Anteprima
Vedrai una selezione di 5 pagine su 19
Appunti per esame di Teoria e traduzione letteraria Pag. 1 Appunti per esame di Teoria e traduzione letteraria Pag. 2
Anteprima di 5 pagg. su 19.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti per esame di Teoria e traduzione letteraria Pag. 6
Anteprima di 5 pagg. su 19.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti per esame di Teoria e traduzione letteraria Pag. 11
Anteprima di 5 pagg. su 19.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti per esame di Teoria e traduzione letteraria Pag. 16
1 su 19
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

IMITARE E TRADURRE NEL RINASCIMENTO

È il concetto di imitatio a dominare buona parte della cultura del Rinascimento. L'imitazione dei modelli classici rappresenta nella cultura del Rinascimento l'elemento fondante del sistema morale ed estetico. Tradurre in questo periodo non significa semplicemente trasporre in altro codice linguistico, ma assolvere un preciso bisogno culturale di innovazione. A livello teorico, si osserva come molti dei testi umanistici sulla traduzione siano in latino e si occupino soprattutto della traduzione dal greco al latino. Le traduzioni diventano spesso imitazioni, liberi adattamenti, eseguiti per dimostrare la perizia inventiva dell'autore, attraverso l'uso di una nuova lingua che è in grado di portare in vita i testi antichi come fossero cosa nuova. Ne sono testimonianza i rimaneggiamenti delle opere di Plauto e Terenzio e l'adattamento dell'Asino d'oro di Apuleio, fatto dal Firenzuola. Il traduttore

Il rinascimentale compie una "trasmigrazione" del testo originale (presa dalla losifa platonica) lavorando al pari livello dell'autore e dividendosi tra i doveri verso quest'ultimo e verso il nuovo pubblico. La traduzione viene considerata come "altoesercizio di stile, come sfoggio di abilità del traduttore di travestire l'originale gareggiando con esso.

Dialogo del modo de lo tradurre

Uno dei primi trattati sul tradurre in lingua italiana è il di Sebastiano Fausto da Longiano, uscito a Venezia nel 1356. Le novità del Dialogo consistono nella chiara consapevolezza del modo in cui si traduce; nella distinzione della traduzione vera e propria dalle forme a ni (parafrasi, compendio, ispianatione, ossiacommento e metafrasi); nell'opzione per la traduzione "straniante" (lettore condotto verso il testo d'origine), e non secondo la tecnica "addomesticante", che tradisce l'originale non solo negli aspetti stilistici ma anche.

in quelli strutturali e contenutistici; nel ri uto discegliere fra traduzione a "senso" e traduzione alla "lettera". In Inghilterra, l'in uenza delle traduzioni sacre e di quelle laiche sulla lingua e sulla cultura è notevole. Le regole del traduttore elisabettiano si fondano sulla "naturalizzazione" del testo di partenza, che deve avvicinarsi al gusto del lettore. Uno dei maggiori traduttori è sir Thomas North, che traduce le Vite di Plutarco, a dandosi alla precedente traduzione francese, ricavata dal latino dal vescovo di Auxerre (non avviene su un testo orginale greco, ma su una precedente traduzione francese). Sir Thomas Hoby traduce il Cortegiano di Baldassarre Castiglione. I grandi traduttori inglesi di poesia del XVI secolo sono Thomas Wyatt e Henry H. Surrey, che traduce in blank verse alcuni canti dell'Eneide. In area francese, uno dei primi a formulare una teoria della traduzione è Étienne Dolet, autore, editore e traduttore.processarlo in modo da rendere il senso e lo spirito dell'autore nella lingua di arrivo. Il traduttore deve essere competente nelle due lingue coinvolte e comprendere il significato del testo e l'argomento trattato. È importante evitare una traduzione parola per parola, poiché ciò può portare a errori e mancanza di comprensione. Dolet sottolinea l'importanza del ruolo del traduttore nel fornire una valutazione culturale chiara del testo di partenza e nel trasmettere il suo significato nel modo più accurato possibile.

avere consapevolezza della posizione che dovrà occupare nel sistema d'arrivo. Le idee di Dolet furono riprese da George Chapman, grande traduttore di Omero. Nella Epistle to the Reader premessa alla sua traduzione dell'Iliade, Chapman ritorna sul problema della resa letterale che mortifica il testo, sostenendo che è invece necessario entrare nello spirito dell'originale per renderlo con la libertà propria del poeta che si identifica con l'autore. Il modo per evitare di compiere traduzioni troppo libere è quello di studiare e analizzare le versioni precedenti, mettendole a confronto. Susan Bassnett riporta le parole del critico Edmond Cary che, parlando di Dolet, si soffermò sull'importanza della traduzione nel XVI secolo: "La guerra della traduzione infuriò per tutta l'epoca di Dolet. La Riforma, in fin dei conti, fu soprattutto una disputa fra traduttori. La traduzione divenne un affare di Stato e una faccenda religiosa. La Sorbona e il re"

ne erano ugualmente coinvolti. Ne discutevano poeti e scrittori; la Défense et illustration de la langue française di Joachim Du Bellay è centrata su problemi concernenti la traduzione. fi fi fi fl fi ffi ffi ff ff fi fi- In epoca riformista è soprattutto un atto politico e religioso. Sia la cultura che la politica partecipavano alla stessa maniera. L'Eneide di Annibal Caro. Un testo paradigmatico è la traduzione dell'Eneide (in endecasillabi sciolti) compiuta da Annibal Caro tra il 1563 e il 1566. Una traduzione che può essere considerata un'opera autonoma, un compiuto rifacimento posto sotto il segno tutto rinascimentale dell'imitazione. Caro opta per l'endecasillabo sciolto, nel tentativo di riprodurre il ritmo dell'esametro latino (c'è un'operazione di addomesticamento, usa un verso che non è di Virgilio). Questa traduzione viene ancora venduta e letta perchè ha assunto le

Fattezza dell'opera autonoma. È sicuramente un rifacimento che oggi si legge come originale.

DELL'INTERPRETARE NEL SEICENTO

Nella Francia del XVII secolo continua l'interesse per le opere classiche e per la loro traduzione, anche in nome di un intento pedagogico (traduttori che appartengono al credo giansenista, posizione molto rigorosa, molto ortodossa). I giansenisti di Port-Royal, che ebbero un'intensa attività di traduttori, cercano anche di orrire alcuni precetti normativi, nel tentativo di portare chiarezza nella diversità delle posizioni. Si auspica "il rispetto delle regole dello stile imposte dalla retorica classica, vale a dire la chiarezza, l'armonia e l'eleganza, attributi della bellezza della forma".

Il metodo dell'assoluta libertà nei confronti del testo da tradurre, adottato da Nicolas Perrot d'Ablancourt fa scuola. Il suo intento, e quello di molti traduttori del tempo, fu di estremizzare alcuni

principi già in uso nel secolo precedente, cercando di renderelo"spirito" stesso dell'autore attraverso traduzioni che si adattassero ai canonidell'estetica francese. Le opere classiche venivano trasformate secondo le esigenze dellacultura francese, o meglio, secondo il gusto moderno, n quasi ad arrivare a una radicalemetamorfosi dei testi originali. Ogni opera in traduzione è soggetta a trasformazionedettata dalla cultura francese dell'epoca e questa trasformazione deve cercare diguadagnare il gusto dell'epoca. I traduttori danno vita per un lungo periodo allabelles in dèles,realizzazione delle cosiddette in cui la fedeltà, dunque, non eraassolutamente lo scopo principale, mentre dovevano emergere lo stile e l'eleganza delloscrittore che le realizzava (si vuole riconoscere la bravura del traduttore). Si può parlare diveri e propri adattamenti, con la pretesa di migliorare i testi. Il traduttore, nel nome del"gusto"

si fa a sua volta autore, aggiungendo, togliendo e ampliando il testo a suopiacere. Il poeta e drammaturgo francese Antoine Houdar de la Motte (non è un traduttoredi mestiere) è tra quelli che lo adottano senza riserve: impegnato nella traduzionedell'Iliade, a erma che per far capire e apprezzare gli autori antichi bisogna adattarli aivalori della società contemporanea. Anne Lefèvre, meglio conosciuta come MadameDacier, anch'ella impegnata nella traduzione dell'Iliade, adotta una traduzione libera e inprosa, sostenend l'impossibilità di rendere in versi la grazia e lo spirito del testoantico. Sullo stesso piano si porrà, più tardi, lo scrittore di origini italiane Antoine Rivaroli,più noto come conte di Rivarol. Nel tradure la Divina Commedia secondo i dettami dellalibertà nella resa del resto, egli si trova a dover a rontare l'inadeguatezza della linguafrancese del XVIII secolo, cosi "levigata".di fronte alla crudenza, al realismo e all'energia della versificazione dantesca. Per lui la lingua francese è troppo raffinata per descrivere le scene forti della Divina Commedia, anche lui arriva ad una versione che stravolge l'originale. Salta la terza rima o gli schemi retorici di Dante. Nello stesso periodo, si fa spazio un'altra figura importante nella storia delle teorie sulla traduzione, quella di Pierre-Daniel Huer che, nel suo trattato sull'arte del tradurre (Defi ff fi fi ff fi ff ffiinterpretatare), si oppone al genere delle bellezze inutili, sostenendo la dottrina di una via di mezzo tra la fedeltà al significato e allo stile dell'originale e la licenza nella resa linguistica. Critica: l'eccessivo narcisismo (ingenium) del traduttore che si appropria di testi altrui modi candoli a suo piacimento (questo causa un errore di fondo che lo porta ad essere infallibile che lo porta a prendersi ogni tipo di libertà. Ciò non è più giustificato.

interpretationesia da un punto di vista semantico che stilistico). Il suo saggio anticipaalcuni dei temi che saranno al centro del dibattito della moderna critica traduttologica,come quello dell'ambiguità del testoUna parola è espressa in maniera ambigua e si presta a una doppia interpretazione:perché ne scegli una soltanto e abbandoni l'altra? Perché porgi al lettore solo parte del significato e non gli offri anche l'altra, privandolo, col seguire la tua sola opinione, della possibilità di formulare una sua congettura e un suo personale giudizio? [...] la frase [va]riproposta nella sua ambiguità.- Una parola poco chiara. Come si sceglie una parola se il contesto non è chiaro? La posizione di Huet è interessante, per la prima volta si scaglia contro il traduttore. Prima prendeva troppe libertá ora Huet dice che se una parola è ambigua va lasciata così com'è. Il giudizio non è solo di

competenza del traduttore ma ora anche del lettore che decide se restare nell'ambiguità concettuale o partecipare nella comprensione più approfondita.
Dettagli
A.A. 2021-2022
19 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/14 Critica letteraria e letterature comparate

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher _chiaragallo07__ di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teoria e traduzione letteraria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Salerno o del prof Salerno Vincenzo.