Insegnare linguistica italiana al corso di Scienze della Formazione Primaria: priorità e rinunce
L'incontro con la linguistica nei corsi universitari
Ogni insegnante, soprattutto alle prime esperienze, è caduto nella tentazione di ancorarsi alle presunte certezze delle proprie conoscenze, facendone, di volta in volta, dei pilastri su cui fondare il difficilissimo compito della trasmissione del sapere, non solo dei contenuti della disciplina, ma anche delle strategie ritenute più efficaci per poter insegnare le basi alle future generazioni.
Insegnare linguistica italiana al corso di Scienze della Formazione Primaria significa prendere consapevolezza di trovarsi di fronte a un uditorio sostanzialmente digiuno di linguistica, intesa come scienza del linguaggio. In questa accezione non dovremmo dare per scontato, nei prerequisiti dei nostri studenti, una competenza metalinguistica, una padronanza della terminologia grammaticale (concetti come morfologia, sintassi, categoria grammaticale, semantica), una dimestichezza con le strutture dell'italiano o una sicura competenza lessicale e testuale.
Nei casi migliori potremmo trovarci di fronte a casi di debolezza terminologica per la quale basta un intervento di "riordino" nella classificazione delle conoscenze. Ma quando ci si rende conto che la fragilità è più profonda, allora si ha la tentazione di trasformare il corso di linguistica italiana in un "recupero", nell'ultima occasione per colmare almeno questi vuoti di contenuto. Il dilemma è sempre lo stesso: dobbiamo dare la priorità alle nozioni che assolutamente dovrebbero ormai possedere o invece preoccuparci di fornire loro strumenti e metodi di analisi diversi che li supportino a lungo termine nella professione alla quale si stanno preparando?
Un grande equivoco che può compromettere la soddisfazione delle aspettative dei nostri studenti, è la convinzione che per fare educazione linguistica a bambini dai 3 agli 11 anni sia sufficiente conoscere quello che gli allievi dovranno apprendere e che questo processo di apprendimento avvenga in modo quasi naturale, come iniziare a camminare o a parlare. Si tratta di una visione assolutamente priva di profondità che cancella decenni di studi e scoperte, e che appiattisce la lingua su una sola dimensione, quella meramente strumentale fatta di lettere, parole e regole grammaticali. È vero, i futuri insegnanti dovranno accompagnare gli allievi nell'apprendimento delle basi per portarli alla conquista della lettura e della scrittura, ma per raggiungere questo scopo non potranno prescindere dal conoscere in modo approfondito e sicuro il funzionamento della lingua. Solo a queste condizioni potranno applicare un metodo che consenta loro di proporre, in modo se non semplice almeno leggero, qualcosa che è profondamente complesso.
Come "guardare" la disciplina
Maria Luisa Altieri Biagi immaginava e suggeriva di trasferire nell’educazione linguistica il processo di bootstrap (che prevede l’accrescimento velocissimo e progressivo di dati a partire da un nucleo di base): a partire dalle conoscenze fondamentali, suggeriva di impiegare a scuola delle strategie che mirassero a produrre quel livello critico di padronanza della propria lingua, raggiunto il quale la competenza individuale cresce su se stessa, a ritmi accelerati. La proposta della stessa Altieri Biagi di applicare tale metodo all'arricchimento lessicale è certamente la più immediata, e la domanda a cui la studiosa cercava di dare risposta era: come ampliare la competenza lessicale delle giovani generazioni?
Possiamo rivolgerci, oggi, la medesima domanda pensando ai futuri maestre e maestri, estendendo il quesito all'intera competenza linguistica. Se per l'arricchimento della competenza lessicale è fondamentale fare perno sul pilastro del lessico di base, allora forse il compito, ineludibile in un corso di linguistica italiana a Scienze della Formazione Primaria, dovrà essere quello di offrire occasioni di problematizzazione dei diversi argomenti, già affrontati dagli studenti durante gli anni di formazione scolastica, ma il più delle volte depositati nei cassetti della loro memoria come conoscenze statiche e immodificabili.
Ripartire dunque da quello che conoscono e che danno per assodato e mostrare loro le "eccezioni", le possibilità ulteriori che la lingua mette a disposizione; tutte "anomalie" che, tra l'altro, i loro futuri alunni scopriranno e proporranno per saggiare la tenuta delle regole e l’affidabilità dei loro insegnanti. L'abitudine all'indagine, alla ricerca di ragioni che spieghino i meccanismi e i cambiamenti della lingua è lo strumento più prezioso per lo sviluppo del senso critico.
In questa ottica è più opportuno impostare il corso a partire dalle incongruenze, dalle "imperfezioni" di funzionamento della lingua e offrire spunti per affrontare argomenti consueti con l'occhio di chi non si accontenta di ripercorrere «pratiche e attività preconfezionate» ma cerca invece di applicare il metodo di analisi di dati e verifica delle ipotesi, replicabile per ciascuno degli innumerevoli dubbi che un insegnante incontrerà nel corso della sua esperienza.
Leggere e scrivere
L'insegnante di scuola primaria è nell'esperienza di tutti, in primo luogo, la persona che insegna a leggere e scrivere. Interviene proprio nella fase di apprendimento di bambine/i dai 3 ai 10 anni, quella in cui si impara a leggere e a scrivere, ed è fondamentale che arrivi a svolgere questo compito con la consapevolezza della crucialità del loro ruolo. Il modo in cui avviene questo apprendimento, infatti, determina la maggiore o minore solidità delle basi su cui si costruiranno le successive competenze di ciascun individuo.
Perché un insegnante svolga questo delicatissimo compito nel migliore dei modi è necessario che conosca, almeno per grandi linee, come funziona il cervello e che abbia incontrato, nella sua formazione universitaria, la storia dell'invenzione della scrittura e del salto evolutivo che ha significato per l'umanità. Questo parallelismo, tra l'evoluzione dell'umanità e l'esperienza di ciascun bambino che ne ripercorre le tappe, in tempi al confronto brevissimi, quando impara a leggere e a scrivere, è uno degli aspetti più sorprendenti e affascinanti su cui un futuro insegnante è opportuno che abbia avuto occasione di riflettere.
Per iniziare il viaggio che porterà a imparare a leggere e a scrivere, la prima esperienza fondamentale è l'immersione nella lingua scritta mediata affettivamente dagli adulti: la lettura ad alta voce da parte di genitori, familiari, educatori, collocata in momenti affettuosi ed empatici con il bambino, porta ad associare l'ascolto della lingua scritta alla sensazione di sentirsi amati. Oltre a imprimere all'atto della lettura il tratto della piacevolezza, è stato dimostrato che questo tipo di iniziazione produce effetti positivi rispetto alle abilità di lettura che verranno raggiunte in futuro.
L'ascolto della lingua, associato alla realtà e alle illustrazioni dei libri, favorisce nei bambini l'acquisizione del concetto della denominazione per cui ogni oggetto conosciuto ha un nome. Si tratta del primo passo verso il processo di simbolizzazione, fondamentale poi per arrivare alla capacità, apparentemente banale, di nominare le lettere e quindi di associare i suoni della lingua parlata ai tratti grafici di quella scritta.
Dal riconoscimento delle caratteristiche visive delle parole, come lunghezza e forma dei caratteri, si arriva alla consapevolezza fonetica, traguardo necessario ma anche effetto dell'imparare a leggere e a scrivere. Così come è fondamentale la percezione uditiva e visiva della lingua letta, altrettanto necessaria è la percezione tattile e, più in generale, fisica dell'atto scrittorio. In una realtà in cui la scrittura digitale e digitata è divenuta sempre più pervasiva, molte sono state le voci che negli ultimi anni si sono sollevate per ribadire l'insostituibilità della manualità nella scrittura per lo sviluppo di funzioni cognitive, ideative e linguistiche del nostro cervello.
L'italiano si scrive davvero come si legge?
Le lezioni di fonetica, a partire dalla fisiologia dell'apparato fonatorio, suscitano spesso una certa sorpresa negli studenti perché sfatano, almeno in parte, la convinzione che l'italiano sia una lingua a perfetta corrispondenza tra grafemi e fonemi e scopriranno un repertorio di grafemi quantitativamente inferiore rispetto ai suoni corrispondenti; la presenza di varianti nelle pronunce di parlanti provenienti da zone diverse dell'Italia e quindi la necessità di un approfondimento storico, che sveli le trasformazioni avvenute nel passaggio dal sistema vocalico latino a quello italiano.
Quando i futuri insegnanti si troveranno, ad esempio, a "giocare" in classe con i loro alunni alla ricerca di coppie minime avranno, non solo la piena consapevolezza del fatto che la prova di commutazione dimostra il valore distintivo di ciascun fonema, ma anche di quanto questo lavoro di confronto, smontaggio e rimontaggio delle parole rappresenti per i bambini un esercizio altamente funzionale allo sviluppo del pensiero simbolico e, quindi, alla conquista di quelle connessioni arbitrarie e convenzionali che tengono uniti suoni, segni grafici e significati. Una volta raggiunta la competenza fonologica, emergeranno con evidenza i punti "critici" di non corrispondenza tra grafia e fonia in italiano sui quali un insegnante interverrà più efficacemente se abituato a interrogarsi sulla storia e sull'evoluzione della lingua.
Non si tratta certo di prevedere un percorso di grammatica storica, ma di offrire alcuni punti di riferimento che supportino l'insegnante nel rispondere o nel trovare in autonomia risposte fondate e documentate di fronte ai quesiti dei bambini. L’obiettivo più alto che ogni insegnante dovrebbe perseguire, a qualsiasi livello intervenga, è quello di ampliare lo spazio linguistico entro il quale gli allievi si muoveranno a garanzia di una sempre più attenta e profonda comprensione della realtà e di un’azione guidata da un senso critico sempre vigile.
Le parole tra forma, significato e classificazioni
Pensando alla professione di insegnante nella scuola dell'infanzia e primaria, ci sono almeno due questioni irrinunciabili nella trattazione del lessico all'interno dei nostri corsi:
- La definizione di parola.
- La modalità di formazione delle parole.
È propedeutico a questi argomenti l'introduzione del concetto saussuriano di segno linguistico, utile a considerare gli "oggetti" linguistici da almeno due prospettive: la forma sonora e grafica.