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INDEBITA PERCEZIONE DI EROGAZIONI A DANNO DELLO STATO ART 316-TER

La truffa ai danni dello Stato esprime un disvalore peculiare, in parte minore ed in parte maggiore rispetto alla truffa privata. Il minore disvalore si coglie

nel carattere spersonalizzato della relazione che intercorre tra l’autore e la vittima, per cui molto spesso il primo non entra nemmeno in contatto con la

seconda o si rientra lo fa in modo indiretto. Inoltre, muta il carattere fraudolento della condotta che spesso consiste nella mera menzogna o nella mera

reticenza. Siccome spesso la documentazione consiste in autocertificazioni, la pubblica amministrazione tende a compiere un controllo sulla veridicità della

documentazione prodotta dopo la sua erogazione. La truffa pubblica ha quindi minore disvalore di condotta in quanto realizza un’incidenza meno stringente

sulla libertà di autodeterminazione dei soggetti. D’altra parte, questi fatti esprimono anche un disvalore molto più consistente in ragione del danno

pubblicistico e collettivo che si viene a determinare.

Il legislatore ha previsto nel tempo tre fattispecie incriminatrici. La truffa aggravata ai danni dello Stato che si ha quando il fatto è commesso ai danni

dello Stato o di un altro ente pubblico.

In secondo luogo vi è la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, introdotta nel 1990. In tal caso si procede d’ufficio se il fatto

riguarda tributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, concesse o erogate da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle

comunità europee. Infine vi è l’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, introdotta nel 2000. In tal caso chiunque, mediante l’utilizzo la

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presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi attestanti cose non vere, o mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé

o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle comunità

europee, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Per quanto riguarda la truffa aggravata ai danni dello Stato di altro ente pubblico, è problematico il riconoscimento della qualifica pubblicistica agli enti.

Questa circostanza però, a finito di perdere rilevanza a seguito della previsione dell’articolo 640-bis.

Con l’articolo 640-bis, si è posto il problema se si trattasse di circostanze aggravanti di fattispecie autonoma. Le sezioni unite hanno accolto la soluzione

che qualifica il fatto come circostanza aggravante. L’aspetto più problematico, riguarda il rapporto che intercorre tra l’articolo 640-bis e l’articolo 316-

ter. L’articolo 316-ter prevede una clausola di riserva che riconosce residualità e maggiore gravità alla fattispecie dell’articolo 640-bis, quindi l’articolo 316-

ter dovrebbe assicurare una tutela aggiuntiva e complementare rispetto a quella offerta dall’articolo 640-bis; allo stesso tempo, l’articolo 316-ter fa

riferimento a condotte che non sono propriamente riconducibili agli artifici e raggiri, cioè all’utilizzo o presentazione di dichiarazioni o documenti falsi oppure

utilizzo o presentazione di dichiarazioni attestanti cose non vere, nonché omissione di informazioni dovute.

Secondo l’indirizzo delle sezioni unite, i reati di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e di truffa aggravata per il conseguimento di

erogazioni pubbliche sono tra loro in rapporto di sussidiarietà, dovendosi applicare il primo solo quando difetti non gli estremi della truffa e, quindi, in

presenza di condotte da cui non sia conseguita l’induzione in errore dell’ente erogatore.

Sulla carta la truffa consiste in artifizi e raggiri, nella prassi, in tali comportamenti si fanno rientrare anche il mendacio, non chi lo missione e inevitabilmente

le due fattispecie si sovrappongono. Se si muove da un concetto rigoroso di artifizi o raggiri, l’articolo 316-ter colpisce condotte fraudolente non incluse nella

fattispecie di truffa; se si muove da un concetto meno rigoroso di artifizi e raggiri, presente nella prassi, l’articolo 316-ter sottrai alla truffa aggravata alcune

ipotesi per certi aspetti meno gravi.

Nel caso in cui ricorrano gli articoli 640, comma 2, numero 1 o 640-bis è prevista una serie di conseguenze ulteriori. L’articolo 640-quater rende

applicabile la confisca secondo quanto previsto dall’articolo 322-ter. La confisca può riguardare sia il prezzo che il profitto. In secondo luogo, qualora la

truffa aggravata sia commesso in danno o a vantaggio di un’attività imprenditoriale, l’articolo 32-quater prevede per il reo la pena accessoria dell’incapacità

di contrarre con la pubblica amministrazione. Infine, è prevista la responsabilità amministrativa degli enti.

INSOLVENZA FRAUDOLENTA ART 641

Il delitto punisce chiunque, dissimulando il proprio stato di insolvenza, contrae un’obbligazione col proposito di non adempierla qualora l’obbligazione non

sia adempiuta.

Il comma due sancisce una causa di non punibilità: l’adempimento dell’obbligazione avvenuto prima della condanna estingue il reato.

La struttura del delitto di insolvenza fraudolenta è molto complessa. Questo delitto è costituito da due condotte: è necessario che sia contratta

un’obbligazione civile con il proposito di non adempierla e con una particolare modalità comportamentale, consistente nella dissimulazione del proprio

stato di insolvenza; in secondo luogo, il contraente dissimulatore deve non adempiere l’obbligazione che ha contratto. Tra questi due comportamenti

dell’autore sta l’atto di disposizione patrimoniale della vittima e la cooperazione, dalla quale consegue il danno patrimoniale.

Si tratta di un delitto che si pone a metà strada tra la truffa e l’illecito civile derivante dall’inadempimento contrattuale. Ha qualcosa di meno della

truffa, in quanto la truffa si contraddistingue per una condotta fraudolenta che cagiona un particolare stato psicologico da cui consegue un atto di

disposizione; l’insolvenza si caratterizza per una condotta fraudolenta che non determina alcun effetto psicologico nella vittima ma cela lo stato di

insolvenza mediante dissimulazione, quindi mantiene la vittima nell’errore che l’autore contraente adempirà perché è capace di adempiere. Quindi rispetto

alla truffa l’insolvenza non cagiona un errore, ma mantiene in errore.

Sotto il secondo profilo, ha qualcosa di più dell’illecito civile: l’illecito civile consiste nell’inadempimento di un’obbligazione, e può sussistere al momento

della contrazione della stessa il proposito di non adempiere; l’insolvenza fraudolenta acquista un particolare disvalore per il presupposto dello stato di

insolvenza che viene celato dalla condotta della dissimulazione.

L’insolvenza fraudolenta consiste in una sorta di truffa attenuata o illecito civile aggravato, per cui oggetto di tutela è la buona fede contrattuale, tutelata

contro comportamenti che presentano comunque una componente di fraudolenza.

Per quanto riguarda lo scopo della tutela, si deve registrare una progressiva trasformazione. Il diritto vigente si muove nella prospettiva di tutelare

soprattutto la buona fede, ma attraverso una condotta comunque dissimulatrice, il diritto vivente si muove nella direzione di tutelare la buona fede in

quanto tale.

Nella prima prospettiva del diritto vigente, scopo di tutela della fattispecie e la buona fede contrattuale, cioè l’affidamento che ogni contraente fa sulla

correttezza del comportamento dell’altro contraente. Buona fede che viene offesa in termini più gravi che in ambito civilistico, in virtù della condotta di

simulatori a dello stato di insolvenza.

Nella seconda prospettiva del diritto vivente, la giurisprudenza tende ad un’interpretazione della fattispecie che ne fa nella sostanza un vero e proprio

illecito civile.

Presupposto della condotta è lo stato di insolvenza dell’agente che contrae l’obbligazione. Prima questione interpretativa è se per stato di insolvenza

si debba intendere una generale impossibilità di adempiere, connessa a qualsiasi obbligazione, o anche solo un’impossibilità specifica connessa alla

singola obbligazione. Innanzitutto bisogna dire che in ambito civilistico si distingue tra inadempimento ed insolvenza: nella prima ipotesi il contraente non

è in grado di far fronte alle obbligazioni momentaneamente; nella seconda ipotesi non è in grado di far fronte con tutto il proprio patrimonio.

Le sezioni unite hanno affermato che lo stato di insolvenza dell’articolo 641 è diverso da quello civilistico . Si è ritenuto che il legislatore abbia dato

rilevanza all’impossibilità specifica, per cui lo stato di insolvenza, oggetto di dissimulazione, consiste non solo nel mancato pagamento, ma anche nella

condizione di insolvibilità rappresentata dalla mancanza attuale, totale o parziale, della possibilità di pagare che non sia manifesta all’altra parte contraente.

Seconda questione è se lo stato di insolvenza debba sussistere al momento in cui viene contratta l’obbligazione o anche in un momento

successivo. In tal caso la questione deve essere risolta nel senso della sussistenza al momento della contrazione dell’obbligazione. 20

Lo stato di insolvenza deve essere dissimulato. In tal caso si può distinguere tra illecito civile, truffa e insolvenza fraudolenta. Nell’illecito civile, il

contraente si trova nella condizione di errore ed ignoranza e l’agente non compie nulla rispetto al proprio stato di insolvenza; nell’insolvenza fraudolenta, il

contraente vittima si trova nella condizione di errore e ignoranza e l’agente tiene un comportamento che dissimula lo stato di insolvenza. Nella truffa,

l’agente con artifizi raggiri induce nel due, mentre nell’insolvenza fraudolenta, l’agente con artifizi raggiri mantiene il contraente nello stato di errore di

simulando l’insolvenza.

Si pone il problema se la dissimulazione possa essere integrata dal mero silenzio. La risposta è negativa. Infatti, se si ammette il silenzio rispetto alla

truffa, non può essere ammesso a maggior ragione rispetto all’insolvenza, finendosi per punire un vero e proprio illecito civile.

L’atto di disposizione della vittima è requisito tacito trattandosi di un reato che esige la cooperazione della vittima.

All’atto di disposizione deve seguire l’inadempimento dell’obbligazione da parte del dissimulatore. L’inadempimento è elemento costitutivo della

fattispecie.

Per quanto riguarda il dolo, il delitto non sussiste in caso di dolo eventuale.

La fattispecie si perfeziona con l’inadempimento. Si discute se il tentativo sia punibile. Un tentativo è pensabile se contrazione e inadempimento sono

considerati gli elementi in cu

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A.A. 2020-2021
117 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Vanessacrema di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale 2 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Grion Luca.