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Estratto del documento

La nullità è la più grave forma di invalidità contrattuale, prevista a tutela

dell’interesse generale. A norma dell’art. 1418 c.c. il contratto è nullo

quando: è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga

diversamente; manca uno dei requisiti indicati all’art. 1325 c.c. (accordo,

causa, oggetto, forma prescritta a pena di nullità); la causa è illecita; il

motivo è illecito, ai sensi dell’art. 1345 c.c.; l’oggetto è impossibile,

illecito, indeterminato o indeterminabile; sussiste uno degli altri casi

previsti dalla legge. La nullità può essere:

 testuale, se è espressamente prevista;

 virtuale, se pur in assenza di un’espressa previsione normativa,

risulta come conseguenza della violazione di una norma imperativa;

 totale, se colpisce il contratto nella sua interezza;

 parziale, se ne colpisce solo una parte.

Quest’ultima si distingue a sua volta in oggettiva e soggettiva, a seconda

che interessi parte del contenuto contrattuale o colpisca il vincolo di una

delle parti. La nullità presenta inoltre le seguenti caratteristiche.

 improduttiva di effetti;

 rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del giudizio,

senza necessità di una domanda di parte, purché risulti dagli atti;

 insanabile, né mediante convalida né per prescrizione dell’azione.

L’azione con cui si fa valere la nullità è invece:

 dichiarativa (o di mero accertamento), nel senso che non muta la

situazione giuridica già esistente ma si limita ad accertarla;

 imprescrittibile, fatti salvi solo gli effetti dell’usucapione e la

prescrizione delle azioni di ripetizione;

 assoluta, poiché legittimato ad esercitarla è chiunque vi ha interesse

(le parti e anche i terzi pregiudicati dal contratto).

La nullità, una volta dichiarata, fa venir meno il contratto con efficacia

retroattiva (c.d. ex tunc), come se non fosse mai stato realizzato.

L’annullabilità

L’annullabilità è la condizione giuridica patologica del contratto, affetto da

un vizio non così grave da comportarne la nullità. È prevista a tutela del

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contraente c.d. “debole” rispetto all’altra parte, consentendogli di scegliere

se mantenere o meno in vita il contratto. A differenza della nullità

l’annullabilità è solo testuale, per cui sussiste solo nei casi espressamente

previsti per legge.

Sono cause di annullabilità:

 l’incapacità legale o naturale della parte (fa tuttavia eccezione il caso

del minore che ha contrattato occultando dolosamente l’età);

 i vizi del consenso (errore, violenza, dolo).

Sono poi previste ipotesi di annullabilità giustificate da abusi compiuti in

danno di una parte (contratto concluso con sé stesso o dal rappresentante in

conflitto d’interessi col rappresentato).

L’annullabilità è:

 produttiva di effetti interinali (o instabili), nel senso che il negozio

annullabile produce effetti, che tuttavia potranno venir meno se viene

proposta e accolta la relativa azione;

 irrilevabile d’ufficio dal giudice: di regola, legittimata a chiedere

l’annullamento è solo la parte nel cui interesse è stabilito per legge

(annullabilità relativa), tuttavia in certi casi può agire qualsiasi

interessato (annullabilità assoluta), ad esempio per l’annullamento

del matrimonio, del testamento inficiato da vizi della volontà, degli

atti dell’interdetto legale;

 sanabile, a seguito di convalida o della prescrizione dell’azione di

annullamento.

L’azione di annullamento è:

 costitutiva, poiché modifica la situazione preesistente, in quanto il

contratto annullabile aveva prodotto i suoi effetti e la sentenza li

elimina con efficacia retroattiva;

 prescrittibile: è soggetta a prescrizione quinquennale che decorre

giorno in cui è cessata la causa che ha dato luogo al vizio o da quello

in cui il contratto è stato concluso.

L’eccezione di annullamento è invece imprescrittibile: chi è convenuto in

giudizio per l’esecuzione di un contratto annullabile può sempre eccepirne

l’annullabilità senza limiti di tempo.

La rescissione del contratto 16

La rescissione è una forma di invalidità volta a tutelare chi ha concluso il

contratto a condizioni inique, pur di sottrarsi ad una situazione di bisogno

o di pericolo. La legge prevede due ipotesi:

 rescissione del contratto concluso in stato di pericolo (art. 1447 c.c.);

 azione generale di rescissione per lesione (art. 1448 c.c.).

Presupposti della prima sono:

 lo stato di pericolo in cui versava uno dei contraenti o un’altra

persona (ad esempio un familiare): il pericolo dev’essere attuale,

cioè sussistere al momento della stipula del contratto, e il danno alla

persona grave;

 l’iniquità delle condizioni contrattuali alle quali il contraente si è

obbligato per ovviare allo stato di pericolo in cui versava;

 la conoscenza dello stato di pericolo da parte del contraente che ne

ha tratto vantaggio.

Il giudice, nel pronunciare la rescissione può comunque, secondo le

circostanze, assegnare un equo compenso all’altra parte per l’opera

prestata.

L’azione generale di rescissione per lesione si caratterizza invece per:

 la sproporzione tra le prestazioni delle parti (c.d. lesione ultra

dimidum), per cui il valore della prestazione chiesta al danneggiato

deve eccedere di oltre il doppio quello della prestazione chiesta

all’altra parte. La lesione deve inoltre perdurare fino al momento in

cui è proposta la domanda di rescissione;

 lo stato di bisogno del contraente danneggiato, che dev’essere stata la

causa da cui è dipesa la sproporzione tra le prestazioni delle parti. Lo

stato di bisogno è inteso non necessariamente come indigenza ma

anche come semplice difficoltà economica;

 l’approfittamento di tale stato di bisogno da parte dell’altro

contraente, che deve aver agito consapevolmente allo scopo di trarne

un’utilità economica.

Legittimato ad esercitare l’azione di rescissione è il solo contraente

danneggiato e, analogamente a quanto accade con l’annullamento, gli

effetti del contratto rescindibile permangono finché non è stata proposta la

relativa azione e la rescissione accertata con pronuncia del giudice.

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L’azione di rescissione si prescrive nel breve termine di un anno, che una

volta trascorso rende inopponibile anche la relativa eccezione. A norma

dell’art. 1448 c.c. la rescissione non è infine invocabile nei contratti

aleatori, quelli cioè in cui l’entità e l’esistenza della prestazione dipendono

da un elemento incerto e quindi il rischio contrattuale, oltre ad essere

fisiologicamente più ampio, tanto da rivestire rilevanza causale, è noto e

consapevolmente assunto dalla parte.

La risoluzione del contratto

La risoluzione è una forma di invalidità che opera rispetto ad anomalie che

si manifestano dopo la conclusione del contratto. Il Codice civile prevede

tre ipotesi di risoluzione:

1. per inadempimento (1453 – 1462 c.c.);

2. per impossibilità sopravvenuta (1463 – 1466 c.c.);

3. per eccessiva onerosità (1467 – 1469 c.c.).

La risoluzione per inadempimento si riferisce all’ipotesi in cui, in un

contratto a prestazioni corrispettive, uno dei contraenti è inadempiente: in

tal caso l’altra parte può scegliere di agire per l’adempimento oppure

esercitare il diritto di risolvere il contratto, salvo, in entrambi i casi, il

risarcimento del danno. Una volta chiesta la risoluzione non è più possibile

agire per l’adempimento, mentre vale l’opposto. Di regola la risoluzione

necessita di una sentenza del giudice (risoluzione giudiziale) ma ci sono

ipotesi tassativamente previste per legge in cui opera automaticamente

(c.d. risoluzione di diritto).

La risoluzione per impossibilità sopravvenuta risponde all’esigenza di

garantire lo scioglimento del rapporto quando la prestazione di uno dei

contraenti è divenuta impossibile da adempiere per causa a lui non

imputabile. L’art. 1463 c.c. dispone infatti che la parte “liberata” per

sopravvenuta impossibilità non può chiedere la controprestazione e deve

restituire quella già ricevuta. Se la prestazione è divenuta solo

parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto ad una corrispondente

riduzione della propria prestazione e può anche recedere dal contratto se

non ha interesse apprezzabile all’adempimento parziale.

La risoluzione per eccessiva onerosità (art. 1467 c.c.) è prevista per

ovviare ad un eccessivo squilibrio tra le prestazioni, purché sopravvenuto

rispetto al momento di conclusione del contratto e conseguente ad eventi

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straordinari ed imprevedibili, dunque non imputabili alla parte. La parte

che deve la prestazione divenuta impossibile può domandare la risoluzione

del contratto, che però può essere evitata dall’altro contraente, se si offre di

modificare equamente le condizioni del contratto. La risoluzione non può

essere domandata se l’onerosità sopravvenuta rientra nell’alea normale del

contratto.

Effetto della risoluzione, comune a tutte le già menzionate ipotesi, è lo

scioglimento del contratto con efficacia retroattiva tra le parti, salva solo

l’ipotesi dei contratti ad esecuzione continuata o periodica in cui la

risoluzione non pregiudica le prestazioni già eseguite. Scopo della

risoluzione è quello di riequilibrare la posizione economico-patrimoniale

dei contraenti eliminando non il contratto, ma i suoi effetti. La risoluzione

non interviene quindi sull’atto (che era valido quando è stato concluso) ma

sul rapporto: lo conferma il fatto che è possibile chiedere anche il

risarcimento del danno, proprio perché il contratto era valido e le

obbligazioni da esso derivanti andavano eseguite.

La risoluzione di diritto

Trattando della risoluzione per inadempimento si è detto che vi sono

ipotesi, tassativamente previste, in cui questa opera di diritto, per effetto

del solo inadempimento e della dichiarazione della parte di volersene

avvalere. Si tratta dei seguenti casi:

 diffida ad adempiere (1454 c.c.);

 clausola risolutiva espressa (1456 c.c.);

 scadenza del termine essenziale (1457 c.c.).

La diffida ad adempie

Dettagli
A.A. 2020-2021
22 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher angelica.pressutti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Mazzamuto Salvatore.