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H. Licensing

L’impresa (licenziante) concede a un’impresa (licenziataria) del paese in cui intende fare ingresso:

 Il diritto di utilizzare una definita tecnologia o un processo produttivo brevettato, per realizzare un

determinato prodotto

 Il diritto di commercializzarlo con il marchio del licenziante

Es. Schweppes, in Italia la produce la San Benedetto sotto licenza.

Il vantaggio è che si investe poco (si aiuta l’azienda locale ad avviare la produzione) e in cambio si riceve un

compenso (in percentuale sul venduto, quindi diviso con l’azienda locale). I vantaggi superano gli svantaggi.

Un problema è che si danno tutte le conoscenze all’azienda che potrebbe poi diventare concorrente, vendendo

i prodotti col suo marchio. Anche in questo caso è fatta prevalentemente per beni non particolarmente

tecnologici.

Es. Fiat faceva produrre modelli vecchissimi in Serbia fino a poco tempo fa, col marchio Zastava. Dava la

licenza per fare un prodotto obsoleto in Italia. La stessa cosa aveva fatto con la Seat in Spagna.

Franchising e piggy back sono anche chiamati accordi dell’area marketing: collaborare con un’altra azienda

non per produrre ma vendere all’estero. Licensing e subfornitura riguardano invece anche la produzione.

I. Joint Venture (societaria)

Accordi equity (=l’impresa investe capitali) tra due o più imprese di paesi diversi che porta alla creazione

di una nuova impresa.

Il vantaggio è che si deve investire meno, lo svantaggio è che si ha un socio. È una modalità molto rischiosa.

La durata è indefinita, l’orizzonte dell’impegno dell’azienda nel mercato estero è molto più lungo. Può essere

una joint venture paritaria (tutti i soci hanno le stesse quote) o meno, tuttavia il successo non dipende tanto

dalla quota ma dipende da altri fattori:

 Compatibilità tra le imprese (condizioni soggettive), riguardano le aziende, i soggetti. Tra soggetti ci sono

obiettivi/orizzonti temporali diversi e quindi a volte non funziona.

 Struttura di gestione (condizioni oggettive), riguarda le logiche e le regole di decisione: chi decide, con

quali tempi

Sta più in alto rispetto ai contratti ma c’è più rischio perché ha una controparte.

Tutte le modalità viste fino ad ora sono abbastanza proporzionali: all’aumentare dell’investimento, aumenta

il controllo. Ci sono però due eccezioni.

J. Management contract

Es. fortunati proprietari di una catena di alberghi, vogliono andare all’estero: che modalità si utilizza? Unità

produttiva/integrata (produco e vendo anche) o franchising.

Prevede un investimento basso ma un controllo altissimo. È una modalità tipica del settore alberghiero,

soprattutto per gli hotel di alto livello. Ci si reca all’estero e si cerca qualcuno che abbia un hotel ma non abbia

voglia di gestirlo. L’azienda dà il brand e gestisce l’hotel (contratto di management) mandando qualche

manager (2/3 persone). L’azienda e il rischio rimangono però del proprietario.

L’esperienza nell’attività renderà sicuramente risultati positivi. L’azienda prende in gestione l’albergo, si dà

degli obiettivi di vendita e l’albergatore le paga la quota per la gestione (management fee: stipendi dei manager

+ remunerazione + eventuali incentivi). Agli occhi del cliente l’albergo ha il nome dell’azienda, quindi non si

sa se è stato comprato o meno (grande vantaggio). I vantaggi sono molti: mandando i manager, l’azienda

controlla al 100% quello che viene fatto. A livello di investimento si tratta solo di inviare pochi manager.

Es. ACCOR azienda francese. Considera i suoi hotel

come una piramide: in alto quelli più esclusivi del lusso

in cui usa sempre il management contract perché

garantisce di controllare esattamente come viene

gestito l’hotel (è il suo manager che controlla quindi

investe pochissimo ma controlla); invece scendendo

troviamo anche i contratti di franchising che sono

un'alternativa che non viene usata nel lusso perché nel

franchising la gestione viene presa in carico dal

soggetto straniero (non è più l’impresa a governare

l'hotel, ma è lui ed è più rischioso).

K. Investimenti di capitali di minoranza

Investimenti di capitali ma senza controllo. L’impresa compra una quota in un’impresa straniera che però

non le dà il potere di decidere (10-15%). È una modalità temporanea, si vuole aumentare un po’ la presenza

all’estero. Si compra poco perché dall’interno (essendo azionisti) si capisce tutto dell’organizzazione

dell’azienda, poi se le cose vanno bene poi l’obiettivo è quello di allargarsi e acquisire sempre più controllo

(comprando il distributore). Certe volte alcune imprese italiane si uniscono e creano insieme un’impresa

all’estero (4/5 aziende), prendendo una quota di minoranza per condividere i costi dell’attività. Se le cose

vanno bene, si compra poi il distributore o si vendono le quote. È un’eccezione perché è temporanea.

➔ Diverso dalla joint venture: la joint venture la si compra da zero, con gli investimenti invece si compra

un pezzettino di qualcosa che è già esistente.

La sequenzialità delle modalità d’ingresso

Qualcuno ha provato a ragionare sulla

sequenza con cui un’impresa

sceglierebbe queste modalità, se c'è

una logica ricorrente nel modo in cui

un’impresa che va all'estero sceglie

questa modalità.

Secondo questo grafico tutte le

imprese dovrebbero partire da in basso

a sinistra (poco controllo, basso

investimento) per poi arrivare in alto a

destra (molto controllo, alto

investimento). Il punto di partenza più

semplice sarebbe quindi

l’esportazione indiretta: una modalità semplice per approcciare i mercati esteri e un tentativo di capire se il

prodotto piace all’estero. Poi quando capisce il potenziale, acquisisce conoscenze e competenze sul mercato,

dovrebbe aumentare e arrivare all’esportazione diretta (gestirsi autonomamente l’attività nel mercato estero).

Se le cose vanno bene una possibilità è aprirsi un’azienda in quel mercato che cura tutto quanto (unità

commerciali) oppure un’altra possibilità sarebbe passare alla joint venture che richiede un investimento di

capitale per formare un’impresa nuova. Se il mercato è molto interessante, si può arrivare addirittura all’IDE,

cioè la sole venture (azienda tutta nostra).

Un altro possibile percorso, che parte da modalità che prevedono che l’affiliato (franchising/licensing) produca

il bene. Poi si proseguirebbe verso in alto a destra. A mano a mano che l’impresa acquisisce esperienza,

acquisisce controllo e aumenta gli investimenti.

Questo modello della sequenzialità però è stato criticato. Ci sono tante eccezioni:

➔ Alcune imprese saltano alcuni stadi del processo sequenziale (hanno le risorse per farlo, hanno acquisito

in altri mercati l’esperienza che permette loro di saltare degli stadi)

➔ Talvolta ci sono ripensamenti, cambi di rotta (non sempre si seguono le frecce del grafico, se cambiano

le condizioni l’impresa può tornare indietro o perfino uscire dal mercato)

➔ Impiego di più modalità contemporaneamente (la stessa azienda che ha, ad esempio, unità commerciali

in alcune città e franchising in altre)

In sintesi:

• L’impresa potrà scegliere diverse modalità per accedere a ciascun mercato e modificarle in modo

dinamico

• Inoltre, anche all'interno di uno stesso mercato, l'impresa può essere presente con più di una modalità

(es. distributore locale in una regione; unità commerciale in un'altra regione; ecc.)

Il posizionamento dell’offerta nei mercati internazionali – COSA?

Tutte le scelte che riguardano l’offerta in questi mercati sono caratterizzate dal conflitto standardizzazione vs

adattamento. La standardizzazione comporta l’utilizzo in tutti i mercati dello stesso posizionamento, degli

stessi prodotti, gli stessi prezzi, la stessa comunicazione. Questa scelta porta meno costi però il mercato estero

potrebbe non gradirla. L’adattamento invece prevede un diverso posizionamento, prodotto ecc. per il mercato

estero. Costa di più ma è fatto su misura per un certo mercato. È anche chiamato differenziazione, ma è un

termine ambiguo. Un sinonimo potrebbe essere invece contestualizzazione. Occorre quindi cercare un

equilibrio tra questi due elementi.

Es. la Volkswagen Passat è stata mantenuta molto simile nei due mercati (USA e Cina) ma sono stati cambiati

alcuni dettagli per renderla più simile ai gusti locali.

Lo schema logico (S-T-P)

➔ Segmentazione internazionale della domanda: si dividono i consumatori in segmenti con l’obiettivo di

trovare somiglianze

➔ Scelta del Target: dei segmenti individuati, sceglieremo quale o quali servire

➔ Posizionamento del prodotto: che tipo di posizione vogliamo che abbia il nostro prodotto nella mente dei

nostri consumatori?

Queste tre sono scelte strategiche, ovvero che hanno un impatto di medio lungo periodo sull’azienda; quindi,

non possono essere cambiate facilmente e farlo costa. Queste scelte influenzano le politiche di marketing,

ovvero le scelte più operative/più immediate che riguardano il prodotto, il prezzo e la comunicazione. Queste

scelte possono essere più facilmente variate. Il posizionamento discende a livello logico dalla segmentazione

e dalla scelta del target. Le scelte operative sono influenzate dalle scelte strategiche.

Segmentazione

La segmentazione è un’attività necessaria per un’azienda prima di posizionarsi in un mercato: suddividere il

mercato target in gruppi, segmenti omogenei tra di loro. Non tutti i clienti sono uguali, hanno gli stessi bisogni

quindi la logica è aggregare i clienti simili tra di loro. Occorre però partire dall’analisi della domanda

internazionale.

Analisi della domanda internazionale

Levitt ha sviluppato un modello chiamato del “consumatore universale”: secondo lui c’è un unico consumatore

in tutto il mondo, uguale dappertutto. Questa teoria viene sviluppata negli anni ’80, all’inizio della

globalizzazione.

➔ Evoluzione della tecnologia: la comunicazione si evolve, porta a scambiarsi idee e conoscere prodotti

venduti all’estero

➔ Omogeneizzazione della domanda: i bisogni e i desideri diventano simili in tutto il mondo

➔ Standardizzazione dei processi e dei prodotti

➔ Passaggio da mercati

Dettagli
A.A. 2023-2024
83 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/01 Economia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Alice Franceschi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Gestione strategica per i mercati internazionali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Cassia Fabio.