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TRANSAMINASI

Le sono enzimi che come meccanismo dia azione hanno quella

di saper trasformare amminoacidi in chetoacidi e viceversa. sono denominati enzimi

del fare e dello sfare perchè mentre un amminoacido viene trasformato in chetoacido,

in contemporanea un chetoacido viene trasformato in un amminoacido. Questi enzimi

servono per due motivi: per poter utilizzare anche quegli amminoacidi che sono

diamminoacidi che provengono dalla dieta tramite frutta e verdura (principalmente

vegetali) e hanno la funzione di modificare gli amminoacidi della serie L in

amminoacidi utilizzabili in determinate attività dell’organismo. Inoltre, il nostro

organismo sa cosa deve sintetizzare e le transaminasi lavorano in funzione della

richiesta di tRNA che portano gli amminoacidi specifici per la sintesi proteica.

Il lisozima ha una catena polipeptidica unica, in quanto sintetizzato da un unico gene.

Esso e costituito da 129 amminoacidi che presentano al suo interno 8 cisteine che

formeranno 4 ponti di solfuro. La distanza di ogni ponte di solfuro è definita ed è

essenziale per dare una forma a fagiuolo, una struttura bilobata con una fessura nel

mezzo dove si può andare a posizionare il peptidoglicano delle pareti batteriche.

Questo enzima si trova nelle lacrime, nel sudore e un po’ nella saliva e inoltre, si trova

in maniera molto abbondante nell’albume delle uova. Essendo l’uovo un potenziale

individuo che nelle prime fasi dello sviluppo, ha necessità di protezione. La natura, a

prescindere dall’uovo (che sia si gallina o qualche altro animale ma anche anfibi e

pesci) ha disposto la presenza di questo enzima che è necessario per proteggersi da

infezioni batteriche. Uno dei problemi delle uova commerciali, quelle prodotte in

allevamenti in batterie, è che spesso questi allevamenti essendo sottoposti a stress

antibiotico generano resistenza verso una serie di batteri e questa resistenza è legata

all’inefficienza e incapacità di protezione da parte del lisozima e pertanto, può essere

alquanto pericoloso. Una delle patologie che si può presentare a causa dell’ingestione

di uova che vengono da sistemi di allevamento in batteria è la salmonellosi. Questa è

altamente aggressiva nelle bambine dei primi anni in quanto la presenza della

salmonella va a indurre modifiche a livello neuronale che possono portare a demenza

e a patologie distruttive. Quindi, questa patologia è alquanto distruttiva e ed è legata

alla inattivazione per la resistenza che i batteri acquisiscono per questo tipo di

crescita, allevamento incondizionato e utilizzo improprio di antibiotici che rendono

queste galline resistenti ma anche le uova diventano resistenti e il lisozima non riesce

a combattere questo tipo di patologia. Il lisozima è un enzima glicolitico e la sua

azione viene perpetuata su questo peptidoglicano, per poter studiare la sua

funzionalità è stato usato un poliNAG, un ripetersi di residui di n acetilglucosammina

che costituiscono la chitina. Nelle coccinelle, ad esempio, il rivestimento sotto il quale

nascondono le ali per protezione è fatto di chitina. Per le nanoparticelle o strutture

polimeriche usate nella biomedicina, la chitina è uno dei polimeri che viene utilizzato

per la costruzione di nanoparticelle e scaffold per la rigenerazione tessutale. In effetti,

lo studio per identificare il sito catalitico è stato fatto da un certo tale che si chiama

Philips il quale riuscì a vedere che sino a quando il poliNag era costituito da almeno 6

residui zuccherini si aveva una cinetica enzimatica (idrolisi) ottimale: se io facevo

reagire il mio lisozima con una esa, epta, o più NAG residui la cinetica era sempre la

stessa e la curva era sempre sovrapponibile. Da sei NAG in giù escluso il sei, quello

che si vedeva è che la curva si spostava verso destra, cioè la Km di questa reazione

enzima-substrato andava crescendo e quindi l’affinità enzima substrato andava a

diminuire per arrivare al triNAG (solo tre residui NAG) che si comportava come un

inibitore di tipo competitivo, quindi quello che Philips ha dedotto da questo

comportamento è che il taglio glicosidico che poteva aversi si poteva avere dal quarto

residuo di NAG e il quinto. Questo perché questo 4 residuo di NAG non sembrava

potersi legare all’enzima con i suoi carbonio-6 e ossigeno-6 e, inoltre era troppo vicino

ad acido glutammico-57 e al triptofano-108 che sono componenti del sito catalitico del

lisozima. Il fatto che c’era questo ingombro sferico, Philips lo ha superato con una e lo

ha visto tramite istolografia tramite una modifica strutturale del residuo D da una

struttura a sedia. Il quarto residuo D cambiava conformazione cambiava

conformazione acquisendo questa struttura a mezza sedia, ciò significa che il carbonio

1, il carbonio 2 il carbonio 5 e l’ossigeno 5 diventano planari, cioè si trovano tutti sullo

stesso piano. Questo è una catalisi per trasformazione e orientamento, questo cambi

conformazionale porta questo legame glicosidico Beta1-4 in una posizione tale che il

legame si troverà a 3 Armstrong di distanza tra un acido glutammico e uno aspartico.

Questa è una condizione per cui il lisozima potrà andare ad attaccare questo legame

beta e romperlo. Questo cambiamento conformazionale oltre a posizionare il legame

glicosidico in maniera ottimale permetteva tutta una serie di interazioni tramite legami

idrogeno con residui amminoacidici del sito catalitico, in più permetteva ai residui E F

di formare dei legami ad idrogeno con alcuni residui specifici e delle interazioni di Van

der Wals, interazioni idrofobiche non molto deboli ma correlate alla distanza

(inversamente proporzionali alla distanza elevata alla sesta) e che per poter avvenire

ci deve essere una interazione fisica molto forte tra enzima substrato. Il fatto che la

rottura avvenga nel legame beta glicosidico 1-4 al livello del residuo tra D ed E è stato

determinato dal fatto che usando un triNAG non o si aveva un effetto di inibizione

competitiva e quindi non si aveva attività enzimatica. Questo significa che la rottura

non poteva avvenire prima di tre residui di zucchero e quindi quello ottimale poteva

essere dal quarto in poi. Il fatto che i cambiamenti conformazionale a mezza sedia e il

posizionamento del legame beta1-4 si veniva ad avere in una posizione ottimale per

una catalisi di tipo acido base ha determinato che questi poteva essere il punto di

catalisi. Questo è stato visto usando un esaNAG in presenza di acqua con ossigeno

radioattivo in cui questo veniva trasferito al livello del carbonio 1 del residuo che

usciva dalla reazione quindi a livello dell’anello D questo dimostrava che questo era il

legame beta 1,4 glicosidico che doveva essere rotto.

Come avviene la reazione di idrolisi mediato dal lisozima sul

peptidoglicano?

E’ una idrolisi acetalica dove si ha una catalisi acido basico e in cui si forma un

intermedio che viene definito ione ossonio stabilizzato da una struttura di risonanza,

che può risuonare in due conformazioni speculari e come intermedio si ha la

formazione di un emiacetale. Quello che succede è che il lisozima avrà due acidi: uno

glutammico-35 e uno aspartico-52 coinvolti nel meccanismo catalitico. Il primo si

troverà in una ambiente idrofobico, ciò comporta che questo acido può essere in forma

protonata, cioè la sua catena laterale deve essere nella conformazione COOH nella

porzione strema. Per essere in questa conformazione e per poter portare il protone si

deve essere in ambiente idrofobico, in ambiente idrofilico non si potrebbe ottenere. Il

fatto che porta un protone alla sua estremità, questo permette all’acido glutammico di

fare una catalisi acida verso l’ossigeno del legame b 14 del legame glicosidico tra

l’anello D e l’anello E, per cui l’acido glutammico cederà il suo protone all’ossigeno

dell’anello E e quindi l’acetilglucosio-ammina del peptidoglicano e questo comporterà

che la parte dell’acido aspartico che invece funzionerà da base perchè in ambiente

l’idrofilico la formazione di un emiacetale. Il fatto che si andrà a formare questo

legame porterà a un distaccamento tra enzima e substrato per cui la molecola d’acqua

potrà entrare nel sistema e l’acqua che si dissocia in ossidrile e protone andrà ad

avere nell’ ossidrile un nucleofilo che andrà ad attaccare il carbonio dell’anello D e

permetterà il distacco del secondo prodotto. Il protone rimasto ritornerà verso l’acido

glutammico per andare a rigenerare nella sua forma originale e in questo nodo si

compie il legane Beta glicosidico.

RIESAMIAMO QUESTO PROCESSO TRAMITE IL MECCANISMO DI

PHILIPS

Egli ha formulato un suo meccanismo di catalisi dove le tipologie di catalisi che

avvengono sono diverse per un enzima che deve rompere il peptidoglicano. Ha

dimostrato che il lisozima si lega all’esosaccaride, questo è il substrato. Nel sito

catalitico si possono entrare 6 residui zuccherini e il reisduo D è quello che subirà la

rottura del legame Beta 1-4 del legame glicosidico. Poichè questo anello D sarà

sempre un residuo di acido di n acetil muranico in quanto nel lisozima il secondo

residuo è sempre un n actilmuranico e la ripetizione è sempre NAG Nam NAG nam,

sarà per forza questo residuo a subire un cambiamento conformazionale (dalla

struttura a sedia a mezza sedia) che gli permette di posizionarsi nel miglior modo nella

tasca catalitica. Il posizionamento non è solo per comodità del substrato, comporterà

un posizionamento del legame beta 1-4 glicosidico ottimale per poter subire l’effetto di

catalisi acido base che verrà mediato da due residui: diacido glutammico che

trasferisce il suo protone all’ossigeno dell’anello D e in questo caso andrà a fare una

catalisi acida generale, il legame tra il carbonio 1 e l’ossigeno viene rotto e si forma lo

ione ossonio con il carbonio 1. A questo punto, il gruppo carbossilico ionizzato

dell’acido aspartico 52 andrà a stabilizzare questo ione ossonio. Questa stabilizzazione

avviene per interazione carica dando origine a una catalisi elettrostatica. A questa

stabilizzazione segue la rottura del legame glicosidico e una distorsione dell’anello D

nella sua conformazione a mezza sedia. Con gli atomi che si posizionano a livello

planare a livello dell’anello D e l’enzima, si ha lo stato di transizione e questa viene

definita “catalisi da legame dello stato di transizione”. In tutte le catalisi vi è un

momento in cui l’enzima e il substrato si trovano nello stato di transizione, subito

prima della rottura del gruppo chimico, quello in cui noi identifichiamo l&rsquo

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
5 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/10 Biochimica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher angelikkia_29 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biochimica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Ghersi Giulio.