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ARABIDOPSIS THALIANA
Essa è considerata la pianta modello per eccellenza, proposta da
Thal durante la seconda guerra mondiale e divenuta unico sistema
modello nel 1970. È distribuita in tutti i continenti e cresce in
Europa, Nord-America, e Asia. È una pianta a rosetta e quindi le
foglie si sviluppano a raggiera intorno allo stelo. Il suo ciclo vitale è
relativamente veloce e dalla nascita del germoglio passa circa un
mese/mese e mezzo per formare il suo apparato riproduttivo che
consta di uno stelo fiorale dal quale diramano numerose
infiorescenze e dopo circa 2 mesi si formano i frutti che vengono
chiamati silique e hanno una forma allungata (ospitano dai 30 ai 40
semi che pesano 20 microg quindi sono molto
piccoli, vantaggioso se si vuole far crescere molte
piante in uno spazio ridotto). Il fiore è molto piccolo
e consta di 4 sepali, 4 petali e 6 stami (2 corti e 4
lunghi). La caratteristica fondamentale che l’ha
resa un ottimo modello sta nel fatto che ha
capacità di AUTOFERTILIZZARSI. Questa
peculiarità garantisce una stabilità genica fra una
generazione e l’altra. Poi ovviamente in laboratorio
è possibile fare anche cross-fertilizzazioni
semplicemente strofinando il polline sullo stigma
dell’altra piantina che si vuole incrociare. In sunto,
le caratteristiche che hanno reso Arabidopsis
una pianta modello sono:
1. GENOMA PICCOLO (distribuito in 5 cromosomi con 125 Mb con pochissime
sequenze non codificanti e un numero di basi ridotto, in questo senso “piccolo”).
Ossia con alta densità di geni codificanti e distribuiti pressoché uniformemente.
2. RAPIDO CICLO VITALE (circa 6 settimane da seme a seme)
3. PICCOLE DIMENSIONE facilmente coltivabile in spazi ristretti (10000 semi
possono germogliare su una piastra Petri, molto utile quando si devono fare degli
screening sui germogli). Si pensi che da una pianta si possono ottenere oltre
5000 semi, quindi facilmente mappabile geneticamente.
Esistono diversi ecotipi che fanno sì che le tempistiche del ciclo vitale cambino
leggermente, poi anche le condizioni ambientali hanno la loro influenza ma
pressoché le tempistiche non cambiano molto, il ciclo vitale è sempre molto veloce.
Si pensi che già dopo il primo giorno il seme germoglia e dopo 30 giorni già inizia a
sviluppare lo stelo fioraie! Essendo queste molto piccole, in un laboratorio è
possibile far crescere migliaia di piantine. Nel 2000 dopo solo 4 anni (pochi per
l’epoca) è stato sequenziato tutto il genoma di Arabidopsis che ha poco più 25500
geni. Questo è stato fondamentale per poter studiare la funzionalità genetica di un
gene. Qui sotto sono riportati i 5 cromosomi della pianta. La densità genica, come
si vede dall’immagine, è ben uniformemente distribuito con poche zone a bassa
densità genetica. Inoltre è possibile notare nel genoma che, esistendo delle regioni
fortemente simili in cromosomi diversi, in un passato ancestrale sembrerebbe che il
genoma di arabidopsis si è duplicato. Molti geni sono stati perduti per questo non vi
è una duplicazione perfetta. Un’altra cosa che è emersa dagli studi di genetica
evolutiva è che ci sono geni tipici di cianobatteri ancestrali (teoria endosimbiontica)
o comunque di primitivi organismi fotosintetici.
Per poter associare una funzione ad un determinato ormone o anche alla luce
stessa, bisogna riuscire a creare un saggio che dimostri un’ipotesi associata ad il
gene di interesse. In questo Arabidopsis diviene fondamentale, in quanto, un
iniziale supposizione la si può fare semplicemente andando a fare l’analisi della
sequenza nucleotidica. In pratica riuscire a sequenziare e studiare bene
Arabidopsis permette di fare buona parte del lavoro per un’altra specie che
presenta un’omologo di un gene presente nel modello. Si fa una cosiddetta analisi
di similarità genica o amminoacidica qualora fosse una proteina. Questo è alla
base del concetto del sistema modello. Ossia si possono fare degli studi su di essa
e i risultati ottenuti possono poi essere traslati su altri organismi.
Oggigiorno però, in contrasto con quello detto prima, esistono tutta una serie di
macchinari (molto costosi) che sono capaci di fare in pochi giorni quello che nel
2000 si faceva in anni. Questi macchinari prendono il nome di NGS (next
generation sequencing). Non si usano più come prima gli organismi modello per
poter studiare i geni degli altri in quanto questi macchinari hanno permesso di
sequenziare interi organismi in maniera molto semplice. Nonostante ciò resta
comunque importante la presenza di un organismo modello proprio perché è
possibile farlo crescere in condizioni sperimentali controllabili.
Risulta quindi essenziale dover utilizzare e Arabidopsis intesa come un modello per
riuscire a comprendere le funzioni dei geni nelle piante.
Ci sono due approcci sperimentali di genetica funzionale che vengono usati e sono
la FORWARD GENETICS e la REVERSE GENETICS.
Nel primo caso il punto di partenza è una pianta con un fenotipo alterato e da li si
cerca di capire il gene che ha subito la mutazione e attraverso una mappatura
genetica confrontandola col fenotipo selvatico (ormai tutti i genomi sono stati
sequenziati) si cerca poi di trovare un ipotesi funzionale. Le tecniche di mappatura
genetica sono molto complesse ma sostanzialmente possono essere due:
cromosoma walking e cromosoma landing, la prima come dice il nome si
“cammina” sul cromosoma fino a quando non si trova la mutazione in questione
mentre nel landing c’è un’identificazione un po’ più mirata.
Nel secondo caso, più moderno, al contrario si parte dal gene e si arriva al fenotipo.
In sostanza si fa un’analisi reverse partendo dal gene mutato (voluto dal
ricercatore) per poter analizzare poi il fenotipo alterato.
Entrambe le tecniche, però, hanno in comune il fatto che si basano su un ANALISI
DI MUTANTI. Queste avvengono anche spontaneamente in natura o in laboratorio
ma la frequenza di mutazioni spontanee è bassa. Di conseguenza bisogna
aumentarla e ci sono diversi modi con cui si può fare:
AGENTI MUTAGENI
- FISICI: UV, raggi X, e le varie radiazioni ionizzanti.
- CHIMICI: che attualmente sono i preferiti, inizialmente venivano usati alcuni
alcaloidi come la caffeina e la nicotina che però hanno una capacità
mutagena molto limitata. Col tempo sono stati messi appunto dei mutageni
più efficienti come l’EMS (esteri dell’acido etilmetansulfurico) che è un
agente alchilante (introdurre un gruppo alchile come metile o etile) della
guanina. Questa mutazione porta alla DNA polimerasi ad aggiungere una
citosina invece di una T. Questi agenti di solito vengono utilizzati
sui semi che devono essere
completamente maturi.
Come si vede dall’immagine sotto che
schematizza un embrione di un
arabidopsis il seme è formato da tutta una serie di punti all’interno dell’embrione
che poi nell’adulta daranno origine a un tessuto ben preciso. Importanti il
meristema apicale del germoglio (al punto di incrocio dei cotiledoni) e anche il
meristema apicale della radice. Il trattamento di questi con EMS porterà in maniere
del tutto casuale alle cellule di migliaia di semi a mutare in diversi punti del
genoma. È molto importante il punto dove il seme riceve la mutazione perché
qualora dovesse essere nel punto rosso, significa che poi la mutazione
sicuramente passerà alla prole mentre negli altri punti rosa, la mutazione rimane
alla piantina madre (L2 che è lo strato del meristema da cui deriva la line
gerimanale successiva segnata in rosso). Per riconoscere poi che questa
mutazione SIA avvenuta, il modo più semplice è facendo un’analisi del fenotipo
della generazione successiva. MUTAGENESI PER INSERZIONE o
TAGGING
Questo approccio si basa sull’inserzione di una
porzione di DNA all’interno del genoma della
pianta e in questo modo si avrà una buona
probabilità di alterare la funzione del gene dove
questo si è inserito.
Ci sono due tecniche principali che vengono
utilizzate e sono:
T-DNA: che è una porzione plasmidica di DNA di
8 cromosomi contenuta all’interno di un batterio
(agrobatterium). In natura è capace di far nascere
un‘escrescenza tumorale (canker) come
l’immagine qui sotto riportata. In laboratorio quest’infezione, o queste escrescenze
possono dare origine a nuovi tessuti cellulari esponendole a auxina:citochina in
rapporto 4:1 a dimostrazione di quel che succede nella pianta quando il batterio
infetta la pianta (aumenta la concentrazione di citochinine nella cellula). Fu
importante questa scoperta per poter evincere quanto sia importante il rapporto di
questi ormoni nella morfogenesi.
A) no divisione cellulare
B) Formazioni di radici
C) Sviluppo indifferenziato
D) Formazioni di germogli
Il funzionamento del microrganismo riconducibili all’aumento dell’auxina e delle
citochinine è qui sotto schematizzato:
La sua infezione parte da uno stress meccanico della pianta (danneggiata) che può
venire dal vento o da un insetto/animale. Come mostra l’immagine, allo stress
meccanico, la cellula risponde secernendo “acetilsirigone” che attiva il processo
di virulenza del batterio. Quest’ultima possiede un plasmide (plasmide Ti) che
possiede due parti importanti, la regione del T-DNA e poi la regione Vir. La prima
è la parte del DNA che viene trasmesso (sotto forma di singolo filamento) e l’altra è
la regione che contiene le informazioni per permettere al T-DNA di infettare il DNA
della cellula vegetale. Una volta che il T-DNA si è ricombinato i geni del plasmide
iniziano ad essere espressi (aumenta la [auxina] e la [citochinine]) che porta alla
formazione del canker. Questa è una strategia del batterio perché il suo intento è
quello di far produrre particolari aa che si chiamano opine che sono fonte di N e C
(energia), queste sono due (opalina e octopina) e derivano dall’arginina. La
strategia dei ricercatori, invece, è quella di sfruttare questo sistema per INDURRE
MUTAZIONI. I geni Vir iniziano
tutto il processo.
Sono sei geni (A-E),
ognuno sintetizza
per una proteina
che ha una
funziona che
interviene nel
processo. Il gene A
è costitutivo,
sintetizza per il
recettore
dell’acetilsirigone.
Gli altri vengono
espressi solo in
presenza del
segnale. In
particolare G attiva
la trascrizione di tutti gli altri geni, anch’esso è costitutivo ed è attivato da A che è
attivato dall’acetils