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Il Cancionero o Poesía Cancioneril

È un genere poetico che si sviluppa tra il XV e il XVI secolo. Si chiama poesia o lirica cancioneril perché queste opere erano raccolte nei cancioneiros e contenevano prevalentemente canciones, cioè canzoni, ma anche Villancicos e Esparsas. Fino al XIV secolo parole e musica non erano sempre disgiunte, a partire dalla seconda metà del XIV secolo (1350) inizia a crearsi una distinzione tra la poesia che viene letta e la musica. La canción ha origine nelle canzoni provenzali (=canso provenzale) e si evolve arrivando fino in Italia (Petrarca scrive Il Canzoniere); erano messe per iscritto da autori colti e circolavano in ambienti altrettanto colti. La canción ha una forma poetica fissa perché ogni canzone è formata da varie strofe che si chiamano stanze, esse a sua volta si dividono in due parti, la prima parte si chiama fronte ed ha due piedi che devono essere formati dallo stesso numero di versi con.

lo stesso tipo dirima (venivano fatte rimare tra di loro parole e concetti molto significativi tra loro) mentre la seconda parte si chiama sirma e può a sua volta dividersi in due parti chiamate volte. Tra fronte e sirma abbiamo spesso un verso che si chiama chiave. Alla fine di queste stanze ci poteva essere un congedo o un commiato che era una specie di saluto. Queste canzoni venivano utilizzate per pegni amorosi ed ebbero una fortuna notevole nel XV-XVI-XII secolo. A parlare è una voce maschile che rappresenta il cavaliere che esprime un amore idealizzato e stilizzato nei confronti di una dama; quindi c'è un corteggiamento tra i due e un lamento dell'uomo che si pone nei confronti di questa donna come un fedele nei confronti di una divinità (religio amoris): Un elemento importante è quello linguistico perché progressivamente attraverso la poesia dei cancioneros vediamo un passaggio dalla lingua poetica galaico-portuguesa al castillano.

1350 abbiamo testimonianza di un grande cancioneiro, ovvero un libro de canciones o cantigas che viene donato da Pedro Alfonso de Portugal a Alfonso XI de Castilla; tutti i testi raccolti in quest'opera erano scritti in lingua galaico-portiguesa.

Nel 1430-1440 abbiamo un altro cancionero detto "cancionero de Baena" formato da molti testi di vari autori e raccoglie la poesia dal 1370 al 1425/1430 scritta tutta in lingua castillana per ragioni politiche e culturali perché l'interesse della Castilla si sposta dal Portogallo (nel 1385 abbiamo una battaglia importante che vede uno scontro tra Castilla e Portugual) alla regione di Aragón più a est.

CANCIONERO DE BAENA

Juan Alfonso de Baena fu il compilatore del cancionero de Baena ed era un giudeo converso andaluso molto colto che fu scrivano del re; Baena è inserito nel testo anche come poeta. Questo canzoniere viene preparato su incarico per il re di Castilla Juan II. Il prologo è molto importante.

Perché parla di avere un'antologia di testi in castigliano e perché l'autore si addentra in alcuni elementi del processo di creazione. Nella prima parte del testo si parla dell'importanza dei passatempi per i e per i re e si dice poi che tra i passatempi più utili ci sono la lettura e l'ascolto che apportano una serie di benefici. Mentre nel secondo paragrafo si sottolinea l'importanza della poesia che viene indicata come "gaya scienza" con la quale ci si allena a tutte le capacità tecnico-espressive che erano necessarie per scrivere. Altra cosa molto importante è che la capacità di fare poesia viene infusa da coloro che sono in grado di misurare le sillabe, gestire il ritmo, gestire la rima come fatte perfettamente dagli scrittori delle canciones. Il poeta deve mettere tutte queste strategie retoriche e, poiché viene scelto da Dio, deve essere uno elevato.

Dal Cancionero de Stúñiga è tratta

Un'opera chiamata Carvajal o Carvajales. Carvaial, era un autore di romances e di poesia di cancionero di cui abbiamo scarsissime notizie biografiche ma sappiamo che viaggiò in Italia perché fu lo scenario di alcuni suoi componimenti. Íñigo López de Mendoza "El Marqués de Santillana" era un nobile con un incarico a corte (di Juan II di Castilla) e ottiene il titolo di marchese dal re grazie all'aiuto prestato nella battaglia di Olmedo. Svolgeva il compito del poeta cortigiano (di corte) grazie al quale stette a stretto contatto non solo con il re ma anche con il suo valido Álvaro de Luna, col quale non era in buoni rapporti. Il marchese ebbe l'occasione di conoscere la cultura italiana e si avvicinò anche alla corte di Aragona; questo spiega il suo interesse per la poesia italiana, infatti negli ultimi anni della sua vita compose 42 sonetti (Sonetos fechos al itálico modo) che rappresentano un tentativo

Importante di adattare il sonetto allatradizione spagnola. Fu un'operazione non del tutto riuscita che fu portata poi atermine solo da Garcilaso de la Vega. Quest'autore scrisse anche una produzioneinteressante di tipo cancioneril all'interno della quale ritroviamo 10 serranillas(l'iopoetico incontra una serrana e se ne innamora). Un altro testo molto importante èla CARTA-PROHEMIO che l'autore indirizza a Don Pedro de Portugual.Nell'inviare adegli una copia dei suoi componimenti aggiunge un'introduzione, la lettera-proemio,in cui riflette sull'atto creativo e sulla creazione poetica,in particolare sulle capacitàtecnico-espressive che ci vogliono per fare poesia.

JUAN DE MENANato nel 1411 e morto nel 1456, legato ad Alvaro de Luna, valido del re. Juan deMena fu probabilmente anche lui un ebreo convertito e rappresenta l'intellettualepuro che non viveva di rendita ma esercitava un incarico a corte, grazie al qualeveniva protetto;

lui esercitò presso la corte di Juan II l'incarico di cronista reale e segretario delle carte latine. Era in buoni rapporti sia col re che con Alvaro de Luna, a cui dedicò anche un'opera allegorica (il cui significato va trasfigurato) in cui si celebrava la sua vittoria in una campagna contro i mori. Allegorico è anche uno dei suoi testi più importanti, ovvero il "Laberinto de Fortuna" o "Trecientas" perché a comporre questo poema sono 300 strofe di arte mayor (cioè più di 8 sillabe per ogni verso), fondamentalmente versi con più di 12 sillabe raccolti in strofe che si chiamano ottave. È un'opera dedicata al re in cui si narrano vizi e virtù dei poeti di tutti i tempi attraverso uno scontro continuo tra Fortuna e Provvidenza. Il poeta viene condotto dalla Provvidenza a casa della Fortuna, la quale è strutturata in sette circulos (come i gironi di Dante) e in ognuno si trovano dei.

personaggi(i casti,iconsiglieri,gli amatori,i saggi,gli eroi,i cavalieri e infine anche Alvaro de Luna);al disopra di tutto c'è la figura del re.(ogni girone ha la stessa struttura): Il tono è molto alto e l'argomento è di tipo morale e politico. La distribuzione degli accenti è molto attenta ed il ritmo è il sostenuto. Questo fa sì che l'opera viene imitata molto spesso dopo la sua pubblicazione.

JORGE MANRIQUE

Conosciuto per lo più per le coplas, scritte in onore della morte del padre. Autore e uomo politico che vive e produce nella seconda metà del 400, vive una vita abbastanza breve (1440-1479). Autore implicato nelle vicende storiche e politiche del suo paese visto che suo padre, Rodrigo Manrique, era un alto funzionario della corona spagnola appartenente ad un ordine militare piuttosto famoso ovvero l'ordine di Santiago. Quest'ordine è legato agli ordini crelicali e alle crociate; si accede solo grazie alla

nomina del Gran Maestre che prevedeva che si concedesse pochi titoli di cavalieri. L'insegna era una croce rossa che si poteva portare appuntata sul petto: Fare parte di quest'ordine ti dava accesso a una serie di privilegi. Anche Jorge Manrique appartenne a quest'ordine e muore in seguito a ferite riportate durante una campagna militare. Il tema della morte pervade tutta la tradizione letteraria per delle ragioni molto chiare: l'uomo medievale ha a che fare molto spesso con la morte (peste, battaglie, aspettativa di vita). Ci sono numerosi cliché che vengono trattati in quest'epoca sia nell'arte che nella letteratura; tra questi troviamo: 1. "La morte livellatrice" ovvero che la morte non fa differenze e prende tutti. 2. "L'ubi sunt?" ovvero dove sono dopo la morte? 3. A questo è legato il tema della cosiddetta "vanitas vanitatum" ovvero tutto è vanità, tranne l'accumulo dei beni in cielo, perché.nell'aldilà non possiamo portare nulla. 5. "De contemptum mundi" si riferisce al disprezzo verso il mondo e all'osservare con disprezzo le cose che fanno parte del mondo. 6. L'uomo è un homo viator, è come se compiesse un pellegrinaggio e la meta deve essere virtuosa. 7. "Tempus fugit" ovvero il tempo a nostra disposizione è poco e passa velocemente e l'uomo deve impiegare virtuosamente il suo tempo sulla terra.

Oggi si ricorda quest'autore per le 40 strofe scritte in onore del padre in cui fa una sorta di summa di tutti i cliché detti precedentemente. La struttura è molto equilibrata e tripartita che porta il discorso attorno alla morte da un'osservazione più generale ad una seconda parte in cui vengono trattati dei casi specifici e concreti attorno a questo tema, fino ad arrivare al tema centrale ovvero la trattazione del tema della morte nel

Padre di Jorge Manrique. La tripartizione strutturale rimanda ad una tripartizione tematica che il poeta intende fare su tre sfaccettature della morte: la vita terrena, la vita della fama, quindi il ricordo che si può avere di una persona, e la vita eterna che è quella che operando bene e attuando le norme cristiane ci guadagnamo dopo la morte. Jorge oltre all'utilizzo dei cliché e di quel tipo di struttura, sceglie una copla che passerà alla storia come "copla manriqueña" o "copla de pie quebrado (piede spezzato perché l'ottosillabo viene spezzato in quadrisillabo)" in cui si susseguono due sestine nelle quali si alternano due ottosillabi e un quadrisillabo (che spezza l'andamento). I quadrisillabi sono in rima tra loro. Il padre di Jorge Manrique muore nel 1476 e questo pone un terminus post quem mentre nel 1479 muore l'autore che rappresenta il terminus ante quem, quindi in questi 3 anni lui ha composto l'opera.

generale, siano state scritte in un momento di tristezza o di riflessione, il tono complessivo del testo è di speranza e di accettazione della morte come parte naturale della vita. Le parole dell'autore sono piene di serenità e di consapevolezza, e trasmettono un senso di pace interiore. La morte viene descritta come un passaggio verso un'altra dimensione, un viaggio verso l'ignoto. L'autore invita il lettore a non temere la morte, ma ad abbracciarla come un'opportunità di crescita e di trasformazione. Il testo è pervaso da una profonda spiritualità, che si riflette nelle immagini evocative e nelle parole scelte con cura. L'autore utilizza una serie di metafore e di simboli per rappresentare la morte e il suo significato, creando un'atmosfera mistica e suggestiva. L'uso del linguaggio poetico e delle figure retoriche contribuisce a rendere il testo più coinvolgente e emotivamente intenso. Nel complesso, il testo trasmette un messaggio di speranza e di fiducia nella vita dopo la morte, invitando il lettore a riflettere sulla propria esistenza e sul significato della morte.
Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
41 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/05 Letteratura spagnola

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Kekko6172 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura spagnola I e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Salerno o del prof Crivellari Daniele.