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Dialettica dell'Essere tra Metafisica, Empirismo e Linguaggio - 4 Pag. 1
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Estratto del documento

Nel prossimo articolo, l'autore preannuncia che affronterà la

del linguaggio, ponendo l'accento su come il linguaggio (e i linguaggi)

discorso dialettico

siano il risultato di un tra le esistenze. Il linguaggio,

dunque, non è visto solo come uno strumento di comunicazione, ma

fenomeno ontologico

come un che sorge dalla relazione e dallo scontro

tra esseri e realtà. Questo suggerisce che anche il linguaggio sia parte

integrante della comprensione dell'essere e del suo tempo, poiché la

parola e il discorso sono indissolubilmente legati all'esistenza stessa.

Introduzione al problema: le possibili connessioni tra il concetto di

tempo e la sua identificazione

Nel suo saggio Ousia e grammé, Jacques Derrida affronta il tema centrale

di Essere e Tempo di Heidegger, riconoscendo che la concezione comune

del tempo è stata a lungo il bersaglio principale nella critica all'ontologia

classica. Secondo Derrida, questa ontologia non può essere distrutta

senza esaminare attentamente il rapporto che essa intrattiene con il

tempo. Da Aristotele a Hegel, la storia dell'ontologia è stata caratterizzata

da un'idea del tempo che ha influenzato la comprensione dell'essere. In

particolare, Derrida analizza come Heidegger, partendo da Aristotele,

sostenga che l'essere è determinato dalla nozione di ousia, o sostanza,

che deriva dalla concezione del tempo come presenza e come "presente"

(Gegenwart).

La centralità del presente determina l'essere come sostanza, cioè ciò che

rimane stabile e duraturo nella sua presenza. Questa visione del tempo è

quella espressa da Aristotele nella Fisica, che definisce il tempo come il

ritmo del mondo naturale. Secondo Heidegger, anche Hegel non avrebbe

fatto altro che continuare questa tradizione, fondando la sua concezione

del tempo sulla stessa visione aristotelica. Tuttavia, Derrida propone

un'altra prospettiva, suggerendo che nel testo aristotelico esistano tracce

di un'idea del tempo che sfida questa concezione centrata sul presente.

La domanda che Derrida solleva è se, all'interno della tradizione

ontologica, ci siano già segni di una sua possibile distruzione, indicata

anche dai maestri stessi dell'ontologia. In questa stessa linea, possiamo

chiedere se il tempo hegeliano sia davvero una concezione basata sul

dominio del presente, o se in realtà ci sia altro.

Derrida, riprendendo il testo di Heidegger, ci invita a cercare queste

tracce nel pensiero di Hegel. Quest'ultimo, infatti, non riduce il tempo a

una mera "metafisica della presenza", ma cerca di mettere in discussione

questa visione tradizionale. Una delle frasi più citate di Hegel, che trova

posto alla fine della Fenomenologia dello Spirito, riguarda l'eliminazione

del tempo. Per comprendere questa concezione, è utile ritornare al passo

che esamina come il tempo sia intrinsecamente legato al concetto, e

come, quando lo spirito afferra il suo concetto puro, il tempo stesso

venga eliminato.

Nel passo, Hegel afferma che “il tempo è il concetto stesso”. In questa

affermazione, Hegel non sta semplicemente analizzando il concetto di

tempo nel contesto della filosofia della natura, ma sta cercando di far

convergere il concetto e il tempo. Qui, il tempo viene visto come il

concetto che si presenta alla coscienza come una "intuizione vuota", e lo

spirito si manifesta nel tempo fino a quando non arriva a comprendere il

suo concetto puro, cioè finché non supera e cancella il tempo stesso.

Il tempo, dunque, viene concepito come qualcosa di esterno al Sé, che

non è ancora stato afferrato dal concetto, ma è soltanto intuito. Quando

il concetto giunge alla piena autoconsapevolezza, il tempo perde la sua

forma e si dissolve in un'intuizione che è, a sua volta, concepita dal

concetto. Questo processo suggerisce una concezione del tempo che non

può essere ridotta a una visione banale e volgare del tempo, come quella

che metteva in evidenza Heidegger, ma che anzi invita a riconsiderare il

tempo stesso come parte di una dialettica più profonda tra concetto,

spirito e il Sé.

Il concetto di tempo in Hegel e la lettura di Kojève

Nel suo lavoro, Hegel definisce il tempo come il concetto stesso, che

esiste e si rappresenta alla coscienza come un’intuizione vuota. Se

consideriamo la frase con un diverso ordine delle parole, il significato

potrebbe emergere con maggiore chiarezza: Der Begriff selbst, der da ist,

ist die Zeit, che in italiano può essere tradotto come “Il concetto stesso,

che c’è, è il tempo”. Questo ordine grammaticale, con l’uso delle virgole,

evidenzia l’identificazione tra concetto e tempo, ma suggerisce anche che

tale identificazione è relativa. In altre parole, solo il concetto che “c’è”

può essere uguale al tempo, lasciando implicito che esista un altro tipo di

concetto che non appartiene al dominio temporale. Se invece si

omettono le virgole, sembra emergere una visione assoluta, in cui

concetto e tempo sono identificati senza alcuna ambiguità. In questo

caso, il tempo sarebbe il concetto stesso che esiste. La domanda che

nasce da questa riflessione è: si può parlare di un’identificazione assoluta

o relativa tra concetto e tempo? E quali conseguenze interpretative

avrebbe questa identificazione?

L’uomo e la morte naturale del tempo (una lettura di Kojève)

Un primo interprete dell’identificazione tra concetto e tempo è stato

Kojève, nelle sue celebri lezioni su Hegel. Per Kojève, questa

identificazione è una chiave fondamentale per comprendere la filosofia

hegeliana. Il passo sulla connessione tra tempo e concetto, tratto dalle

ultime pagine della Fenomenologia dello Spirito, rappresenta, secondo lui,

il nucleo di tutta la filosofia di Hegel. Kojève sostiene che senza questa

equiparazione non è possibile spiegare la storia umana. La sua lettura,

seppur antropocentrica, fornisce interessanti spunti da esaminare.

Dettagli
A.A. 2023-2024
5 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/06 Storia della filosofia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher francescopaduano di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Carrano Antonio.