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STORIA

DA MARIO E SILLA A GIULIO CESARE

Mario e la riforma dell’esercito

Con la morte dei Gracchi Roma sprofonda nella crisi e in poco tempo si affermano ambiziosi homines novi come Gaio

Mario. Console nel 107 a.C., Mario sconfigge il re della Numidia Giugurta e, rieletto ogni anno dal 104 al 100 a.C.,

difende i Romani dagli attacchi di Cimbri e Teutoni. Il suo nome è legato a un’innovativa riforma dell’esercito, che

trasforma le truppe romane in un gruppo di professionisti stipendiati e legati da vincoli personali al proprio generale.

La dittatura di Silla

Nell’88 a.C. Lucio Cornelio Silla, supportato dal suo esercito personale, marcia su Roma in segno di protesta per

l’ormai inarrestabile potere di Mario. Ha così inizio una sanguinosa guerra civile conclusasi con la sconfitta dei

seguaci di Mario a Porta Collina (82 a.C.) e l’inizio della dittatura di Silla, un regime del terrore.

Pompeo e il primo triumvirato

Quando Silla si ritira a vita privata (79 a.C.) il senato affida a Gneo Pompeo, esponente dei conservatori, il compito di

risollevare le sorti della città. Sconfitti i ribelli guidati da Sertorio in Spagna (72 a.C.) e sedata la rivolta di Spartaco (71

a.C.), Pompeo si lega al partito dei populares, ottenendo prima il consolato con Marco Licinio Crasso (70 a.C.) e poi

l’imperium maius per sconfiggere i pirati nel Mediterraneo e Mitridate. Al suo rientro stipula con Crasso e Giulio

Cesare il primo triumvirato.

L’ascesa di Cesare

Grazie al triumvirato Cesare è eletto console nel 59 a.C. e subito dopo ottiene un comando proconsolare di cinque

anni nelle Gallie, prolungato di altri cinque anni con il patto di Lucca (56 a.C.). quando però il senato nomina

Pompeo consul sine collega per arginare i disordini a Roma e ordina invece a lui disciogliere le sue legioni e rientrare

dalla Gallia come privato cittadino, Cesare oltrepassa in armi il Rubicone dichiarando guerra a Roma. Scoppia una

nuova guerra civile, che sancisce la fine di Pompeo e dei pompeiani. Nel 45 a.C. Cesare, nominato dittatore a vita,

inizia il suo programma di riforme accentrando tutti i poteri nelle sue mani; il 15 marzo del 44 a.C. è ucciso in una

congiura.

Il piacere dell’otium

Davanti alla corruzione e all’individualismo dilaganti, i valori e il sistema religioso tradizionali entrano in crisi. Molti 20

aristocratici preferiscono la tranquillità dell’otium e si ritirano a vita privata, avvicinandosi ai culti misterici orientali e

alle filosofie ellenistiche (soprattutto l’epicureismo), che promettono la pace interiore e la felicità, o dedicandosi alla

letteratura.

➢ LUCREZIO

Scarse e incerte sono le notizie sulla vita di Lucrezio: si può fissare la data di nascita intorno al 98 a.C. e la data della

morte intorno al 55 a.C. Quest'ultima sembra confermata da un giudizio sul poema lucreziano che leggiamo in una

lettera di Cicerone al fratello Quinto, scritta nel febbraio del 54 a.C., dalla quale si desume che i due fratelli si

stessero occupando dell'opera di Lucrezio in vista della pubblicazione postuma.

Come Lucrezio tace su Roma, così Roma tace su Lucrezio. Sappiamo che si chiamava Tito e che il cognomen era

Caro.

Le notizie relative alla pazzia intermittente e al suicidio sono anch'esse controverse: è probabile che si tratti

semplicemente di una leggenda denigratoria nata in ambito cristiano, giacché il poeta si era impegnato a fondo per

dimostrare la mortalità dell'anima e l'inesistenza di una vita oltre la morte, ma altri studiosi hanno cercato nel De

rerum natura conferme circa la notizia, individuando nel poema tracce di una psicosi ciclica di cui il poeta avrebbe

sofferto, con alternanza di fasi di euforia e di depressione (questo tipo di indagine appare metodologicamente

scorretto: il De rerum natura, rispetto a molti altri testi di poesia, non può non apparire, a qualsiasi lettore non

prevenuto, frutto di una mente eccezionalmente lucida, oltre che dotata di straordinaria potenza fantastica e

creativa).

C’è da dire che nell’epoca di Cesare e Cicerone l’epicureismo era ormai accettato nella buona società romana: si può

dire anzi che, durante tutto il I secolo a.C., era diventata la “filosofia di moda” presso alcuni ambienti dell’aristocrazia

più colta. Nessuno dei grandi persoanggi di Roma praticò pubblicamente l’epicureismo; molti di loro, però,

protessero filosofi epicurei, e anzi alcuni tra i massimi poeti romani dell’epoca di Augusto furono seguaci o

simpatizzanti di Epicuro: in particolare, Orazio e Virgilio.

Dedicato a Memmio, un illustre personaggio appartenente al partito degli ottimati, pretore nel 58 a.C. e propretore

in Bitinia nel 57 a.C., il De rerum natura è un poema epico didascalico in esametri, suddiviso in sei libri:

“didascalico” in quanto suo oggetto è l'esposizione della filosofia epicurea, mentre l'aggettivo epico rinvia in

primo luogo al metro con cui il poema è composto e in secondo luogo rimanda ai toni entusiastici con cui

Lucrezio celebra Epicuro, il filosofo eroe che ha dato agli uomini un messaggio di salvezza. Il titolo del poema

richiama quello di numerose opere di filosofi greci e dello scritto più importante di Epicuro, che costituì

probabilmente la fonte principale del poeta latino, ma che, tuttavia, non era un poema, bensì un trattato in prosa,

giacché Epicuro aveva espresso sulla poesia severe critiche e forti riserve, giudicandola lettura non soltanto inutile

per il raggiungimento della verità e della saggezza, ma addirittura nociva, in quanto, tramite di menzogne,

incentivava le passioni. Lucrezio, dal canto proprio, sceglie la forma poetica per rendere gradevoli e accessibili i

contenuti impegnativi: in un'importante dichiarazione di poetica egli si presenta ispirato e stimolato dalle Muse a

esplorare strade mai tentate da altri e preannuncia con orgogliosa sicurezza la gloria che deriverà al suo poema

sia dai contenuti sia dalla forma, capace di illuminare argomenti difficili grazie alla chiarezza dell'esposizione e al

fascino della poesia. Lucrezio, in questo modo, ribadisce il valore strumentale della forma poetica, destinata a

mediare in modo efficace contenuti salutari ma difficili, che altrimenti riuscirebbero ostici al lettore: dice infatti di

voler esporre in versi la dottrina epicurea, così come i medici, dovendo somministrare ai bambini un'amara

medicina, cospargono di miele l'orlo della tazza.

Il filone in cui Lucrezio si inserisce è quello scientifico-filosofico, che trovava nella letteratura greca il suo più

autorevole esponente in Empedocle, autore di un poema in esametri Sulla natura: Lucrezio tesse un entusiastico

elogio di Empedocle, pur affermando di non condividerne la dottrina, indicandolo come suo modello. Con

Empedocle Lucrezio ha in comune non solo la forma in esametri, l'argomento e numerosi procedimenti espositivi 21

argomentativi, ma anche la profonda convinzione di una missione da compiere per il bene dell'umanità: Empedocle

si era presentato come vate ispirato dalla divinità, e aveva proclamato un messaggio di salvezza valido per tutti gli

uomini; allo stesso modo, Lucrezio fa coincidere canto poetico e messaggio salvifico.

La straordinaria originalità dell'opera lucreziana emerge già dal proemio, che si apre con una solenne preghiera

rivolta a Venere, dea protettrice dei romani: simbolo della forza generatrice della natura e della felicità che deriva

all'uomo dalla conoscenza e dall'accettazione delle leggi naturali, la richiesta alla dea di assicurare la pace ai romani

è in contraddizione con la teologia epicurea, secondo cui gli dei vivono negli intermundia assolutamente estranei e

indifferenti alle vicende degli uomini, ma si spiega come un omaggio alla tradizione letteraria, oltre che come una

forma di captatio benevolentiae nei confronti del pubblico dei lettori romani. Dopo l'inno, il proemio prosegue con

un breve elogio di Epicuro, esaltato come l'eroe che ha saputo farsi salvatore dell'umanità. A questo punto il poema

narra l'episodio del sacrificio di Ifigenia, figlia di Agamennone, immolata dal padre per propiziare la partenza della

flotta greca per la guerra di Troia, con chiaro intento polemico antireligioso, uno dei motivi conduttori del suo

poema.

L'opera è strutturata in tre gruppi di due libri ciascuno: l’atomismo nel I-II, l'antropologia nel III-IV, la cosmologia

nel V-VI.

● Libro I > presenta la dottrina degli atomi, particelle elementari di cui è composta tutta la realtà, e il poeta

spiega come questi ultimi si aggreghino tra loro secondo molteplici combinazioni formando i corpi, per poi

disgregarsi, provocando la dissoluzione dei corpi stessi, e riaggregandosi in altri corpi, continuando il loro

incessante movimento nello spazio vuoto: nulla si crea e nulla si distrugge e non esiste alcuna realtà al di

fuori della materia costruita dagli atomi, materia eterna perché gli atomi sono indistruttibili;

● Libro II > si apre con un proemio in cui l’atarassia, la serenità imperturbabile del sapiente, viene

contrapposta alla stoltezza e infelicità della maggior parte degli uomini, travagliati dalle passioni: solo la

ragione può liberare gli uomini dalle ansie e dalle paure che li tormentano. Riprende poi la trattazione del

movimento e combinazione degli atomi, resi possibili dal clinamen, la deviazione o inclinazione che

interviene a modificare la traiettoria verticale secondo cui gli atomi si muovono nel vuoto. Nell'ultima

parte Lucrezio afferma che nello spazio infinito esistono infiniti altri mondi, formatisi dalla casuale

aggregazione degli atomi, e destinati a declinare, decadere e perire;

● Libro III > si apre con una solenne celebrazione di Epicuro, per poi spostarsi al trattamento dell'anima e

della sua natura mortale. Scopo del poeta è liberare gli uomini dalla paura della morte: viene dunque

dimostrata la natura materiale e mortale sia dell'anima, principio vitale diffuso in tutto il corpo, sia

dell'animus, la mente, sede delle facoltà razionali: essi sono composti di atomi, destinati a disperdersi al

momento della morte. L'anima non può sussistere senza il corpo, né può sopravvivere dopo il distacco da

esso: nel momento in cui l'organismo umano si dissolve, cessa ogni forma di coscienza e di sensibilità,

dunque la paura della morte è fondata su credenze vane ed errate;

● Libro IV > svolge la teoria delle sensazioni, provocate da aggregazioni di atomi sottilissimi, simulacra, che

si staccano dagli oggetti e dai corpi e che vanno a colpire i sensi. Vengono quindi illustrati il funzionamento

dei sensi stessi e il modo in cui i simulacra determinano le immagini che vediamo nei sogni;

● Libro V > tratta dell'universo, che non è eterno, ma che, anzi, giacché ha avuto un pri

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A.A. 2023-2024
76 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mariaromano532 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura latina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara o del prof Domenicucci Patrizio.