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Dydima. Particolari della trabeazione dell’ordine esterno del tempio di Apollo.

Al mondo romano è riconducibile anche parte della trabeazione della fronte che adotta un architrave a tre

fasce di tradizione micro-asiatica strettamente legato a modelli tipicamente micro-asiatici: la combinazione

cavetto-kyma ionico-astragalo che si ricordi è quella introdotta da Ermogene; appare già nel mondo attico

di V secolo, ma da Ermogene in poi diventa l'elemento riconoscibile della produzione micro-asiatica.

Al di sopra vi era poi un fregio decorato con protomi di gorgone, apparentemente di scuola

di Afrodisia, quindi di tradizione scultorea micro-asiatica, ma tipica della produzione imperiale; apparendo

un tantino kitsch, caratterizzano nel complesso l'edificio.

Dydima. Particolari dell’ordine esterno di epoca romana del tempio di Apollo.

LEZIONE N.25a 4 marzo 2020

In questa immagine si veda l'ordine romano, quindi l'architrave a fasce, le modanature di coronamento, il

fregio con gorgoni, il kyma ionico di raccordo e quindi ancora sopra dentelli la cui testata è decorata con

motivi vegetali, un kyma lesbio di raccordo e il gocciolatoio che invece non c'è perché non è mai stato

realizzato.

Anche i capitelli della fronte sono anomali e un tantinello kitsch, per cui normalmente caratterizzati nel

luogo delle volute da protomi divine e da protomi taurine poste in asse mentre invece in corrispondenza

dell'angolo vi sono dei capitelli angolari con molti animali fantastici disposti in corrispondenza delle

diagonali.

Si diceva che l'edificio non viene mai completato, rimane in uno stato incompiuto e mancando il gocciolatoio

vuol dire che manca il tetto, ma le sue dimensioni colossali sono ancora oggi chiaramente visibili.

Dydima. Ordine esterno e sezione trasversale ingrandita del tempio di Apollo.

Da questa sezione è possibile vedere la crepidine esterna, lo stilobate su cui sorgono i due filari di colonne

della peristasi laterale, quindi l'ordine esterno non completato con il cassettonato marmoreo, i muri della

cella, poi ancora l’ordine interno. La sezione guarda verso il chresmographeion, allora si noti la gradinata

con i relativi tre portali, che conducono proprio al chresmographeion, scanditi da semicolonne corinzie,

mentre invece paraste con capitelli a sofà si sviluppano lungo tutto il perimetro dell'adyton. L'accesso

al chresmographeion, come già detto, avveniva attraverso una rampa inclinata che sbucava dalla porta più

piccola in basso in questo spazio scoperto, ipetro, dove c’era il boschetto sacro e il naiskos.

Un’osservazione. I capitelli corinzi delle semicolonne, replicati poi integralmente nelle colonne interne

al chresmographeion, anch'esse corinzie, sono tra le più prossime imitazioni del modello di Epidauro e

conseguentemente si può dire che sono un portato peloponnesiaco.

Poiché il capitello proviene dal Peloponneso, l'intera colonna è di modello peloponnesiaco e quindi anche la

base è una base attica e non asiatica. Anche le paraste con il capitello a sofà sono un portato

peloponnesiaco, infatti questi capitelli hanno un'origine lontana in età arcaica proprio nel Peloponneso e

continuano a vivere nell'occidente greco, poi hanno una loro ripresa nel IV secolo nuovamente nel mondo

peloponnesiaco, ed infine riappaiono qui, anch’essi combinati con basi attiche e non asiatiche; peraltro

riappaiono anche nel Mausoleo di Alicarnasso. LEZIONE N.25a 4 marzo 2020

Dydima. Sezioni trasversali del tempio di Apollo.

Qui sono riportate due sezioni, complete questa volta: una sezione guarda verso il chresmographeion e

mostra i tre portali, le due semicolonne corinzie e quindi le paraste, mentre l’altra guarda verso il lato

opposto, mostra allora il tempio vero e proprio con uno sfondo formato dalle paraste sormontate dai capitelli

a sofa decorati con dei fregi animali che poi continuano anche a coronamento del muro della cella.

Va notato che l'adyton è nettamente più basso dello stilobate, per cui rispetto allo stilobate si scende

nell'adyton che raggiunge quindi la quota del terreno o forse una quota anche più bassa.

Dydima. Tempio di Apollo: a) accesso all’adyton; b) acesso al sottotetto; c) particolare del labirinto.

Nell’immagine a sinistra è riportata la rampa inclinata di cui si è parlato: dal pronao, attraverso il primo

ambiente coperto a cassettonato, si accede a una rampa inclinata coperta da volte a botte, lastricata in

marmo, che porta giù qui sul fondo dove vi è un portale dorico, una specie di propileo, che poi introduce

verso l'adyton. LEZIONE N.25a 4 marzo 2020

La seconda immagine mostra le scale coperte, accessibili dal chresmographeion, da un soffitto decorato

con meandro in cui si vedono ancora chiaramente tracce di colore, rosso e blu, e che appunto prendeva il

nome antico di labirinto.

Dydima. Chresmographeion del tempio di Apollo. Dydima. Capitelli corinzi del tempio di Apollo.

Quest’altra immagine mostra la famosa soglia alta 1.80 m con il pronao antistante, mentre la seconda

immagine raffigura una ricostruzione dei capitelli corinzi.

Il capitello corinzio, come si può notare, è strettamente dipendente dal modello di Epidauro fatto salvo per

la presenza di una palmetta al posto del fiore d'abaco. Un capitello di questo tipo lo si è già visto nel

Mausoleo, attribuito a Lisimaco, sempre in Asia Minore, probabilmente più tardo, degli inizi del III però

naturalmente derivato da questi modelli sempre di tradizione peloponnesiaca.

Dydima. Resti del tempio di Apollo.

In queste immagini si vede la situazione reale con i portali che sbucano nell'adyton, le gradinate che portano

nel chresmographeion, il grande cortile lastricato, le fondazioni del tempio centrale e le rampe che portano

ad esso. Dydima. Capitelli a sofà del tempio di Apollo.

LEZIONE N.25a 4 marzo 2020

Questi sono i capitelli a sofà molto decorati con delle volute in angolo e una decorazione a girali d'acanto

con decorazioni animali, in questo caso grifi che si affrontano araldicamente in corrispondenza di una

decorazione centrale. Dydima. Disegni del progetto esecutivo incisi sul muro del sekòs.

Sulle pareti interne, all’altezza del basamento, sono stati rinvenuti incisi e rubricati dei disegni, come quello

in figura: si tratta degli esecutivi per la realizzazione del tempio.

Questi di fatto rappresentano il diametro della colonna, mostrano come realizzare la scanalature.Sotto vi

sono i profili disegnati del toro e del tondino alla base del fusto, poi vi è una rappresentazione

ideogrammatica dell'entasis.

Poiché la curvatura dell'entasis consiste in un arco di cerchio con un raggio enorme, che non può essere

rappresentato in scala 1:1, le maestranze qui hanno rappresenta in tale scala tutte le misure orizzontali e

in scala ridotta tutte le misure verticali, quindi la distanza fra due linee orizzontali, che nel disegno è di

un digito, ovvero 2 cm, corrisponde a 20 cm nella realtà.

Le colonne venivano montate con delle fasce lisciate che corrispondono a questi livelli, dopodiché venivano

scolpite e attraverso questi disegni, queste linee che segnano i diametri le diverse altezze della colonna, si

capiva quanta parte da rimuovere c’era fino a congiungere due fasce successive.

Quest'uso di realizzare gli esecutivi direttamente sull'edificio, rinvenuto a Dydime, ha dato inizio alla ricerca

in altri edifici dove vi sono condizioni di non finito come nel tempio di Priene. Lo si ritrova a Dydime perché

l’edificio non era stato completato ed infatti al termine avrebbero dovuto levigare il podio e queste tracce

sarebbero sparite. Incisioni di questo tipo sono state rilevate anche presso il piazzale del Mausoleo di

Augusto a Roma, nella pavimentazione in marmo.

Proprio presso quest’ultimo venivano immagazzinati i materiali che servivano per la realizzazione dei

monumenti per Roma poiché questo era molto vicino al porto di Ripa piccola, dove approdavano le navi

che portavano i marmi dai magazzini di marme di Ostia. I materiali poi non venivano portati ancora allo

stato di blocchi presso l'edificio da costruire, venivano lavorati in questo piazzale; ecco perché sulla

pavimentazione sono stati trovati tutti gli schemi di ricostruzione dell'ordine architettonico del Pantheon.

Dydima. Tempio interno del tempio di Apollo. Pianta e ricostruzione prospettica.

LEZIONE N.25a 4 marzo 2020

Dydima. Prospetti del tempio interno del tempio di Apollo.

Il tempio interno è un prostilo tetrastilo di tradizione micro-asiatica con alcune influenze del mondo

peloponnesiaco della Madre Patria.

Elementi tipicamente micro-asiatici sono le colonne con le relative basi, fusti e capitelli, la trabeazione con

architrave a fasce e il coronamento; elementi di sicura introduzione dal mondo del Peloponneso sono la

base attica delle ante, la modanatura del toicobate ed infine l'introduzione, per la prima volta in Asia Minore,

di un elemento interposto tra architrave e sottocornice a dentelli, ovvero quel “fregio” che si è visto apparire

nel Philippeion di Olimpia come primo caso di compresenza di fregio e dentelli; a partire dal 300 a.C.

quest’ultimo fa la sua apparizione anche in ambiente micro-asiatico.

Si è già detto che per la loro natura il fregio e i dentelli sono elementi tra loro incompatibili: il fregio è la

mascheratura della travatura orizzontale e i dentelli sono la travatura orizzontale stessa; mettere insieme

fregio e dentelli vuol dire ripetere due volte lo stesso elemento architettonico e non ha senso. Non a caso

tale combinazione fa la sua apparizione in un contesto culturale che non è ionico ma è dorico, quindi

maestranze doriche, che realizzano architetture ioniche nel Peloponneso, per la prima volta, ne fanno una

commistione illogica.

La penetrazione nel mondo ionico è più difficile perché qui la sensazione che i due elementi siano

incompatibili tra di loro è molto forte. Allora la prima apparizione effettivamente non è propriamente un

fregio, ma è sostanzialmente una modanatura perché profilata a gola diritta (come quella della Tholos di

Epidauro) e decorata con motivo ad anthemion, ovvero con un motivo vegetale ripetuto; se fosse stato un

fregio avrebbe dovuto avere una figurazione continua con una scena figurata.

Quindi viene, sì, recepito, ma come se fosse una modanatura aggiuntiva, un modo per rendere più ricca la

decorazione della trabeazione. Questa prima pre-apparizione, naturalmente, aprirà la strada alla diffusione

del vero e proprio fregio, che già alla fine del III secolo lo si ritrova, per esempio, nel tempio di Artemide

Leukophryene (un fregio con una amazzonomachia).

Può essere interessante notare che l'origine comune di questa tipologia, visto che qui troviamo numerosi

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