Estratto del documento

LA VITTORIA MUTILATA

Il termine “vittoria mutilata” si riferisce in buona parte alla questione di Fiume e venne coniato da Gabriele

d’Annunzio.

Come abbiamo già avuto modo di vedere, rispetto agli obiettivi strategici del Regno d’Italia Fiume non aveva

alcun valore né economico né militare e, inoltre, non aveva nessun punto strategico. Di fronte a questa

situazione, l’opinione pubblica si era divisa in due: chi non voleva Fiume e chi, invece, sosteneva che tale città

fosse culturalmente e psicologicamente italiana e che, per questo, dovesse essere annessa al Regno, altrimenti

non avrebbe avuto senso combattere la Grande Guerra.

E’ in questo contesto che si inserisce la questione della “vittoria mutilata” di Gabriele d’Annunzio, il quale ne

parlò per la prima volta il 24 ottobre 1918 ne “Il Corriere della Sera”. Tuttavia, quando d’Annunzio usò per la

prima volta questo termine, l’esercito italiano doveva ancora combattere la battaglia di Vittorio Veneto e, tra

l’altro, nessuno si aspettava una vittoria italiana: dunque, come mai ne stava già parlando?

la risposta risiede nel fatto che, in realtà, ne “Il Corriere della Sera” d’Annunzio non si stava riferendo alla

questione fiumana né tanto meno alla prima guerra mondiale, bensì si stava riferendo a sé stesso: infatti, la

percezione della fine del conflitto significava la fine del “marketing di guerra” e di tutti i “privilegi” che aveva

ottenuto.

Dunque, d’Annunzio con questa formula intendeva esprimere la necessità per l’Italia, una volta terminata la

guerra, di non tornare a come si era prima e continuare a mantenere l’entusiasmo e il tepore che avevano

scoperto durante la Grande Guerra. Il motivo per cui, a livello politico, si decise di adottare il termine “vittoria

mutilata” dannunziano, si spiega nel puro fattore dell’impatto mediatico: anche se non era stata inventata per

quel motivo, tale espressione funzionava per riscuotere nel cuore delle persone la questione fiumana.

Inoltre, il termine delineava anche una condizione di pericolo imminente a causa di una possibile rivoluzione

bolscevica che, nonostante non avrebbe avuto terreno fertile in Italia, incuteva grande paura (= per tutti gli anni

Venti, infatti, la paura del bolscevismo era diffusa in tutte le menti europee, non solo italiane).

LE FESTE DELLA VITTORIA

Il ritorno dalla guerra era considerato come un rito di passaggio e tutti i paesi europei vincitori, nel 1919,

festeggiarono una festa della vittoria, ossia una parata militare nei luoghi simbolici delle rispettive capitali per

ringraziare simbolicamente i soldati che avevano combattuto per la patria (= anche i tedeschi, sebbene non

siano usciti dal conflitto come vincitori, festeggiarono una festa della vittoria).

L’Italia, invece, fu l’unico paese in cui non venne celebrata alcuna festa: i reduci di guerra più volte affermarono

di essere ritornati in una “patria ingrata”, poiché la maggior parte delle persone fu indifferente a tutti i sacrifici da

loro compiuti, la vita era andata avanti e molte persone si erano arricchite proprio attraverso la guerra (= come

ad esempio i pescicani). Inoltre, una volta tornati a casa, molti soldati si trovarono senza il proprio lavoro, la

propria casa, la propria famiglia ecc… iniziando a perseguire e a reclamare una “politica della ricompensa”.

Tuttavia, da un punto di vista antropologico e psicologico, per i soldati le feste della vittoria avevano importanza

proprio per dare un senso a quello che era successo: infatti, dopo quattro anni passati a vedere uccidere e

uccidere persone come loro, avevano il bisogno di sentire che ciò che avevano compiuto avesse un senso per

qualcuno, volevano essere ringraziati e riconosciuti per aver ucciso in nome della patria. Il motivo per il quale in

Italia non venne celebrata alcuna festa viene spiegato dal fatto che, nel 1919, il primo ministro Nitti era convinto

che l’obiettivo prioritario per l’Italia fosse quello di risanare l’economia e, per questo, credeva che qualsiasi altra

spesa sarebbe stata disastrosa.

LA RIVOLUZIONE RUSSA

L’impero russo nacque nel XX secolo e comprendeva le odierne Polonia, Finlandia, Asia centrale, Caucaso,

Ucraina e Bielorussia: infatti, poteva essere considerato quasi come una sorta di nazione, il quale aveva come

capitale l’odierna San Pietroburgo. Uno degli obiettivi dell’imperatore era quello di lanciare il proprio impero

nell’occidente; tuttavia, all’inizio del XX secolo l’impero russo non era molto forte dal punto di vista politico,

poiché era una monarchia assoluta (niente parlamenti, niente partiti, niente sindaci ecc..) nella quale tutte le

decisioni e tutti i poteri erano accentrati nelle mani dello zar. Quest’ultimo operava indirettamente, attraverso dei

governi regionali e, in questo modo, i governatori potevano fare tutto ciò che volevano. Infatti, seppur nessuno

intendesse sfidare il potere dello zar, questi veniva considerato come una sorta di dio e perciò era visto come

una figura "distante". Inoltre, la popolazione era per l’85% composta da contadini analfabeti, i quali vivevano in

comunità completamente scollegate dall’impero: infatti, lo zar veniva visto come una sorta di dio, il quale

deteneva un potere di cui i contadini non avevano interesse a criticare. Dunque, per lo zar, il vantaggio di tale

governo era costituito dal fatto che le lamentele relative all’amministrazione erano rivolte perlopiù ai governatori,

proprio perché la sua figura non veniva minimamente considerata.

Lo zar Nicola II, seppur fosse considerato il più debole nella storia dell’impero russo, era consapevole della

debolezza del sistema governativo e, inoltre, era consapevole anche della debolezza dell’industria e

dell’economia russa. Infatti, tra il 1904-1905 venne combattuta la guerra russo-giapponese, nella quale si vide

la sconfitta epocale dell’impero russo, dimostrando la scarsa preparazione della flotta e dell’esercito russo nel

condurre una guerra moderna. Tuttavia, la debolezza dell’impero risiedeva non solo nell’incapacità dell’esercito,

ma anche nell'incapacità di predisporsi alla guerra e di mobilitare l’economia a uso bellico. Inoltre, anche la

stessa rete ferroviaria non era sviluppata: in altre parole, l’impero russo viveva in un mondo che ormai non c’era

più ed era impossibilitato nell’adattarsi al mondo nuovo. Di fronte a questa situazione, iniziarono a verificarsi

scioperi e manifestazioni popolari a San Pietroburgo, per chiedere condizioni di vita migliori e la convocazione di

un’Assemblea Costituente. Dunque, nell’ ottobre del 1905, Nicola II decise di concedere una costituzione e la

creazione di un parlamento, ossia la Duma, il quale fu eletto da tutte le classi sociali: tuttavia, all’interno della

costituzione venne stabilito che lo zar aveva il potere di sciogliere il parlamento da un momento all’altro e

cambiare la legge elettorale. Nonostante queste riforme, si poneva la seguente questione: che senso ha

concedere la democrazia elettorale se la maggior parte della popolazione non sa né leggere né scrivere?

Nel periodo subito precedente alla prima guerra mondiale, nella consapevolezza che il clima europeo era in

subbuglio, vi furono diversi tentativi di riforma all’interno dell’impero russo, soprattutto nel campo agrario e

industriale: ciò nonostante, tutte queste riforme fallirono sia perché era impossibile cambiare la situazione in

così poco tempo, sia perché lo zar non riconobbe mai effettivamente la costituzione del 1905, poiché egli

riteneva veramente di essere come una sorta di dio. Alla vigilia della Grande Guerra, tutti gli storici convennero

sul fatto che la Russia non avrebbe ricoperto un grande ruolo: infatti, sebbene l’impero riuscì a mobilitare le

proprie truppe nel minor tempo possibile, l’esercito tedesco rimaneva di fatto meglio organizzato, meglio armato

e meglio sviluppato rispetto all’esercito russo e, inoltre, i soldati tedeschi erano uomini colti e alfabetizzati a

differenza dei contadini che vennero mobilitati nell’esercito dell’impero russo.

Inoltre, prima della guerra mondiale, in Russia vi erano diversi gruppi di rivoluzionari:

- marxisti: ossia coloro che credevano che l’avvenire fosse proprio dei proletari e che, dunque, il capitalismo

sarebbe stato destinato a scomparire attraverso la dittatura del proletariato, in seguito alla quale sarebbe sorta

una società libera (= ossia quella comunista) priva di classi sociali, disuguaglianze e povertà.

- socialisti non marxisti: ossia coloro che promettevano ai contadini la concessione della riforma agraria, con

la quale le terre sarebbero state tolte a nobili ed ecclesiastici e concesse al popolo.

Rivoluzione di febbraio 1917

Nel febbraio del 1917, il popolo e i soldati iniziarono a scioperare e manifestare per chiedere udienza allo zar,

dal momento che la guerra stava creando caos e scompiglio, visto che le fabbriche avevano smesso di produrre

e la gente stava soffrendo la fame. Le manifestazioni e le proteste scoppiarono con l’obiettivo di chiedere

l’intervento diretto dello zar e, dunque, chiedere l’uscita dell’impero russo dal conflitto. Tuttavia, di fronte a tali

insurrezioni, lo zar decise di abdicare e di isolarsi in campagna e, da quel momento, l’impero smise di esistere.

Da questo momento in poi, Nicola II iniziò a nutrire risentimento nei confronti degli ebrei, colpevolizzandoli per la

sua perdita del potere.

Successivamente all’abdicazione dello zar, venne creato un governo provvisorio sostenuto dalla Duma e dal

principe L’vov, il quale aveva come obiettivo quello di indurre delle elezioni per un’assemblea costituente, nella

quale sarebbero stati rappresentati tutti i partiti e con cui si sarebbero decise le sorti del paese. Tuttavia, se da

una parte la Duma sosteneva la necessità di continuare con il conflitto, dall’altra parte si assistette

all'insurrezione dei soviet, i quali si dividevano in due tipi: soviet degli operai e soldati e soviet dei contadini, i

quali volevano la pace e sostenevano la necessità di continuare con la rivoluzione.

Inoltre, il movimento rivoluzionario era pervaso da alcuni dilemmi:

- i socialisti non marxisti che si sentivano in dovere di rimanere fedeli ai loro principi e di mantenere dei buoni

rapporti con gli alleati di guerra, ossia Gran Bretagna e Francia;

- i marxisti che, invece, ammisero che la Russia non era una società avanzata e di conseguenza non poteva

esserci una rivoluzione del proletariato. Nell’aprile del 1917, Lenin, leader dei bolscevichi, tornò in Russia

successivamente a un esilio in Svizzera, e iniziò a predicare la necessità: della rivoluzione, del pot

Anteprima
Vedrai una selezione di 9 pagine su 39
Appunti di Storia contemporanea Pag. 1 Appunti di Storia contemporanea Pag. 2
Anteprima di 9 pagg. su 39.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Storia contemporanea Pag. 6
Anteprima di 9 pagg. su 39.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Storia contemporanea Pag. 11
Anteprima di 9 pagg. su 39.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Storia contemporanea Pag. 16
Anteprima di 9 pagg. su 39.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Storia contemporanea Pag. 21
Anteprima di 9 pagg. su 39.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Storia contemporanea Pag. 26
Anteprima di 9 pagg. su 39.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Storia contemporanea Pag. 31
Anteprima di 9 pagg. su 39.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Storia contemporanea Pag. 36
1 su 39
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Acquista con carta o PayPal
Scarica i documenti tutte le volte che vuoi
Dettagli
SSD
Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ross.121 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Mondini Marco.
Appunti correlati Invia appunti e guadagna

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community