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Numeri della Spesa Pubblica:
è circa il 50% del PIL, in valore assoluto sono circa 950 miliardi di €
il PIL è stabile tra i 1600/1700 miliardi di €
950 miliardi sono state le entrate nel 2020, un po’ meno quelle correnti
la pressione fiscale è di 42.9 miliardi di €
la spesa per interessi sul debito pubblico (=quanto lo stato spende per ripagare i debiti che
deve saldare) ogni anno costa all’Italia 60/70 miliardi di €, circa 4 punti % di PIL
Grafico: entrate dello stato. Le imposte più importanti sono:
IRPEF (imposta persone fisiche), l’imposta più importante nonché principale forma di
entrata, che vale circa 190 miliardi di €;
L’IVA che vale 140 miliardi di €, è la seconda per gettito, la prima per evasione;
Le entrate da Lotto erano circa 14 miliardi di €, in diminuzione a 9 miliardi nel 2020.
Spesa per pensioni → il 30% della spesa pubblica sono le pensioni, il 5% sono interessi. La spesa
pensionistica dovrebbe iniziare a calare attorno al 2045 (anche se è un sistema in continua
evoluzione).
Situazione internazionale → a parte per pochi casi (Irlanda ultimi anni) i sistemi fiscali si sono
ingranditi, la spesa pubblica è aumentata nel tempo.
Oltre la spesa, aumenta anche la spesa primaria (spesa tot - spesa per interessi): la spesa per
interessi è una spesa non discrezionale, non ci si può permettere di non pagare i propri interessi
perché si prederebbe la propria reputazione. La capacità di un sistema fiscale di gestire le proprie
risorse può essere vista in maniera più indicativa rapportando le entrate con la spesa primaria.
Alcune definizioni
1. Pressione tributaria = (imposte dirette + imposte indirette)/PIL
2. Pressione fiscale = (imposte dirette + imposte indirette +contributi sociali)/PIL
La pressione fiscale è chiaramente superiore alla pressione tributaria.
3. Spesa primaria: spesa al netto degli interessi passivi (pagati sul debito pubblico).
Interessi passivi: il costo o servizio del debito
4. Risparmio pubblico: differenza tra le entrate correnti e le spese correnti
5. Saldo primario: differenza tra totale delle entrate e totale delle spese, al netto degli interessi
sul debito
6. Saldo netto da finanziare: differenza tra totale delle entrate finali e spese finali; se è:
- Saldo positivo = avanzo (se entrate > spese)
- Saldo negativo = deficit / indebitamento (se uscite > entrate)
7. Debito pubblico: stock aggregato degli indebitamenti; se tutto l’avanzo viene destinato al
debito pubblico, diminuisce la sua entità
8. Cuneo Fiscale: differenza tra salario lordo e salario netto
9. Sforzo fiscale: personalizzazione della pressione tributaria locale, rispetto a quanto stabilito
dallo stato. Lo stato introduce una forma di entrata per gli enti locali (addizionale IRPEF)
che può avere aliquota nulla o arrivare allo 0,8%. Se i comuni non fanno nulla prendono lo
0%, se intervengono fanno “sforzo fiscale” facendo pagare di più i propri cittadini.
I soggetti della finanza pubblica Amministrazioni Pubbliche
L’aggregato più importante è costituito dalle (AAPP, o la Pubblica
Amministrazione). In generale, le AAPP comprendono organismi pubblici e istituzioni finanziate
prevalentemente da esse che svolgono le seguenti funzioni:
fornitura di beni e servizi non destinabili alla vendita
redistribuzione di reddito e ricchezza
Le AAPP si distinguono in:
→ Amministrazioni centrali: amministrazioni dello Stato e di enti di ricerca, assistenza ed
economici che hanno competenza su tutto il territorio dello Stato;
→ Amministrazioni locali: enti pubblici la cui competenza è limitata territorialmente (università
pubbliche, ASL);
→ Enti di previdenza: unità istituzionali, sia centrali sia locali, per l’erogazione di prestazioni
sociali finanziate dai contributi sociali (generalmente obbligatori).
Si attua una distinzione tra Stato ed Amministrazione Pubblica anche per una questione di leggi
dell’UE; è lo stato che è responsabile di rispettare il patto di Stabilità, ma il Governo è responsabile
anche per il resto delle altre amministrazioni pubbliche.
(grafico: pressione fiscale e tributaria)
Se crescono le spese, ci aspettiamo che crescano le entrate: le prime sono cresciute prima, negli anni
‘80 si nota la grande differenza tra le due. Con l’introduzione dell’IRPEF (anni 70), le entrate
aumentano. Le imposte dirette senza l’IRPEF erano molto basse, non si pagava l’imposta sul
reddito ma si pagavano quelle sul consumo (la nostra IVA). Ora, a differenza degli anni 60/70, le
componenti della pressione fiscale fluttuano più vicine.
(grafico: spese per interessi)
Fino all’inizio degli anni ‘70 la spesa per interessi non
esisteva (<2% del PIL); da dopo inizia a crescere in
maniera rilevante perché il paese si indebita sempre di
più. Maggiore è lo stock del debito pubblico,
maggiore è la spesa per interessi:
Più debito abbiamo, più sembriamo a rischio a
chi ci presta soldi (questi alzano i prezzi per
coprire il rischio);
Più debito abbiamo, più interessi dobbiamo
ripagare.
La spesa per interessi cresce fino agli anni ‘90, fino a quando ci si rende conto che la situazione
delle finanze pubbliche è fuori controllo, quindi si inizia ad agire sul bilancio pubblico con manovre
dolorose →es.‘lacrime e sangue’: utilizzare la tassazione sui giorni prima di entrare in vigore.
Negli anni ’90 che succede?
Livello internazionale: firma dei trattati di Maastricht e Amsterdam, l’Italia si impegna a formare
un’unione monetaria (rispettare un insieme di parametri su grandezze di finanza pubblica).
Livello nazionale: entrare nell’unione monetaria per l’Italia significa che la reputazione migliora,
gli altri paesi erogano prestiti all’Italia non a prezzi elevatissimi come prima (anche se il rapporto
debito-PIL continua a crescere).
(grafico: saldo totale e saldo primario): Saldo totale sempre negativo, saldo primario sempre
superiore. Da quando l’Italia inizia il suo processo di risanamento, il saldo primario ritorna positivo
(tranne nelle crisi del 2009-2013 e del 2021 per la pandemia).
L’Italia ha forti squilibri di finanza pubblica, spende tanto in pensioni, mediamente in sanità, poco
in istruzione ma non spende molto di più rispetto agli altri paesi.
(grafico: rapporto debito-PIL): cresce di 20 punti percentuali o del 50% tra gli anni ’60 e fine ’70.
La stabilizzazione è una nota negativa perché in quegli anni avevamo le risorse, ma non le abbiamo
utilizzate.
L’Espansione del settore pubblico
Per misurare la dimensione del settore si usano tre indicatori che sono imperfetti:
Spesa pubblica: è un indicatore incompleto (non tiene conto di riduzioni di imposta, fiscal
expenditures che riguardano l’IRPEF che sono trasferimenti verso le persone)
Dipendenti pubblici: il numero dei dipendenti pubblici riflette solo parte dell’attività del
settore pubblico (regionalizzazione di aziende che dovrebbero esser private: es. Alitalia)
Entrate pubbliche: parte della spesa pubblica è finanziata in disavanzo
E l’attività di regolamentazione? Non viene considerata da nessun indicatore.
La maggior parte degli studi teorici ed empirici si concentra sull’indicatore spesa pubblica; ma i
principali problemi relativi alla misurazione della spesa pubblica sono:
→ se bisogna guardare i livelli assoluti o relativi (grande interesse per il tema della fornitura di beni
e servizi attraverso il bilancio pubblico piuttosto che attraverso il meccanismo di mercato. Meglio
guardare i valori relativi).Per confrontare la spesa pubblica in diversi comuni bisognerebbe guardare
la spesa pubblica in rapporto agli abitanti (spesa pubblica pro capite).
→ per la maggior parte dei servizi offerti dal settore pubblico non sono osservabili prezzi di
mercato.
→ come definire le unità di output (che cosa costituisce un’unità di servizi sanitari o di istruzione?)
L’approccio convenzionale è di misurare l’output attraverso il valore degli input (per lo più spese di
personale).
La Spesa Pubblica
(grafico: spesa pubblica totale e primaria in % in PIL) L’Italia nel 2016 ha una spesa totale molto
alta rispetto agli altri paesi. La spesa primaria però, sempre nel 2016, non è alta quanto quella totale,
perché? Se guardiamo la spesa primaria però non notiamo la stessa cosa.
Un paese molto particolare è l’Irlanda perché cambia approccio dal 2011: spende la spesa corrente e
quella per investimenti. In generale, vi è un’elevata crescita della spesa in quasi tutti i Paesi, anche
se ci sono molte differenze tra i livelli di spesa dei diversi Paesi. Nei Paesi europei, la spesa
pubblica è mediamente più elevata.
(grafico: spesa pubblica per funzioni)
Bisogna individuare dove vengono spesi i soldi del pubblico, considerando che buona parte della
spesa è in pensioni, oltre a queste troviamo (dati % su PIL):
Beni pubblici puri: difesa, giustizia, spese di funzionamento. L’Italia ha speso il 3%, dato
abbastanza in linea con altri stati;
Servizi alla persona: istruzione, sanità e altri servizi alla persona. La spesa della sanità è
del 7%, in linea con l’Europa, con Danimarca (9%) e Francia che spendono di più.
L’istruzione è una spesa del 4%, uno dei valori più bassi dell’unione europea, spende meno
solo l’Irlanda; si potrebbe sostenere che tale spesa è dovuta all’età media elevata ma,
analizzando altri valori, come la spesa pro capite, si comprende che si spende poco in
istruzione.
Trasferimenti sociali: pensioni, assegni e sussidi vari. La spesa per la protezione sociale
(totale trasferimenti sociali) è in linea con l’Unione Europea (21,5%). Il problema è la
distribuzione della protezione sociale che consiste quasi tutta in pensioni. Le pensioni sono
il 13,8% (valore più alto solo in Grecia) e ben più alto rispetto a tutti i paesi UE. Altra a
spendere molto è la Francia. Sulla spesa per pensioni non è importante quanto si spende in
un solo anno ma la tendenza. La spesa per pensione è stata molto alta nel 2011, le politiche
per le pensioni sono atte a modificare le tendenze e non i valori attuali. La riforma Dini
(1996) ha introdotto regole che sono state di scarsa applicazione, nel 2012, con la riforma
Fornero molte delle pensioni erano ancora calcolate con regole precedenti alla Dini. La
riforma Fornero ha rimandato le spese nel tempo. In ogni caso la spesa pensionistica
aumenta in tutti i paes