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Le comunità per minori in Italia
La nascita delle comunità per minori in Italia avviene negli anni '70 in un contesto di profonda crisi socio-sanitaria parallela a un'evoluzione delle politiche sociali. La legge del 4 maggio 1973 n.184 istituisce l'affidamento familiare e stabilisce il diritto di ogni bambino di essere educato in famiglia. Le politiche sociali degli anni '80 sanciscono nuove soluzioni di accoglienza, ma è solamente attraverso la legge del 28 agosto 1997 n.285 che la funzione delle comunità per minori viene attuata, e nel 13 novembre 1997 le comunità vengono distinte in comunità educative e familiari. Con la legge 149/2001 vengono stabilite le distinzioni nazionali tutt'ora in vigore: - Comunità educative dove l'azione educativa è svolta da un'equipe di operatori professionali che la esercitano come un'attività lavorativa; - Comunità di prontaaccoglienza con un tempo di permanenza breve giusto il tempo di individuarecollocazione più idonea, come ad es. nel caso di servizi di prima accoglienza di minori stranieri nonaccompagnati;
comunità di tipo familiare (case famiglia) nelle quali le attività educative sono svolte da due o più adulti che vivono insieme ai minori affidatari, anche con i propri figli;
comunità di alloggio finalizzati ad accogliere un piccolo gruppo di persone, spesso adolescenti o neomaggiorenni, che vengono avviati in un percorso verso l'autonomia.
Sono due le dimensioni di intervento delle comunità:
- TEMPORANEITÀ - accoglienza in tempo definito
- FAMILIARITÀ - gestione e scansione familiare dei tempi e degli spazi
Se la prima dimensione è assodata, poiché scritta nella legge 149/2001, la seconda lascia spazio a diversi interrogativi a cui la letteratura cerca di rispondere. Significa offrire un clima di cure.
La comunità per minori svolge diverse funzioni, tra cui la protezione e il sostentamento materiale. Serve a rinforzare le funzioni intrapsichiche, migliorare le capacità comportamentali e le competenze sociali. In particolare, aiuta a ridurre i comportamenti barriera e aiuta gli adolescenti ad abbandonare le comunità con migliori capacità e supporti di tipo economico, sociale ed emotivo.
Le comunità per minori hanno anche funzioni diverse a seconda delle fasi che regolano:
- Valutativa: la comunità ricopre un ruolo di supplenza dei genitori e una funzione di protezione.
- Affiancamento: sussiste qualora il figlio venga reindirizzato verso il ricongiungimento familiare e la comunità aiuta sia il figlio per il reinserimento in famiglia, sia i genitori per riassumere il proprio ruolo.
Uno dei punti critici dell'organizzazione delle comunità sono i criteri di valutazione, i quali, formulati nel maggio 2004, sono particolarmente vaghi.
I criteri sono:- l'esistenza effettiva di processi di vita comunitaria e rapporti significativi con i caregivers
- la sussistenza dei rapporti reali quotidiani con il territorio
- la formulazione e l'effettiva realizzazione di Piani Educativi Individualizzati (PEI)
- adeguate forme di coinvolgimento della famiglia di origine
- adeguata formazione di base degli operatori
- esistenza di una metodologia di lavoro definita
- esistenza di positivi e corretti rapporti di collaborazione con la rete dei servizi
- la comunità deve essere ubicata in un luogo facilmente raggiungibile con l'uso di mezzi pubblici
- deve essere assicurata la dotazione di spazi per la socializzazione distinti da quelli delle camere
- devono essere presenti figure professionali sociali e sanitarie
- ogni comunità deve avere un responsabile e un registro per gli ospiti
- per ogni ragazzo va predisposto
un PEI con obiettivi, contenuti, mod. di intervento e metodi di verifica il dibattito sui criteri di valutazione si intreccia con quello dei parametri di verifica della riuscita di un affidamento familiare come:
- stabilità del contesto di cura
- clima emotivo inteso come capacità di manifestare calore e affetto
- capacità di permettere al pot. di sviluppo del bambino di esprimersi al massimo
- il recupero, da parte del bambino, di eventuali carenze avute durante lo sviluppo
- il mantenimento dei legami di attaccamento fra il bambino e la fam. di origine
- sostegno offerto ai genitori biologici per il recupero delle loro capacità di parenting.
- sugli obiettivi a lungo termine dell'affidamento rilevano che si considera di successo un intervento quando il minore dimostra un buon grado di autosufficienza in età adulta ed è in grado di mantenere buone relazioni sociali, amicali e familiari.
ORGANIZZARE LE
COMUNITÀ
Le comunità per minori sono definite come strutture organizzative quando è presente un educatore stipendiato e volontari. In ogni caso si tratta di una o più “comunità di pratiche” dimensioni:
- Impresa comune;
- Impegno reciproco;
- Repertorio condiviso di azioni, linguaggio, pratiche e strumenti che compongono la “cassetta degli attrezzi” degli educatori.
Tale dimensione sistemica emerge dal lavoro di rete e collaborazione tra diversi enti, in primis un ente pubblico che si occupa di finanziare le comunità tramite rette giornaliere per ogni minore accolto (dai 60 ai 140 euro). Dopodiché, collabora con i servizi sociosanitari, le istituzioni scolastiche, tutti i servizi del territorio, le associazioni di volontariato e le università per eventuali tirocini.
Uno studio canadese di James Anglin ha distinto alcuni liv. di azione delle comunità:
extra-agency: contatto con i diversi enti
management: amministrazione
supervisione: consulenza psicologica agli educatori
lavoro di cura: contatti con il mondo esterno
lavoro sui contatti tra famiglia e minore
Rispetto alla extra-agency risulta esserci un'incomprensione tra i diversi enti dovuta a una mancata riflessione e comunicazione tra loro che possono provocare conseguenze come turn over e burn out degli operatori. Alcuni autori attribuiscono la causa a un'ideologia di base secondo cui, a differenza di altre organizzazioni, gli operatori di queste non hanno bisogno di alti livelli di formazione e che ci possono lavorare tutti quanti senza particolari qualificazioni, basta solo essere motivati. Questa spiegazione è grave già di per sé, ma se espressa in relazione a un lavoro con i minori è ancora peggio in quanto i minori con cui si ha a che fare sono spesso problematici come psicotici, borderline, vittime di abuso e maltrattamenti.
Competenze specialistiche e formazione
Le professioni che richiedono competenze specialistiche di intervento necessitano di una formazione specifica. È ovvio che una formazione specialistica è fondamentale per prevenire il turn over e il burn out degli operatori che sono posti quotidianamente di fronte a situazioni stressanti.
Correlazione tra turn over, soddisfazione lavorativa e burn out
La letteratura internazionale ha cercato una correlazione dell'alto turn over con il livello della soddisfazione lavorativa e il burn out. Vi è un alto tasso di burn out (influenzato a sua volta da età, mansione, orari, carico di lavoro e conflitti) correlato ad una elevata soddisfazione lavorativa solo se adeguatamente supportata da una crescita organizzativa.
Quando però il burn out aumenta senza un aumento della soddisfazione lavorativa, gli operatori possono arrivare a considerare il proprio lavoro come una missione o possono mettere in atto un disinvestimento, provocando un distacco pratico ed emotivo dal proprio lavoro. Di conseguenza, emerge un senso di isolamento sociale dalla professione.
un senso di vulnerabilità e sottostima che contribuiscono ad alimentare il circolo vizioso del cattivo servizio organizzativo. Riassumendo, abbiamo diverse fragilità organizzative come un'inadeguata distribuzione del lavoro, un alto tasso di turnover degli operatori, alto rischio di sviluppo del burnout e una scarsa documentazione sul funzionamento delle organizzazioni. I RUOLI Coordinare una comunità è un'attività in costante evoluzione, revisione e negoziazione. La figura del coordinatore assicura al gruppo una visione strategica garantendo un pensiero sui temi importanti. Ruolo importante possiede la leadership discorsiva organizzata ad esempio nei meeting formali che prevedono un orario prestabilito, la presenza di un chair designato (responsabile della comunità) e la divisione dei ruoli al suo interno. Inoltre, ha un ruolo fondamentale la disposizione spaziale dove il chair è a capotavola e l'educatrice cheverbalizza si trova al centro del tavolo con un'agenda che segna ciò che viene detto. Nel caso di volontari novizi essi occupano inizialmente delle posizioni periferiche poiché devono cominciare ad apprendere i modi con cui comunicare e gli strumenti da utilizzare.
GLI STRUMENTI DI LAVORO (artefatti)
La scelta di concentrare l'attenzione sugli strumenti di lavoro deriva dall'orientamento teorico che stiamo seguendo, ovvero quello della psicologia storico-culturale. Gli strumenti, e tra quelli più utilizzati il linguaggio, vengono definiti come "progetti umani incarnati", specifiche entità che rappresentano scopi, intuizioni e rappresentazioni umane in un contesto ben preciso. Un'importante funzione degli artefatti è, infatti, quella di collegare il mondo e i suoi oggetti materiali (es. orologio) ai sistemi simbolici (orologio in quanto tempo).
Hanno diverse funzioni all'interno del sistema di interazione:
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