Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
La canonistica e i poteri del Papato
L'incontro tra i progetti di potere monarchico dei papi e i professori di diritto canonico, con la cultura giuridico-politica di cui erano portatori, è un incontro profondo, durevole e molto significativo.
Va tenuta presente una differenza sostanziale tra la cultura giuridica dei civilisti e quella dei canonisti, differenza che è basata sulle rispettive fonti:
I civilisti leggono le fonti romane, le compilazioni giustinianee; si tratta di un diritto vecchissimo ormai e ampiamente superato - nella prospettiva dei rapporti sociali e che, per quanto riguarda la cultura giuridico-politica, fa riferimento al potere dell'impero romano antico - che non esiste più; quindi, i civilisti hanno il problema di rendere attuale un diritto antico e di non poter contare veramente su un centro di potere politico;
I canonisti, invece, hanno, quale fonte autorevole, il diritto nuovo creato dai papi; il Decreto di Graziano è la prima.
e- fondamentale raccolta di diritto canonico, ma viene sempre più messo tra parentesi, a cominciare dal piano quantitativo, perché gli atti normativi emanati dai papi, a partire dalla seconda metà del XII secolo, e le raccolte di Liber Extra, prima di tutto, e di Decretali – che sistematizzano questa alluvionale produzione normativa – prevalgono rispetto al decreto di graziano perché sono molte di più. I canonisti possono, inoltre, contare su un potere politico presente ed attuale, perché il potere dei papi è incisivo nell’attualità. Quindi, mentre la collaborazione dei civilisti con il potere imperiale è sempre una collaborazione a distanza, quella tra i canonisti e il papato è molto vicina e molto più intensa – anche perché, spesso e volentieri, i papi sono loro in prima persona dei canonisti. Tutti gli uomini di chiesa, a livello locale come a livello centrale, provengono inlarghissima misura da studi di diritto canonico.EREDE DI PIETRO
Enrico da Susa, commento alle Decretali: il potere di Pietro è la giurisdizione su tutta la chiesa;
- Erede e successore di Pietro, il papa è l'unico potere legittimo entro la comunità spirituale;
- Tutti gli altri poteri derivano da lui.
Il primo e più importante tema su cui riflette la cultura politico-giuridica legata al diritto canonico rispetto ai poteri del papa, per la loro comprensione e descrizione, è l'idea del papa in quanto erede di Pietro. Si tratta di un'idea antica e tradizionalissima, ma sempre efficace proprio perché consolidata e perché può venire compresa in termini sempre diversi. È quello che fa, intorno alla metà del Duecento, Enrico da Susa, uno dei grandissimi professori di diritto canonico, detto Ostiense perché è stato cardinale e vescovo di Ostia – la seconda carica più
Importante subito dopo il papa. Il suo peso per la formazione della cultura ed il linguaggio politico della chiesa della sua epoca, e non solo, è stato tale da poter essere vantato da pochissimi papi.
Nel suo commento alle Decretali, egli riformula la teoria dei poteri del papa in quanto erede di Pietro: verrebbe a consistere in un vero monopolio, da parte del papa, di tutto il potere dentro la chiesa – quindi quello legato all'ammissione sacerdotale, ma anche quello legato all'amministrazione e quello giudiziario. In pratica, all'interno della chiesa vi sarebbe un unico potere legittimo, che è quello conferito da Gesù Cristo al primo e più importante dei suoi discepoli, e da lì poi ai suoi successori. Dietro alle parole che Gesù ha rivolto a Pietro, ci sarebbe una precisa volontà divina per cui nella chiesa dev'esserci un unico vertice in cui è concentrato tutto il potere. Questo non significa che non vi
siano altre istanze di potere all'interno della chiesa: nella visione di Enrico da Susa, la chiesa è pur sempre una comunità articolata e complessa e presenta una pluralità di centri di potere locale e particolare al proprio interno. L'unica fonte che legittima questa miriade di poteri è il papa.PLENITUDO POTESTATIS
Potere analogo a quello di tutti gli altri vescovi, ma universale;
Potere diverso e superiore;
Ostiense: il potere del papa non ha limiti territoriali;
Giovanni d'Andrea: potestà normativa senza controlli né limiti.
Il tema della pienezza di poteri (plenitudo potestatis) del papa dipende strettamente dal quello del papa erede e successore di Pietro: se Dio ha manifestato la sua volontà attraverso le parole di Gesù a Pietro, è chiaro che egli e i suoi successori detengono la pienezza del potere.
Il dibattito all'interno della canonistica riguarda il modo in cui questa
pienezza di poteri venga intesa, e si segnalano due impostazioni diverse:
- La pienezza dei poteri del papa consiste nella sua estensione – i contenuti del potere del papa non sarebbero poi troppo diversi ai contenuti di quello di tutti gli altri vescovi; l’unica differenza significativa è proprio l’estensione, nel senso che il potere dei vescovi è limitato dal punto di vista personale e territoriale, mentre il potere del papa si estende grossomodo su tutta la chiesa;
- La pienezza di poteri del papa permette che questi si distingua da qualsiasi altra istituzione all’interno della chiesa, perché questi non sono pieni poteri.
La prima teoria trova in Enrico da Susa come suo primo esponente: sempre commentando le Decretali – quindi il diritto nuovo dei papi –, afferma che la pienezza dei poteri del papa consiste fondamentalmente nell’assenza di limiti territoriali e si esercita a livello universale. Pertanto, il papa può
intervenire ovunque e in ogni questione: non vi sono limiti di persone, di territorio o di materia e in qualsiasi problema concreto, che segna la vita della comunità spirituale, il papa ha il diritto di intervenire.
Questa teoria caratterizza la seconda metà del Duecento e i primi decenni del Trecento.
In relazione allo scontro violentissimo con l'impero di Ludovico il Bavaro, l'attualità politica fa sentire questa teoria come non troppo utile ed incisiva.
È molto importante anche l'elaborazione di un altro importante professore di diritto canonico della prima metà del Trecento, Giovanni d'Andrea: egli studiò ed insegnò a Bologna, ha una formazione anche nel diritto romano e a lui si deve una saldatura tra diritto romano e diritto canonico e, sul piano della cultura giuridico politica, questa saldatura si vede grazie al fatto che Giovanni d'Andrea cerca di applicare al potere del papa un modello descrittivo che il
Il diritto romano antico aveva sviluppato rispetto al potere dell'imperatore. Propone, quindi, una comprensione dei poteri del papa in termini molto simili a come il diritto romano concepiva i poteri dell'imperatore: in questa prospettiva, vede la pienezza di poteri del papa nell'ambito della legge, quale potestà normativa - che nell'ambito umano non conosce limiti né vincoli.
Il papa ha la pienezza dei poteri non perché il suo dominio si estende su tutta la chiesa, ma perché solo lui può fare leggi di validità universale in qualsiasi materia e senza limiti - cioè andando contro le leggi vigenti e senza bisogno della partecipazione dell'approvazione di nessun altro soggetto.
Questo è un potere qualitativamente diverso da tutti gli altri, molto più incisivo - quello che si rendeva necessario sul piano culturale e anche su quello della comunicazione politica nella prospettiva di un
confronto tanto violento con l'impero – fatica un po' a consolidarsi perché questa visione appariva a molti come troppo eccessiva ed estrema. VICARIO DI CRISTO Innocenzo IV: il papa è vicario di Cristo in quanto erede di Pietro, cui Cristo aveva affidato alcuni suoi poteri; • Libro di Geremia: "Ti ho costituito al di sopra dei popoli e dei regni", lette riferite a Cristo; • Il papa vicario di Cristo è al di sopra dei poteri pubblici. • Anche l'idea di vicario di Cristo è ormai, alla fine del Duecento e poi nel secolo successivo, un tema ampiamente consolidato, e anche per questo non può più essere messo in discussione. È un tema acquisito alla cultura politica, in particolare quella espressa dalla canonistica, ma si tratta di vedere come intendere questo ruolo del papa in quanto vicario di Cristo. Qui è importantissimo l'intervento di Sinibaldo Fieschi, sia in quanto professore didiritto canonico, sia, poi, in quanto papa: egli cerca una saldatura tra le due grandi idee e immagini simboliche correnti e consolidate per descrivere i poteri del papa – quella di successore di Pietro e quella di vicario di Cristo.
Ai primi del Duecento, queste due idee erano viste in conflitto, ma mezzo secolo dopo risulta più percorribile anche grazie all’intelligenza di sintesi di Sinibaldo Fieschi – papa Innocenzo IV – che lo spiega in questo modo: Gesù Cristo ha conferito a Pietro determinati poteri, perlomeno la facoltà di esercitare alcuni dei suoi poteri; pertanto, il successore di Pietro può legittimamente adoperare questi poteri. Allora il papa è vicario di Cristo perché è erede di Pietro.
In prospettiva politica, per descrivere questo tipo di potere, Innocenzo IV fa riferimento ad una profezia ebraica dell’Antico Testamento, che la teologia cattolica aveva sempre letto come se fosse stata rivolta a Gesù.
Nello specifico, all'inizio del libro di Geremia ci sono delle parole che Dio gli avrebbe rivolto: "Ti ho costituito al di sopra dei popoli e dei regni" - riferendosi al mandato profetico, ovvero che Geremia può rivelare al di sopra dei popoli e dei tempi perché Dio gli ha conferito il compito di rivelare la Sua volontà a tutti i popoli e a tutti i regni.
In chiave cristiana, invece, queste parole vennero lette come se fossero rivolte non a Geremia, ma a Gesù Cristo, e viene letta non soltanto la funzione di profeta, ma soprattutto un potere politico - Dio avrebbe dato a Gesù Cristo un potere politico al di sopra di tutti i popoli e di tutti i regni. Si tratta di una sorta di superpotere politico, che consisterebbe nel potere di sciogliere e di legare che Cristo avrebbe conferito al suo apostolo Pietro - e per questo, insieme ai suoi successori, sarebbero vicari di Cristo stesso.
SISTEMA DI RAPPORTI
PAPA-IMPERATORE
Innocenzo IV: il potere sovrano universale deriva da Cristo al papa, che ne conferisce l'esercizio all'imperatore;
Bonifacio VIII: in caso di sede imperiale vacante, il papa riassume i poteri dell'imperatore;
Il potere politico è autonomo ma deve essere sottoposto al controllo.