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ESEMPIO:

La città di Cuneo favoriva il deflusso delle acque meteoriche che veniva convogliate nelle aree di risulta, in quanto gli

edifici non sono gli uni accostati agli altri, ma vi rimane uno spazio libero tra un edificio e l’altro, e questo spazio serviva,

sfruttando le pendenze, a convogliare le acque.

La storia della città, in generale, è il risultato di processi di lunghissima durata.

Nei primi decenni del ‘700, in via Garibaldi, notiamo perfettamente le influenze del terzo ampliamento della città di

Torino, ossia presente prettamente case da reddito settecentesche. Si decide in quegli anni di riqualificare Contrada di

Dora Grossa (attuale via Garibaldi): si vuole fare una strada rettilinea e adattarla alle caratteristiche costruttive di quegli

anni.

1736 -> Editto regio che avvia la “Grossa azione” degli isolati di via Dora Grossa: si crea un meccanismo economico-

fondiario. La norma dice che se qualche proprietario lungo quella via vuole costruire una casa che segue le regole dettate

dall’editto ha diritto di costruire con i caratteri decorativi-architettonici che preferisce, mentre i palazzi devono essere

uniformati ad uno stesso linguaggio, che riguarda però gli isolati. La città chiama quindi l’architetto regio.

La costruzione della città è sempre frutto di un processo di negoziazione, anche durante i regimi assoluti.

I piani dei palazzi nel ‘700 normalmente diventano 5, e vi sono degli edifici che iniziano ad ospitare delle botteghe a

piano terra, e hanno finestre molto ravvicinate tra loro, al contrario delle finestre negli edifici barocchi. Non sono presenti

i balconi (tipici 800enteschi), ad eccezione di un unico balcone presente al di sopra del portone d’ingresso (valenza

simbolica), come nel caso dei palazzi barocchi. Via di Dora Grossa (attuale via Garibaldi) è quindi una via uniformata

all’editto regio del 1736. Nella casa da reddito 700entesca vi troviamo, inoltre, il camino, e le canne fumarie di questi

camini si raggruppano all’interno dei muri delle abitazioni. Il tetto fa completamente parte dello skyline della città antica.

Il fatto che questi immobili siano suddivisi in appartamenti cambia la struttura del palazzo, il quale presenterà infatti dei

esterni: le scale sono poste ad angolo e hanno lo sbarco su questi ballatoi, dai quali si possono poi raggiungere i

ballatoi

diversi appartamenti.

L’Ottocento

Il periodo francese ha grande importanza per l’edilizia 800entesca di Torino.

Napoleone, nell’anno 1800, emana un editto in cui chiede la smilitarizzazione delle città, e ciò implica la demolizione

delle porte della città (non tanto le fortificazioni). Da qui si decide di fare un concorso di progettazione urbana per

rivedere l’organizzazione della città. Dei 4 progetti previsti ne rimangono solamente 2, quello di Gaicomo Pregliasco e

quello di Ferdinando Bonsignore. Il primo propone di sostituire le porte con delle grandi piazze alberate e prevede

l’edificazione di un primo giardino pubblico. Il secondo di Bonsignore, che vince il concorso, non propone di demolire

le fortificazioni, bensì decide di trasformare le fortificazioni in una passeggiata (operazione anche poco costosa): viene

così progettato un parco-giardino attorno alla città, che prevede che piantare una serie di gelsi, sfruttando così la

produzione della seta. La Cittadella viene mantenuta, in quanto serviva a difendere la città ma anche a controllarla:

questo è il motivo per cui Napoleone decide di tenerla. Essa verrà poi demolita nel corso dell’800.

collina), in quanto finché la città è chiusa dalle mura

Torino acquisisce in questo periodo un rapporto col paesaggio (la

la collina quasi non si vedeva, mentre pian piano in questo periodo comincia ad instaurare un rapporto con essa.

Bonsignore non progetta niente di costruito, riuscendo così a superare Pregliasco e vincere il concorso, in quanto il suo

progetto aveva un costo decisamente inferiore.

I francesi hanno un solo grande cantiere edilizio che è il Ponte napoleonico sul Po, il quale ha la caratteristica di essere

un ponte in pietra (non usata dagli ingegneri sabaudi, i quali usavano prettamente il legno). Questo genere di

infrastrutture non era mai stato costruito precedentemente a Torino, mentre i francesi lo utilizzavano da tempo (il

mattone era più semplice da gestire). Un segno importante della città è un viale circolare alberato che collega una serie

di piazze (Piazza della Repubblica, Piazza Carlo Felice, Piazza Vittorio Emanuele e Piazza Statuto): questa esedra è la

soluzione finale che viene adottata.

POSSIBILE DOMANDA D’ESAME: Quali sono le grandi opere napoleoniche fatte a Torino all’inizio dell’800?

Sono: il Ponte sul Po e la circonvallazione alberata che collega le grandi piazze (appena citati).

Negli anni 20-30 dell’800 si decide di costruire delle parti della città, delineate precedentemente dai viali alberati: si

succede una serie di progetti. Viene realizzata in questi anni Piazza Vittorio, e si decide di seguire il profilo discendente

del terreno e di dotare gli edifici di avancorpi e diverse tecniche prospettiche che consente di rendere omogenee le

architetture.vi è anche la costruzione del primo giardino pubblico.

A metà 800 Torino viene ad avere il primo grande piano regolatore, che prevede un’integrazione degli isolati esistenti

con delle nuove parti di città. Queste ultime sono progettate da un professore universitario di architettura, Carlo Promis,

autore del piano d’ingrandimento della capitale (1851-1852): egli, infatti, integra la città esistente con nuove parti di

città.

• Piano Promis (1850)

A metà 800 Torino viene ad avere il primo grande piano regolatore, che prevede un’integrazione degli isolati esistenti

con delle nuove parti di città. Queste ultime sono progettate da un professore universitario di architettura, Carlo Promis:

egli, infatti, integra la città esistente con nuove parti di città (progetta e disegna le case che si affacciano su Porta Nuova).

Quindi, di pari passo con la decisione di smilitarizzare la città, ma mantenere in efficienza la cittadella, in età napoleonica

prendeva forma l’idea di dotare Torino di una grande piazza d’Armi. Uno dei progetti più interessanti è quello contenuto

nel «Plan Général d’Embellissement» approvato nel 1809, che prevedeva la realizzazione di una grande area di pertinenza

militare all’esterno di Porta Nuova.

Con la restaurazione, tuttavia, si preferì traslare la piazza più a ovest, in modo che confinasse direttamente con le difese

esterne della cittadella. Prendeva così forma, verso il 1817 la piazza d’armi di San Secondo, destinata a continui

spostamenti negli anni quaranta-sessanta del secolo per lasciare posto alla città in crescita. Fu così, dapprima, riallocata

a sud della cittadella e a cavallo di Corso Vittorio Emanuele II nell’ambito del Piano d’Ingrandimento della capitale di

Carlo Promis (1851-52) e, successivamente, smantellata la cittadella, traslatata nell’area oggi prospiciente il Politecnico

(1872).

Data al 1904-1905 la definitiva individuazione dell’area da destinare alle manovre militari, la quale, grazie a una

complessa operazione di permuta fondiaria con la municipalità, prese infine forma nel vasto isolato definito dai corsi IV

Novembre, Galileo Ferraris, Lepanto e Sebastopoli (vedi scheda MuseoTorino)

02. Fonti primarie e secondarie

Fonti primarie:

- Fonti archivistiche negli archivi

- Trattato scritto negli anni in cui l’edificio è stato costruito

Archivio storico di Torino

Archivio di stato Torino, prima dell’800.

Schedatura delle fonti con data in cui è stato osservato e riflessioni nostre, oltre alla “bibliografia”

- Titolo: indicazione “scientifica” (in corsivo)

- Soggetto: descrizione più discorsiva (tra parentesi quadre)

- Segnatura archivistica: nome archivio (anche acronimo come AST), nome fondo archivistico (es. carte

topografiche…), collocazione del documento,

la / ci dice quando nel titolo originale si va a capo.

Il titolo va in corsivo.

Dalla scheda del documento bisogna trarre le info per comporre la didascalia + segnatura archivistica

Manuale dell’architetto di Dondi

03. Le pietre

Classificazione petrografica e commerciale (VEDI SLIDE)

La classificazione delle rocce:

- Magmatiche

- Sedimentarie

- Metamorfiche

Cave e restauri – Pietra di Vicoforte (CN)

È un’arenaria compatta che si trova nelle cave.

Taglio a filo elicoidale = verso l’inizio del 900 e poco oltre, vi è l’inserimento e l’utilizzo di macchine che agevolano

l’estrazione e la lavorazione. È un filo che viene fatto scorrere attraverso il materiale dall’alto verso il basso, andando così

a tagliare il materiale.

Cava marmo nero di Frabosa (CN)

Tema del restauro = andare a sostituire la materialità di un edificio antico non è semplice, è sempre rischioso.

Un materiale come il marmo, nel caso di interventi, è importante che venga lasciato lì dov’è, al massimo aggiungendo

dei presidi, ma deve restare esattamente dov’era stato messo: quest’idea è sostenuta da Piemonte, Liguria, e in parte

l’Emilia-Romagna.

ART. 16 della Carta di Venezia -> Articolo sulla documentazione.

Dopo la grande fase romana, i marmi tornano ad avere un ruolo importante.

- Chiesa di San Filippo Neri (Torino, 1891) -> di E. Camusso.

o Timpano: marmo di Frabosa

o Pronao colonne, basi (Juvarra): marmo bianco venato Val Varaita (Brossasco)

o Parte inferiore base: pietra di Gassino

o Scalini: granito rosa di Baveno

- Ponte Vittorio Emanuele II (post 1803) -> di …

o Arcate, spalle: Pietra di Cumiana (ortogneiss occhiadino)

- Gran Madre (post 1818) -> di … Vengono importati sia materiali esterni che materiali locali. Le pietre in lastre

(Pietra di Malanaggio) potrebbero servire nei rivestimenti e nei basamenti, in quanto sono pietre che, messe come

zoccolatura, possono essere durevoli, ma anche sostituite con una certa velocità: hanno la capacità di resistere agli

urti (se ho l’intonaco a vista, subendo urti, sicuramente si danneggerà), a pressione

o Facciata, portale: marmo verzino di Frabosa

o Capitelli: marmo statuario di Carrara

o Colonne: Pietra di Malanaggio (ortogneiss dioritico)

o Basi: marmo di Carrara

o Colonne interne: marmo breccia di Valcasotto

Torino - Vera Comoli (1983)

Introduzione a "Torino" di Vera Comoli

L'opera "Torino" di Vera Comoli, pubblicata nel 1983, è un fondamentale contributo alla comprensione

della storia urbanistica e architettonica della capitale pie

Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
18 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/18 Storia dell'architettura

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MaddyOLIVA03 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Laboratorio di storia dell'architettura e della città e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Torino o del prof Volpiano Mauro.