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GESTIONALI).
Tali variazioni hanno discipline giuridiche diverse a seconda del tipo di part-time:
chiedere la variabilità in aumento della durata;
• cambiare le fasce orarie.
•
Variabilità in aumento della durata
È la più complicata tra le due opzioni perchè il legislatore ha previsto nozioni e regole diverse a seconda
della tipologia di part-time;
orizzontale (più diffuso) dove lavoro di più considerandolo come lavoro supplementare;
• verticale/misto dove il lavoro in più è considerato come clausola elastica.
•
Il lavoro supplementare:
il numero massimo e le ragioni del lavoro in più sono rinviati alla contrattazione collettiva;
• il contratto collettivo fissa anche le conseguenze per lo sfondamento delle ore massime;
• il contratto collettivo più individuare il costo in più del lavoro supplementare (usa il verbo “potere”
• per cui si tratta di una scelta della contrattazione collettiva per cui possono costare anche come il
lavoro ordinario).
Quindi occorre il consenso della contrattazione collettiva. Ma occorre anche il consenso del lavoratore?
Si ma se manca il contratto collettivo (se c'è il contratto collettivo firmato tra datore e sindacato allora può
obbligare il lavoratore a svolgere lavoro supplementare obbligatorio.
Se il lavoratore rifiuta?
Allora si delinea un inadempimento sanzionabile ma non con il licenziamento. Il contratto collettivo può
obbligare il lavoratore a lavorare di più anche con retribuzione pari a quella ordinaria (senza compensare
l'ulteriore onerosità).
Le clausole elastiche presentano le medesime regole previste per le clausole flessibili, che permettono di
cambiare turno e collocazione temporale del lavoro. Tuttavia va ricordato che le clausole elastiche possono
essere usate solo per il part-time verticale, mentre le clausole flessibili possono essere impiegate in tutte e
tre le tipologie di part-time. Le clausole flessibili ed elastiche hanno la medesima disciplina giuridica e sono
clausole vessatorie (peggiorative delle posizioni dei due contraenti perchè accentuano la subordinazione).
Condizione essenziale (sempre) è il consenso del singolo lavoratore per apporre tali clausole e devono
essere sottoscritte per iscritto dal lvoratore. Il lavoratore può rifiutare senza timore di essere sanzionato anche
se tali clausole possono essere anche contestuali all'assunzione (possibilità di ricatto). Nasce uno ius variandi
temporale in capo al datore di lavoro (qualcosa che rende il lavoratore più subordinato). Sono clausole
pesanti e il legislatore recente cancella il diritto del laoratore di ripensarci e denunciare il patto che aveva
stipulato.
La Riforma Fornero ha reintrodotto la possibilità si rifiutare il cambio di turno e il lavoro supplementare in 3
casi: per ragioni di salute del lavoratore o dei familiari;
• per ragioni di studio;
• tutte le ipotesi previste dalla contrattazione collettiva
• 29/04/2014
Il modello normale di part-time determina una flessibilità rigida attraverso la predeterminazione della durata
e della qualifica. Si possono, però, aggiungere delle flessibilità (clausole).
La Direttiva aveva individuato dei principi tra cui la volontarietà (rileval la disciplina della trasformazione
del rapporto di lavoro passando da tempo pieno a tempo parziale e viceversa). I due passaggi sono diversi
perchè il passaggio:
da pieno a part-time è il più pericoloso perchè implica una riduzione della retribuzione;
• da part-time a pieno favorevole al lavoratore.
•
Le due discipline sono diverse tra loro solo in parte perchè in comune hanno il fatto che per entrambe
occorre una volontarietà del consenso del lavoratore. Il suo rifiuto di trasformazione non costituiscono di
per sé motivo di licenziamento. Ad esempio la proposta di passare da tempo parziale o di aumentare l'orario
per cui il lavoratore può rifiutare ma ciò costituisce inadempimento (non è motivo di licenziamento). Si
tutela la libertà del lavoratore anche se solo formale perchè in sostanza può esserci un ricatto occupazionale
ma non può costituire motivo di licenziamento.
Non ci può essere mai licenziamento?
No perchè se il datore deve ridurre la produzione allora può proporre il passaggio al part-time. Il lavoratore
può rifiutare ma il datore può giustificare il licenziamento con ragioni di crisi aziendale.
Detto ciò le due trasformazioni in parte seguono delle regole diverse:
nel passaggio da tempo pieno a tempo parziale è legittimo se c'è la forma scritta ab provationem
• (in passato era ritenuto pericoloso per il lavoratore per cui si richiedeva la convalida della DTL fatta
dal lavoratore presso la DTL. Oggi è cancellato dalle sentenze della Corte di Giustizia CEE in
quanto vincola burocratico che danneggia e ostacola la diffusione del part-time). Esiste un diritto del
lavoratore al tempo parziale?
Oggi no, anche con riguardo alla PA. Non c'è il diritto a pretendere il part-time tranne che in 3
casi:
- esiste un diritto soggettivo al part-time se i lavoratori sono affetti da patologie oncologiche;
- il lavoratore che vuole passare al part-time per cure familiari o ai parenti (non c'è un vero e proprio
diritto al part-time ma solo una mera priorità per cui se il datore assume lavoratori a tempo parziale
c'è la priorità di chi lavora a passare al part-time in 3 casi:
- patologie oncologiche del coniuge, figli o genitori;
- se la persona convivente sia inabile e richieda assistenza continua (invalidità 100%);
- se il lavoratore si dedica alla cura dei figli fino ai 13 anni.
La priorità del lavoratore matura su richiesta del lavoratore al datore.
- il diritto del lavoratore va preso in considerazione ma presenta una consistenza impalpabile
perchè il datore può rifiutare senza motivare;
nel passaggio da tempo parziale a tempo pieno le tutele dei lavoratori dipendono dal tipo di
• part-time:
- se è un part-time trasformato (prima era full-time) allora c'è un diritto di precedenza per il ritorno
al tempo pieno perchè se il datore intende assumere allora prima di farlo deve aumentare l'orario di
lavoro a chi lavora a tempo parziale. E se non lo fa?
La sanzione è data dal mero risarcimento del danno dato dalla differenza di retribuzione tra il tempo
pieno e quello parziale calcolata per 6 mesi;
- se è un part-time originario allora la legge non prevede la tutela per il passaggio a tempo pieno
ma lo si può prevedere a livello di contratto individuale (onore con condizione di passaggio). La
tutela verso il tempo pieno è povera (occorre una forza contrattuale del lavoratore).
Relativamente al principio di non discriminazione, invece, è un principio puntuale (no discriminazione per
il fatto di lavorare a tempo parziale). Si guarda alla diffusione concreta ma il rischio di discriminazione
nasconde la discriminazione di genere (discriminazione multipla per lavoro atipico o donna lavoratrice).
Questo principio viene declinato con un duplice criterio:
obbligo di parità di trattamento tra prat-time e full time in merito a retribuzione oraria, durata,
• ferie, malattia, tutela della salute e sicurezza del lavoratore. Può trattarlo diversamente ma ha l'onere
di provare che tale diversità di trattamento non è collegata al tempo ridotto.
Trattamento “pro rata temporis” inteso come proporzionalmente ridotto come nella retribuzione
• globale, nelle ferie, (retribuzione feriale proporzionata al lavorato), nei conteggi dei lavoratori (vale
in proporzione all'orario svolto per cui pesa 0, 5 se lavora metà giornata).
Sotto al profilo previdenziale in passato si era ostacolati all'uso del part-time perchè non era lo stesso
assumere uno a tempo pieno o due a part-time perché configuravano un maggior carico contributivo in capo
all'azienda. Oggi questo divario è diminuito ma ci sono comunque maggiori costi di organizzazione.
Il legislatore del '90:
adatta le norme previdenziali alle caratteristiche del tempo parziale;
• non ritocca le regole del D. 61/2000;
• il lavoratore ha maggiori tutele se ha un part-time di almeno 24 ore a settimana;
• resta critica la situazione del mancato riconoscimento dell'indennità di disoccupazione dei lavoratori
• con part-time verticale.
Le condizioni del mercato del lavoro accentuano la disoccupazione involontaria.
Restano aperte le situazioni controverse e un ruolo da protagonista spetta al giudice per cui oggi i giudici
nell'interpretare il D. 61/2000 devono optare per interpretare coerentemente con la Costituzione
(interpretazione costituzionalmente conforme) ma anche con il diritto comunitario (la Direttiva e le
indicazioni UE di evitare abusi in tema di lavoro a tempo parziale). E la contrattazione collettiva?
In passato l'atteggiamento dei sindacati era ostile nonostante le aperture fino al secolo scorso. Con il Decreto
Salvi la contrattazione collettiva non può ostacolare ma si muove con cautela (ricopia le regole previste dalla
legge).
La Riforma Biagi cancella alcune tutele del D. 61/2000 per cui la contrattazione collettiva, anche in modo
passivo, riconquista le protezioni perdute. Quando il legislatore riduce le tutele, la contrattazione collettiva
forse per inerzia recupera le garanzie di fonte collettiva o sindacale (non da fonte legislativa). Non valgono
per tutti i lavoratori ma solo nelle aziende in cui si applica la contrattazione collettiva e solo per i lavoratori
iscritti ai sindacati firmatari di quei contratti.
Il part-time nella Pubblica Amministrazione
La principale differenza con il part-time nel privato è dato dalla funzione che tale contratto assume:
nel privato serve ed aumentare l'occupazione o per mantenere l'occupazione con gli
• ammortizzatori sociali;
nel pubblico serve come strumento di riduzione del costo del lavoro (si tratta di una leva per
• ridurre spesa pubblica e per aumentare l'efficienza).
La massima omogeneità tra le due si raggiunge con il D. Salvi 61/2000 perchè valeva per entrambe
l'applicazione di tale normativa.
Con la Riforma Biagi del 2003 in poi il regime diventa separato tra pubblico e privato:
D. Salvi 61/2000 originario per la Pubblica Amministrazione;
• D. Salvi 61/2000 novellato per il privato.
•
Il contratto part-time rappresenta il contratto flessibile per orario per eccellenza e presenta il maggior numero
di regole nonché viene preso a base anche per gli altri contratti.
2. LAVORO INTERMITTENTE O JOB ON CALL O A CHIAMATA
Si tratta di un contratto anomalo perchè è un contratto di lavoro senza contratto dove il la