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PARONOMASIA
“Chi dice donna, dice danno”—>intuiamo che questa è una figura DEL CAZZO (piscio
sulla tomba di Pinochet) che produce un effetto: ancor prima di avere una reazione di
tipo razionale/critico, abbiamo una reazione di tipo percettivo. La nostra sensibilità è
sollecitata da una identità con variazione che si estrinseca nel rapporto donna-danno: ci
sono le stesse componenti foniche arrangiate diversamente. Strumento volentieri
adottato nel campo della pubblicità.
POLIPTOTO
La parola “caso” come nozione grammaticale. In latino e greco esistono i CASI, e molte
lingue moderne li conservano tuttora. La parola “casus” è la traduzione latina della parola
greca “ptosis”, che significa “caduta”. Ciò deriva da una prassi scolastica che configurava
la sequenza dei casi come il discendere/cadere dei raggi di una ruota. I casi, in greco e
latino, sono segnalati nella parte finale della parola. Quindi, il latino “lupus” segnala il
proprio caso in “us” e così via, è la finale di parola che identifica la funzione sintattica.
Dunque, il poliptoto è una variazione del segnacaso, una variazione della parte di parola
che identifica il caso e che si trova alla fine. In qualunque lingua, anche una senza casi, il
poliptoto è una figura che identifica la variazione del finale di parola eseguita in vista di
un determinato effetto.
“Nostra la guerra, nostri i feriti, nostre le lacrime”. La guerra, i feriti e le lacrime non
hanno nulla a che fare con l’aspetto esterno della parola, ma si ripete l’idea di “nostro”
con una variazione, poiché è “nostra, nostri, nostre”. Varia il finale di parola, e si può
anche notare che le parole nostra, nostri, nostre si trovano all’inizio di qualcosa. La
ripetizione di parole in “inizio di” si chiama anafora. Dunque questa è un’anafora CON
POLIPTOTO.
“Selva selvaggia”
“Ognuno ama i luoghi ameni” (ameno viene da amare) 55
DITTOLOGIA
Come in dittico, rimanda alla ripetizione di parola
“A passi tardi e lenti”= tardi e lenti li valutiamo come sinonimi. Ci troviamo però di fronte
ad una ridondanza? Anche in questo caso l’aptum interviene: le due parole sono
collocabili in due registri identici? In che contesto ci troviamo? “Tardo” e “lento”
appartengono a due registri differenti, e “tardo” non appartiene alla lingua corrente, non è
di uso comune. L’unico modo di “tardo” per appartenere alla lingua corrente è nel senso
di “tonto”. Le due parole non sono alla pari nel linguaggio corrente: una si riferisce ad un
registro, l’altra ad un altro. Quindi il contesto della frase sarà sicuramente un contesto
poetico.
“Passi tardi e lenti” sono tutte e tre piane, imitative del modo lento di camminare. Dunque
la dittologia in questo caso è proprio in funzione dell’espressività: non è una ridondanza,
non è gratuita, ha una motivazione.
ANTANACLASI
“Il cuore ha le sue ragioni e la ragione non conosce” ripetizione della medesima parola:
la forma è immutata (salvo il passaggio da singolare a plurale). La forma è immutata, ma
il significato delle parole differisce (“ragioni” in un’accezione, “ragione” in un’altra nel
medesimo enunciato)
FIGURE PER ACCUMULAZIONE:
Enumerazione: uno, nessuno e centomila.
Endiadi: derivato di “hen dia duoin” (?? Non so il greco quindi la scrivo come si
pronuncia), parola che significa “una cosa sola per mezzo di due”. figura per i poeti
Ne è un esempio “pateris libamus et auro”, significa “brindiamo con le tazze e con l’oro”.
Tratta da Virgilio, particolarmente appassionato di tale figura. Di che materiale saranno
fatte le tazze? Ovviamente di oro, quindi la frase dovrebbe essere “brindiamo con le
tazze d’oro”. È un po’ strano, perché si ricorre alle endiadi? Per ragioni di espressività,
ma a quale tipo di poesia è idonea? Dal punto di vista stilistico/dell’aptum, la frase delle
tazze è intonata al registro dell’epica (epos), che parla di cose grandi. L’abbondanza è
caratteristica dell’epica, pertanto il poeta sarà propenso all’abbondanza.
Le tazze sono qualcosa di ovvio in un brindisi, e nella frase vengono staccate/separate
dall’oro (il loro materiale), per farci vedere qualcosa di convenzionale del brindisi (la
tazza) ed un bagliore. Dunque i nostri sensi sono fortemente stimolati dalle endiadi,
nonostante la mente le percepisca come assurde. I sensi convalidano senz’altro la scelta
poetica, la comandano, propiziano un proseguimento della lettura all’insegna del
prevalere del senso sull’intelletto (auspicabile nelle descrizioni)
“Sento mancare la gioia e la vita”: potrebbe essere “sento mancarmi la gioia della vita”,
significherebbe che senza gioia non c’è vita. Chi scrive questo dà alla gioia rilevanza
speciale in rapporto alla vita, mentre nell’espressione (la prima citata) il peso della gioia
non si avverte.
Accumulazione subordinante:
Enallage dell’aggettivo: (le mura levate a Roma??? Vabbè l’abbiamo già vista) “Ibant
obscuri sola sub nocte”: significa “andavano oscuri sotto la notte solitaria/sola”. Questa è
di Virgilio e rappresenta il limite alto che il poeta raggiunge nel fare operazioni figurate.
Questa espressione nella sua formulazione piana è “andavano soli nella notte oscura”,
una frase che è già un po’ poetica. L’inversione del riferimento degli aggettivi, “soli”
riferito a “notte” e “oscura” a “loro” produce un effetto. Vi è l’intenzione di amplificare gli
spazi e di darci opacità, di non vedere nitidamente l’immagine. L’aggiunta dell’aggettivo
“oscura”(credo?) è superflua, ma se si scambiano le relazioni degli aggettivi (“andavano
oscuri”=non li si vedeva, loro visti da fuori “nella notte sola”=atmosfera percepita da loro),
l’inversione di aggettivi crea una percezione dall’interno dell’atmosfera suggerita, come 56
se fossimo all’interno(circa?). L’azione è più suggerita che descritta. Tale verso ci fa
provare la sensazione dell’enormità della notte (dobbiamo essere soli per percepire
l’enormità della notte, oppure con qualcuno che sta vivendo lo stesso tipo di sensazione,
come le persone che, non volendo esser viste, si muovono nel silenzio della notte. Ogni
notte ha un’enormità ma qui è percepita semplicemente invertendo l’ordine degli
aggettivi: poetico l’effetto, ma poetico anche il metodo). È un esempio limite di Virgilio, si
configura come la più famosa ipallage della poesia europea. Ovviamente non si può
usare in un discorso giudiziario.
FIGURE DI PAROLA PER SOPPRESSIONE:
Ellissi: “aprii la porta e mi trovai in un corridoio buio e silenzioso”, come posso trovare
una trasformazione ellittica (stessa cosa dal punto di vista delle componenti dell’azione
usando l’ellissi)? “Aprii la porta. Un corridoio buio. Silenzio” gli elementi di cui avevamo
bisogno ci sono tutti, ma sono state eliminate delle parole. Queste ultime non servono a
descrivere l’ambiente o l’azione e sono supplite mentalmente da chi ascolta/legge.
Tuttavia la figura produce un’atmosfera di quest’esperienza.
Zeugma: far dipendere da un unico predicato due complementi. Si delineano due
costrutti di cui uno solo è adatto. È stato soppresso un elemento (nella frase
impronunciabile del prof)
Asindeto: eliminazione della congiunzione: “veni, vidi, vici”. La motivazione
dell’esprimersi figuratamente è il sottolineare la propria potenza, come se una cosa fosse
uguale all’altra, come una sequenza non accentrata
FIGURE DI PAROLA PER PERMUTAZIONE:
Anastrofe: è un’inversione. Come in “all’opre femminili intenta” (formulazione piana:
intenta alle opere femminili).
Iperbato: turbamento dell’ordine naturale dell’enunciato (“tardo ai fiori, ronzio di
coleotteri”).
Epifrasi: “Dolce e chiara è la notte e senza vento” (“la sera del dì di festa”, Leopardi).
Viene descritta la quiete notturna attraverso una parola atmosferica, “dolce” ed una che
descrive la sembianza della notte, “chiara”, probabilmente per via del cielo terso e degli
astri che splendono. “La notte è dolce e chiara” è un’espressione autonoma, dà senso ad
espressioni che abbiamo vissuto, dunque l’enunciato “e senza vento” arriva quasi come
un’aggiunta. La sua formulazione piana sarebbe “la notte è dolce, chiara e senza vento”
(in un elenco di aggettivi, prima del terzo aggettivo/di quello finale solitamente mettiamo
una copula). La formulazione leopardiana in questo caso è il contrario dell’asindeto,
poiché “dolce e chiara” sono legati dalla congiunzione copulativa “e”, e nella parte finale
del verso abbiamo un altro “e senza vento”. Dal punto di vista della considerazione
retorica, questo “e senza vento” si chiama epifrasi. Impostando così il tutto, “dolce” ha
una funzione psicologica/sintetica esattamente come “chiara”, però “e senza vento” non
ha questo tipo di funzione. Quindi abbiamo un ANDAMENTO del verso, che va da un più
ad un meno/viceversa, a seconda di come consideriamo i valori (dal più generale al più
particolare o viceversa)
Sinchisi: in latino resa da “mixtura verborum”, mistura di parole, consiste nel portare al
limite il turbamento dell’ordine naturale di un discorso con ripetute combinazioni di
anastrofi e iperbati. Gli esempi non sono utili a dire del prof
PER ORDINE:
Isocolo
Parsosi
Daremo esempi domani 57
FIGURE DI PENSIERO
AGGIUNZIONE:
C’è da dire che l’aggiunzione nelle figure di pensiero può avvenire per amplificazione.
Expolitio: significa “ritocco”. Per mezzo di esso, noi ripetiamo (variandolo) un medesimo
tema. “Per quanto abuserai della nostra pazienza? Per quanto tempo ancora ti prenderai
gioco di noi? Fin dove si spingerà questa tua sfrenata insolenza?”: l’expolitio è una
ripetizione ritoccata di u medesimo tema (“per quanto” è lo stesso di “per quanto tempo<