vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
IL CONCETTO DI RAPPRESENTANZA NELL’OTTOCENTO
Un tema difficile da inquadrare
La storia costituzionale europea è da intendersi soprattutto come storia dell’evoluzione
del concetto di rappresentanza politica. L’affermarsi degli ordinamenti liberali lungo tutto
il XIX secolo portò con sé quello che, ancora oggi, pare essere il fondamento della
rappresentatività dei regimi politici, ovvero uno stretto nesso di responsabilità
istituzionalizzata attraverso un periodico circuito elettorale tra governanti e governati.
Per mettere a fuoco questo concetto occorre comprendere cosa significa il termine
“rappresentare”, nell’esperienza giuridico-europea dal medioevo in poi.
Sul piano delle istituzioni l’affermazione della rappresentanza politica negli Stati liberali
ha coinciso con la parlamentarizzazione e la democratizzazione dei sistemi politici, ma
non si è ben chiarito quale gerarchia di valori dovesse soddisfare. Solo infatti con i
regimi costituzionali del secolo scorso si è fatta strada, peraltro non senza difficoltà,
l’idea che la rappresentanza fosse una procedura elettorale e che il suo istituto naturale
in cui confluire fosse il Parlamento, principale titolare della funzione di controllo e
indirizzo nei confronti del potere esecutivo. A questo risultato si è giunti seguendo
percorsi storici non univoci che hanno visto spesso vettori teorici distinti partire da
posizioni divergenti e poi confluire e convivere in casi storici concreti.
Il significato di rappresentanza
Il termine rappresentanza ha una grande estensività, ossia possiede un gran numero di
caratteristiche e si può riferire a molti casi concreti. Inoltre per quanto riguarda
l’approccio ad ogni teoria è necessario distinguere tra descrittivi (che muovono dalle
concrete esperienze storiche) e prescrittivi (che invece si riferiscono ad aspetti la cui
realizzazione è idealmente auspicata).
️
Storia delle istituzioni politiche 1
Pitkin individua cinque varianti dello stesso termine semantico. Il rappresentare viene
considerato: 1) con accezione simbolica, 2) come azione nell’interesse di chi non può
agire personalmente, 3) come specchio / riproduzione fedele della realtà, 4)come
responsabilità, 5) come attribuzione di autorità. Il vantaggio di questa suddivisione è di
fornire una griglia di lettura del termine tale da permettere una sua individuazione anche
in campi che non sono strettamente legati alla sfera della politica pubblica.
Nel periodo del parlamentarismo pre-moderno, in un assetto istituzionale non ancora
standardizzato e calato in un sistema medioevale decentrato, le raffigurazioni della
rappresentanza non erano ancora sviluppate nella loro dimensione politica, quanto
piuttosto in quella giuridica. La funzione del Parlamento era quindi quella di autotutelarsi
e quella del potere monarchico la formazione del consenso in una società frammentata.
Il modello di rappresentanza era basato su un rapporto di pura delega, cosicché chi ne
era investito non godeva di alcuna autorità nei confronti di chi ne era il mandante, ma
da puro esecutore, gli rimaneva legato da un potere di revoca, e questa classe di
rappresentanza avveniva per nomina.
Nel periodo dell’ancien régime, invece, caratterizzato dal principio dell’assolutismo
regio, l’idea di rappresentanza acquistò basi meno localistiche e più simboliche e,
traendo giustificazione dalla teoria dell’attribuzione divina del potere sovrano,
identificava nel solo monarca il rappresentante dello Stato in quanto egli «era» lo Stato.
Nel corso dell’evoluzione politica europea del XIX secolo ci si allontanò
progressivamente da questa idea di rappresentanza propria dell’ancien régime
assolutistico a vantaggio di una nuova concezione di rappresentanza che vide la luce
all’interno dei sistemi politici liberali. In quel periodo sono riscontrabili due transizioni:
quella che, nella prima metà del secolo, vide concludersi il passaggio dallo stato
assoluto allo stato liberale; l’altra, tra XIX e XX secolo, vide trasformarsi i rapporti tra
Stato e società rinnovando il carattere rappresentativo del sistema politico-
costituzionale con una istituzionalizzazione del pluralismo dei partiti nello Stato.
Il concetto di rappresentanza nel sistema politico liberale
Definire quando al modello rappresentativo medioevale succede quello assolutista e poi
a questo quello liberale non è agevole dato che si parla di trasformazioni che si
ripercossero soprattutto sui contenuti e sulle funzioni di istituzioni già esistenti e
destinate a sopravvivere nella loro forma generale.
La prima transizione
️
Storia delle istituzioni politiche 2
La prima di queste due transizioni ebbe inizio con la Rivoluzione Francese e la sua
conclusione si colloca verso la metà del secolo scorso. Sartori considera la
Costituzione francese del 1791 come l’inizio più evidente del distacco sia dalla
concezione privatistica della rappresentanza che era alla base del rapporto elettore-
eletto nel medioevo, sia dalla concezione della sovranità assoluta del tipo “L’Etat c’est
moi” di Luigi XVI. Il periodo fu segnato dall’approvazione delle carte costituzionali che
portò nel corso dei primi decenni del XIX secolo all’affermarsi di forme di governo
monarchico costituzionali nelle quali, pur rimanendo forte la figura del Monarca, il
pensiero liberale si contraddistinse per l’individuazione di quel concetto rafforzato di
Stato “soggetto ideale” di tipo hegeliano, depositario della sovranità, che supera e
riunisce in sé sia il re che il popolo. Lo Stato diventa l’unico detentore di legalità e
legittimità (Stato di diritto) e furono inserite procedure formalizzate e immutabili, la più
importante è sicuramente quella elettiva attorno alla quale si concentrò il carattere
rappresentativo del sistema. Inoltre andò ad affermarsi il legame fiduciario tra legislativo
ed esecutivo.
Per quanto riguarda il tema della rappresentanza, il dibattito in questa fase si fermò su
tre questioni fondamentali:
-Chi detiene la sovranità?
-Chi è il cittadino, ovvero chi può godere del diritto politico di voto?
-Come individuare la rappresentanza e quali meccanismi di computo dei voti sono da
recepire?
Sulla prima questione si confrontarono due posizioni, una “democratica” e una
“dottrinaria”. La prima fu sconfitta già nell’Assemblea Francese del 1789, che mise al
centro il concetto di sovranità del popolo. Prevedeva che i deputati eletti fossero
vincolati dal corpo elettorale e da un mandato imperativo (revocabile), era quindi un
rapporto di delega. Il popolo aveva un ruolo attivo e diretto nella formazione delle scelte
dello Stato (democrazia diretta).
A ciò venne preferita la concezione dottrinaria, in cui la sovranità non risiede nel popolo
ma nella Nazione, una e indivisibile, che ne diventa unica depositaria. La volontà
generale sovrana è la volontà della Nazione, la volontà della Nazione è solo quella dei
rappresentanti. Per cui si sarebbe concentrata nella classe politica la discrezionalità di
tutta l’azione.
️
Storia delle istituzioni politiche 3
Per quanto concerne la seconda questione, quindi chi potesse esercitare il diritto di
voto, si formalizzò il dominio sociale di una determinata classe, quella capitalistico-
borghese. Si limitava quindi la partecipazione al voto a quella classe a cui andava
attribuito uno spiccato “senso dello Stato” (brains not numbers), era quindi uno Stato
monoclasse.
Solo attraverso un percorso lungo e scandito da numerose riforme elettorali si giunse
all’affermarsi definitivo, nel XX secolo, del governo rappresentativo insieme alla
democratizzazione del sistema e all’affermazione del celebre principio un uomo-un
voto.
Sul terzo punto infine, quello riguardante la scelta del sistema elettorale ottimale,
inizialmente si affermò un principio elettorale maggioritario applicato a piccoli collegi,
basato su un rapporto puro e diretto tra cittadini e deputati, senza nessun soggetto
intermedio.
Solo con l’avvento della democratizzazione, le élite pensarono - di fronte al pericolo
dell’estinzione - a forme di proporzionalismo ispirate al modello di rappresentanza a
specchio che ricalcasse le caratteristiche del corpo elettorale.
La seconda transizione
Si considera la seconda metà dell’800 come il periodo in cui ebbe inizio la graduale
trasformazione del rapporto tra Stato e società che portò verso gli anni Venti e Trenta
del XX secolo l’affermarsi dello Stato sociale. Esso rappresenta un completamento dello
Stato di diritto: i diritti sociali e politici vengono affiancati ai preesistenti diritti civili. Vi fu
un progressivo intervento dello Stato nell’economia, oltre che un passaggio da Stati
oligarchici e monoclasse a Stati pluriclasse e democratici. Venne riconosciuta quindi
l’esistenza di organizzazioni che facessero da filtro tra Stato e singolo cittadino, ovvero i
partiti politici moderni. Si svilupparono organizzazioni con forti risorse strutturali
indipendenti dall’assetto istituzionale vigente e portatori di opposizioni ideologiche al
regime, se non addirittura al sistema.
Nelle concrete prassi politiche questo determinò lo spostamento dei processi decisionali
dalle Assemblee elettive a iter extra-istituzionali.
Per quanto riguarda i metodi migliori per individuare la rappresentanza, in pratica quale
sistema elettorale adottare, quello proporzionale si diffuse largamente su scala
europea.
L’evoluzione del concetto di rappresentanza nel caso italiano
️
Storia delle istituzioni politiche 4
In Italia il massimo teorico dello Stato di diritto fu Vittorio Emanuele Orlando che portò
agli estremi l’idea di uno Stato inteso come fonte unica di sovranità. Le istituzioni
centrali del diritto pubblico vennero rilette in chiave di funzione statale. Le elezioni
divennero dunque un puro momento procedurale di “scelta dei migliori” che dovevano
ricoprire il ruolo di funzionari e operare nello Stato e per lo Stato. Nelle tre dimensioni
considerate fondamentali per lo sviluppo di un sistema politico, cioè la partecipazione
politica, l’amministrazione e l’ordinamento costituzionale, Rotelli definisce lo Stato post-
unitario italiano rispettivamente «monoclasse», «rigidamente accentrato» e «non
completamente parlamentare». Ufficializzato dallo Statuto Albertino il distacco
dall’assolutismo con l’introduzione di una monarchia costituzionale pura, il sistema
sabaudo av