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ORGANIZZAZIONI E GRUPPI

Un'organizzazione è una realtà sociale, che ha funzione sociale di routinizzazione e allestimento di attività produttive complesse.

Ogni organizzazione ha poi una sua funzione specifica (costruire automobili, produrre pasta, far arrivare la posta o far circolare i treni, offrire servizi per la salute, offrire servizi educativi ecc.).

C'è una grande varietà di forme e dimensioni (quindi si parte da grandi multinazionali fino a piccoli negozi a conduzione familiare e ci sono organizzazioni no profit ma anche quelle finalizzate al profitto).

Le organizzazioni sono entità relativamente stabili, sebbene alcune scompaiono, evolvono o cambiano nel tempo.

Le organizzazioni sono progettate come sistemi di attività strutturati al loro interno e coordinati in relazione con l'ambiente esterno (ad esempio, sono in contatto con fornitori, clienti, concorrenti, utenti).

Due tipi di visioni

Esistono due

visioni su cosa sia un'organizzazione.

Approccio classico

Tradizionalmente, l'organizzazione è vista nei suoi aspetti formali, come ad es. negli aspetti di struttura (gerarchia, regole), nelle tecnologie (strumenti utilizzati), negli scopi (qual è la missione) e negli attori (le persone che incarnano il ruolo organizzativo assegnato dall'organizzazione).

Questo approccio classico è descritto attraverso la metafora che vede l'organizzazione come una macchina.

Questo modo di vedere e far funzionare l'organizzazione, assume che ci sia una certa omogeneità interna e che quindi ci sia un consenso rispetto agli obiettivi da perseguire e quindi non tiene conto tanto delle visioni diverse anche in contrasto fra loro all'interno della stessa organizzazione (modi diversi di lavorare ad esempio).

Visione post-moderna

Visione post-moderna dell'organizzazione. Qui si considera l'organizzazione come una comunità di

comunità. Quindi gruppi coordinati fra loro, linee di attività, tra cui ci possono essere delle dinamiche di negoziazione, collaborazione o disaccordo. L’organizzazione è vista come un’azione collettiva reiterata, quindi prolungata nel tempo, in continua evoluzione.

L’organizzazione secondo la visione post-moderna ha un esisto mobile e dinamico, svolto dagli attori organizzativi che danno forma e sviluppo al loro mondo organizzativo. Queste pratiche sono situate edistirbuite e configurano le organizzazioni.

L’organizzazione è vista come il risultato provvisorio di tali pratiche, delle narrazioni e delle interazionilocalmente costruite e negoziate dagli attori sociali.

Quindi: L’organizzazione post moderna vede organizzazione e non organizzare. L’enfasi non è sulle strutture organizzative, che abbiamo detto essere i ruoli, le mansioni, la gerarchia, ma piuttosto sui processi, sulle attività e sulle pratiche organizzative.

È una visione processuale dell'organizzazione. Organizzazione vs. organizzare è importante tenere a mente sia le strutture organizzative (che sono importanti quando si pensa ad un ospedale, una scuola, un'azienda, è importante sapere quali sono i ruoli, quali i rapporti gerarchici...) e è altrettanto utile tenere a mente questa dimensione processuale. Le strutture sono stabili, hanno persistenza nel tempo (un ufficio con una gerarchia, una normativa, una procedura...) I processi sono le realtà in corso, in continuo cambiamento che attraversano le varie fasi. Quindi struttura e processo sono due aspetti della stessa realtà, dove la struttura è l'aspetto statico di un'organizzazione ed il processo l'aspetto dinamico. All'interno della visione dell'organizzazione come organizzare, alcuni teorici dell'organizzazione, fra cui Barbara Czarniawska, hanno anche rivisto in modo più radicale.

L'aspetto strutturale dell'organizzazione proprio in termini processuali. Questi teorici sostengono che c'è un rischio nel vedere la struttura organizzativa come oggetto, quindi come qualcosa di troppo stabile. Oscura tutta una serie di cose. Invece, vedere le organizzazioni come sistemi di azione coordinata ci permette di avere una visione che considera questo continuo fare e disfare che è continuamente in corso.

Barbara Czarniawska ha una visione dell'organizzazione in cui i confini sono un'illusione (confini anche di aspetti strutturali, ad es. i ruoli). Si tratta di una visione dell'ANT (actor-network theory), che vede tutto come una relazione (rete) fra attori. Ad esempio, un'università, piuttosto che vederla come un oggetto, edificio o struttura, si può vedere come esito di un'attività, ovvero insegnare, insegnare che si realizza nelle relazioni fra docenti-studenti-classi-libri. Ecco che dunque in

ultima analisi è ricondotta ad una relazione fra attori.
ORGANIZZAZIONI IN AZIONE
Tutto ciò (quello detto a proposito dell'organizzazione vista come organizzare) è possibile solo se guardiamo le organizzazioni in azione.
Guardare le organizzazioni in azione vuol dire andare a guardare le pratiche ricorrenti, le routines lavorative. Tutto ciò contribuisce a costruire il contesto organizzativo.
La strutturazione organizzativa non esiste "prima" o "indipendentemente" dalle interazioni dei membri. Anzi, è attraverso i discorsi e le azioni che le organizzazioni possono agire, decidere, pianificare e quindi in ultima analisi, esistere.
Quindi: bisogna guardare il versante micro delle organizzazioni (non macro). Bisogna dare sguardo ai discorsi, alle attività svolte, le risorse, i materiali utilizzati dai membri per realizzare e coordinare le azioni lavorative...
Risorse: discorsi, conversazioni, storie, strumenti utilizzati e

oggetti prodotti. Ad es. una cartella clinica.

Workplace studies

Queste analisi delle organizzazioni hanno trovato collocamento all'interno di questa linea di ricerca chiamata "workplace studies".

In questi ambiti si sono studiati i contesti di lavoro nelle organizzazioni come pratiche interattive, quindi continuamente negoziate e riconfigurate dagli attori sociali.

ORGANIZZAZIONE COME COMUNITÀ DI COMUNITÀ

In questa visione, le organizzazioni sono viste come: comunità di comunità.

Brown e Duguid in un articolo del 91 pongono l'accento sul fatto che, oltre alle pratiche canoniche (ovvero visibili anche in una descrizione strutturale delle organizzazioni, ad es. le mansioni assegnate), è importante dar conto e vedere anche le pratiche non canoniche (informali e spesso tacite - dentro queste pratiche non canoniche ci sono i "trucchi del mestiere") ma che sono altrettanto importanti di quelle canoniche.

nell'esecuzione ed organizzazione del lavoro. Le pratiche canoniche sono una descrizione rarefatta del lavoro. Qui i compiti complessi vengono ridotti ad un insieme di passi semplici e tayloristici (maggior controllo e poca informazione). Le pratiche non canoniche hanno una descrizione densa del lavoro. Qui la complessità viene conservata. Le pratiche non canoniche sono ben documentabili e osservabili negli studi etnografici. Questi studi mettono in luce come ci sia una distanza fra la parte formale e informale del lavoro. In particolare, Brown e Duguid fanno un'analisi dello studio di Julian Orr, sul funzionamento di macchine fotocopiatrici. Julian Orr in questo studio mostra come ci sia questa distanza tra la documentazione fornita ai tecnici che riparavano le macchine fotocopiatrici (che rappresentava un albero decisionale astratto) e l'imprevidibilità del funzionamento delle macchine e dei numerosi problemi che si potevano creare. I tecnici riuscivano a

Risolvere questi problemi grazie all'improvvisazione e queste pratiche non canoniche che erano proprio necessarie per colmare questo gap. I tecnici non affrontavano in maniera individuale il problema, ma lo facevano come gruppo, come comunità di tecnici. Utilizzavano le storie (le "war stories", le storie di guerra) che raccontavano casi simili di risoluzioni di problemi. Queste storie quindi generavano interazioni fra ricordi di altre occasioni in cui gli stessi sintomi sono stati visibili, prove e risposte sulla macchina e intuizioni che hanno portato i tecnici alla diagnosi e alla riparazione.

Quindi: L'improvvisazione e le pratiche non canoniche sono necessarie per risolvere i problemi, per i tecnici l'apprendimento sul lavoro è una necessità. Se i tecnici seguissero le direttive, la vita organizzativa sarebbe un caos.

La pratica del racconto è quindi la risorsa fondamentale. La narrazione può essere usata anche come strumento diagnostico.

Queste storie permettono di sviluppare spiegazioni casuali. Sono inoltre storie a più voci, vocicollaborative, a cui ognuno aggiunge dei pezzi: in questo modo si utilizza la conoscenza distribuita nella comunità. 12COGNIZIONE DISTRIBUITA

Alcuni processi cognitivi, tra cui la visione, sono stati studiati in modo diverso:

Psicologia della Gestalt. Il disegno della vecchia e della giovane. questi studi evidenziano uno stile percettivo individuale.

Processi sociali della cognizione. Ci sono studi più recenti fatti ad esempio da Edwin Hutchins di "Cognition in the wild" oppure da Charles Goodwin di "Il senso del vedere", in cui la cognizione e anche la visione vengono considerati dei processi sociali in cui il far parte di gruppi e comunità di un certo tipo configura e dà forma anche i processi percettivi, quali la visione.

STUDIO GOODWIN

Vediamo uno studio molto noto di Charles Goodwin che poi ha pubblicato in un articolo del 1994

“Professional vision”. In questo studio lui analizza il processo che venne fatto a Rodney King, un afroamericano che era stato fermato dalla polizia per un’infrazione del codice della strada e brutalmente pestato da un gruppo di poliziotti. Questo pestaggio è stato casualmente registrato da un videoamatore che stava lì per caso. Successivamente, c’è stato un processo in cui è stato mostrato questo video, eppure grazie all’abilità oratoria della difesa degli avvocati che difendevano i poliziotti, la giuria ha visto tutt’altro e i poliziotti sono stati assolti. Successivamente poi, il processo è stato rivisto e King ha avuto giustizia. Goodwin analizza come sia stato possibile vedere qualcos’altro in un video così brutale, mostrando la complessità della percezione e come questo sia legato sia a possibilità abilità retoriche e persuasive (in questo caso degli avvocati) sia a

uo?
Dettagli
A.A. 2023-2024
66 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giuliapanaginii di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia sociale dei gruppi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Alby Francesca.