COMUNICAZIONE NON VERBALE
La parola comunicare deriva dal latino “communico” ovvero “mettere in comune”:
comunicare vuol dire condividere significati.
Se si vuole comunicare correttamente serve chiedersi: “quello che sto comunicando
che significato ha per il mio interlocutore? E’ lo stesso per il mio interlocutore?”. La
comunicazione verbale ci aiuta fino ad un certo punto e proprio nel punto in cui
essa si ferma arriva in soccorso la CNV. Accanto al linguaggio parlato, gli esseri
umani usano molti altri codici e modi di espressione che vengono definiti “non verbali”.
La comunicazione non verbale è potentissima perché ci permette di gestire situazioni
e contesti diversi grazie all’utilizzo di mimica, espressioni facciali, gesti, respiri…
Tutti gli studi che hanno voluto mettere l’accento sugli aspetti della cnv sono venuti,
dopo l’affermazione della parola e, dopo che, per indicare la comunicazione si
considerava solo la parola “parlare” come sinonimo della stessa.
La comunicazione non verbale è molto più di ciò che non è parola.
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Mentre per la comunicazione gli studiosi condividono una teoria generale, nella
comunicazione verbale ciò non avviene.
Alle origini dello studio della CNV
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Possiamo individuare 4 prospettive teoriche che hanno posto al centro del loro filone di
studio la CNV: 5
1.Biologia, Darwin si era reso conto che gli animali, proprio come gli uomini, usano
parti del corpo e comportamenti motori per raggiungere obiettivi biologicamente e
socialmente importanti, ad esempio: il cane che mostra i denti per difendersi.
Ma, in particolare, la biologia ci insegna la differenza tra emozioni ed espressioni
emotive: le emozioni sono uno stato fisiologico (ciò che proviamo dentro) mentre le
espressioni emotive sono i canali tramite cui queste emozioni assumono forma
venendo espresse al mondo. Generalmente, queste modalità, sono inconsapevoli e,
proprio per questo, si considera la CNV più sincera rispetto alla comunicazione verbale.
Da un punto di vista strettamente biologico, questa prospettiva ci spiega, inoltre, come
la CNV è scatenata, anche, da reazioni ormonali.
2.Antropologia, la prospettiva antropologica ci insegna che anche il nostro
comportamento non verbale è culturalmente situato: le differenze culturali
determinano diversi comportamenti non verbali, ad esempio il popolo italiano
gesticola molto di più rispetto ad altri popoli.
All’interno di questo approccio si sottolinea, anche, come la diversa convenzione dell’IO,
fra popoli, condizioni la cnv. Portando un esempio pratico, i Nordamericani
riconoscono l’IO come qualcosa di strettamente legato con l’anima e, per questo,
l’avvicinarsi troppo è visto come una minaccia mentre gli arabi identificano l’IO con
l’anima e il corpo parte dell’ambiente esterno, quindi la vicinanza fisica non è sentita
come una violazione.
3.Psicologia, la psicologia sperimentale sostiene che se si adottano specifici
comportamenti è perché proviamo, anche inconsciamente, determinate emozioni che
ci portano ad assumere una certa mimica, postura… mentre la psicologia sociale legge
la CNV inserendola in un contesto sociale distinguendo quindi ruoli, aspettative. Infine,
la psicologia clinica che cerca di scoprire le origini dei comportamenti.
Molti psicologi si sono resi conto che la discrepanza tra comunicazione verbale e non è
alla base di alcune patologie psichiche. Ad esempio, Bateson, con i suoi studi, afferma
che chi ride ad un funerale possa avere schizofrenia.
4.Sociologia, la prospettiva sociologica studia il comportamento non verbale come
parte integrante di un contesto ricco di segni, significati e codici. La sociologia cerca di
mostrarci come il contesto determini il comportamento non verbale dell’uomo. In
particolare, l’interazionismo simbolico pone attenzione ai diversi significati soggettivi
assegnati alla cnv.
MODELLI DI STUDIO DELLA CNV
-Modello encoding/decoding. Nel modello encoder/decoder, il processo di
comunicazione è rappresentato come un trasferimento di messaggi da emittente a
destinatario. In pratica: il parlante crea una rappresentazione mentale di ciò che vuole
comunicare e questa rappresentazione mentale viene tradotta in un messaggio
(codifica) tramite il linguaggio. Il messaggio viene trasmesso all’ascoltatore che lo
decodifica per ricostruire una rappresentazione mentale, simile (ma non sempre
identica), a quella del parlante.
Sebbene il modello encoder/decoder sia considerato limitato per spiegare i
messaggi verbali, (esso definisce la comunicazione solo come una relazione
unidirezionale e lineare), molti ricercatori lo hanno utilizzato per lo studio della
CNV.
Questo è dovuto all’idea che i comportamenti non verbali possano essere
interpretati come “messaggi” esplicativi degli stati interni del comunicante. Al
ricevente spetta il compito di codificare tali comportamenti. L’idea che la CNV
possa essere codificata e decodificata si ispira agli studi di Darwin sulle espressioni
facciali come espressioni adattive evolutive. Anche se questi comportamenti non 6
hanno più uno scopo adattivo, hanno assunto un significato sociale, in quanto
permettono di intuire cosa l’altro stia provando.
-Teoria dell’adattamento interpersonale. Le persone coinvolte in una stessa relazione
utilizzano la CNV in maniera adattiva verso gli altri. Il “pattern di reciprocità e
compensazione” serve per aumentare o diminuire il coinvolgimento in una relazione.
-Teoria dell’equilibrio. Il livello di coinvolgimento dei soggetti agenti è coerente con il
loro livello di intimità.
-Teoria della violazione delle attese. Chi interagisce ha aspettative che si basano sul
tipo di rapporto con l’interlocutore. La violazione di tali attese può portare a diversi tipi
di risposta, a seconda che si reagisca positivamente o meno.
-Teoria dell’adattamento interattivo. Le persone entrano in relazione con un set di
richieste, desideri ed aspettative che influenzano i comportamenti. La persona adatta i
propri comportamenti alle aspettative degli altri, assumendo un certo ruolo nella
conversazione, la cosiddetta posizione internazionale.
-Teoria dell’accomodamento. Ciascuno di noi può scegliere, anche, di negoziare i
propri comportamenti. Distinguiamo:
Meccanismo di convergenza, modifico il mio comportamento per andare
● incontro ai segnali che provengono dagli altri;
Strategia di divergenza, esistono situazioni in cui, la negoziazione, ci porta a
● divergere ovvero ad assumere un comportamento per differenza. A negoziarsi c’è
anche l’identità: da ogni relazione che si vive otteniamo una modifica della nostra
identità.
-Modello dei processi paralleli. PATTERSON. Si vede la CNV orientata, più o meno
consapevolmente, al raggiungimento di scopi sociali. Si criticano i modelli precedenti
perché esaltatori dell’aspetto reattivo della non verbale, senza tener conto dei contesti
che influenzano il comportamento.
Parallelamente ciascuno raggiunge degli scopi influenzato da fattori determinanti che
ci porteranno a modificare la nostra CNV: determinati biologici, culturali e di
personalità.
-Dual mode models (modello a due sistemi). I comportamenti sociali vengono visti
come l’effetto della combinazione fra due sistemi di elaborazione dell’informazione:
1.Processi istintivi, 2.Processi riflessi. Essi operano in parallelo ma con asimmetria.
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Il sistema di classificazione della CNV, (questo n’é uno ma ne esistono anche altri)
è basato sul livello di evidenza percettiva: dal generale al particolare, dai segnali
più manifesti a quelli più nascosti. 7
1.ASPETTO ESTERIORE: Non esiste alcuno studio sociologico o psicologico, che
dimostri come la prima impressione, quindi quella fisica, condizioni l’interazione:
l’aspetto esteriore è il più esplicito ma noi dovremmo essere motivati ad andare oltre
esso, per capire ciò che l’altro ci vuole dire.
L’aspetto esteriore si manifesta principalmente tramite: la conformazione fisica (fonte
di stereotipi che possono portare a pregiudizi) e l’abbigliamento, quest’ultimo ha un
ruolo fondamentale e può essere indicatore di molteplici aspetti: ruoli, culture,
professione. L’abbigliamento aiuta a negoziare le proprie identità con gli altri ed a
definire le situazioni d’interazione.
Un esempio particolare, ma esplicativo, potrebbe essere quello dei turisti che
utilizzano, spesso, un certo abbigliamento per indicare il loro status di turisti o magari
per sentirsi parte integrante del contesto vissuto, (le treccine afro).
2.COMPORTAMENTO SPAZIALE. Esso assume le forme di: distanza interpersonale,
orientamento, contatto corporeo e postura.
Quando si parla di distanza interpersonale ci riferiamo ad un aspetto collocabile nel
filone di studio della “prossemica” (HALL), che si occupa dell’analisi dell’uso, che gli
individui fanno, dello spazio sociale e personale. La distanza interpersonale fa capire
l’intimità, la dominanza e i ruoli sociali tra interlocutori.
Abbiamo poi l’orientazione, ovvero come ci rivolgiamo all’altra persona: face to face-,
fianco a fianco (lo sguardo dei comunicanti è così rivolto verso la stessa direzione).
Il contatto corporeo, invece, indica l’assenza di distanza interpersonale.
Ed infine, la postura ovvero la posizione che il nostro corpo assume, volontariamente o
involontariamente, in relazione all’altro o al contesto. Essa è condizionata dalle intensità
delle emozioni e influenza la valutazione di sé: persona sicura-postura eretta, persona
insicura-postura inclinata.
3.COMPORTAMENTO CINESICO. Esso riguarda i movimenti del corpo ed i gesti delle
mani: i movimenti di busto e gambe, quelli del capo e i gesti delle mani.
La gestualità dice molto non solo sulla persona stessa ma anche sui legami che essa ha
con altri soggetti: basti pensare al bambino che imitando il padre o la madre viene
ricondotto ad essi. Essa prende vita grazie all’uso delle mani ma si accompagna anche
dall’uso delle braccia. Quando parliamo di gestualità distinguiamo:
1.GESTI EMBLEMATICI, sono convenzionali e si usano quando c’è confusione, ad
esempio quando si parla lingue diverse (il pollice per indicare l’okay).
2.GESTI ILLUSTRATORI, accompagnano un contenuto verbale per renderlo più
evidente ed esplicito.
3.GESTI REGOLATORI, azioni che controllano il flusso della conversazione, regolandone
e modificandone l’andamento. Ad esempio, la mano a vassoio per passare la parola,
come a dire “prego, puoi dire&rdq
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