Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
NASCITA DI NUOVI ORGANI SOVRANAZIONALI
Nel 1946 venne formato all’interno delle Nazioni Unite un comitato
per la supervisione del commercio internazionale, ma non operò
mai realmente, perché rifiutato dagli USA; al suo posto andò in
funzione un’altra istituzione: il general agreement on tariffs and
trades (GATT).
L’organo che era stato rifiutato dagli Stati Uniti venne creato solo
nel 1994, con il nome di organizzazione mondiale del commercio
(OMC).
Nel luglio del 1947 venne creato a Parigi un comitato per la
cooperazione economica europea; il compito di questo comitato era
di aiutare le economie europee per permettere di stabilire i loro
piani quadriennali.
Nel 1948 il comitato tramuta in organizzazione (OECE): la nuova
organizzazione aveva il compito di gestire i fondi arrivati con il
piano Marshall; in realtà, l’OECE dimostrò subito di non avere potere
decisionale e che i paesi non volevano delegare a organi
sovranazionali.
La Francia propose la creazione di un nuovo ordine sovranazionale,
in accordo con la Germania, con lo scopo di controllare i settori del
carbone e dell’acciaio; a questo accordo parteciparono inizialmente
Francia, Germania, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Italia e prese il
nome di comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA).
LA RICOSTRUZIONE NEI QUATTRO PAESI EUROPEI PRINCIPALI
Gli anni del dopo-guerra furono importanti per la creazione di un
mondo in cui regnassero le democrazie, ispirate al modello
americano, sia in termini politici che in termini economici.
Le ricerche hanno determinato che la capacità produttiva dei vari
paesi era stata molto meno colpita delle infrastrutture; non era la
capacità produttiva a mancare, ma ciò che mancava realmente era
un contesto internazionale favorevole alla ripresa produttiva, che fu
quello che le varie organizzazioni internazionali resero disponibile.
L’Inghilterra ebbe un periodo di lentezza economica, preludio anche
degli anni successivi, a causa, probabilmente, della loro scarsa
attenzione nell’aumentare gli investimenti, migliorare le tecnologie
e la mancata partecipazione alla CECA.
La Germania, grazie all’insieme di politiche economiche e di
condizioni internazionali favorevoli, riuscì ad avere una ripresa
economica rapidissima.
La Francia riuscì a far ripartire il sistema produttivo grazie alla
decisione di affidarsi a dei piani di programmazione.
L’Italia, dopo aver scongiurato il pericolo comunista, sotto la guida
della democrazia cristiana, amministrò il piano Marshall, si unì alla
NATO e si legò economicamente agli Stati Uniti.
STORIA ECONOMICA ITALIANA DAL FASCISMO
AL DOPOGUERRA
POLITICA ECONOMICA DI DE STEFANI
Nel 1900 la storia italiana è segnata dal governo fascista. Le prime
idee economiche del nuovo regime si fondano sulle azioni di De
Stefani.
Una prima fase della politica economica è di stampo liberista:
Si persegue il pareggio del bilancio attraverso la
ristrutturazione della pubblica amministrazione, il
contenimento della spesa pubblica e una riforma fiscale.
L’Italia doveva svilupparsi come un’economia aperta, sorretta
dalle esportazioni. Per ottenere questo era necessario un
rallentamento della dinamica salariale e l’assenza di conflitti
sociali, così da creare un circolo virtuoso (esportazioni - profitti
- investimenti - produttività – esportazioni).
Nel 1925 la politica di De Stefani mostra segni di limiti, dovuti
all’instabilità del gold standard: i bassi tassi di interesse e l’alta
circolazione della moneta generavano inflazione e crisi nella
bilancia dei pagamenti.
Per risanare l’inflazione si alzano i tassi d’interesse, ma in questo
modo si provocano vari fallimenti.
De Stefani fu costretto a dimettersi e nel 1925 venne sostituito da
Giuseppe Volpi.
POLITICA ECONOMICA DI VOLPI
Con Volpi inizia la seconda fase, che ha come obiettivo primario il
raggiungimento dell’autarchia.
In questa seconda fase si tutelano le industrie e si provano a
risolvere i problemi della debolezza della bilancia commerciale:
Si riducono le importazioni, sostituendole con prodotti di
origine nazionale.
Si stimola la produzione interna: la battaglia del grano e la
bonifica.
Lo stato controlla la borsa.
Per rivalutare la moneta si ricorre a prestiti dall’estero.
Viene fissata quota 90.
Riforma bancaria e finanziaria.
La seconda fase della politica economica fascista, a differenza della
prima che promuoveva il libero scambio, è più di stampo
protezionista, infatti, vengono introdotti una serie di dazi sulle
importazioni: l’obiettivo era quello di scoraggiare le importazioni e
di stimolare la produzione nazionale, limitando gli esborsi di valuta
estera.
La battaglia del grano inizia nel 1925: venne costituito un comitato,
con l’obiettivo di studiare i mezzi per incrementare la produzione
granaria nazionale. Nel medio periodo, la battaglia del grano portò
risultati positivi, ma nel lungo periodo si iniziarono a vedere i limiti
di questa campagna.
La bonifica fu un’iniziativa finanziata dallo stato che prevedeva il
miglioramento igienico dei terreni per creare nuove aree agricole.
Per frenare la speculazione che stava aumentando negli anni 20, il
governo italiano prese una serie di provvedimenti, come il controllo
diretto sulle attività di borsa, o prestiti da paesi stranieri (in
particolare dagli USA).
I provvedimenti presi permisero di mantenere una certa stabilità
della lira fino al 1926.
Nel maggio dello stesso anno gli attacchi speculativi nei confronti
della lira si fecero molto intensi: in seguito alle pesanti svalutazioni
delle altre valute europee, infatti, si diffusero le aspettative di
un’analoga svalutazione della moneta italiana.
La stabilizzazione della lira fu annunciata da Mussolini in un
discorso dove dichiara quota 90: l’obiettivo era di fissare il cambio
lira-sterlina da 150 a 90.
Per far in modo che quota 90 potesse funzionare si iniziò con la
riduzione della moneta circolante, con la regolazione della
distribuzione del credito e consolidando il debito pubblico.
Quota 90 fu una manovra di successo: permise alla lira di entrare
nel sistema del gold standard; ridusse il costo delle importazioni e
venne favorito chi importava; aumentarono gli investimenti esteri
che fecero crescere le grandi imprese.
Però portò anche a una serie di effetti negativi: la deflazione portò a
un rallentamento della produzione; vengono ridotti i salari e la
riduzione del costo della vita li coprì solo in parte; i fallimenti furono
numerosi e molte fabbriche chiusero; viene sfavorito chi esporta.
Nel 1926 il governo, attraverso un decreto, converte il debito
pubblico in prestito e perciò agli italiani non sarà restituito nulla.
A questa conversione segue una riforma bancaria: l’emissione di
moneta era permessa solo alla banca d’Italia; alla banca centrale fu
anche affidata la fissazione del tasso ufficiale di sconto (TUS), la
banca centrale poteva quindi influire sull’andamento del credito nel
paese; il tasso d’interesse sui depositi delle banche venne fissato al
5%; per l’apertura di nuove banche o nuove filiali bisognava avere il
consenso della banca d’Italia.
FASCISMO E CRISI DEL 29: EFFETTI
La crisi arriva in Italia nel periodo di suo maggior sviluppo; nel 1929
era stato registrato un record di produzione industriale, la crisi
inverte questo trend.
La contrazione del reddito delle famiglie, causata da riduzioni
salariali e disoccupazione, portò alla riduzione dei consumi interni e
un minor numero di investimenti.
Il commercio estero si arrestò a causa delle misure protezionistiche
prese dai paesi.
La depressione fece maturare la crisi del sistema bancario della
banca mista; siccome le banche miste finanziano le imprese, al
crollo di una segue il crollo dell’altra. La crisi banca-industria fu
l’epicentro della crisi in Italia.
SOLUZIONI ALLA CRISI
L’obiettivo del piano di recupero italiano si basava su:
1. Evitare il crollo dell’intero sistema economico
2. Rimuovere i fattori di vulnerabilità per evitare successive crisi
bancarie
La soluzione del fascismo sarà far diventare lo stato imprenditore
attraverso l’intervento diretto.
Inizialmente, l’obiettivo dell’operazione era quello di superare la
fase dei salvataggi delle imprese a carico del bilancio pubblico, con
la creazione dell’istituto di liquidazione.
Le successive soluzioni per evitare il crollo dell’economia italiana
sono state:
La creazione dell’istituto mobiliare italiano (IMI): un ente di
diritto pubblico con un capitale di 531 milioni, con lo scopo di
concedere mutui a imprese private di nazionalità italiana e
assumere partecipazioni azionarie nelle aziende. L’obiettivo
dell’IMI era quello di assumere il ruolo di finanziatore al posto
delle banche miste.
L’attività dell’IMI però risultò inefficiente rispetto a quanto ci si
aspettasse e alle esigenze dell’economia italiana.
Nel 1933, dopo aver preso atto dell’inefficienza dell’IMI, venne
creato un nuovo ente: l’istituto per la ricostruzione industriale
(IRI), con presidente Beneduce. Il compito dell’IRI era di gestire
le partecipazioni azionarie, occupandosi anche della
riorganizzazione tecnica, economica e finanziaria delle attività
industriali del Paese. L’IRI, nato come ente temporaneo, fu
dichiarato ente permanente nel 1937, in quanto si prese atto
che in Italia non esistevano risorse di capitale privato delle
dimensioni necessarie ad acquistare le partecipazioni nelle
mani dell’IRI.
Nel 1936 venne elaborata una riforma bancaria che rendeva
pubblica la banca d’Italia, aboliva la pratica della banca mista
e venne abbandonato il gold standard (legando la lira al
dollaro): il controllo del sistema bancario diventava compito
dello stato; la raccolta dei depositi e l’esercizio del credito
furono dichiarati funzione di interesse pubblico.
LA POLITICA AUTARCHICA
Le sanzioni decise dalla Società delle Nazioni verso l’Italia in seguito
alla guerra d’Etiopia ridussero il commercio estero del paese e
contribuirono a direzionarlo verso la Germania.
In concomitanza con le sanzioni, il governo italiano dette avvio alla
politica autarchica, annunciata il 1936. Si trattava di un tentativo di
riportare in equilibrio la bilancia commerciale.
La pianificazione autarchica vera e propria riguardava solo le
produzioni più importanti dell’agricolt