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REAZIONI CHIMICHE
Le reazioni spontanee avverrebbero naturalmente ma sarerebbero molto lente se non ci fosse
l’energia di attivazione che permette ai reagenti di trasformarsi in prodotti. La velocità di una
reazione dipende dalla grandezza dell’energia di attivazione. Tanto è più grande E , tanto
a
minore è la velocità della reazione. Per accelerare la reazione serve abbassare l’energia di
attivazione che possiamo definire come la soglia da superare affinché avvenga una reazione,
seppur spontanea. Per abbassare l’energia di attivazione si usano gli enzimi o catalizzatori
che:
• Abbassano l’energia di attivazione
• Accelerano la velocità di reazione
• Accoppiano reazioni esoergoniche e reazioni endoergoniche
La linea blu è una reazione non catalizzata, più lenta mentre quella rossa ha un’energia di
attivazione più bassa ed è più veloce. Il prodotto è sempre lo stesso indipendentemente
dall’Ea, quindi l’energia libera non cambia.
ENZIMI
Gli enzimi sono delle proteine. Il grafico soprastante spiega come un’enzima velocizza la
reazione in termini di tempo. Grazie agli enzimi le reazioni vengono catalizzate e ci mettono
molto meno tempo ad avvenire. Sono riportati vari esempi come l’ultimo che è un sistema a
bicarbonato, in assenza del catalizzatore ci metterebbe 1s, in presenza del catalizzatore ci
mette 1 microsecondo. Gli enzimi sono proteine che restano inalterate alla fine delle reazioni.
Il sito attivo è una regione dell’enzima in cui entra il substrato quindi l’enzima, interagendo con
esso per mezzo dell’intermedio complesso enzima-substrato, accelera la reazione. I prodotti
si distaccheranno.
Es.: saccarasi—> enzima che scinde il saccarosio è elevatamente specifico.
Ogni enzima ha una forma unica e contiene un sito attivo (sito catalitico) una sorta di tasca in
cui si adatta il substrato.
Menten fu una scienziata che studiò insieme a Michaelis la reazione della scissione del
saccarosio in glucosio e fruttosio, lei descrisse la dipendenza di come cambia la velocità di
una reazione in base alla quantità del substrato.
La curva della reazione con l’enzima ha un picco fino a un certo punto, successivamente tutti
i substrati enzimatici sono in contatto e la curva subisce un arresto. Nella prima parte la
se l’enzima non cresce
velocità dipende dalla concentrazione di substrato, poi non più perchè
contemporaneamente non influenza più la velocità. Da qui svilupparono la formula di
Michaelis-Menten della quale è importante la costante k che calcola come il valore del
substrato calcolato alla concentrazione di Vmax.
Più basso sarà il valore di K e più questo indica un’elevata affinità di un enzima.
Caratteristiche enzimi →un
Enzima ha elevata efficienza piccolo numero di molecole di enzima catalizza una grande
quantità di reazione (agisce su grande quantità di substrato).
L’enzima accoglie il substrato del sito attivo che occupa una piccola parte della molecola
proteica: fossette, solchi, fessure o fenditure sulla superficie (spesso confini tra domini). Per
fermare il reagente nell’enzima ci sono delle forze elettrostatiche oppure delle forze
idrofobiche, a volte anche covalenti. Il sito attivo agisce in varie modalità facendo collocare al
suo interno i siti attivi i quali provocano una tensione all’interno del substrato soprattuto
quando ci dev’essere una scissione. L’importante è che l’interazione sia di tipo reversibile e
temporanea.
Il modello di interazione fra substrato, reagente ed enzima è quello a chiave serratura: il
substrato si incastra perfettamente nel sito attivo; ma c’è anche un altro modello definito ad
adattamento indotto: Struttura del sito attivo è flessibile per adattarsi alla forma del substrato,
ciò però porterebbe a una minore specificità. Esistono vari tipi di enzimi:
• enzimi proteolitici (proteasi); enzimi che degradano le proteine e interrompono i legami
peptidici. Essi sono coinvolti nei processi digestivi del nostro organismo.
• La Tripsina Digerisce legami adiacenti ad amminoacidi basici (lisina e
arginina)—>la tripsina viene usata in lab per vedere quanto una
proteina è ripiegata infatti se una proteina è ben ripiegata non espone
catene R di lisina e arginina,
• la Chimotripsina digerisce legami adiacenti ad amminoacidi idrofobici
(triptofano e fenilalanina),
• l’Elastasi digerisce elastina a livello del pancreas,
• la Pepsina fa una prima digestione grossolana dl cibo.
• Protesi a serina; hanno nel sito attivo dell’enzima una serina reattiva, residui di istidina
e acido aspartico.
Gli enzimi però non agiscono da soli, hanno bisogno dei coenzimi (c nella foto) che si
incastrano a livello strutturale nell’enzima e funziona insieme ad esso. I cofatori sono una serie
di ioni, vitamine come acido folico che aiuta la chiusura del tubo neurale durante la crescita
embrionale esso stabilizza l’attività enzimatica, proteine e molecole organiche.
• La ligasi si trova nel DNA quando si trovano i filamenti di okazaki che vengono tenuti
insieme da lipasi.
• Il gruppo eme aiuta l’emoglobina a legarsi con l’O2.
Dei fattori che influenzano l’attività enzimatica sono:
• T; ogni 10°C di aumento di T, la velocità raddoppia, ma a T> 45°C-50°C Eccezioni:
batteri sorgenti termali ~85°C
• pH; i gruppi R -COOH ed -NH2 degli aa acidi e basici accettano e rilasciano H+ in base
→ →
effetto sulla conformazione dell’enzima,
al pH effetto su attività di accettori o
donatori di H+ se questi aa sono nel sito attivo
La regolazione degli enzimi
Regolazione allosterica
Gli enzimi possono avere più di un sito di legame. Il legame di una molecola (diversa del
substrato) in un sito induce dei cambiamenti conformazionali che favoriscono o inibiscono il
legame del substrato. È come se fosse un interruttore che promuove cambiamenti
conformazioni in modo che il sito attivo sia pronto ad accettare il substrato. Abbiamo due tipi
di regolazioni allostriche:
Regolazione per modificazione covalente (aggiunta gruppi o rimozione di vari chimici)
La fosforilazione.
Il legame di un gruppo fosfato (o più di uno) a una proteina può modificare la sua
conformazione e così la sua attività, in maniera positiva o negativa. L’aggiunta del –P è
–P
catalizzata da una proteina chinasi, e la rimozione del è operata da una fosfatasi.
Le chinasi attaccano il gruppo fosfato, le fosfatasi staccano il gruppo fosfato.
Legame a GTP
Molte proteine legano guanosina trifosfato nello stato attivo, e s’inattivano idrolizzando loro
stesse il GTP a GDP. L’attività si recupera per scambio del GDP con GTP, mediato d’altri
fattori (GEF: GTP exchange factors). Nelle proteine che legano GTP, la idrolisi a GDP provoca
un cambiamento conformazionale importante per la funzione della proteina.
Regolazione della attività delle proteine
• Regolazione della quantità di proteina: si regola proprio la produzione della proteina,
a livello della espressione del gene (trascrizione e traduzione).
• Meccanismi di feedback positivo e negativo: sono tipici regolatori della attività
enzimatica. Un prodotto di una via metabolica è in grado di attivare (feedback positivo)
o inibire (feedback negativo o inibizione retroattiva) un enzima della via metabolica a
monte del prodotto stesso.
DNA
Il DNA è un polimero che ha come unità base il nucleotide. È detentore dell'informazione
genetica.
Anche l’RNA è simile ma cambia lo zucchero (ribosio). Provvede a tradurre l'informazione
genetica.
Il nucleotide è detto anche nucleotide monofosfato. Quando più nucleotidi si legano insieme
eliminano una molecola di acqua e formano gli acidi nucleici. Il legame interessa il fosfato e il
C3. Dall’immagine si nota l’alternanza di gruppo fosfato e zucchero indipendentemente dal
nucleone. Ciò che dà la caratteristica è la base azotata che però è laterale all’ossatura della
catena polinucleotidica.
Lo zucchero presente negli acidi nucleici può essere ribosio (RNA) o deossiribosio (DNA).
Svolge varie funzioni.
• In tutti gli organismi l’informazione depositata nel DNA è mediata dall’RNA
• Ruolo nell’archiviazione e nella trasmissione dell’informazione genetica
• Ruoli strutturali e catalitici
Come per le proteine, anche per gli acidi nucleici, si possono distinguere la struttura primaria
(sequenza), secondaria (vari tipi di eliche e altri motivi strutturali), terziari e quaternaria
(organizzazione delle catene in complessi macromolecolari, eventualmente anche in
associazione con proteine). Il dna all’interno del nucleo è altamente condensato e ciò è reso
possibile dagli istoni, delle proteine su cui il dna si arrotola e condensa. Inizialmente non si
sapeva se la condensazione fosse dovuta agli acidi nucleici o alle proteine quindi si
effettuarono degli esperimenti sui topi. L’esperimento di Griffith (1928) consisteva nel
somministrare varie varianti di pneumococco:
• la prima non virulenta non uccise il topo
• la seconda virulenta con una barriera polisaccaridica fu letale per il topo
Successivamente si vide che se il ceppo virulento veniva irradiato col calore perdeva la
virulenza e quindi il topo continuava a vivere. La cosa sorprendente era che se il topolino
veniva trattato col ceppo non virulento più quello de-virulentato successivamente, moriva
comunque. Dopo varie analisi sull’ultimo caso si trovarono colonie batteriche nel corpo: lo
pneumococco de-virulentato aveva reso il ceppo non virulento infettivo e ciò che permetteva
questa trasformazione era il DNA. La sostanza trasformante era dunque il DNA che era
passato dal ceppo irradiato a quello vivo.
Un ulteriore esperimento è quello ‘del frullatore’ di Hershey e Chase (1952). Venne effettuato
con un batteriofago: presi degli isotopo, instabili e radioattivi in modo tale che permettere ad
essi di essere tracciati.
•Per identificare le PROTEINE, che contengono ZOLFO (S), utilizzarono un isotopo radioattivo
dello zolfo.
•Per identificare il DNA, che contiene FOSFATO (P), utilizzarono un isotopo radioattivo del
fosfato.
ESPERIMENTO: batteriofagi marcati con P o con S infettano batteri. Il liquido contente i batteri
viene messo in un frullatore, che causa il distacco del virus dai batteri. La centrifugazione
successiva concentra le cellule batteric