libertà si è ampliato.

Questo tipo di evoluzione interpretativa si è realizzata grazia a un canone

specifico di interpretazione delle norme costituzionali che è la cosiddetta

interpretazione adeguatrice o evolutiva, cioè quella interpretazione che adegua

il contenuto delle norme costituzionali al decorrere del tempo. Oggi, quindi, la

nozione di buon costume è per l’art 21 la stessa che abbiamo nell’ambito del

diritto penale, in cui si punisce come atto osceno l’atto che compromette il

pudore sessuale con particolare riferimento al pudore sessuale del minore.

L’art 21 non contiene altri limiti espressi alla libertà di manifestazione del

pensiero, ma una serie di limiti si possono rinvenire all’interno dell’ordinamento

a partire anche da altre norme costituzionali: la ricostruzione di questi limiti

porta ad affermare che esistono dei limiti impliciti alla libertà di manifestazione

del pensiero che derivano dalla necessità di bilanciare questa libertà con altri

interessi o altri diritti costituzionalmente rilevanti che non possono essere del

tutto sopraffatti dalla libertà di manifestazione del pensiero.

Questi interessi o diritti costituzionalmente protetti sono innanzitutto l’onore e

la reputazione dell’individuo, che sono entrambi presidiati da fattispecie penali

incriminatrici quali l’ingiuria e la diffamazione. Il problema della tutela

dell’onore e della reputazione diventa particolarmente complesso da affrontare

in un segmento specifico della libertà di manifestazione del pensiero che è quel

segmento costituito dal diritto di cronaca del giornalista, che affonda le proprie

radici nell’art 21 della costituzione ma che rappresenta un aspetto molto

qualificato della libertà di manifestazione del pensiero, perché attraverso il

diritto di cronaca e anche di critica del giornalista l’opinione pubblica può

maturare il proprio convincimento sui fatti di interesse pubblico, e quindi viene

in considerazione la libertà di manifestazione del pensiero non solo nella sua

dimensione individualistica, come prerogativa del singolo giornalista, ma come

caratteristica oggettiva di tutto l’ordinamento che proprio perché esiste questa

libertà si qualifica come ordinamento democratico. Il diritto di critica e di

cronaca giornalistica può prevalere sull’onore e la reputazione purché vengano

rispettati tre requisiti:

- La verità, ossia la rispondenza dei fatti che vengono descritti ai reali

accadimenti avvenuti. La giurisprudenza della corte di cassazione

distingue due tipi di verità che possono operare come scriminante

dell’eventuale reato di diffamazione che può commettere il giornalista:

una verità reale e una verità putativa. Quest’ultima è la verità che il

giornalista in buona fede che ha svolto in maniera diligente la sua attività

di ricerca e di verifica delle fonti utilizzate può considerare essere la vera

realtà storica dei fatti.

- La rilevanza, ossia l’interesse pubblico dei fatti raccontati. Quindi non si

incorre nei reati di ingiuria e diffamazione quando si racconta dei fatti che

non sono meramente privati e come tali riferibili alla sola sfera giuridica

dell’individuo, ma sono socialmente apprezzati. L’estensione di questo

interesse pubblico dipende dalle caratteristiche soggettive dell’individuo

di cui si racconta: quanto più l’individuo ha una rilevanza pubblica, tanto

più si estende l’area del socialmente apprezzabile.

- La continenza, cioè non tanto il contenuto delle informazioni che vengono

divulgate, ma alla modalità espressiva. La continenza riguarda il modo in

cui il giornalista esprime la propria opinione rispetto all’uso delle parole:

non deve contenere affermazioni di carattere calugnoso o diffamatorio

gratuite rispetto a ciò che si intende dire. La giurisprudenza della corte di

cassazione ha sviluppato tutta una casistica per la valutazione della

continenza per cui si ritiene violato il requisito della continenza quando i

giornalisti si esprimono attraverso le formule di sottinteso sapiente, ossia

quel modo di non dire le cose attraverso delle allusioni che connotano in

maniera estremamente negativa il comportamento altrui.

Altro limite implicito alla libertà di manifestazione del pensiero è il regolare

funzionamento della giustizia che consiste nell’esigenza di assicurare allo

stesso tempo sia una corretta informazione sulle vicende giudiziarie che sono

di per sé socialmente apprezzabili dal punto di vista della rilevanza, ma anche

di contemperare l’esigenza di non ostacolare o compromettere attraverso

fughe di notizia gli accertamenti che sono in corso all’interno di procedimenti

giudiziari. In particolar modo il codice penale punisce con l’art 684 la

pubblicazione anche parziale attraverso degli stralci o riassunti, di tutti quegli

atti e documenti di un procedimento penale di cui la legge vieta la

pubblicazione. L’art 685, poi, vieta la pubblicazione dei nomi dei giudici con

l’indicazione dei voti che essi hanno espresso all’interno delle deliberazioni

prese in un procedimento penale. Si capisce quindi che l’istituto che presidia

questo limite implicito della libertà di manifestazione del pensiero è

rappresentato dal cosiddetto segreto investigativo, cioè da quella privativa di

conoscenza che il codice di procedura penale prevede per gli atti delle indagini

preliminari che l’indagato non ha diritto a conoscere perché non è prevista la

partecipazione e l’assistenza di un difensore.

Altro limite implicito è quello del segreto di stato, disciplinato dall’art 39 della

legge 124/2007, che prevede che sono coperti da segreto di stato tutti gli altri

documenti e notizie e tutte le attività o in generale qualsiasi cosa la cui

diffusione possa provocare danno agli interessi della repubblica e soprattutto

alla sua integrità in relazione ai rapporti internazionali, alla difesa delle

istituzioni, all’indipendenza dello stato rispetto agli altri stati e agli interessi

militari dello stato stesso. Altro limite implicito che va bilanciato con la libertà

di manifestazione del pensiero è il segreto di stato che viene opposto dal

presidente del consiglio dei ministri.

Altro limite implicito molto rilevante è rappresentato dal diritto alla riservatezza

(privacy) che viene considerata limite implicito alla libertà di manifestazione

del pensiero sin dalla sentenza 2399/1975, con cui la corte di cassazione ha

chiarito che la riservatezza dell’individuo costituisce un limite per il diritto di

cronaca in relazione a tutti quei fatti che non hanno un interesse socialmente

apprezzabile. Questo limite ha visto progressivamente rafforzata la sua

efficacia grazie al decreto legislativo 196/2003 che ha introdotto il codice di

protezione dei dati personali e poi grazie all’impulso del diritto dell’UE e al

regolamento dell’unione 679/2016.

Altro limite implicito alla libertà di manifestazione del pensiero è il limite

dell’ordine pubblico. Si tratta di un limite i cui confini sono di difficile

definizione, ma si fa riferimento attraverso la nozione di ordine pubblico a ogni

forma di turbativa che può alterare l’ordinario svolgimento democratico della

vita del paese.

La tutela di cui gode oggi la libertà di manifestazione del pensiero è anche una

tutela che va aldilà della disciplina costituzionale, in particolar modo che si

sviluppa su due piani del diritto della convenzione europea e del diritto dell’UE.

La CEDU tutela la libertà di manifestazione del pensiero attraverso una

disciplina che ricomprende dal punto di vista testuale una quantità di

fattispecie più ampia di quella contemplata dall’art 21.

Art 10 CEDU, libertà di espressione: “Ogni persona ha diritto alla libertà

d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o

di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte

delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non

impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di

radiodiffusione, cinematografiche o televisive.

L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può

essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono

previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società

democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica

sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione

della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui,

per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità

e l’imparzialità del potere giudiziario”.

La libertà di espressione è più ampia della manifestazione del pensiero,

ricomprendendo non solo la libertà di manifestazione del proprio pensiero verso

gli altri, ma anche la libertà di espressione delle idee che provengono dagli

altri.

26/11

La disciplina della stampa.

La disciplina della stampa assume agli occhi dei costituenti una rilevanza

determinante per la ragione che alle limitazioni della libertà di stampa il regime

fascista aveva affidato molta della sua capacità liberticida e di propaganda

politica. Per tale ragione, agli occhi dei costituenti il tema della libertà di

stampa appariva particolarmente rilevante, tanto che la costituzione reca una

disposizione transitoria laddove si stabilisce che l’assemblea costituente

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A.A. 2021-2022
65 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ilariapieragnoli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Costituzionale Speciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Longo Erik.