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INSEGNARE LINGUISTICA ITALIANA AL CORSO DI SCEINZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA.
TRA PRIORITA’ E SOFFERTE RINUNCE
1. L’incontro con la linguistica nei corsi universitari
Ogni insegnante soprattutto alle prime esperienze è caduto nella tentazione di ancorarsi alle presunte
certezze delle proprie conoscenze facendone, di volta in volta, dei pilastri su cui fondare il difficilissimo
compito della trasmissione del sapere, non solo dei contenuti della disciplina, ma anche delle strategie
ritenute più efficaci per poter insegnare le basi alle future generazioni.
Insegnare linguistica italiana al corso di Scienze della Formazione Primaria significa prendere consapevolezza
di trovarsi di fronte a un uditorio sostanzialmente digiuno di linguistica, intesa come scienza del linguaggio.
In questa accezione non dovremmo dare per scontato, nei prerequisiti dei nostri studenti, una competenza
metalinguistica, una padronanza della terminologia grammaticale (concetti come morfologia, sintassi,
categoria grammaticale, semantica), una dimestichezza con le strutture dell'italiano o una sicura
competenza lessicale e testuale.
Nei casi migliori potremmo trovarci di fronte a casi di debolezza terminologica per la quale basta un
intervento di "riordino" nella classificazione delle conoscenze. Ma quando ci si rende conto che la fragilità è
più profonda, allora si ha la tentazione di trasformare il corso di linguistica italiana in un "recupero",
nell'ultima occasione per colmare almeno questi vuoti di contenuto. Il dilemma è sempre lo stesso:
dobbiamo dare la priorità alle nozioni che assolutamente dovrebbero ormai possedere o invece preoccuparci
di fornire loro strumenti e metodi di analisi diversi che li supportino a lungo termine nella professione alla
quale si stanno preparando?
Un grande equivoco che può compromettere la soddisfazione delle aspettative dei nostri studenti, è la
convinzione che per fare educazione linguistica a bambini dai 3 agli 11 anni sia sufficiente conoscere quello
che gli allievi dovranno apprendere e che questo processo di apprendimento avvenga in modo quasi
naturale, come iniziare a camminare o a parlare. Si tratta di una visione assolutamente priva di profondità
che cancella decenni di studi e scoperte, e che appiattisce la lingua su una sola dimensione, quella
meramente strumentale fatta di lettere, parole e regole grammaticali. È vero, i futuri insegnanti dovranno
accompagnare gli allievi nell'apprendimento delle basi per portarli alla conquista della lettura e della
scrittura, ma per raggiungere questo scopo non potranno prescindere dal conoscere in modo approfondito
e sicuro il funzionamento della lingua. Solo a queste condizioni potranno applicare un metodo che consenta
loro di proporre, in modo se non semplice almeno leggero, qualcosa che è profondamente complesso.
2. Come “guardare” la disciplina
Maria Luisa Altieri Biagi immaginava e suggeriva di trasferire nell’educazione linguistica il processo di
bootstrap (che prevede l’accrescimento velocissimo e progressivo di dati a partire da un nucleo di base): a
partire delle conoscenze fondamentali, suggeriva di impiegare a scuola delle strategie che mirassero a
produrre quel livello critico di padronanza della propria lingua, raggiunto il quale la competenza individuale
cresce su se stessa, a ritmi accelerati. La proposta della stessa Altieri Biagi di applicare tale metodo
all'arricchimento lessicale è certamente la più immediata, e la domanda a cui la studiosa cercava di dare
risposta era: come ampliare la competenza lessicale delle giovani generazioni? Possiamo rivolgerci, oggi, la
medesima domanda pensando ai futuri maestre e maestri, estendendo il quesito all'intera competenza
linguistica. Se per l'arricchimento della competenza lessicale è fondamentale, fare perno sul pilastro del
lessico di base, allora forse il compito, ineludibile in un corso di Linguistica italiana a Scienze della Formazione
primaria, dovrà essere quello di offrire occasioni di problematizzazione dei diversi argomenti, già affrontati
dagli studenti durante gli anni di formazione scolastica, ma il più delle volte depositati nei cassetti della loro
memoria come conoscenze statiche e immodificabili.
Ripartire dunque da quello che conoscono e che danno per assodato e mostrare loro le "eccezioni", le
possibilità ulteriori che la lingua mette a disposizione; tutte "anomalie" che, tra l'altro, i loro futuri alunni
scoveranno e proporranno per saggiare la tenuta delle regole e l’affidabilità dei loro insegnanti.
L'abitudine all'indagine, alla ricerca di ragioni che spieghino i meccanismi e i cambiamenti della lingua è lo
strumento più prezioso per lo sviluppo del senso critico. In questa ottica è più opportuno impostare il corso
a partire dalle incongruenze, dalle "imperfezioni" di funzionamento della lingua e offrire spunti per
affrontare argomenti consueti con l'occhio di chi non si accontenta di ripercorrere «pratiche e attività
preconfezionate» ma cerca invece di applicare il metodo di analisi di dati e verifica delle ipotesi, replicabile
per ciascuno degli innumerevoli dubbi che un insegnante incontrerà nel corso della sua esperienza.
2.1. Leggere e scrivere
L'insegnante di scuola primaria è nell'esperienza di tutti, in primo luogo, la persona che insegna a leggere e
scrivere. Interviene proprio nella fase di apprendimento di bambine/i dai 3 ai 10 anni, quella in cui si impara
a leggere e a scrivere, ed è fondamentale che arrivi a svolgere questo compito con la consapevolezza della
crucialità del loro ruolo. Il modo in cui avviene questo apprendimento, infatti, determina la maggiore o
minore solidità delle basi su si costruiranno le successive competenze di ciascun individuo. Perché un
insegnante svolga questo delicatissimo compito nel migliore dei modi è necessario che conosca, almeno per
grandi linee, come funziona il cervello e che abbia incontrato, nella sua formazione universitaria, la storia
dell'invenzione della scrittura e del salto evolutivo che ha significato per l'umanità. Questo parallelismo, tra
l'evoluzione dell'umanità e l'esperienza di ciascun bambino che ne ripercorre le tappe, in tempi al
confronto brevissimi, quando impara a leggere e a scrivere, è uno degli aspetti più sorprendenti e affascinanti
su cui un futuro insegnante è opportuno che abbia avuto occasione di riflettere.
Per iniziare il viaggio che porterà a imparare a leggere e a scrivere la prima esperienza fondamentale è
l'immersione nella lingua scritta mediata affettivamente dagli adulti: la lettura ad alta voce da parte di
genitori, familiari, educatori, collocata in momenti affettuosi ed empatici con il bambino, porta ad associare
l'ascolto della lingua scritta alla sensazione di sentirsi amati. Oltre a imprimere all'atto della lettura il tratto
della piacevolezza è stato dimostrato che questo tipo di iniziazione produce effetti positivi rispetto alle abilità
di lettura che verranno raggiunte in futuro.
L'ascolto della lingua, associato alla realtà e alle illustrazioni dei libri, favorisce nei bambini l'acquisizione del
concetto della denominazione per cui ogni oggetto conosciuto ha un nome. Si tratta del primo passo verso
il processo di simbolizzazione, fondamentale poi per arrivare alla capacità, apparentemente banale, di
nominare le lettere e quindi di associare i suoni della lingua parlata ai tratti grafici di quella scritta.
Dal riconoscimento delle caratteristiche visive delle parole, come lunghezza e forma dei caratteri, si arriva
alla consapevolezza fonetica, traguardo necessario ma anche effetto dell'imparare a leggere e a scrivere.
Così come è fondamentale la percezione uditiva e visiva della lingua letta, altrettanto necessaria è la
percezione tattile e, più in generale, fisica dell'atto scrittorio. In una realtà in cui la scrittura digitale e digitata
è divenuta sempre più pervasiva, molte sono state le voci che negli ultimi anni si sono sollevate per ribadire
l'insostituibilità della manualità nella scrittura per lo sviluppo di funzioni cognitive, ideative e linguistiche del
nostro cervello.
2.2 L’italiano si scrive davvero come si legge?
Le lezioni di fonetica, a partire dalla fisiologia dell'apparato fonatorio, suscitano spesso una certa sorpresa
negli studenti perché sfatano, almeno in parte, la convinzione che l'italiano sia una lingua a perfetta
corrispondenza tra grafemi fonemi e scopriranno un repertorio di grafemi quantitativamente inferiore
rispetto ai suoni corrispondenti; la presenza di varianti nelle pronunce di parlanti provenienti da zone diverse
dell'Italia e quindi la necessità di un approfondimento storico, che sveli le trasformazioni avvenute nel
passaggio dal sistema vocalico latino a quello italiano. Quando i futuri insegnanti si troveranno, ad esempio,
a "giocare" in classe con i loro alunni alla ricerca di coppie minime avranno, non solo la piena consapevolezza
del fatto che la prova di commutazione dimostra il valore distintivo di ciascun fonema, ma anche di quanto
questo lavoro di confronto, smontaggio e rimontaggio delle parole rappresenti per i bambini un esercizio
altamente funzionale allo sviluppo del pensiero simbolico e, quindi, alla conquista di quelle connessioni
arbitrarie e convenzionali che tengono uniti suoni, segni grafici e significati. Una volta raggiunta la
competenza fonologica, emergeranno con evidenza i punti "critici" di non corrispondenza tra grafia e fonia
in italiano sui quali un insegnante interverrà più efficacemente se abituato a interrogarsi sulla storia e
sull'evoluzione della lingua. Non si tratta certo di prevedere un percorso di grammatica storica, ma di offrire
alcuni punti di riferimento che supportino l'insegnante nel rispondere o nel trovare in autonomia risposte
fondate e documentate di fronte ai quesiti dei bambini
L’obiettivo più alto che ogni insegnante dovrebbe perseguire, a qualsiasi livello intervenga, è quello di
ampliare lo spazio linguistico entro il quale gli allievi si muoveranno a garanzia di una sempre più attenta e
profonda comprensione della realtà e di un’azione guidata da un senso critico sempre vigile.
2.3 Le parole tra forma, significato e classificazioni
Pensando alla professione di insegnante nella scuola dell'infanzia e primaria, ci sono almeno due questioni
irrinunciabili nella trattazione del lessico all'interno dei nostri corsi:
I. La definizione di parola.
II. La modalità di formazione delle parole.
È propedeutico a questi argomenti l'introduzione del concetto saussuriano di segno linguistico, utile a
considerare gli "oggetti" linguistici da almeno due prospettive: la forma sonora e gra