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A queste verifiche si aggiungono quelle riferite alla “regolarità del contraddittorio”; all’udienza fissata
per la prima comparizione delle parti e la trattazione il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità
del contraddittorio pronunciando, ove servisse, i provvedimento di cui agli artt. 164, 167, 182 e 291.
Si tratta di interventi mirati all’esigenze di verifica come, ad esempio, l’ordine di integrazione del
contraddittorio in caso di litisconsorzio necessario; gli ordini di integrazione, rinnovazione o di
cancellazione; l’ordine di integrazione della domanda riconvenzionale etc.
Questo quadro delle iniziative del giudice a fini collaborativi con le parti si completa col potere, che
l’art. 183 c. 4, attribuisce al giudice, di chiedere alle parti i chiarimenti necessari e di indicare loro le
questioni “rilevabili d’ufficio” delle quali ritiene opportuna la trattazione.
Questa disposizione si inserisce nel quadro più ampio del c. 2 dell’art. 101 che contempla l’obbligo del
giudice che intende porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, di assegnare
alle parti, a “pena di nullità”, un termine per il deposito in cancelleria di memorie sulla questione stessa.
Si tratta di un dovere che vieta al giudice di rilevare d’ufficio in decisione questioni non prospettate
dalle parti e sulle quali esse non abbiano avuto la possibilità di esercitare il contraddittorio; ciò al fine di
evitare le decisioni cd. “di terza via” (legato alla garanzia costituzionale del contraddittorio).
La Prima Udienza. Le Nuove Domande Conseguenziali e l’Autorizzazione alla Chiamata di Terzi
Il c. 4 dell’art. 183 coordina le facoltà di “aggiustamento” delle allegazioni, attribuite alle parti e che
stiamo per vedere, col potere di direzione del procedimento e di collaborazione con le parti, che
caratterizza la funzione del giudice nella fase istruttoria.
In questo quadro, anzitutto, la norma in discorso dispone che il giudice richiede alle parti, sulla base dei
fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene
opportuna la trattazione.
Prima di soffermarci sugli aspetti particolari delle possibilità di allargamento dell’oggetto del processo
offerte sia a entrambe le parti e sia singolarmente a ciascuna delle stesse, vediamo il significato delle
diverse espressioni che il codice usa a questo riguardo: da un lato, “proporre domande o eccezioni”;
dall’altro, “precisare” o “modificare”.
In termini generali, proporre domande o eccezioni significa allargare l’oggetto del processo con
l’allegazione, a seconda dei casi, di nuovi fatti costitutivi, oppure estintivi, modificativi o impeditivi (cd.
mutatio libelli).
Precisare invece vuol dire soltanto “rettificare” la portata della domanda con riguardo al medesimo
petitum (preciso che quel certo immobile, di cui ho chiesto il rilascio, comprende anche un certo locale
prima non citato) ed alla medesima causa petendi (preciso che al contratto, al quale mi ero riferito,
erano state aggiunte, con documento successivo, altre clausole in forza delle quali quantifico la
richiesta in misura superiore).
Ché se, invece, si mutasse il petitum o la causa petendi, o entrambi questi elementi, si darebbe luogo
alla proposizione di una domanda nuova, il cui divieto è palesemente implicito nella norma in discorso;
ferma restando la possibilità di proporre le domande nuove in un nuovo processo.
Non è sempre agevole stabilire quando la precisazione raggiunga il livello della “modificazione”;
tuttavia, si ritiene che, con la precisazione non si allarga l’ambito del giudizio postulato (include le
eccezioni in senso ampio e l’allegazione di fatti nuovi purché secondari). Invece, ciò avviene, con la
modificazione quando è fondata sull’allegazione di fatti principali nuovi
Va aggiunto che la giurisprudenza è molto larga nel valutare l’ambito delle precisazioni e delle
modificazioni consentite; d’altro canto, la Cassazione usa spesso queste espressioni con una “portata
impropria”.
Cionondimeno, può condividersi anche il recente intervento delle Sezioni Unite della Cassazione, le
quali hanno rilevato che la modificazione della domanda (e, dunque, l’emendatio) può riguardare anche
uno o entrambi gli elementi identificativi della stessa domanda sul piano oggettivo (petitum e causa
petendi).
Ad esempio, va qualificata come emendatio e non come mutatio la modifica dell’iniziale domanda di
esecuzione dell’obbligo di concludere un contratto definitivo ex art. 2932 c.c., in domanda di
accertamento dell’avvenuto effetto traslativo.
In conclusione, ferma la preclusione per le domande totalmente nuove, entrambe le parti possono
effettuare le precisazioni e le eventuali modificazioni nei limiti ora visti, senz’altro alla prima udienza di
trattazione ed anche con le memorie successive alla chiusura della prima udienza.
Per quanto concerne le precisazioni e modificazioni all’udienza, ciò è previsto dalla seconda parte del c.
5 dell’art. 183, secondo cui, le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le
conclusioni già formulate.
Mentre, per quanto concerne le memorie successive, il giudice concede alle parti i seguenti termini
perentori:
- un termine di ulteriore 30gg. per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o
modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte;
- un termine di ulteriori 30gg. per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate
dall’altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni
medesime e per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali;
- un termine ulteriore di 20gg. per le sole indicazioni di prova contraria.
E’ questa la cd. “appendice di trattazione scritta”, che prevede uno scambio di memorie entro termini
perentori non tanto lunghi.
La norma non esclude che alla scadenza di questi termini debba seguire una prosecuzione della prima
udienza per la pronuncia sulle istanze istruttorie e la fissazione dell’udienza di assunzione; ma neppure
esclude che all’atto della concessione dei termini il giudice riservi la sua pronuncia fuori udienza entro
30gg. dall’ultima scadenza.
Le “facoltà” viste finora e che riguardano entrambe le parti, vanno naturalmente integrate e coordinate
con quelle specificamente previste per ciascuna delle due parti.
Per quanto riguarda “l’attore”, assume rilievo il disposto del c. 5 dell’183: l’attore può proporre le
domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni
proposte dal convenuto.
Va subito sottolineato che tutte queste facoltà previste specificamente per l’attore concernono possibili
esigenze difensive conseguenti alle difese del convenuto, difese che l’attore ha potuto conoscere con
l’esame della comparsa di risposta, ovviamente ove costituito nei termini di legge il convenuto.
Se il convenuto ha proposto domande riconvenzionali, l’attore può proporre non soltanto le eccezioni
volte a paralizzarle, ma anche le ulteriori “contro domande” (reconventio reconventionis) e che
potrebbero implicare anche allegazioni di fatti nuovi, rese eventualmente necessarie.
Per quanto riguarda il “convenuto”, si ricordi, anzitutto, che la barriera per la proposizione delle
eccezioni non rilevabili d’ufficio, chiusa con la comparsa di risposta, lascia aperto qualche spiraglio
poiché il convenuto può proporre, oltre alle eccezioni rilevabili d’ufficio e quelle relative alle allegazioni
dell’attore, anche le precisazioni e le modificazioni delle eccezioni già proposte.
Al momento della chiusura dell’udienza, o nei termini di cui al c. 6 dell’art. 183, si chiude per entrambe
le parti la “barriera preclusiva”che concerne le allegazioni, con la loro portata individuatrice dell’oggetto
del processo.
Trattasi di barriera preclusiva, che, dunque, si snoda:
- nel divieto fin dall’inizio delle domande totalmente nuove, che non dipendano dalle allegazioni
della controparte;
- nella possibilità di precisare e modificare le domande e le eccezioni già formulate entro i termini
consentiti.
Veniamo ora al regime delle “istanze istruttorie” e delle nuove “produzioni documentali”; al riguardo si
ricordi che, le istanze possono essere proposte e le produzioni avvenute con la citazione e/o con la
comparsa di risposta, sebbene tali iniziative possono effettuarsi ancora alla prima udienza ed anche
successivamente in sede di cd. appendice scritta.
Nella stessa udienza, o in quella eventualmente resa necessaria dalle istanze, si chiude, infatti, anche la
barriera delle istanze istruttorie, sulle quali il giudice istruttore può senz’altro provvedere, salvo che non
si ritenga di provvedere con ordinanza da emanarsi fuori udienza entro 30gg.
In sostanza ed in conclusione: i provvedimenti del giudice, nei quali si concreta il programma
dell’eventuale istruzione e della decisione, debbono essere pronunciati alla prima udienza di trattazione
o in quella successiva che sia resa necessaria dalle assegnazione di termini per l’esercizio delle facoltà
previste dall’art. 183, c. 6, nonché dall’ammissione d’ufficio di mezzi di prova.
Ne consegue che, una volta definito il “calendario del processo”, il giudice può compiere altri
differimenti della trattazione anche d’ufficio, ma solo se sussistono gravi motivi sopravvenuti, che
dovranno essere esplicitati nella successiva ordinanza di differimento.
Ciò implica che le “nuove produzioni e le offerte di nuovi mezzi di prova” sono possibili fino a quando
il giudice non provvede in udienza (o si riserva di provvedere fuori udienza) sulle istanze istruttorie.
Ciò significa che, ogni ulteriore richiesta istruttoria rimane “preclusa” dopo tale momento, ovvero dopo
che si sia chiusa la fase preparatoria e si sia aperta, senza soluzione di continuità, la fase istruttoria; le
preclusioni sono rilevabili d’ufficio.
La Trattazione nei suoi Aspetti Concreti: Le Questioni Pregiudiziali di Rito e Preliminari di
Merito
Per porre le questioni nel dovuto ordine logico, occorre, invero, incominciare con individuarle; poi
occorre subito vedere quali questioni debbono essere affrontate per prime, poiché vi sono questioni la
cui decisione può condizionare lo svolgimento dell’istruzione, rispetto al come e rispetto al se.
Nel linguaggio del codice queste questioni, che sono preliminari al giudizio sul merito perché investono
il rito, so