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I GRANDI DEL NEOREALISMO
- Visconti con “Ossessione” (1942) , “La terra trema” (1948) che è un film
neorealista, tratto da un opera letteraria
- Rossellini con “Trilogia della guerra antifascista” (1945-48)
- De Sica e Zavattini con “I bambini ci guardano” (1944), “Sciuscià” (1946),
“Ladri di biciclette” (1948), “Umberto D.” (1952) Zavattini: “l’importante
non è raccontare una storia vera, quanto la verità di quella storia”
- Luigi Zampa
- Giuseppe De Santis con “Riso amaro” (1949)
CESARE PAVESE libro “il
serpente e la colomba”
Cesare Pavese, un importante scrittore, poeta, traduttore e critico italiano che
si cimenta nella scrittura di saggi cinematografici, maestro di Fernanda Pivano
detta Nanda, in un’intervista radiofonica afferma che alcuni film – come
“Ossessione”, “Roma città aperta”, “Ladri di biciclette” – hanno stupito il
mondo, americani compresi, apparendo come una rivelazione di stile. Il
cinema neorealista italiano mette in scena nuovi contenuti, ciò che prima non
era mostrato. Questa rivelazione e rivoluzione di stile viene recepita e rilanciata
dalle New Waves perché essa non riguarda solo la forma, ma anche il punto di
vista del pensiero, produttivo e fruitivo. In poche parole ciò che stupisce
maggiormente è proprio lo stile, che non deve nulla al cinema hollywoodiano.
JEAN-LUC GODARD
Jean-Luc Godard è uno dei protagonisti della Nuovelle Vague francese, critico
della “Cahier du cinema” e discepolo di Andre Bazin. Il cinema è una macchina
da guerra, un potente strumento ideologico anche quando sembra soltanto di
intrattenimento. Non a caso, Jean-Luc Godard nella sua opera video “Historie(s)
du cinéma”, afferma che il cinema neorealista sia di resistenza, non solo perché
parla anche di questa, ma perché fa resistenza ai modi di produzione, allo stile
e a ciò che sta dietro al cinema. Si tratta di un cinema che libera gli schemi
formali, produttivi, tematici e fruitivi e ciò attira le generazioni più giovani. Il
magistero neorealista raggiunge anche le nazioni più distanti, persino quelle
bloccate dalla Guerra Fredda. Ecco spiegato il motivo nome “nuovo cinema
internazionale”: nuovo perché giunge alle nuove generazioni, le quali si
interessano a tutto ciò, e internazionale perché investe l’intero pianeta. Cinema
inteso come forma espansa audiovisiva. Secondo Godard, le storie sono
articolate in inizio, svolgimento e fine, ma non è detto che debbano avere
questo ordine, questa linearità. Godard dice anche che “ogni grande film di
finzione tende al documentario e viceversa”. Ciò indica la rottura degli schemi
che dividono i film di finzione e quelli documentaristici, ovvero cogliere a caso
ciò che succede per le strade. Non esiste schematismo accademico e retorica,
anzi c’è molta porosità. Godard ha girato prevalentemente all’aperto.
IL NUOVO CINEMA
I numerosi nomi nella sceneggiatura dei film rappresentano una garanzia per
queste produzioni indipendenti e di basso budget. Proprio come il cinema
neorealista, anche le New Waves girano fuori dai teatri di posa e tutto ciò
consente di abbassare i costi di produzione. Come afferma Ettore Spalletti,
pittore e scultore abruzzese di fama internazionale, “Bisognerebbe insegnare a
riconoscere il dono del paesaggio”. Questa è una questione di cui si appropria
questo cinema, il quale ci insegna – appunto – il paesaggio umanistico, urbano.
Nonostante le storie siano di finzione, vi è uno sguardo documentaristico
fenomenologico. Tutti hanno – ognuno nel proprio modo – una vocazione ad
andare incontro al mondo e scoprire il dono del paesaggio. Gli attori dei film di
questo periodo propongono attori esordienti – come Jean-Pierre Léaud – oppure
attori che non sono ancora noti a livello internazionale, ma che questo cinema
lancia nella ribalta internazionale, come Jean-Paul Belmondo. Dal punto di vista
della recitazione, non sono attori presi dalla strada: ci sono esordienti, ma sono
tutti professionisti. Anche riferirsi al cinema neorealista con il termine “cinema
della strada” non è del tutto corretto. Inoltre, prendere attori dalla strada non è
originale: i sovietici l’hanno fatto venti/trent’anni prima. Bazin afferma anche
che questo cinema amalgama attori professionisti e non professionisti. Nel
1957, Truffaut scrive che il film a venire gli appare ancora più intimo e
personale di un romanzo, ancora più individuale e autobiografico, come una
confessione o un diario intimo. Con ciò non si intende l’autoreferenzialità,
piuttosto si parte dal proprio vissuto per giungere a un discorso più ampio,
come Rossellini quando utilizza il dolore prodotto dalla morte del figlio per
parlare del dolore causato dalla storia, dalla guerra. Aggiunge poi che i nuovi
registi si esprimono in prima persona: è un cinema personale dove vengono
trattati il primo amore o il più recente, la presa di coscienza di fronte la politica,
la malattia, il servizio militare, il matrimonio o la vacanza. Le parole d’ordine
sono autenticità e novità. Il film di domani non sarà realizzato da funzionari
della macchina da presa, bensì da artisti follemente ambiziosi e sinceri. Il film
di domani assomiglierà a chi lo realizzerà e sarà un atto d’amore.
Esempi: in “Roma città aperta” i protagonisti Anna Magnani e Aldo Fabrizi, che
lanciano il neorealismo in tutto il mondo, non sono attori presi dalla strada, ma
attori di lungo corso.
In “Ladri di biciclette” Lamberto Maggiorani è preso dalla strada perché doveva
essere tanto anonimo quanto la bicicletta che gli viene rubata. Cary Grant,
attore americano proveniente da una famiglia di operai della Gran Bretagna,
non andava bene perché era già una star, un’icona. Dunque dare il ruolo di
protagonista a lui in questo film, voleva dire fare un altro film perché sarebbe
stato sovrastante rispetto all’ambiente. Zavattini e De Sica stavano cercando
qualcuno coerente all’ambiente. Invece, nelle New Waves si prediligono attori
professionisti.
NOUVELLE VAGUE FRANCESE
François Truffaut – autore de “I 400 colpi” del Cinquantanove – con le sue
parole da critico infuocato si scaglia contro il cinema letterario, il quale non è
apprezzato neanche da Rossellini. Questo film fa da apripista al movimento ed
è anche l’esordio nel cinema di finzione del regista. La piattaforma di lancio
della Nouvelle Vague francese è Cannes, dove Truffaut, nell’edizione di maggio
del Cinquantanove presenta “I 400 colpi”, ricevendo la palma d’oro per la regia
– dunque non quella assoluta, che viene vinta invece da “L’Orfeo negro” –. Un
altro film importante che viene presentato in quell’edizione è “Hiroshima mon
amour” di Alain Resnais, sceneggiato da Marguerite Duras. Il rinnovamento del
cinema inizia a fermentare già nella primissima metà degli anni Cinquanta,
soprattutto con uno dei maestri della Nouvelle Vague francese, nonché critico
di “Cahiers du cinéma”, Claude Chabrol. Lui inizia a realizzare film autoprodotti
e autofinanziati tra il Cinquantatré e il Cinquantacinque. Tutti i movimenti
hanno delle riviste di riferimento, nelle quali scrivono giovani critici che di lì a
poco passeranno dietro la cinepresa, come avviene per Godard, Truffaut,
Rivette e Chabrol e Rohmer. Le riviste sono come una palestra per loro.
Rohmer, quando nel 1958 Bazin muore improvvisamente a causa della
leucemia, prende le redini della rivista. Loro scrivono dei film che amano
perché, come afferma Godard, scrivendo di cinema pensano a quello che
avrebbero fatto. La loro scuola di cinema è la cineteca francese, dove vedono
più film possibili, confrontandosi tra di loro e scontrandosi, per poi scrivere. È
su queste pagine, inoltre, che Truffaut si scaglia contro il cinema di papà, quello
impiegatizio fatto da funzionari della macchina da presa. Agnes Varda è
considerata la regista nonna della Nouvelle Vague, infatti il suo primissimo film
“La pointe courte” (1955) è considerato l’inizio della Nouvelle Vague.
“I 400 COLPI”
Antoine Doinel è un ragazzino di dodici anni, i cui genitori non capiscono il
bisogno affettivo e le inquietudini proprie dell'adolescenza. La madre è una
donna non attenta al figlio e molto spesso lo tratta male, mentre il padre – tale
solo sotto il profilo legale – è un uomo abbastanza bonario, ma superficiale. La
famiglia vive in un piccolo appartamento, dove Antoine non possiede una
propria camera da letto: dorme infatti nell'ingresso, vicino alla porta di casa, in
un sacco a pelo perché la madre non ha avuto ancora tempo di comprargli le
lenzuola. A scuola il ragazzo manifesta la sua irrequietezza con alcuni scherzi,
insieme a uno scarso rendimento. Antoine, anche se non consapevole, tenta di
attirare l'attenzione degli adulti. Il solo conforto alla sua solitudine sono la
lettura e l'amicizia con il suo compagno di scuola René. È con lui che marina la
scuola per andare al cinema, nei parchi parigini e al Luna park. Il suo
comportamento peggiora dopo aver visto la madre baciare un uomo per strada.
Per giustificare l'ennesima assenza a scuola, Antoine si inventa la morte della
madre. Umiliato davanti a tutti dopo che la menzogna viene scoperta e il padre
gli tira uno schiaffo, fugge di casa. Si rifugia nella stamperia dello zio di René,
vagando poi di notte per le strade di Parigi. Tornato a scuola, viene perdonato
dalla madre, che gli promette un regalo se riuscirà a migliorare i suoi voti.
Antoine, che ama leggere, svolge così un tema in cui riscrive una pagina del
romanzo “La ricerca dell'assoluto” di Balzac, dov’è descritta la morte del
nonno. Il professore lo accusa di avere copiato e lo punisce. Deluso e disperato,
Antoine fugge e va a vivere in casa di René. Escogita di rubare una macchina
per scrivere nell'ufficio del padre, in modo da pagare, per sé e per l'amico, una
gita al mare che non ha mai visto. Una volta realizzato il furto, i due cercano,
senza successo, di venderla. Antoine decide dunque di riportarla di nascosto
nell'ufficio, ma viene scoperto dal custode. Il padre lo denuncia e il ragazzo
passa, così, una notte in cella con un delinquente e alcune prostitute.