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ISTITUZIONI DELL’ECONOMIA MONDIALE
Dal 1948 al 1958 l’economia mondiale crebbe notevolmente, perciò questo boom economico fu un impulso alla globalizzazione
dato che intensificava i movimenti intercontinentali.
Nell’ordine politico mondiale dell’ONU doveva accompagnarsi un ordine mondiale dell’economia; nella Conferenza di Bretton
Woods (1944) ci si accordò sulla cornice giuridico-istituzionale da fornire all’economia mondiale, la quale doveva impedire che i
problemi economici fossero affrontati con l’imposizione di limitazione agli scambi e inoltre doveva operare in modo tale che la
cooperazione internazionale si coniugasse con una politica della piena occupazione, e i principi fondamentali erano:
• Regime fisso dei cambi .
• Libero scambio di merci e capitali.
• Libertà nazionale di intraprendere iniziative di politica economica.
Per questo furono create le istituzioni ancora oggi fondamentali:
• Banca Mondiale : scopo di erogare crediti per la ricostruzione e la modernizzazione economica di lungo periodo
• Fondo Monetario Internazionale : scopo di creare un regime di cambi fissi e di aiutare gli Stati membri a risolvere i
problemi di breve periodo riguardanti le bilance dei pagamenti.
• GATT (General Agreement on Tariffs and Trade): sede in cui negoziare la riduzione dei dazi.
Gli Stati Uniti cancellarono i debiti degli alleati, ma si aspettavano in cambio l’abolizione dei sistemi protezionistici e i dazi
imperiali britannici.
Ma in Occidente si definì uno spazio per il multilateralismo economico e gli elementi d’interesse sono:
• La rovina economica dell’Europa e il predominio degli Stati Uniti impedirono che si instaurasse una nuova divisione
internazionale del lavoro; ma nel 1947 gli USA operarono un programma di ricostruzione con la messa in campo dei
principi di Bretton Woods: il Piano Marshall, il quale aiutò gli europei a finanziare la ricostruzione, a sostenere il
consumo e ciò li costrinse a cooperare.
• Le istituzioni di Bretton Woods non avevano funzionarono come previsto, ma furono il punto di riferimento dell’attività
politico-economica e la base degli scambi economici; perciò al posto della rigida applicazione di tali principi, si realizzò
una liberalizzazione parziale su scala ridotta, infatti l’estensione e l’intensità degli scambi furono a livello inferiore
rispetto al 1913.
• Durante la guerra fredda le elites politiche occidentali si ritenevano reciprocamente dipendenti, inoltre la politica di
difesa era più facilmente realizzabile in un clima di concorrenza sistematica e ciò rafforzò l’accettazione degli accordi
dell’economia internazionale.
• La semplice ricostruzione si era trasformata in una notevole crescita economica e ciò produsse un clima di ottimismo.
Negli anni ’50 gli indici della bilancia commerciale e dei pagamenti degli Stati Uniti furono per la prima volta negativi e
questo era il segnale della ripresa dell’Europa e della normalizzazione dell’economia internazionale.
L’integrazione economica mondiale condusse al fallimento del sistema di Bretton Woods; nel 1961 con la libera convertibilità
delle valute, con cui si era realizzata una parte dell’ordine di Bretton Woods, il dollaro americano fu sotto pressione e il suo
valore fu mantenuto solo grazie a misure d’emergenza, perciò davanti all’alternativa di ridurre la spesa o di abbandonare la
difesa del corso del dollaro, l’amministrazione Nixon nel 1971 scelse la seconda opzione e svincolò il dollaro dall’oro.
Il sistema di Bretton Woods fallì a causa delle sue contraddizioni interne, causate da lacune nel sistema che diedero avvio ad
una globalizzazione al di fuori dei canali istituzionalizzati che dipese principalmente dal mercato dell’eurodollaro, ovvero dollari
guadagnati in operazioni esterne agli Stati Uniti depositati in banche europee ed erogati in forma di crediti.
La maggior parte dei canali della rete economica rimase sottoposta a una stretta regolamentazione statale. Allo sviluppo dei
mercati di capitale può essere paragonato quello della navigazione, ma rappresentava solo una parte dei sistemi terra-mare
sempre più integrati, che attraverso le innovazioni come i container e le pipe-lines, divennero sempre più efficienti.
La regolamentazione statale si fece sentire maggiormente nel trasporto aereo, il quale si sviluppò rapidamente negli anni ’50
con l’introduzione dei primi aerei commerciali (Boeing 707) e ciò portò ad un sistema globale di aeroporti; però le compagnie
aeree non erano gestite secondo i principi dell’economia del mercato, ma erano sovvenzionati dallo Stato e quindi operavano in
mercati protetti. L’intervento dello Stato è stato evidente anche nel settore delle infrastrutture di poste e telecomunicazioni e
nei gruppi industriali multinazionali, ovvero la costruzione da parte delle imprese di filiali all’estero che utilizzavano il know-how
tecnologico e manageriale della casa-madre; la loro attività era segnata dalla politica dei dazi e dei trasferimenti e allo stesso
tempo si erano procurati un notevole spazio d’azione. Oggi i singoli segmenti della produzione delle multinazionali vengono
trasferiti nei luoghi in cui costano meno, grazie alla liberalizzazione dei mercati delle merci e dei capitali.
Navigazione, commercio, multinazionali, telecomunicazioni e traffico aereo hanno creato reti mondiali, inglobano anche il Terzo
Mondo, l’URSS, ma non la Cina; inoltre gli Stati perfettamente incorporati all’economia mondiale erano quelli produttori di
petrolio nel Vicino e Medio Oriente, la quale era la fonte di energia per il mondo sviluppato.
Al di fuori dell’Occidente predominava una politica economica basata sul modello della rapida industrializzazione sotto una
direzione economica centralizzata e caratterizzata da un rapporto selettivo con l’economia mondiale; questa strategia venne
perseguita anche dagli Stati del Terzo Mondo, i quali ritenevano l’economia mondiale responsabile del sottosviluppo e perciò si
esclusero da essa.
GLOBALIZZAZIONE SOCIOCULTURALE?
Negli anni ’50 si diffuse l’immagine di un mondo integrato e uniformato dal processo di modernizzazione, infatti le società
moderne e industrializzate, caratterizzate da crescita economica, burocratizzazione e organizzazione sociale sempre più
complessa, venivano distinte dalle comunità tradizionali e non industriali, le quali venivano definite “paesi in via di sviluppo”.
Nonostante questo, lo sviluppo sociale del periodo era segnato di più dalla frammentazione che dalla globalizzazione, infatti vi fu
la separazione etnica in Israele e in India, dalla quale vi fu separato il Pakistan.
L’ampliarsi della società dei consumi nell’Europa, grazie ai mass media e al consumo di massa, definita anche come
“americanizzazione”, segnava il fatto che il benessere fosse la possibilità di acquistare beni di consumo già diffusi negli USA, ma
questo concetto venne affiancato da una distanza critica nei confronti dell’americanizzazione della società.
Negli anni ’60 vi furono una serie di tendenze interconnesse alla globalizzazione socioculturale, infatti aumentarono gli incontri
tra persone provenienti da diversi continenti, poiché molte si spostavano dalle colonie alla madrepatria e ciò permise alle
grandi città europee di diventare metropoli multiculturali, le quali si svilupparono anche altrove, solo nel mondo comunista le
limitazioni alla libertà di movimento e la separazione dall’economia mondiale circoscrissero le esperienze di globalizzazione.
Gli europei, il cui tenore di vita aumentava sempre più, iniziarono a trascorrere le vacanze all’estero grazie anche ai voli charter,
e perciò si svilupparono le periferie del divertimento, in cui i flussi turistici arrivarono a determinare le opportunità di lavoro e
le entrate fiscali.
La globalizzazione della produzione e del consumo di massa e dei mass media era l’obiettivo dei programmi di modernizzazione,
mentre la crescita era in comune ai progetti sociali.
L’omogeneizzazione globale degli stili di consumo della civilizzazione industriale avanzò rapidamente innanzitutto grazie ai
prodotti americani commercializzati a livello globale, come la Coca-Cola; inoltre la televisione, il cinema e la pubblicità resero i
beni di consumo occidentali o i prodotti locali ispirati a modelli occidentali, elementi di vita quotidiana; però il fatto che già
questa fu una forma di occidentalizzazione del mondo è dubbia per alcuni motivi:
• Con le imprese multinazionali americane arrivarono in Europa nuovi prodotti e nuovi gusti, ma non giunsero i criteri di
gestione delle imprese o le istituzioni economiche.
• L’occidentalizzazione della cultura poteva verificarsi solo dove gli importatori si ripromettevano vantaggi sociali,
economici o culturali dall’adattamento al contesto locale.
La modernità globale ebbe alcune contraddizioni, infatti dove si erano realizzate dove l’industrializzazione veniva gestita
all’interno degli Stati autoritari, vi furono numerose rivendicazioni di libertà e di emancipazione più ampia. I movimenti di
protesta degli anni ’60 furono una reazione all’omologazione dl mondo all’insegna di consumo e ricchezza realizzata con i mezzi
della repressione statale. La guerra del Vietnam (dal 1965 impiegate le truppe americane) unificò le proteste e mise in contatto i
movimenti:
• Offrì ai movimenti emancipazionisti il nemico comune , ovvero l’imperialismo e il capitalismo americani, e anche nuovi
modelli: la rivoluzione culturale di Mao, l’attivismo rivoluzionario di Che Guevara, i quali erano ideali alternativi di
natura rivoluzionaria. Inoltre l’esportazione delle idee politiche cambiò direzione e la Cina ebbe influenza sul
programma politico di tutto il mondo.
• La guerra arrivò al pubblico tramite i servizi televisivi e si affermava che il mondo si era trasformato in un villaggio
globale.
• L’effetto delle immagini televisive operò sull’opinione pubblica americana in senso sovversivo; inoltre anche la musica
d’intrattenimento di ispirazione americana fu utilizzata come simbolo della protesta contro la politica americana stessa,
infatti la musica pop divenne una forma di espressione globale per la protesta contro la società di mercato.
Negli anni ’60 e ‘70 il problema dei danni all’ambiente e del clima terrestre (esauribilità delle risorse disponibili) come problema
globale divennero oggetto di discussione politica; l’Earth Day (1970), in cui 20 milioni di americani manifestarono contro la
distruzione della natura, e il rapporto del Club di Roma (1972) furono un’importante presa di coscienza.