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In questo contesto, la riflessione sulla temporalità di Hegel deve essere
letta come un processo che si distacca dall’astrazione e porta alla
concretezza dell’autocoscienza storica. In effetti, quando si parla della
fine del tempo in Hegel, non si fa riferimento a una conclusione eterna,
ma piuttosto a una trasformazione del concetto di tempo, dove la
coscienza raggiunge la consapevolezza del suo sviluppo storico. Il sapere
assoluto non rappresenta un ritorno all’eternità, ma l’ultimo stadio di una
certa modalità del tempo, necessario per raggiungere l’autocoscienza
storica.
Radicalizzazione e ontologia del tempo: la virgola nella traduzione
vattimiana di Gadamer
Questa lettura di Kojève ci aiuta a comprendere l’importanza
dell’identificazione tra concetto e tempo, ma mette in luce anche i limiti
di una visione che anticipa troppo il problema della storia, come nel caso
della sua lettura. Per sviluppare una prospettiva storica completa, non
basta identificare il tempo con il concetto come se il tempo fosse solo la
storia delle attività umane. È necessario legittimare ontologicamente il
passaggio dalla pura identità di concetto e tempo alla storia concepita
come un processo concettuale.
La lettura kojèviana ci offre però l’idea di un’identificazione tra tempo e
concetto senza residui, che possiamo definire un’"identità senza virgola".
Nella sua interpretazione, Kojève sostiene che la frase di Hegel dovrebbe
essere scritta come segue: Il tempo è il concetto stesso che c’è. Questo
approccio implica che il tempo e il concetto non siano due entità
separate, ma una sola realtà che si concretizza nella storia e nelle sue
manifestazioni.
Se scriviamo la frase con la virgola, l’identità tra concetto e tempo risulta
parziale, lasciando aperta la possibilità che esista un concetto senza
tempo, che potrebbe sfuggire a una determinazione temporale.
Eliminando la virgola, si sancisce una completa identità tra il concetto e il
tempo, dove il tempo si rappresenta alla coscienza come un’intuizione
vuota. Kojève affronta questo problema dicendo che il tempo, pur
essendo legato alla coscienza e all’astrazione, ha una dimensione storica
che va oltre l’opposizione alla realtà. Pertanto, il tempo non può essere
ridotto alla sua dimensione astratta, ma deve essere visto come parte
integrante del processo storico concreto.
1. L'Identità di Tempo e Concetto in Hegel
Nel pensiero hegeliano, la connessione tra tempo e concetto è
fondamentale. Il tempo non è qualcosa di separato dal concetto, ma ne è
la manifestazione stessa. In altre parole, il concetto esiste solo come
temporale, e questo implica che non c'è un concetto che non sia legato a
una dimensione temporale. La temporalità non è solo una qualità
accidentale che si sovrappone al concetto, ma una sua parte costitutiva.
Questo legame profondo tra concetto e tempo sfida l'idea di un "essere"
separato o indipendente dal tempo. Il concetto, come lo intende Hegel, è
sempre in divenire, sviluppandosi nel tempo, e ogni fase del concetto
corrisponde a una fase del suo sviluppo temporale.
3. Il Tempo nella Fenomenologia dello Spirito
Hegel distingue diversi tipi di tempo all'interno della sua Fenomenologia
dello Spirito. Nella parte finale della Fenomenologia, infatti, si arriva a una
consapevolezza del tempo come processo storico, ma questo non
coincide con una fine del tempo. Al contrario, segnala l'inizio della "vera"
storia, quella che è auto-cosciente. Quando Hegel scrive della "fine del
tempo", non intende il termine del tempo come fenomeno naturale o il
superamento della temporalità, ma piuttosto la fine di un tipo di tempo
"astratto" e omogeneo, quello che non è ancora intrinsecamente legato
al concetto. La Fenomenologia apre invece alla storia, alla temporalità che
si sviluppa come storia autocosciente, nel cui corso l'essere si mostra in
modo concreto, e non solo come idea astratta.
3. Il Linguaggio come Fondamento Ontologico: La Traduzione Vattimiana
di Gadamer
Il passo cruciale nel pensiero di Gadamer riguarda la sua concezione
dell’essere, che si mostra attraverso il linguaggio. La famosa frase Das
Sein, das verstanden werden kann, ist die Sprache ("L'essere che può
essere compreso è linguaggio") sottolinea come l'essere non possa essere
separato dalla sua manifestazione linguistica. Questo significa che l’essere
non è qualcosa di "dato" in sé, ma esiste solo nel suo darsi, nel suo
manifestarsi attraverso il linguaggio.
Vattimo fa un'osservazione fondamentale riguardo alla traduzione di
questa frase. Quando traduce senza virgole ("l’essere che può essere
compreso è linguaggio"), rifiuta implicitamente una visione metafisica
dell’essere come qualcosa di separato, come un oggetto che esiste
indipendentemente dal linguaggio. Se, al contrario, si mette la virgola
("l’essere, che può essere compreso, è linguaggio"), si suggerisce un’idea
più conservatrice, in cui l’essere è visto come una realtà separata, che
solo in seguito diventa linguaggio. La traduzione "senza virgole" implica
una dissoluzione dell’essere nel linguaggio, in cui non esiste un’essenza
fuori dalla sua manifestazione linguistica.
4. Conflitto e Connessione tra Hegel e Gadamer
In modo simile, Hegel, nel suo pensiero, lega indissolubilmente concetto e
linguaggio. Il sapere assoluto, per Hegel, non è una conoscenza finale, ma
una forma di autocoscienza che arriva a comprendere la propria storicità,
proprio come il linguaggio si dà attraverso l’autocoscienza del soggetto.
Per Hegel, non c'è alcun oggetto che esista al di fuori della storia e del
linguaggio del soggetto autocosciente. In un certo senso, Hegel ha già
anticipato molte delle riflessioni di Gadamer sul linguaggio e sull’essere,
ma Gadamer sviluppa questa idea spingendola più lontano nel campo