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Questo è quindi tutto l’opposto di quello che accadeva in

Sant’Andrea al Quirinale. Lì infatti lui blocca proprio l’asse

longitudinale. Qui invece c’è una dilatazione in senso

laterale (c’è quindi differenza di misura tra A e B).

(Come si vede nelle 2 foto successive in sezione…)

Questa dilatazione è rafforzata da un altro fatto: Le cappelle posizionate lungo l’asse trasversale, hanno delle

volte tronco-coniche che vanno a favorire cosi ancora di più questa sensazione di dilatazione laterale

trasversale. Si va a diluire quindi la sensazione che si ha all’esterno di una forma circolare. All’interno,

attraverso la luce e attraverso questi espedienti si ha al centro della chiesa una percezione maggiormente una

dilatazione rispetto alla centralità che si può leggere in pianta della chiesa.

Per quanto riguarda lo sviluppo dell’edificio, esso è tutto rifinita in bianco. Nella cupola, come in Sant’Andrea

al Quirinale, ha dei grandi cassettoni che però vanno a convergere verso la lanterna restringendosi man mano.

In corrispondenza all’ordine delle paraste sottostanti alla trabeazione vi sono allineati i costoloni. Qui ritorna il

discorso delle nervature che sono volute appositamente quasi a negare la classicità della cupola cassettonata.

Ecco quindi che ritorna di nuovo il voler giocare del

Bernini su questo non-classicismo voluto.

Oltre i festoni, vengono posizionati dei putti. Putti

che sono molto cari al Bernini e che sono simbolo

di gaiezza e di gioia.

Gli altari laterali sono sei: si presentano rivestiti di

stucchi e presentano un timpano alternato tra

tiangolare e curvo sorretto da due colonne.

Le paraste invece sono di numero 8.

Palazzo Barberini Situato al centro di Roma e iniziato dal Maderno che realizzò

le 2 ali e parte del corpo centrale, venne commissionato al

Bernini che si trova quindi a dover continuare il progetto.

La caratteristica che contraddistingue questo palazzo,

tenendo conto della poetica del bernini e che si trova al

centro di Roma, è che non deve avere né le caratteristiche di

un palazzo di città né solamente le caratteristiche di una villa

suburbana. Deve avere caratteristiche di entrambe le

tipologie.

Tenendo conto inoltre che questo è l’unico palazzo in cui Bernini lavora per

un certo periodo soltanto e si incontra con Borromini. Lui non può

guardare al 600 ma cerca di interpretare qualcosa del 500. I prototipi a cui

guarderà saranno Villa Farnesina del Peruzzi (foto accanto che abbiamo già

studiato) che aveva 2 ali laterali e una sorta di loggia al pieno terra e delle

finestre al piano superiore. Con evidenza lui guarda a questo prototipo in

quanto ha le caratteristiche tipiche di un palazzo cittadino ma anche di una

villa suburbana.

Contemporaneamente tiene conto del Cortile di Palazzo Farnese (foto accanto)

che ha l’arco inquadrato nell’ordine e gli archi tamponati al piano superiore con

le finestre.

E anche la Loggia di Villa Madama di Raffaello.

Chiaramente, questi non sono altro che spunti del vero naturale a cui lui può

agganciarsi per poi fare una reinterpretazione di un

-possiamo dire- vero potenziato che lo porta a una fase diversa quale è quella

ultima che noi vediamo in Palazzo Barberini.

Esso è un palazzo che rispetto a quelli del 1500 ha delle novità assolute.

Ci torneremo successivamente anche quando faremo Borromini

(scala elicoidale ecc.).

(Il discorso su Palazzo Barberini continuerà nella lezione del giorno

seguente.)

La continuazione la scrivo qui, ma l’ha fatta il giorno dopo.

Della facciata si vede bene l’attacco laterale con l’ edificio

preesistente. Bernini infatti prende in mano tutta quella parte e cerca

di reinventare l’idea di questo palazzo. Ad oggi questo si trova al

centro, ma in passato aveva una parte periferica.

Lui cerca di riscoprire l’idea del Palazzo-Villa, cioè che possa essere sia

una residenza di palazzo di città di margine sia una villa inserita in

zone aperte piuttosto che nel contesto urbano nel senso stretto del

termine.

L’innovazione di Palazzo Barberini sta nella sua facciata centrale. A destra e sinistra ci sono le due testate

dell’edificio. Troviamo una parete compatta scandita da parte del Maderno da un sistema a fasce (ordine a

fasce senza capitello ad esempio, tipico della fine del 1500 del filone sintetista. Giacomo della Porta lo usa ad

esempio tantissimo, lo usa Martino Longhi il vecchio che se ne fa promotore) a 3 piani con la fascia di bordo

più esterna che è caratterizzata da pseudo-capitelli in tutti e 3 i piani.

La tematica che usa Maderno in questi 2 blocchi laterali è tardo cinquecentesca e in essa si rappresenta

l’ordine architettonico ma con il sistema a fasce che era stato inaugurato per la prima volta dal Valeriano nel

collegio Romano.

Bernini probabilmente sente questa come una soluzione troppo bloccata per il tipo di palazzo e che avrebbe

incarnato poco l’idea della villa, cioè di un’edificio che già lui concepiva come aperto allo spazio.

C’è quindi il tema del rincasso centrale (vedi pianta). La facciata non sarà quindi quella prevista da Maderno

nel suo progetto, cioè una facciata a volume compatto, ma verrà rincassata all’interno prendendo uno spunto

cinquecentesco (di cui abbiamo già parlato) nella Villa Farnesina realizzata dal Peruzzi.

Se infatti si va a guardare la Villa Farnesina si vede che il Peruzzi realizza un porticato al piano terra e poi sopra

a seguire vengono realizzate delle finestre tipiche di un palazzo e simili a quelle che saranno realizzate a

Palazzo Barberini, cioè delle campate-paraste, cioè campate su cui si trovano delle finestre suddivise da

paraste. Bernini chiaramente non poteva accontentarsi di

questo tipo di soluzione che già è fuori dal modello

del palazzo in quanto modello di villa, ma fa

l’operazione di una reinvenzione della parte centrale

organizzandola con una serie di campate. Dal punto

di vista organizzativo quindi, è un sistema di 3 ordini

architettonici: Dorico al piano terra, Ionico al piano

intermedio e Corinzio al secondo piano sormontato

da una cornice molto elaborata con mensole.

Bernini avrebbe potuto mettere delle finestre in modo da creare una parete compatta creando un sistema a

palazzo con un ordine architettonico, ma invece vuole ottenere l’effetto di un nuovo palazzo-villa e quindi

inquadra nel sistema di ordini architettonici quello che è un sistema di grandi arcate che di fatto sfondano

completamente il prospetto. Un sistema di archeggiature quindi, vuote con sotto un porticato e sopra una

grande galleria che disimpegna il grande salone e che poi sarà affrescato da Pietro da Cortona e quindi quello

che è un sistema a loggie, che rappresenta la parte centrale del palazzo.

La facciata a loggie quindi, è desunta da una tipologia diversa dalle facciate di palazzo, cioè da quella del

cortile interno di palazzo, ad esempio palazzo farnese che presenta un sistema di 3 loggie sovrapposte con

ordini architettonici che inquadrano gli archi, ricordi?

La soluzione del Bernini arriva a progetto quindi dopo aver reinventato l’idea e infatti lo troviamo dopo un

percorso particolare, perché egli è alla ricerca di un’idea concettuosa nuova rispetto a quelle che erano state

le soluzioni cinquecentesce:

1. Il palazzo sarà un palazzo-villa.

2. recupererà il tema della Farnesina.

3. Quello che interessava al Bernini era ottenere uno sfondamento vero e proprio e quindi un rapporto

più aperto e quindi più fuso tra la costruzione e lo spazio esterno. Questo viene fatto con il sistema dei

3 loggiati.

La facciata diventa quindi bucata perché costitutita da 3 loggiati in sovrapposizione in cui c’è spazio interno e

spazio esterno che si filtrano, come si filtrano generalmente allo stesso modo nei cortili di palazzo, come per

esempio in palazzo farnese dove ad oggi l’ultimo piano è trasformato e il secondo è tamponato, mentre il

primo è aperto, ma all’origine nel progetto originario di Palazzo Farnese erano 3 livelli, perché cosi li aveva

pensati in Sangallo.

I loggiati sono dei corridoi spesso aperti che disimpegnano le sale. Bernini prende questa idea e la ripropone

sottoforma di chiusura del palazzo, cioè come facciata, rovesciando

quindi la vecchia idea di facciata ripensandola e partendo da questo

nuovo concetto di facciata-palazzo-villa, l’utilizzo di quella che è la

strumentazione architettonica che qui è abbastanza precisa perché

abbiamo ad esempio la caratteristica dell’arcata dell’ultimo piano

che è strombata in cui è ancora più accentuato questo concetto di

voler fondere/unificare attraverso lo strombo che dà l’idea di

andare dentro come se lo spazio esterno volesse entrare

all’interno.

Anche in questo caso lui avrebbe potuto fare i pilastri a spigolo vivo

come di fatto a realizzato al piano primo, ma sopra per dare di più

quest’idea di penetrazione tra queste grandi arcate strombate che

vanno quasi a proiettarsi verso lo spazio interno. Questo è il

percorso concettuale che fa Bernini. Fa una specie di dichiarazione

di principio perché pochi si accorgono della fiancata finale, cioè

quella raccorda la facciata-loggia a quella del Maderno. È quindi una strana campata finale in cui si trovano 3

finestre in cui si vede bene che c’è una specie di programma: L’ultima finestra è l’unica in cui Bernini e

Borromini lavorano insieme. L’ultima finestra è realizzata dal Borromini perché essendo nipote del Maderno,

quando quest’ultimo muore, Borromini rimane nel cantiere. Solo che Barberini si fiderà di più di Bernini che

non di Borromini e danno il ruolo di capo fabbrica al Bernini, però non mandano via Borromini, e quindi

questa è l’unica opera in cui li troviamo a lavorare insieme.

Ci sarà quindi una specie di accordo: L’ultima finestra dell’ultimo piano, dove si incrocia di fatto la facciata

centrale con le ali laterali, è disegnata dal Borromini, quasi a denotare questa sorta di collaborazione tra i 2.

Siamo negli anni ’40 e di fatto sono già 20 anni che questi 3 maestri (Bernini, Borromini e Pietro da Cortona)

lavorano a Roma e non è poco.

Nonostante questo però non erano ancora nemici come lo saranno in seguito. C’è quindi al piano terra una

rielaborazione libera delle finestre di palazzo con questo sfondamento dell’elemento archeggiatura che si

infila dentro alla trabeazione la quale quest’ultima si arresta. E si arresta proprio dove comincia l

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A.A. 2024-2025
18 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/18 Storia dell'architettura

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fedeminnici di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'architettura e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Lerza Gianluigi.