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A. LA CONDIZIONE
La condizione è un avvenimento futuro ed incerto, dal quale le parti fanno dipendere o la produzione degli
effetti del negozio, cui la condizione è apposta, o l’eliminazione degli effetti che il negozio ha già prodotto
(art. 1353 c.c.).
L’espressione condizione viene adoperata sia per indicare la clausola condizionale inserita nel negozio, sia
l’evento dedotto in condizione, dal quale le parti fanno dipendere la produzione o la risoluzione degli effetti
dell’atto.
Dalla definizione data risulta che la condizione può essere di due specie:
- sospensiva se da essa dipende il prodursi degli effetti del negozio. Es. mi impegno a comprare il fondo
tusculano al prezzo pattuito se il Comune mi consentirà di costruire su quel terreno.
- Risolutiva se da essa dipende l’eliminazione degli effetti del negozio. Es. compro il fondo subito, ma sotto
la condizione che, ove entro un anno non venga rilasciato il provvedimento di assenso all’edificazione, il
contratto cesserà di avere i suoi effetti
Stabilire se, nel caso concreto, si tratti di condizione sospensiva o risolutiva dipende dall’interpretazione
della volontà delle parti.
Non tutti i negozi giuridici tollerano l’apposizione della condizione (per es. non può essere apposta al
matrimonio e, in genere ai negozi di diritto familiare, all’accettazione dell’eredità, alla cambiale,
all’accettazione e alla girata della cambiale). Quando un negozio non ammette di essere sottoposto a
actus legitimus.
condizione si parla di
Gli effetti che si verificano quando, nonostante il divieto, la condizione sia stata ugualmente apposta, non
sono sempre gli stessi: talora la condizione si ha per non apposta (nel matrimonio), talaltra comporta la
nullità dell’atto (nell’accettazione dell’eredità). facti), condicio iuris.
Dalla condizione così come è stata definita (condicio si distingue la cosiddetta
condicio facti
La dipende dalla volontà delle parti, che sono libere, nello stipulare un atto, di subordinarne
gli effetti a un certo evento, secondo la valutazione che esse fanno dei loro interessi.
condicio iuris
Invece la costituisce un elemento previsto e stabilito dalla legge, incidente sull’efficacia del
negozio, sul quale la volontà delle parti non può influire.
La condizione (sia essa sospensiva sia essa risolutiva) si distingue in:
- casuale se il suo avveramento dipende dal caso o dalla volontà di terzi (se la nave arriverà dall’Asia; se
scoppierà la guerra);
- potestativa se dipende dalla volontà di una delle parti (se andrò in Francia); la condizione è meramente
potestativa, se consiste in un comportamento della stessa parte obbligata, che può tenerlo o meno a suo
arbitrio, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità o convenienza.
- La condizione meramente potestativa, se fa dipendere l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un
obbligo dalla mera volontà dell’alienante o del debitore, rende nullo l’intero negozio a cui è apposta (art.
1355 c.c.). La ragione è evidente: non si può prendere sul serio un vincolo che dipende dal capriccio
dell’obbligato.
- Se, invece, è l’acquisto del diritto o del credito a dipendere dalla mera volontà dell’acquirente o del
creditore, non v’è ragione perché il negozio non sia valido. Tale situazione infatti sarebbe assimilabile a
quella che si realizza con il patto di opzione.
- È discusso invece, dal momento che la norma fa parola della sola condizione sospensiva, se debba
considerarsi valida una condizione meramente potestativa risolutiva.
- Mista se dipende in parte dal caso o dalla volontà di terzi, in parte dalla volontà di una delle parti (se
sposerò quella donna).
Illiceità e impossibilità della condizione
La condizione è illecita quando è contraria a norme imperative, all’ordine pubblico, al buon costume.
Alquanto delicato è il profilo della liceità delle condizioni che influiscono sulla libertà individuale. La
giurisprudenza non ha ritenuto illecita qualsiasi condizione che influisca su tale libertà, ma solo quella che
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tenda a sopprimerla o a comprimerla, non quella con la quale si miri ad indirizzare la libertà stessa verso fini
non riprovevoli.
Circa le conseguenze dell’illiceità della condizione, il codice non adotta una disciplina uniforme per tutti i
mortis causa inter vivos.
negozi. Occorre distinguere tra i negozi (istituzione di erede, legato) e i negozi
mortis causa
La condizione illecita si considera non apposta ai negozi (art. 634 c.c.); rende, invece, nullo il
inter vivos
negozio (art. 1354 c.c.).
La ragione di questa differenza risiede nell’opportunità di attribuire efficacia, il più che sia possibile, alla
volontà del testatore (favor testamenti). Il legislatore muove dalla constatazione per cui la condizione illecita
rappresenta talora solamente uno fra i tanti potenziali motivi che hanno indotto il testatore alla disposizione;
inter vivos,
mentre in un caso del genere, se si tratta di negozio le parti possono concludere un nuovo
negozio eliminando la condizione illecita, ciò non è evidentemente possibile nel caso di testamento, dopo la
morte del testatore.
Si spiega così come la condizione illecita apposta al testamento riceva lo stesso trattamento adottato per i
inter vivos
negozi se il motivo sviluppato nella condizione illecita abbia avuto, da solo, efficacia
determinante rispetto alla volizione del testatore (art. 634 c.c.).
La condizione impossibile è quella che consiste in un avvenimento irrealizzabile, o dal punto di vista
naturale, o da quello giuridico (se sposerai tua sorella).
Essa si ha per non apposta nel testamento (art. 634 c.c.). Nei contratti rende nullo il negozio, se è
sospensiva; si ha come non apposta, se è risolutiva (art. 1354, comma 2, c.c.).
mortis causa inter vivos
Questa differenza di disciplina fra negozi e negozi deriva, anche qui, dall’intento di
preservare l’efficacia della volontà testamentaria. inter vivos,
Invece la divergenza tra condizione sospensiva e risolutiva impossibile, apposta ai negozi deriva
dalla considerazione che l’irrealizzabilità dell’avvenimento impedisce al negozio di produrre i suoi effetti se
la condizione è sospensiva; se, invece, è risolutiva, non potendo verificarsi l’avvenimento, gli effetti che il
negozio ha già prodotto non potranno mai più essere rimossi.
Pendenza della condizione
In un negozio condizionato si debbono distinguere due momenti:
- la fase di pendenza della condizione, in cui l’evento dedotto in condizione non si è ancora verificato, ma
può ancora verificarsi: sussiste, quindi, una situazione d’incertezza.
- L’avveramento o la definitiva mancanza della condizione, in tal caso l’incertezza è eliminata: l’evento si è
avverato o è certo che non si può più verificare.
Durante la pendenza della condizione sospensiva il diritto che deriva dal negozio non è ancora nato, ma vi è
la possibilità che esso nasca; durante la pendenza della condizione risolutiva il diritto è sorto, ma vi è la
possibilità che si estingua.
Nel corso della pendenza una delle parti esercita il diritto (per es. chi ha venduto la cosa, sotto condizione
sospensiva, continua a percepire i frutti della cosa), mentre l’altra parte non lo esercita, ma ha la speranza
di divenirne titolare, se la condizione si verificherà. Questa parte non ha un diritto, bensì una aspettativa (la
dottrina parla, a questo proposito, di effetti anticipati o prodromici o prelimanari della fattispecie)
all’acquisto del diritto, aspettativa che è trasmissibile agli eredi. A tutela di questa particolare posizione la
legge riconosce alla parte la facoltà di compiere atti conservativi.
Correlativamente, l’altra parte deve comportarsi in buona fede per conservare integre le ragioni del titolare
dell’aspettativa.
Quindi la condizione deve considerarsi come avverata se colui che aveva interesse contrario
all’avveramento ne ha impedito il verificarsi; occorre a tal fine che il fatto impeditivo dipenda da una
condotta dolosa o colposa della parte volta a prevenire l’evento, o quanto meno almeno da un’azione od
omissione cosciente e volontaria, contrastante col principio della correttezza e buona fede.
Si ritiene che la norma non si applichi se la condizione sia nell’interesse di entrambe le parti.
Durante la pendenza chi ha un diritto sottoposto a condizione sospensiva o risolutiva può anche disporne
(chi ha acquistato una cosa sotto condizione sospensiva può venderla ad altri).
Ma è chiaro che gli effetti di quest’ulteriore negozio restano subordinati alla stessa condizione cui era
subordinato il primo: perciò, in tanto il secondo acquirente acquisterà la proprietà della cosa, in quanto la
condizione, da cui la prima vendita dipendeva, si sarà verificata.
Il periodo di incertezza derivante dalla situazione di pendenza della condizione può essere temporalmente
delimitato dalle parti, le quali possono stabilire che la condizione rilevi in quanto si avveri entro un certo
termine, decorso il quale la stessa si considererà definitivamente mancata.
Avveramento della condizione
La condizione si dice avverata quando si verifica l’evento dedotto.
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Quando la condizione sospensiva si è verificata, si producono tutte le conseguenze del negozio, con effetto
retroattivo al tempo in cui è stato concluso, ossia si considera come se gli effetti si fossero prodotti non già
nunc),
dal momento in cui l’avvenimento dedotto in condizione ha avuto luogo (ex ma da quello del
tunc).
perfezionamento del negozio (ex L’inverso avviene se la condizione è risolutiva: gli effetti del negozio
si considerano come non mai verificati.
Perciò, se Tizio ha acquistato un immobile il 1 gennaio 2010, sotto una condizione sospensiva che si
verifica il 1 luglio 2011, non solo egli acquista la proprietà dell’immobile per effetto del verificarsi della
condizione, ma si considera come se ne fosse diventato proprietario fin dal 1 gennaio 2010: ciò comporta
che, se ha venduto ad altri medio tempore, cioè tra il 1 gennaio 2010 e il 1 luglio 2011, l’alienazione è
valida, in quanto deve ritenersi fatta da chi era proprietario e poteva disporre dell’immobile.
Per converso, se Tizio ha venduto a Caio sotto condizione risolutiva e Caio ha, a sua volta, in pendenza
della condizione, venduto a Sempronio, qualora la condizione risolutiva si verific