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LA MODA CUBISTA
La moda cubista si presenta in simbiosi con l’avanzamento tecnologico avvenuto ad inizio Novecento,
mostrando caratteri rigidi, cubici e meccanomorfi se ispirati al mondo delle macchine, e fluidi ed
elettromorfi se ispirati alle onde elettromagnetiche. Il superamento della natura implica inoltre
un’eliminazione dell’ornamento, ritenuto superfluo.
ADOLF LOOS (1870)
Loos già a fine Ottocento pone le basi di una nuova moda in un articolo pubblicato su La moda maschile nel
quale sostiene ci si debba “vestire in modo da dare il meno possibile nell’occhio”, scompariranno gli
ornamenti. Per la moda femminile si schiera invece contro gli abiti simbolisti-espressionisti dicendo: “L’abito
lungo fino ai piedi è il contrassegno comune delle persone che non svolgono un’attività fisica”. Predizioni che
si avvereranno nella moda di Chanel e Patou, che elimineranno colori e decori. “L’ornamento non soltanto è
opera di delinquenti ma esso stesso un delitto”
La moda che Loos propone è asciutta priva di elementi decorativi che si contrappone a quella moda che ne
inserisce moltissimi, come quella simbolista. Si vedrà nel corso del Novecento una contrapposizione tra
queste due visioni della moda, che vedrà da un lato lo schieramento del Io e SuperIo freudiano, con il Cubismo,
e dall’altro dell’Es, con il Simbolismo-espressionismo.
COCO CHANEL (1883)
Aveva avuto una vita difficile, era cresciuta in un orfanotrofio di suore da cui riprese l’amore per gli abiti
asciugati e neri, il padre si rifece vivo solo quando divenne ricca. Perse il suo primo amore Boy Capel in un
incidente e successivamente anche Paul Iribe (Illustratore di Poiret). Fu accusata di collaborazionismo con i
nazisti, perché ebbe una storia con un generale nazista, ma pare lo abbia fatto solamente per salvare il nipote
che era imprigionato in un campo di concentramento. Proprio queste sue vicende di vita la pongono come
modello dell’empowerment femminile che si stava diffondendo in quegli anni e della donna di affari emancipata
economicamente, non più quindi relegata alla casa.
Chanel rappresenta nella moda di inizio Novecento quello schieramento che vede prevalere la razionalità
delle forme geometriche, imposte dal Cubismo di Picasso, che era amico della stilista. Rispetto ai Simbolisti-
espressionisti, la volontà di Chanel sta nell’operare in “togliere” cioè nel semplificare le forme rendendole
geometriche.
Una foto di quando era piccola dove lei è travestita da uomo rappresenta ciò che diventerà, e quindi la sua
indole stilistica.
Nella sua foto più famosa è vestita di nero, il look ha pochissime decorazioni, l’unica è il giro di perle
(Lagerfeld esordirà sostituendo alle perle dei catenoni dorati ispirati ai rapper oppure caricherà le perle
rendendole enormi), indossa anche un braccialetto di bigiotteria.
Critica e detesta la silhouette impettita e gli abiti con tessuto superfluo come lo strascico, repellendo questo
stile.
Coco era una cantante da giovane, e per una canzone che era solita cantare, le fu attribuito questo soprannome.
Inizia come modista, disegnando e progettando cappelli , che contrae ed asciuga, rimpicciolendone la tesa
rispetto ai cappelli usuali presenti in quel periodo (i Simbolisti non utilizzano i cappelli, ma danno importanza
alle acconciature; mentre gli Espressionisti ne fanno grande uso inserendo anche piumaggi e decorazioni).
Lavorare con i copricapi le permise di riflettere in termini di struttura e volume. I cappelli di Chanel sono più
secchi e torniti, hanno infatti uno stile geometrico privo di aggiunte e decorazioni. I cappelli hanno movimento
ma le forme sono asciutte e squadrate.
Nel 1913 apre la sua prima boutique a Deauville e diventa una star della haute couture. Terminata la Grande
Guerra, così si trasferisce a Parigi. Inizia ad accostare alla produzione di cappelli anche quella di
abbigliamento che appare completamente rivoluzionario ed innovativo. I suoi abiti prendevano spunto: dal
guardaroba maschile, dalle tute da lavoro e dall’abbigliamento sportivo. Il corpo della donna non viene
riempito di fronzoli e modellato, ma viene ricoperto con linee ampie e larghe che lascino al corpo libertà di
movimento.
Inizia la sua carriera di couturier con abiti (no a bustino e crinolina) ancora fluidi e privi di elementi decorativi;
prosegue poi inserendo elementi che richiamano alla moda maschile, mescolando registro maschile e
femminile, per esempio con cappelli semplici simili a quelli da uomo, inizia anche ad utilizzare il quadrato
nero su sfondo bianco. Il suo stile arriva con l’introduzione di una nuova forma, nel 1921 con un abito che
presenta due sole tasche quadrate che vanno a sostituire la borsa, la gonna è tagliata a metà polpaccio.
Ispirandosi alle tute da lavoro utilizza per la prima volta il jersey, si ispira agli operai ed al mondo maschile,
(la tuta fu inventata però da Tayat), il cappello sembra essere una cuffia che copre gli elementi organici
(precede quella degli anni 20). Chanel deve ottimizzare la bellezza femminile attraverso elementi geometrici,
creando una nuova anatomia basata su forme meccanomorfe. Diceva di sé stessa: “Sono stata lo strumento
del Destino per un operazione di repulisti”.
Realizza per la prima volta una tuta che indossa lei stessa, ispirata ad una tuta da pescatore, durante il periodo
della guerra, Chanel infatti si sposta in Normandia dove credeva di trovare delle clienti, ma le nobildonne non
erano ancora pronte alla sua moda nuova. Le forme sono semplici, negli abiti realizza bluse ispirate
all’abbigliamento da lavoro.
“Ho restituito la libertà al corpo delle donne”; lei realizza abiti con i quali le donne potevano fare le stesse
cose degli uomini, come i pantaloni. In una foto si vede lei a cavallo con i vestiti di Boy riadattati sulla sua
figura, indossando i pantaloni, la cravatta e la camicia dell’amante.
Il tubino: è il prototipo della suprema geometria delle forme (Malevic), è un abito fatto di geometrie e quadrati.
Disegnato per la prima volta da Coco nel 1926, con il nome di ‘petite robe noire’. Questo abito fu copiato
spessissimo (Givenchy in “Colazione da Tiffany). Chanel non voleva si vedesse l’anatomia e la natura del
corpo che tentava di ricoprire di geometrie, detestava, infatti, ginocchia e gomiti. La cuffia è un cilindro
perfetto (Cubismo), che copre gli zigomi la fronte e parte degli occhi, con i capelli alla garçonne (ripresi poi
nel secondo dopoguerra quando si avrà di nuovo il primato della tecnologia). Si può fare un paragone perfetto
con il Suprematismo di Quadrato nero su sfondo bianco di Malevic. Era un abito comodo, austeramente
elegante. Il suo minimalismo è dato dalla somma di geometria e monocromia, mancano caos e decorazione
degli Espressionisti. Il tubino aveva riscosso un successo senza eguali in tutto il mondo.
“Ci sono forse smancerie nelle linee di un aereo? No, ebbene, io ho fatto le mie collezioni pesando agli aerei”
Chanel si ispira al mondo delle macchine. Il bozzetto del tubino uscì in contemporanea su Vogue ed Harper’s
Bazar che lo paragonavano ad una automobile nel modello T della Ford.
Una scrittrice nota, Colette, criticò aspramente questo abito nella sua opera ‘Le voyage egoiste’, ma nel fare
tale critica descrive perfettamente il suprematismo geometrico di Chanel (la stilista ragiona come Van der
Rohe con l’idea del “less is more”).
Una foto degli anni 30 la ritrae con i pantaloni che non mostrano le forme del corpo, ma anzi, nascondono
l’anatomia.
Ci possono essere piccoli elementi decorativi che però non prendono mai il sopravvento sulla geometria, con
la predilezione verso il colore nero.
Negli anni 50, dopo essere stata lontana dalle scene per parecchi anni, ritorna in passerella nel 1953, contro il
New Look di Dior, del quale dice “Dior? Non veste le donne le tappezza”; Chanel, infatti, vuole eliminare le
smancerie e i rigonfiamenti ampollosi per conferire alla donna una silhouette asciutta e pratica. Riacquista
credito nel 1954 realizzando i suoi famosissimi tailleur, che rappresentavano in forma assoluta il
Minimalismo, come connubio tra geometria e monocromia. Realizza i suoi completi con il Tweed, che si
presenta perfetto perché caratterizzato da una trama rigorosa e rettangolare.
Il suo celebre profumo N°5, del 1921, così chiamato perché era la quinta essenza che più le era piaciuta su di
una ventina che ne aveva prodotte e perché, il numero 5, era il suo numero fortunato, presenta una bottiglietta
che rispecchia la sua scienza, il suo cubismo e la sua rigorosità matematica, in un purismo geometrico. In più,
nel lancio della fragranza, aveva iniziato già con i teaser, cioè mandava ragazze in giro per le città a diffondere
il suo profumo prima che uscisse sul mercato. La bottiglietta proveniva dalla forma dalle boccette della
farmacia che contenevano delle medicine e il tappo ricorda un diamante con la forma di Place Vendome (un
rettangolo con gli angoli smussati), su cui affacciava l’attico del Riz di Parigi nel quale Chanel abitava.
I gioielli di Chanel presentavano sopra quadrati, croci e cerchi che richiamavano le opere di Malevic, i materiali
erano bigiotteria ma i manufatti erano costosissimi perché firmati Chanel.
La moda di Chanel si rifà alle forme supreme, che non annullano mai la femminilità, sottolineata dalle
bordature bianche con lievi ricami ai margini e dall’utilizzo delle perle, che pongono la stilista come madrina
indiscussa del Minimalismo.
ANDRE’ COURREGES (1883)
Lo stilista Courreges realizza blazer che abbina a pantaloni che richiamano il ritorno a forme geometriche,
chiamati a sigaretta, questo si presenta come il massimo trionfo del Minimalismo. Anche le acconciature erano
geometriche, alla garçonne (come quelle dei Beatles, che erano vestiti da Cardin a richiamo di questi anni).
JEAN PATOU (1880)
I suoi abiti sono geometrici ma con qualche decorazione in più rispetto a Chanel, i suoi volumi sono lisci e
“paratattici”, dovevano essere funzionali e comodi. Lui aveva lo stesso livello di fama al tempo di Chanel ma
essendo ludopatico sperperò il suo patrimonio cadendo in miseria, proprio per questo motivo non viene
ricordato spesso e non gli viene riconosciuto il primato sul Minimalismo insieme a Coco. Nonostante ciò, egli
era molto simile per concezione stilistica a quest’ultima ed è infatti da considerare anche lui uno degli iniziatori
del Minimalismo. Anch’egli si fa portatore di un tecnomorfismo di specie meccanica.
Inizia il suo successo con maglioni dalla forma semplice e quasi priva di decorazioni, si rifà all’Art Déco che
ammette elementi decorativi purché quest